Giustizia: “amnistia per la Repubblica”; domani sit-in dei Radicali davanti alle carceri Dire, 1 giugno 2011 Domani mattina sit-in dei Radicali davanti alle carceri d’Italia perché la Festa della Repubblica possa al più presto essere celebrata anche con uno sguardo alla sua giustizia e alle sue carceri. Marco Pannella è in sciopero della fame ormai da 42 giorni, perché l’Italia “torni a poter in qualche misura essere considerata una democrazia” e affinché venga finalmente varato un provvedimento di amnistia - che nel nostro Paese non viene concesso da 21 anni - indispensabile per il ripristino del funzionamento del sistema giudiziario e della legalità nelle carceri italiane. Insieme a lui, si sono ad oggi impegnati a dar corpo con lo sciopero della fame a questa proposta circa 7.500 persone in tutta Italia, tra detenuti e loro familiari, agenti di Polizia penitenziaria, direttori, ma anche numerosi liberi cittadini e cittadine. L’obiettivo dell’iniziativa nonviolenta di Marco Pannella e di tutti coloro che la appoggiano vuol essere un messaggio di speranza per l’intera comunità penitenziaria - detenuti, psicologi, educatori, agenti di polizia penitenziaria, infermieri, medici, direttori e personale amministrativo - che vive una situazione di grande sofferenza a causa del sovraffollamento e dell’insufficienza di personale e per tutti quei cittadini che, ingiustamente, attendono per troppi anni la celebrazione di un processo o agognano in tempi certi e ragionevoli la conclusione di una causa, siano essi imputati o parte lesa. Perché la giustizia nella Repubblica torni al più presto a essere tale, domani dalle ore 11 alle 12.30, con uno striscione con la scritta “Amnistia per la Repubblica”, i Radicali saranno presenti davanti alle carceri di Regina Coeli a Roma, di Fuorni a Salerno, dell’Ucciardone di Palermo, al carcere della Dozza a Bologna e a Marassi a Genova. Giustizia: le galere scoppiano; esistono forme alternative alla custodia cautelare in carcere! Adnkronos, 1 giugno 2011 “Possibile che, malgrado le condizioni di patente illegalità costituzionale delle patrie galere si continuino a emettere delle ordinanze di custodia cautelare in carcere?”. Così Mario Staderini, segretario di Radicali Italiani e Marco Perduca, senatore Pd e co-vicepresidente del senato del Partito Radicale Nonviolento, Transnazionale e Transpartito, a proposito dell’inchiesta sulle scommesse nel calcio. “Come il Ct della nazionale Cesare Prandelli - si legge in una nota - rinviamo a domani qualche considerazione più approfondita su quanto sta, ancora una volta, travolgendo il calcio italiano, per oggi ci limitiamo a ricordare, ancora una volta, che esistono misure alternative di custodia cautelare, come per esempio il braccialetto elettronico per il quali gli italiani continuano a pagare fior di quattrini in virtù di un contratto dei ministeri della Giustizia e dell’Interno colla Telecom?” “Perché non evitare il sovraccarico ulteriore alle carceri che scoppiano iniziando a non imprigionare chi è sospettato di aver manipolato sistematicamente le partite del campionato? Non lo diciamo per privilegiare i privilegiati, ma perché dagli ultimi arresti si avvii un dibattito sulla necessità ed urgenza di certe misure”, concludono i due esponenti Radicali. Giustizia: Sidipe; detenuti protestano, direttori vanno ai corsi di formazione professionale Comunicato stampa, 1 giugno 2011 Vi trasmettiamo, per opportuna notizia, la lettera trasmessa al Capo del DAP ed alle altre autorità in indirizzo, con la quale chiediamo che vengano congelate le attività formative rivolte alla dirigenza penitenziaria ed all’altro personale, eventualmente destinatario del corso per “il benessere organizzativo”, che l’Istituto Superiore di Studi Penitenziari intenderebbe realizzare nei prossimi mesi, in particolare in quelli coincidenti con il periodo delle ferie estive. Già tale osservazione sarebbe sufficiente per offrire la misura di quanta sia abissale la distanza tra il centro e la periferia: Sembra che a Roma non se ne siano accorti che in molte carceri sono in atto delle proteste da parte dei detenuti per ora, fortunatamente, nella maggior parte dei casi, pacifiche. Come Si.Di.Pe. (ma siamo certi che troveremo altri compagni di strada, e di questo siamo felici in quanto non l’etichetta ma i contenuti ci interessano), siamo stanchi di subire una costante vessazione che vede affievoliti se non addirittura annientati i nostri diritti di lavoratori - dirigenti: anche noi abbiamo il diritto di godere pienamente dei riposi settimanali, così come delle ferie, ed in nessuna norma è scritto che noi si debba accordarci con i Comandanti di Reparto, che de visu svolgono altra importante ma diversa funzione, per poter beneficiare delle stesse, in quanto è solo colpa della parte pubblica non essersi preoccupata di assicurare in ogni realtà periferica e nella generalità degli uffici e servizi penitenziari la necessaria copertura degli organici dirigenziali, in particolare di non avere garantito in tutte le strutture dove pure sono previste, le figure dei dirigenti aggiunti