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    Gian Antonio Stella "La bambina, il pugile, il canguro" Edizione Rizzoli
     
     Recensione di   Gabriella Bona (gabri.bona@libero.it)
     
     
    Un nonno pugile, una bambina Down e una storia dura e piena di amore: Gian Antonio Stella non finisce di stupirci, intercalando libri di inchiesta sulla nostra società e i suoi difetti a delicati romanzi. Dopo “Il maestro magro” uscito nel 2005, è la volta di questo romanzo che unisce la delicatezza alla denuncia, dove una simpatica coppia di nonni coraggiosi si fa carico della nipotina Down rifiutata da entrambi i genitori e riesce a crearle attorno un ambiente sereno, pieno di stimoli, di occasioni per crescere ed essere felice. 
    “Ma non hai niente altro da raccontarle?” interviene la nonna quando sente il marito ripetere all’infinito vecchie storie di pugilato. Ma il nonno conosce soltanto quelle e sa presentare momenti di sport, uno sport duro come talvolta la vita, con tanto affetto, verso la bambina come verso i protagonisti delle sue storie. 
    E il romanzo non si ferma qui: Stella, abile e attento giornalista e scrittore, mette in evidenza tutte le difficoltà che incontra chi deve allevare i “bambini incompleti”. 
    “Letizia aveva portato in casa un’aria nuova, quell’aria che avverti solo in certe giornate fresche di primavera quando si schiudono i tulipani”, ma è la società che non riesce a sentire questa aria, che pone barriere e rifiuti di fronte alla malattia, all’handicap, alla differenza. 
    “Per me è la bambina più bella del mondo”, continua a ripetere il nonno e il dolore è ancora più profondo, fa ancora più male, di fronte a un mondo che non capisce questa bellezza, che non sa o non vuole vederla. Un mondo dove, però, la sensibilità e la solidarietà si trovano, a volte, dove meno lo si aspetta e la tragedia può diventare motivo di incontro, come premio, più che giusto e meritato, a chi ha saputo rendere felice la piccola infelice. 
    Un libro dove storia e fantasia si incontrano e si intrecciano, che fa pensare e sognare, che ci porta a guardare la realtà con occhi diversi e un senso di responsabilità verso le persone e le situazioni di fronte alle quali, spesso, preferiamo fuggire. 
      
    gabriella bona 
           
      
 
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