Orientamenti
pastorali dell’Episcopato italiano
per il primo decennio del 2000
CONCLUSIONE
«Perché anche voi
siate in comunione con noi» (1Gv 1,3)
63.
– «La sera di quello stesso giorno, il primo dopo il sabato, mentre erano chiuse
le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne
Gesù, si fermò in mezzo a loro e disse: “Pace a voi!”. Detto questo, mostrò loro
le mani e il costato. E i discepoli gioirono al vedere il Signore. Gesù disse
loro di nuovo: “Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anch’io mando voi”» (Gv
20,19-21). Il Signore mostra i segni della sua Passione: il Risorto è l’Agnello,
che ha preso su di sé le nostre sofferenze, le nostre sconfitte, i nostri
fallimenti, i nostri peccati, per mostrarci una via di luce nelle tenebre. Ora
egli invia i suoi discepoli: la Chiesa è
fin dall’inizio missionaria.
Ma
ciò che è fondamentale, è quel «come» sulla bocca di Gesù: «Come il Padre ha mandato me, anch’io mando
voi». Il Verbo ha compiuto la sua missione scendendo, calandosi in ogni
nostra oscurità, con umiltà e con un profondo amore per gli uomini, per tutti
noi peccatori. Anche la Chiesa, allora, non potrà seguire altra via che quella
della kènosis per rivelare al mondo
il Servo del Signore, l’Agnello di Dio che porta i peccati del mondo. Per questo
san Paolo chiede a Tito di insegnare ai suoi fedeli a «esser mansueti, mostrando ogni dolcezza verso
tutti gli uomini» (Tt 3,2).
Lo
stesso san Paolo, proprio perché consapevole della sua condizione di peccatore
perdonato, di «vaso di misericordia» (cf. Rm 9,23), a cui Dio ha mostrato la via
della vita nella sua infinita misericordia, comprende che l’unico modo per
rivolgersi agli uomini in maniera conforme alla grazia ricevuta è quello di
parlare loro in ginocchio: «Vi supplichiamo in nome di Cristo: lasciatevi
riconciliare con Dio» (2Cor 5,20). Per questo la Chiesa ha bisogno soprattutto di
santi, di uomini che diffondano il buon profumo di Cristo con la loro
mitezza, mostrando piena consapevolezza di essere servi della misericordia di
Dio manifestatasi in Gesù Cristo.
64.
– È questa la via che porta alla fecondità: la Chiesa umile e serva, che scende
accanto agli uomini, soffrendo con loro in ogni loro debolezza, può trasmettere
davvero il Verbo della vita fino a far rinascere la speranza e la gioia nei
cuori degli uomini. Per questo l’apostolo Paolo legge le sue sofferenze e
umiliazioni apostoliche come le doglie necessarie perché Cristo sia formato nei
suoi interlocutori (cf. Gal 4,19). Ma la
Chiesa può essere realmente madre
solo se compie la volontà del Padre, se ascolta la sua Parola e si lascia
trasformare da essa giorno dopo giorno: «Chi compie la volontà di Dio, costui è
mio fratello, sorella e madre» (Mc 3,35), ha detto Gesù.
Per
rinnovare il nostro apostolato, il nostro slancio missionario, che è servizio
alla missione dell’Inviato del Padre, dovremo perciò essere sempre i primi ad
ascoltare assiduamente la parola di Dio, a lasciarci permeare della sua grazia,
a convertirci instancabilmente. In tutto questo trova fondamento la nostra
esperienza di fede, fino all’ultimo giorno della nostra vita.
65.
– Raggiunti dall’amore di Dio «mentre noi eravamo ancora peccatori» (Rm 5,8),
siamo condotti ad aprirci alla solidarietà con tutti gli uomini, al desiderio di
condividere con loro l’amore misericordioso di Gesù che ci fa vivere. La Chiesa è totalmente orientata alla
comunione. Essa è e dev’essere sempre, come ricorda Giovanni Paolo II, «casa e scuola di comunione»[1].
La
Chiesa è casa, edificio, dimora
ospitale che va costruita mediante l’educazione a una spiritualità di comunione. Questo significa far
spazio costantemente al fratello, portando «i pesi gli uni degli altri» (Gal
6,2). Ma ciò è possibile solo se, consapevoli di essere peccatori perdonati,
guardiamo a tutta la comunità come
alla comunione di coloro che il Signore santifica ogni giorno. L’altro non sarà
più un nemico, né un peccatore da cui separarmi, bensì «uno che mi appartiene».
Con lui potrò rallegrarmi della comune misericordia, potrò condividere gioie e
dolori, contraddizioni e speranze. Insieme, saremo a poco a poco spinti ad
allargare il cerchio di questa condivisione, a farci annunciatori della gioia e
della speranza che insieme abbiamo scoperto nelle nostre vite grazie al Verbo
della vita.