quali vicari dei direttori titolari. Già oggi molti direttori d’istituto penitenziario e degli uffici di esecuzione penale esterna sono costretti a dirigere, contemporaneamente, due, tre, se non di più, realtà penitenziarie. C’è evidentemente chi vuole questo, chi vuole che la confusione, il caos, la precarietà abbia il primato su tutto e tutti, ivi compresi i diritti delle persone detenute e degli operatori penitenziari, semmai al fine di giustificare azioni di business dell’emergenza o invocare misure più drastiche ed antitetiche ad una idea di carcere rispettoso dei diritti umani. Sono 15 anni che non vengono banditi concorsi per direttori; mentre continua incessantemente l’occupazione, manu militari, degli uffici del Dap da parte di magistrati, ancora non trovano idonea ragionevole e funzionale collocazione tanti dirigenti penitenziari in attesa di incarichi. Nessuna previsione ci risulta prevista per far fronte al turn over conseguente ai numerosi pensionamenti di dirigenti. Insomma, siamo stanchi di essere trattati come Boxer (o Gondrano, secondo le edizioni), il fiero cavallo da tiro della Fattoria degli Animali di Orwell, che dopo avere faticato per tutta la vita, stanco ed ammalato, convinto che i suoi sacrifici sarebbero stati apprezzati, verrà trasformato in mortadella. La settimana prossima ci sarà un ulteriore incontro congiunto, a Roma, con le altre sigle e ci auguriamo che, finalmente, si decida di interrompere, attraverso un’azione unitaria forte e decisa, un ciclo di violenze psicologiche e di trattamento giuridico - economico offensivo al quale, invece, vorrebbero abituarci, facendo leva sul nostro spirito di servizio e senso di responsabilità che, fino ad oggi, non risulta essere stato mai effettivamente premiato. Si.Di.Pe. Il Segretario nazionale Enrico Sbriglia Giustizia: Osapp; l’amministrazione penitenziaria ha 7 mln di debiti verso gli agenti Agi, 1 giugno 2011 “Come sindacato non possiamo astenerci dal continuare a denunciare che da Santa Maria Capua Vetere a Napoli - Secondigliano, da Torino ad Asti, per giungere a Palermo, Catania e Messina, l’amministrazione penitenziaria ha quasi 7 milioni di euro di debiti, accumulati negli anni, per le missioni del personale di polizia penitenziaria addetto ai servizi di traduzione e di piantonamento dei detenuti”. È quanto si legge in una nota di protesta a firma di Leo Beneduci segretario generale dell’Osapp (Organizzazione Sindacale Autonoma Polizia Penitenziaria) e indirizzata ai presidenti dei Gruppi Parlamentati della Camera dei Deputati e del Senato della Repubblica. “In quanto a debiti, infatti, si passa dai 250mila euro di arretrati non corrisposti da 17 mesi, per i 99 poliziotti penitenziari del nucleo traduzioni di S.Maria Capua Vetere, agli 800mila euro di credito vantati dai 450 colleghi di Napoli - Secondigliano o ancora dei 400mila euro per i 110 poliziotti penitenziari di Catania - Bicocca, - prosegue il leader dell’Osapp - dove, detto per inciso, l’amministrazione ha ulteriori 400mila euro di debiti nei confronti delle compagnie aeree per i titoli di viaggio del personale e dei detenuti non pagati”. “Girando in questi giorni negli istituti penitenziari - indica ancora il sindacalista - abbiamo persino appreso di poliziotti che, per continuare ad essere inviati in missione nei servizi che gli enti dell’amministrazione penitenziaria obbligano a svolgere anche senza rimborso, pena conseguenze disciplinari, hanno richiesto prestiti a società finanziarie e persino acceso mutui.” “Inoltre, sull’intero territorio nazionale, per le traduzioni dei detenuti, se non è una questioni di somme arretrate non corrisposte, come in Piemonte, nel Lazio, in Lombardia o nel Triveneto, i problemi riguardano i mezzi di trasporto in annose condizioni di vetustà, le carenze di organico che rendono ogni trasporto di ristretti a rischio sicurezza o ancora le uniformi usurate e non sostituite da anni”. “Oltre alle proteste e alla crescente disperazione, l’unica speranza sarebbe che il Guardasigilli che di polizia penitenziaria, parte le dichiarazioni di circostanza, se n’è occupato ben poco in quasi 3 anni, per la restituzione ai poliziotti e alle loro famiglie dei milioni di euro arretrati - conclude Beneduci - autorizzasse l’utilizzo di una minima parte del c.d. “Fondo Unico Giustizia”, purtroppo e per quanto è dato di conoscere nonostante le richieste, ormai già interamente devoluto per l’informatizzazione del sistema giudiziario, per cui, nuovamente la gestione Alfano del Dicastero della Giustizia si rivelerà deludente per i 39mila tutori dell’ordine nelle carceri italiane, con conseguenze e disfunzioni che non potranno non ricadere oltre che sull’Istituzione sull’intera Collettività”. Toscana: 800mila euro dalla Regione, per migliorare la salute dei detenuti Redattore Sociale, 1 giugno 2011 È la cifra stanziata dalla regione per giungere alla completa attuazione del trasferimento della medicina penitenziaria al servizio pubblico. Scaramuccia: “Liberi cittadini e detenuti sono uguali di fronte alla malattia” Ottocentomila euro per il biennio 