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    Luca Frigerio "Noi nei lager" Edizione Paoline
     
     Recensione di   Gabriella Bona (gabri.bona@libero.it)
        
    Sono stati più di 600.000 eppure di loro non si parla mai e si conosce ancora pochissimo. Sono gli IMI, internati militari italiani, militari di tutti i gradi che, dopo l’armistizio firmato da Badoglio l’8 settembre 1943 e la fuga del re e della sua corte a Brindisi, vennero catturati dalle truppe tedesche e posti di fronte a una scelta drammatica: collaborare con le SS e la repubblica di Salò o la prigionia. Soltanto il 10 per cento accettò la prima soluzione, tutti gli altri furono internati nei campi nazisti. 
    Luca Frigerio – giornalista, scrittore e fotografo -, in “Noi nei lager”, raccoglie le testimonianze di alcuni ex internati ancora in vita e il ricordo di altri, attraverso la voce di chi li ha conosciuti e amati. Emergono così storie di quella che Alessandro Natta definì “l’altra resistenza”, quella dimenticata, nascosta, dagli stessi protagonisti. Violenza, fame, malattie, morte, in campi che erano stati dichiarati inagibili ma nei quali gli IMI furono rinchiusi per mesi, dopo lunghi viaggi in vagoni blindati o a piedi nella neve e nel fango. Eppure la loro sofferenza e il loro “no” alla collaborazione non sono mai stati considerati. Odiati da tutti, dai tedeschi perché considerati traditori di un’alleanza con la Germania e dagli alleati perché nemici, abbandonati da Mussolini che preferì lasciarli nei campi piuttosto che vedere ulteriormente irrobustite le squadre di partigiani, furono destinati ai lavori più duri e faticosi e al loro ritorno guardati con sospetto, diffidenza, il fastidio di non sapere come collocarli. 
    Tra loro troviamo Mario Rigoni Stern, Giuseppe Lazzati, Alessandro Natta, Giovannino Guareschi, Gianrico Tedeschi, Roberto Rebora, Enzo Paci, Giuseppe Novello, Michele Pessina e molte crocerossine e i cappellani militari che, in gran parte, avevano preferito rimanere accanto a chi aveva fatto una scelta difficile e piena di pericoli. Privi di ogni tutela giuridica, non furono considerati prigionieri politici e persero così il diritto di essere tra le categorie protette dalla Convenzione di Ginevra del 1929 e dalla Croce Rossa internazionale. Anche dopo la liberazione, i sopravvissuti dovettero aspettare mesi prima di essere rimpatriati: le forze di liberazione privilegiarono i prigionieri degli stati alleati. 
    Abbandonati da tutti, al loro ritorno, hanno preferito tacere, dimenticare e il lavoro di Luca Frigerio ha proprio il merito di aver saputo sollevare un velo che da più di sessant’anni copre un pezzo della nostra storia, quella storia e quelle storie che sono state alla base di una Italia nuova, libera, democratica e che oggi deve aggiungere anche questo nuovo capitolo, questi atti di coraggio, ai tanti che abbiamo già conosciuto. E un grazie particolare perché arriva tanto in ritardo, quando non c’è quasi più nessuno dei protagonisti per poterlo raccogliere. 
    Fotografie, spesso scattate in condizioni di grande pericolo, disegni, poesie e documenti corredano il libro in cui, accanto alla tragedia, spiccano il senso di dignità e la capacità di resistenza a ogni tentativo di corruzione di disumanizzazione. 
      
    gabriella bona 
           
      
 
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