2011-12 per migliorare la salute dei detenuti. È la cifra stanziata dalla regione Toscana in virtù della delibera approvata nel corso dell’ultima giunta. Nello specifico, queste risorse serviranno per interventi per prevenire il suicidio, assistenza psicologica, telemedicina e telediagnostica, sanificazione dei letti, messa a norma degli impianti nei locali sanitari, iniziative specifiche per la salute dei minori in istituto, adozione della carta dei servizi sanitari anche dentro il carcere. “La salute è un diritto di tutti indistintamente - ha detto l’assessore alla sanità della regione Toscana Daniela Scaramuccia - Tutti, che siano liberi cittadini o detenuti, sono uguali di fronte alla malattia e hanno diritto ad avere le stesse opportunità e prestazioni sanitarie. Nelle carceri italiane la situazione sanitaria talvolta è drammatica. In Toscana è un pò migliore che in altre regioni” anche grazie al “passaggio delle competenze della gestione della sanità penitenziaria dal ministero della giustizia alle regioni. La Toscana è stata la prima regione a regolamentare con una legge il passaggio delle competenze”. “Gli interventi proposti per il 2011 - 12 - ha detto il coordinatore dei garanti territoriali Franco Corleone - sono assai ambiziosi. La delibera fornisce un quadro esaustivo per giungere alla completa attuazione del trasferimento della medicina penitenziaria al servizio sanitario pubblico, affrontando i nodi ancora irrisolti, in particolare quello che concerne il superamento dell’Opg di Montelupo”. Proprio su Montelupo, l’assessore Scaramucia ha spiegato che “la volontà di tutti è arrivare a un rapido superamento della struttura”. L’intervento dell’assessore Assessore Regionale al diritto alla salute Daniela Scaramuccia Interventi per prevenire il suicidio, assistenza psicologica, telemedicina e telediagnostica, sanificazione dei letti, messa a norma degli impianti nei locali sanitari, iniziative specifiche per la salute dei minori in istituto, l’adozione della carta dei servizi sanitari anche dentro il carcere. Sono alcune delle linee di intervento contenute nella delibera approvata nel corso dell’ultima giunta “Qualità della salute dei cittadini detenuti - Linee di indirizzo prioritarie per il biennio 2011-2012?. Le ha illustrate oggi l’assessore al diritto alla salute Daniela Scaramuccia, nel corso di una conferenza stampa alla quale hanno partecipato anche Amato G. Dessì, dirigente vicario, in sostituzione di Maria Pia Giuffrida, Provveditore regionale dell’amministrazione penitenziaria della Toscana; Giuseppe Centomani, direttore del Centro di Giustizia minorile della Toscana e Umbria; Lorenzo Roccaro, direttore dell’Istituto penale minorile di Pontremoli. Per l’attuazione di questi interventi, la Regione ha destinato per il biennio 2011 - 2012 la cifra di 800.000 euro. Le linee di intervento saranno inserite anche nel nuovo Piano sanitario e sociale integrato regionale 2011 - 2015. Dopo il passaggio di competenze dal Ministero alle Regioni, e la fase di assestamento, la Toscana rilancia, con una politica ad ampio spettro per la salute dei cittadini detenuti. “La salute è un diritto di tutti indistintamente - ha detto l’assessore Scaramuccia - Tutti, che siano liberi cittadini o detenuti, sono uguali davanti alla malattia e hanno diritto ad avere le stesse opportunità e prestazioni sanitarie. Nelle carceri italiane la situazione sanitaria è talvolta drammatica. In Toscana è un pò migliore che in altre regioni. Con il passaggio delle competenze della gestione della sanità penitenziaria dal Ministero della giustizia alle Regioni, queste hanno ereditato una sanità penitenziaria da riorganizzare e risanare alle radici. La Toscana è stata la prima Regione a regolamentare con una legge il passaggio delle competenze e la gestione della sanità penitenziaria. Le delibera approvata ora della giunta prevede una serie di interventi che attueremo perché la salute in carcere non resti un diritto solo sulla carta, ma diventi una realtà”. “L’assessore Scaramuccia presenta una delibera di particolare rilievo, per garantire la salute in carcere - è il commento di Franco Corleone, coordinatore dei garanti territoriali e garante per i diritti dei detenuti di Firenze, che non è potuto intervenire alla conferenza stampa - Gli interventi proposti per il 2011 - 2012 sono assai ambiziosi, infatti vengono individuati come punti critici, da monitorare e superare, il dramma del suicidio e l’assistenza al disagio psichico. La delibera fornis ce un quadro esaustivo per giungere alla completa attuazione del trasferimento della medicina penitenziaria al servizio sanitario pubblico, affrontando i nodi ancora irrisolti, in particolare quello che concerne il superamento dell’O.p.g. (Ospedale psichiatrico giudiziario) di Montelupo. La caratteristica originale della delibera pone l’accento sulla prevenzione, il coinvolgimento dei detenuti stessi per affermare la salute come diritto e, non ultimo, le risorse assai significative”. Le linee di intervento prioritarie per la salute in carcere Gli interventi previsti dalla delibera - da realizzarsi con la collaborazione tra Regione, Asl, Centro giustizia minorile, Prap (Provveditorato Regionale Amministrazione Penitenziaria), Università, volontariato - riguardano: - iniziative specifiche per la salute dei minori; - la definizione di procedure per individuare con tempestività i bisogni dei detenuti, garantire il monitoraggio e la sorveglianza dei segnali indicatori del rischio di suicidio; - lo sviluppo dell’assistenza psicologica, con interventi specifici sul disagio psichico; - l’intervento del Centro di gestione rischio clinico regionale anche all’interno del carcere, per approfondire gli eventi avversi che si verificano nelle strutture sanitarie delle carceri e individuare eventuali azioni di miglioramento della sicurezza dei pazienti; - l’introduzione della Carta dei servizi sanitari (adottata in tutte le aziende sanitarie) anche dentro il carcere; - l’adozione della “sanità di iniziativa” anche negli istituti penitenziari: una sanità che non aspetta il cittadino, ma è capace di andargli incontro, intercettando i suoi bisogni e intervenendo sulla sua salute prima che questa si aggravi; - l’adozione della telemedicina: telediagnosi, teleassistenza, telesoccorso, videoteleconsulto; - interventi di igiene ambientale per la sanificazione dei letti e di messa a norma degli impianti dei locali sanitari; - il monitoraggio del MeS: il Laboratorio Mangement e Sanità della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, che già valuta le performance di tutte le aziende toscane, valuterà anche la capacità del servizio sanitario toscano di erogare servizi appropriati, in linea con i bisogni della popolazione penitenziaria. La salute dei detenuti in Toscana Il 73% dei detenuti negli istituti toscani è affetto da almeno una patologia. È quanto emerge da un’indagine condotta un anno fa dall’Osservatorio per la salute in carcere coordinato dall’Ars (Agenzia regionale di sanità) su 2.985 detenuti (cioè il 71,6% del totale dei detenuti toscani, che allora risultavano essere 4.169. Al 31 dicembre 2010 i detenuti toscani erano in tutto 4.552 : 4.354 uomini e 198 donne; fonte DAP Ministero della giustizia, Dipartimento amministrazione penitenziaria, Provveditorato regionale per la Toscana). Dall’indagine risulta che i detenuti europei e nordafricani sono in genere più sani di quelli italiani, principalmente per la loro giovane età (in media sono più giovani di 10 anni). Il 27% dei detenuti sono sani, il 39,8% ha una diagnosi solo internistica, l’8% solo psichiatrica, il 25,2% internistica e psichiatrica insieme. Nonostante la giovane età dell’intera popolazione detenuta (età media 38 anni), la richiesta sanitaria risulta essere molto forte e caratterizzata da tre grandi temi: salute mentale, disturbi dell’apparato digerente e malattie infettive e parassitarie. In particolare, la salute mentale dei detenuti risulta compromessa da disturbi legati al consumo di droghe (12,7%) e disturbi di tipo nevrotico (10,9%), spesso associati a reazioni di adattamento conne sse con l’inserimento in ambiente penitenziario. A queste malattie vanno associati i numerosi tentati suicidi che rappresentano un’emergenza per il sistema penitenziario, con valori di gran lunga superiori a quelli riferiti alla popolazione generale: 4% in carcere, 0,006% fuori. Il 10% ha alle spalle almeno un episodio di autolesionismo. Più alta tra i detenuti anche l’incidenza di tubercolosi: 0,4% in carcere, 0,006% fuori. Brogi (Pd): importante dare risposte concrete all’emergenza sovraffollamento Bene il progetto presentato dalla Regione e dall’assessore Scaramuccia sull’assistenza sanitaria in carcere. Anche nell’ultima visita che abbiamo fatto, con il collega Ruggeri, al carcere di Livorno è stato sottolineato come sia sempre più evidente il problema sanitario all’interno delle strutture toscane, così come accade in tutta Italia. Adesso dobbiamo accelerare su questioni fondamentali come quella dei tossicodipendenti, che non dovrebbero stare in carcere ma avere più trasferimenti in comunità o nei centri di recupero con maggiori spazi e minori occasioni di degrado e violenze fisiche e psicologiche per gli altri e come la nomina del Garante regionale dei detenuti, sempre più necessario. Così Enzo Brogi, consigliere regionale Pd e da sempre attento alla realtà carceraria toscana, commenta le linee d’intervento presentate dall’assessore regionale al Diritto alla Salute, Daniela Scaramuccia, per l’assistenza sanitaria in carcere. Purtroppo - continua Brogi - come più volte abbiamo testimoniato, la situazione dei carceri è tale che l’aumento dei detenuti è inversamente proporzionale al numero del personale di custodia. Questo porta con sé altre difficoltà come l’addio a frequenze scolastiche, laboratori artigianali, attività di reinserimento perché è più semplice e sicuro tenere tutti in cella giorno e notte; addio anche a qualche soldo guadagnato e ad un possibile mestiere da imparare, utile magari quando si esce per non farsi riacciuffare dal mercato dell’illegalità”. I problemi, le contraddizioni e le effettive condizioni di un carcere - conclude Brogi - sono lo specchio del Paese, per questo crediamo che sia molto importante tenere i riflettori ben accesi sulla situazione delle carceri toscane e dare segnali concreti come quello dell’assistenza sanitaria. Sardegna: l’allarme per i 41 pazienti di origine sarda ricoverati negli Opg Redattore Sociale, 1 giugno 2011 Quaranta uomini e una donna si trovano ricoverati in 6 ospedali psichiatrici giudiziari italiani. Nessun centro in Sardegna consente il trasferimento di queste persone che, di fatto, oltre all’isolamento pagano la lontananza dalle famiglie e la difficoltà. Doveva restarci due anni perché ritenuto pericoloso per sé e per gli altri dopo aver aggredito una persona, ma un paziente trentino ha trascorso quasi trent’anni nell’ospedale psichiatrico giudiziario di Castiglione delle Stiviere. Di due anni in due anni, dal 1981, ogni volta che arrivavano gli esaminatori per verificare la sua condizione, l’uomo è sempre stato considerato pericoloso ed è rimasto sino a quest’anno nell’Opg. È una delle storie raccontante ieri nel convegno organizzato a Cagliari dal Consiglio Superiore della Magistratura e dall’ordine degli Avvocati del capoluogo sardo, che hanno discusso sul tema “L’ospedale psichiatrico giudiziario tra realtà attuali e prospettive di riforma”. Tra i relatori c’era anche il presidente del Tribunale di Sorveglianza di Cagliari, Francesco Sette, e Marina Azzini, giudice di sorveglianza di Mantova competente proprio per l’Opg di Castiglione delle Stiviere. A conti fatti, poi, sono 41 i pazienti sardi ricoverati nei sei ospedali psichiatrici giudiziari italiani, che accolgono circa 1500 persone da tutte le regioni. Quaranta uomini e una sola donna, costretti a vivere in quelli che - rispetto al Codice Rocco - sembrano aver cambiato solo il nome rispetto ai vecchi “manicomi psichiatrici”, restando però di fatto delle strutture ormai superate anche dalla riforma arrivata con la legge “Basaglia”. “Molto spesso i sopralluoghi effettuati - hanno detto i relatori del convegno - hanno accertato strutture insufficienti, carenti anche dal punto di vista dell’igiene”. Per i 41 pazienti sardi, poi, i disagi sono ancora maggiori: la lontananza dalle famiglie, la difficoltà dei collegamenti, di fatto isolano le persone si trovano ricoverate a Montelupo Fiorentino (in maggioranza) oppure anche a Aversa, Barcellona Pozzo di Gotto, Castiglione delle Stiviere,Napoli e Reggio Emilia. Emilia Romagna: agenti penitenziari; da gennaio sventati 20 suicidi di detenuti Dire, 1 giugno 2011 Dall’inizio dell’anno a oggi, nelle carceri dell’Emilia-Romagna, gli agenti di Polizia penitenziaria hanno sventato 20 suicidi. Ma non solo. Hanno anche trasferito 12.000 detenuti (per accompagnarli a processi o trasferirli ad altri istituti), ne hanno piantonati 233 in ospedale, supervisionato 30.000 colloqui (con parenti) e gestito 12.000 telefonate. Sono i dati forniti oggi, in occasione della festa regionale della Polizia penitenziaria svoltasi a Bologna, dal comandante delle guardie del carcere della Dozza di Bologna, Roberto Di Caterino. Il comandante, pur ricordando “il gravissimo stato di sovraffollamento in cui versano gli istituti dell’Emilia - Romagna e le ben note carenze di organico”, ha ringraziato gli agenti penitenziari per il loro “spirito di sacrificio quotidiano” e promesso che il loro impegno non verrà mai meno: “La Polizia penitenziaria è una forza viva e vitale - afferma Di Caterino - mai e sottolineo mai verrà meno il nostro senso del dovere e continueremo indefessi nel nostro difficile compito, garantendo le nostre specificità con la silenziosa dedizione che ci contraddistingue”. Per avere un’idea di tutto il lavoro svolto dalla Polizia penitenziaria nelle carceri della regione, basta pensare che l’ufficio matricola, afferma Di Caterino nel suo discorso, nei primi cinque mesi dell’anno ha gestito l’ingresso di 5.645 detenuti (la media è di 37 al giorno) e la scarcerazione di 4.395 (29 al giorno). La Polizia penitenziaria ha lavorato a 1.473 indagini ed eseguito oltre 100.000 tra perquisizioni e controlli interni alle carceri. Ma soprattutto, ci tiene a dirlo Di Caterino, nonostante i numeri ristretti gli agenti hanno garantito in modo costante le “attività di natura culturale, ricreativa e sportiva” previste dalla legge per i detenuti. Il dato che forse più colpisce è quello dei suicidi sventati, 20 in tutta la regione dall’inizio dell’anno. È un risultato, dice Di Caterino, frutto della “professionalità del personale”, che è intervenuto in modo tempestivo di fronte a tentativi di suicidio ma non solo. Le guardie hanno gestito anche tanti “gesti autolesivi, evitando che sfociassero in conseguenze ulteriori”. Alla festa regionale della Polizia penitenziaria non hanno partecipato, come annunciato nei giorni scorsi, gli agenti appartenenti al Sappe. Il sindacato è rimasto all’esterno del carcere, dando vita a un presidio di protesta (per la situazione delle carceri e le carenze di organico) a cui hanno partecipato in una quarantina. Era presente il segretario aggiunto del Sappe, Giovanni Battista Durante, che rincara la dose puntando il dito contro i cinque nuovi padiglioni che saranno costruiti in regione (uno dei quali a Bologna). “In Emilia-Romagna ci sono già sette strutture detentive chiuse proprio a causa della carenza di agenti - riflette Durante - chiediamo il rinforzo, immediato, di almeno 400 agenti. Ne mancherebbero 650, ma 400 sono il minimo per permetterci di gestire la situazione attuale” dice il segretario del Sappe. L’invio di nuovi agenti è necessario, prosegue Durante, a maggior ragione dal momento che la Polizia penitenziaria è spesso costretta a tappare altri buchi, sostituendosi ad altre figure carenti pure quelle. “Spesso siamo costretti a fare le veci del personale amministrativo che manca - dice Durante - a volte anche dei ragionieri”. Infine, il Sappe torna a ribadire la necessità di uno “stanziamento adeguato di risorse: servono soldi per gli straordinari e per i mezzi, le auto che utilizziamo sono tutte usurate e con una media di 200.000 chilometri” conclude Durante. Torino: allo studio progetto di detenuti “supporter”, per prevenire suicidi in carcere Adnkronos, 1 giugno 2011 Detenuti impiegati su base volontaria come “supporters” di compagni di cella che mostrano gravi difficoltà e a rischio suicidio. È il progetto ispirato ad analoghe esperienze già adottate in carceri anglosassoni a cui sta lavorando Pietro Buffa, direttore del carcere torinese de Le Vallette, dove si sono verificati tre suicidi negli ultimi venti giorni. L’iniziativa, che dovrebbe essere messa a punto già nelle prossime settimane dovrebbe coinvolgere detenuti appellanti e con una condanna di primo grado non inferiore agli otto mesi a cui verrebbe chiesta la disponibilità, previa adeguata formazione, di offrirsi come accompagnatori dei compagni di cella che mostrano disagio psicologico per dare loro sostegno costante attraverso il dialogo e la vicinanza. “Vogliamo sperimentare un nuovo modello di comunità all’interno del carcere, perché tutti sono responsabili morali degli altri all’interno della struttura - ha spiegato Buffa - la prima cosa che abbiamo capito è che le persone non vanno mai lasciate da sole in cella, per questo chiederemo aiuto ai detenuti che vogliono impegnarsi, li formeremo, coinvolgendoli nell’accompagnamento senza, però, delegare loro compiti né di cura né di controllo che devono continuare ad essere svolti dall’amministrazione”. Il progetto, ha precisato ancora Buffa, verrà affiancato dall’adozione di ulteriori procedure sia durante le traduzioni sia al momento dell’ingresso in carcere, sia in itinere, al fine di scongiurare il più possibile gesti autolesionistici e anticonservativi. “Quello che ci preme sottolineare - ha proseguito Buffa - è che questo non è il carcere della disattenzione. Spesso dobbiamo fare i conti con carenza di mezzi e di risorse, ma sarebbe ingiusto sia per chi qui lavora, sia per chi qui vive, pensare che problemi come i suicidi non ci toccano o ci toccano in modo marginale, poiché da sempre c’è grande attenzione a questi temi, un’attenzione che puntiamo a rafforzare ulteriormente”. A questo proposito Buffa ha ricordato che fin dall’inizio degli anni Novanta è attivo in carcere un presidio per i nuovi giunti dove i detenuti vengono sottoposti a controllo medico e psicologico. Dal 2001, inoltre, ha precisato il direttore de Le Vallette, sono stati istituiti gruppi di attenzione con procedure di ascolto per soggetti che manifestano disagi palesi dove lo scorso hanno sono state trattate 1.230 persone e 464 da gennaio a ieri. Per i disagi psichiatrici, infine, è attivo un servizio a cui ricorrono anche detenuti provenienti da altri istituti di pena, che offre assistenza di personale specializzato 14 ore al giorno e una quarantina di posti letto, che nel 2010 ha trattato 153 persone, 67 dall’inizio dell’anno mentre i colloqui psicologici ambulatoriali sono stati rispettivamente 712 e 368. Reggio Emilia: i numeri dell’emergenza; tra Casa circondariale e Opg mancano 90 agenti Dire, 1 giugno 2011 Nel carcere di Reggio Emilia mancano 44 unità di personale per raggiungere la dotazione organica ottimale, mentre all’ospedale psichiatrico giudiziario del capoluogo emiliano il “buco” è di 46 unità. I numeri dell’emergenza nelle strutture penitenziarie della città sono contenuti in un ordine del giorno approvato dal Consiglio provinciale presentato dai consiglieri del Pd Angela Zini, Vera Romiti, Elena Carletti, Lucia Gianferrari e Marcello Stecco, con cui si chiede alla presidente Sonia Masini e alla giunta di attivarsi, attraverso i parlamentari reggiani e i consiglieri regionali, perché “si proceda con sollecitudine ai lavori di manutenzione e ristrutturazione dei fabbricati detentivi ad oggi in molti locali in stato fatiscente e privi di alcuni servizi essenziali”. Il documento chiede anche un intervento sul fronte delle risorse umane, con l’integrazione del numero di agenti e l’unificazione delle due direzioni amministrative (carceri e Opg) che attualmente operano in modo separato pur trovandosi nella stessa sede. A far divampare la polemica politica è però la firma in calce all’Odg anche del capogruppo della Lega Nord Stefano Tombari, fatto che ha provocato lo sdegno del capogruppo di Rifondazione comunista Alberto Ferrigno, unico a votare contro. “Sarà mia cura inviare il verbale dei lavori di ieri ai vertici nazionali del Partito democratico al fine di chiarire questo strano connubio con la Lega”, dice oggi l’esponente del Prc. In aula invece Ferrigno aveva spiegato: “La Lega ha deciso di stringere un patto con il Pd. Vi chiedo colleghi del Pd se potete condividere ciò che ha detto il consigliere Paolo Roggero”, il quale, consigliere della Lega nord, aveva toccato poco prima il tema dei detenuti stranieri clandestini che, a suo parere, “dovrebbero tornare nel loro paese per scontare le pene detentive”. Qui, ha ribattuto Ferrigno, “siamo di fronte a un problema serio e qualcuno dice che la colpa è solo dei migranti”. Pronta la replica del capogruppo leghista Tombari: “I gruppi consiliari possono firmare qualsiasi documento, senza il permesso di nessuno, ciò che ha detto il consigliere Ferrigno è offensivo. Il documento di oggi trova il nostro appoggio, lo stesso Angelo Alessandri ha a cuore questo tema e pochi giorni fa ha fatto un sopralluogo invitato dal sindacato”. Condivisione sui contenuti del documento è arrivata anche da Giuseppe Pagliani, capogruppo del Pdl, che ha messo in luce un ulteriore problema nelle carceri di Reggio, e cioè la promiscuità tra detenuti in carcerazione preventiva e detenuti che invece stanno scontando una pena detentiva: “A Reggio abbiamo anche questa situazione di promiscuità, a maggiore ragione quindi ci sentiamo di approvare questo documento”. Per tutto il gruppo Pd infine, come ha rilevato il capogruppo Paolo Croci, “la posizione chiara e unanime tenuta dai gruppi di opposizione che sostengono l’attuale governo, nel denunciare la grave situazione in cui versano operatori e detenuti nelle carceri, è un apprezzabile sintomo di come si possa e debba essere critici verso i tagli al welfare e alle forze dell’ordine attuati dalle ultime finanziarie a danno delle fasce di popolazione più bisognose di protezione, in questo caso specifico forze dell’ordine e detenuti”. Taranto: Osapp; detenuti in protesta contro il sovraffollamento, chiedono l’amnistia Ansa, 1 giugno 2011 Una protesta contro il sovraffollamento è stata fatta oggi nel carcere di Taranto che potrebbe ospitare 315 detenuti e che invece ne custodisce 640, dei quali 14 donne. Contro le grate delle finestre delle celle, i detenuti, che gridano “amnistia”, hanno battuto padelle e sgabelli. In una nota Domenico Mastrulli vicesegretario generale nazionale dell’Osapp (organizzazione sindacale autonoma di polizia penitenziaria), sottolinea che la protesta è attuata “per attirare l’attenzione delle istituzioni sulle scarse condizioni igieniche e di invivibilità dei padiglioni detentivi”. Proteste analoghe si sono svolte negli ultimi giorni in numerose carceri italiane. La denuncia del sovraffollamento e delle scarse condizioni di igiene nelle carceri è stata fatta anche dal provveditore regionale della Puglia, Giuseppe Martone, insediatosi di recente, nel corso della cerimonia per il 194/o anniversario del corpo della polizia penitenziaria svoltasi il 30 maggio scorso nel Castello Svevo, a Bari. La Puglia è una regione la cui capienza regolamentare - ricorda l’Osapp - dovrebbe essere di 2.524 detenuti, dei quali 181 donne, mentre è stata raggiunta quota 4.460 (211 donne). Milano: Sappe; tre agenti aggrediti da un detenuto nel carcere di Opera Ansa, 1 giugno 2011 Tre agenti di polizia penitenziaria del carcere di Opera sono stati aggrediti e feriti da un detenuto albanese, che al momento di rientrare in cella ha dato in escandescenze. I tre sono stati medicati al pronto soccorso del Gaetano Pini di Milano e dimessi con una prognosi variabile dai 3 ai 7 giorni. Lo denuncia Donato Capece, segretario generale del Sappe (Sindacato autonomo di polizia penitenziaria), “ricordando che negli ultimi mesi, sono numerosi gli episodi di aggressione al personale che si sono verificati non solo presso la Casa di Reclusione di Milano - Opera. Servono provvedimenti veramente punitivi per i detenuti che in carcere aggrediscono gli agenti - ha aggiunto - e ci si riferisce alla necessità di introdurre un efficace isolamento giudiziario ed una esclusione dalle attività in comune che punisca i comportamenti violenti”. Roma: domenica prossima detenuti in pellegrinaggio sulla via Francigena Ansa, 1 giugno 2011 L’appuntamento è per domenica prossima, 5 giugno, a Radicofani, in provincia di Roma, da dove, per la prima volta in Italia, un piccolo gruppo di detenuti compirà un’esperienza di pellegrinaggio: un cammino sulla via Francigena di 168 chilometri, fino a Roma. L’iniziativa nasce dalla collaborazione la Confraternita di San Jacopo di Compostella, la Casa di Reclusione Rebibbia e il Tribunale di Sorveglianza di Roma nell’ambito del lavoro da tempo intrapreso dalle due istituzioni, fortemente orientate a realizzare iniziative che possano favorire il processo di revisione e reinserimento dei detenuti. Il gruppo di sei detenuti, scelti tra i più di 30 che avevano chiesto di partecipare, usufruendo dei permessi premio loro concessi, affronteranno il cammino insieme ai loro accompagnatori, i ricercatori Monica D’Atti e Maurizio Ciocchetti in diverse tappe, da Radicofani ad Acquapendente, poi Bolsena, Viterbo, Sutri, Campagnano, La Storta, fino a Roma dove arriveranno l’11 giugno presso lo Spedale della Provvidenza saranno accolti dai familiari, organizzatori e rappresentanti delle istituzioni. L’iniziativa - presentata oggi dal presidente emerito della Corte costituzionale Giovanni Maria Flick, Franco Ionta, Capo del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, Paolo Caucci von Saucker, Rettore della Confraternita di San Jacopo di Compostella, Giovanni Tamburino, presidente del Tribunale di Sorveglianza di Roma, Stefano Ricca, direttore della Casa Circondariale di Rebibbia, Roberta Palmisano, giudice del Tribunale di Roma - è nuova in Italia ma nasce sulla scorta di diversi esperimenti già realizzati all’estero. In Belgio, dove l’associazione Oikoten opera già dal 1982, e in Spagna, dove il cammino verso Santiago di Compostela fa parte del programma penitenziario per i detenuti minorenni. Il progetto, come spiegano gli organizzatori, non esclude la possibilità che questa esperienza possa costituire un’apripista per altre iniziative. “Gli strumenti legislativi - spiega il Gip Roberta Palmisano - già consentono l’estesa applicazione di misure alternative al carcere e la diffusione di progetti volti al reinserimento sociale del reo. Eppure quelli che ne beneficiano sono un’ assoluta minoranza. Ma ormai sono noti i risultati delle ricerche e chi sconta l’intera pena in carcere diventa recidivo nel 68% dei casi mentre molto inferiore la percentuale per i detenuti che hanno seguito un programma di reinserimento”. Siria: il presidente decreta amnistia generale, liberati centinaia di prigionieri politici Ansa, 1 giugno 2011 Il presidente siriano Bashar al Assad ha decretato un’amnistia generale che comprende anche i membri dei Fratelli Musulmani e tutti i detenuti politici: lo ha annunciato l’agenzia ufficiale siriana, la Sana. Il presidente siriano Bashar al Assad ha decretato un’amnistia generale che comprende anche i membri dei Fratelli Musulmani e tutti i detenuti politici: lo ha annunciato l’agenzia ufficiale siriana, la Sana. L’opposizione siriana, riunita a congresso nella località turca di Antalya, ha definito l’amnistia - che si applica a tutti i reati commessi prima del 31 maggio - “insufficiente” e “troppo tardiva”. “Il popolo vuole la caduta del regime e chiediamo di rendere conto a tutti coloro che hanno commesso dei crimini, il sangue non sarà stato versato inutilmente”, ha dichiarato Abdel Razak Eid, uno dei firmatari della “Dichiarazione del 2005” a favore delle riforme democratiche. Scarcerati centinaia di prigionieri politici Centinaia di prigionieri politici sono stati scarcerati in Siria all’indomani del varo di una legge di amnistia generale: lo hanno reso noto fonti delle organizzazioni siriane per la difesa dei diritti umani, sottolineando tuttavia che rimangono ancora in prigione “migliaia di detenuti”. L’amnistia decretata ieri dal presidente siriano Bashar al Assad si applica anche ai membri dei Fratelli Musulmani e a tutti i detenuti politici, ma non ai dirigenti e militanti del Partito Comunista, in quanto “organizzazione che mira a modificare lo statuto economico e sociale dello Stato”. L’opposizione siriana, riunita a congresso nella località turca di Antalya, ha definito ieri l’amnistia - che si applica a tutti i reati commessi prima del 31 maggio - “insufficiente” e “troppo tardiva”. Cuba: oppositori politici condannati a 5 anni di carcere, avevano distribuito volantini Ansa, 1 giugno 2011 Tre oppositori cubani sono stati condannati ieri a cinque anni di prigione accusati di aver favorito ‘il disordine pubblicò dopo aver distribuito per strada dei volantini contro il governo: lo hanno reso noto i loro familiari, precisando che un quarto dissidente è stato invece condannato a tre anni di detenzione. Tutti loro, hanno aggiunto i familiari, fanno parte del gruppo “La forza della verità”, finora sconosciuto all’Avana. I quattro oppositori, che avevano lanciato i volantini in diversi punti della città - tra le quali la “Plaza de la Revolucion”, sede di diversi uffici statali - sono stati condannati in un tribunale del quartiere “El Cerro”, alla periferia della capitale. Al termine della sentenza, ci sono stati momenti di tensione, con urla e insulti, tra decine di persone che sostengono il governo del presidente Raul Castro e coloro i quali invece sostengono i dissidenti. La Commissione cubana per i diritti umani e la riconciliazione, gruppo considerato illegale dal governo, che aveva preavvertito la stampa del procedimento giudiziario, ha sottolineato al termine dell’udienza di ritenere le sentenze sproporzionate. I quattro condannati sono Luis Enrique Labrador, David Piloto y Walfrido Rodriguez, condannati a cinque anni, e Yordani Martinez (tre anni), tutti tra i 23 e i 42 anni.