Soltanto
se sarà davvero «casa di comunione», resa salda dal Signore e dalla Parola della
sua grazia, che ha il potere di edificare (cf. At 20,32), la Chiesa potrà
diventare anche «scuola di
comunione». È importante che ciò avvenga: in ogni luogo le nostre comunità
sono chiamate a essere segni di unità, promotori di comunione, per additare
umilmente ma con convinzione a tutti gli uomini la Gerusalemme celeste, che è al tempo
stesso la loro «madre» (Gal 4,26) e la patria verso la quale sono incamminati.
In essa, come ricorda l’Apocalisse, Dio «dimorerà tra di loro ed essi saranno
suo popolo ed egli sarà il “Dio-con-loro”. E tergerà ogni lacrima dai loro
occhi; non ci sarà più la morte, né lutto, né lamento, né affanno, perché le
cose di prima sono passate» (Ap 21,3-4). Le differenze saranno accolte e
riconciliate, le sofferenze troveranno senso e definitiva consolazione e la
morte stessa perderà ogni suo potere di fronte alla comunione nell’amore, alla
partecipazione estesa a ogni uomo della vita trinitaria.
Ma
non dimentichiamo l’avvertimento di Giovanni Paolo II: «Non ci facciamo
illusioni: senza questo cammino spirituale, a ben poco servirebbero gli
strumenti esteriori della comunione. Diventerebbero apparati senz’anima,
maschere di comunione più che sue vie di espressione e di crescita»[2].
66.
– Il Papa ha invitato tutte le Chiese particolari a «prendere il largo»: Duc in altum! (Lc 5,4), sono le parole
di Gesù che egli sente risuonare nel suo cuore di Pastore della Chiesa
universale. È l’invito più giusto per impostare nei prossimi anni il nostro
cammino pastorale.
Certo,
alcuni di noi, osservando alcuni fenomeni negativi, potrebbero lasciarsi andare
a un certo pessimismo. Ma la Chiesa conosce un solo criterio per rinnovare ogni giorno la speranza: essa
sa che «fedele è Dio», dal quale siamo stati «chiamati alla comunione del Figlio
suo Gesù Cristo, Signore nostro!» (1Cor 1,9). Coloro che ascoltano davvero il
loro Signore non si preoccupano nemmeno di possibili insuccessi. Dicono con
Pietro: «Maestro, abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo preso nulla; ma
sulla tua parola getterò le reti» (Lc 5,5).
67.
– Nei prossimi anni compiremo dunque
un cammino guidato da un costante riferimento al Concilio Vaticano II e
dal suo messaggio. Alcuni passi saranno:
-
l’impegno
per una pastorale della santità, perché la
Chiesa sia la Sposa santa del Signore che viene;
-
la comunicazione del Vangelo ai fedeli, a
quanti vivono nell’indifferenza e ai non cristiani, qui nelle nostre terre e
nella missione ad gentes;
-
il rinnovamento della vita delle nostre comunità,
attraverso la centralità data alla domenica, il primato dell’ascolto della
Parola, anche nella lectio divina, e
la vita liturgica che abbisogna di una conoscenza più approfondita;
-
il percorrere vie di comunione, perché la Chiesa,
vera scuola di comunione, possa chiamare tutti gli uomini alla comunione con
Cristo;
-
l’impegno
dei fedeli laici alla testimonianza
evangelica, all’assunzione di nuove forme ministeriali, soprattutto a essere,
nella società e nei diversi ambienti di vita, capaci di vigilanza profetica e
costruttori di una città terrena in cui regnino sempre di più la giustizia, la
pace, l’amore.
68.
– La presenza del Signore «sempre con
noi» (cf. Mt 28,20) e dello Spirito
Santo, che accompagna ogni cristiano e tutta la Chiesa nel cammino verso il
Padre, ispirino il lavoro pastorale delle singole Chiese in Italia e rendano
fruttuosa la fatica apostolica che ci attende nei prossimi anni del terzo
millennio.
Questo
nostro cammino avviene sotto la sguardo
di Maria, la madre del Signore, e conta sulla sua intercessione. Ella ha
acconsentito al mistero dell’incarnazione del Verbo di Dio, ha ascoltato e
realizzato la parola di Dio, è figura della Chiesa santa, serva del Signore e
madre dei credenti, è donna di fede obbediente, pronta a sperare contro ogni
speranza, piena dell’amore di Dio e capace di carità senza confini. A lei
affidiamo con piena fiducia il nostro cammino in attesa della venuta del Signore.
Appendice
INDICAZIONI PER UNA “AGENDA
PASTORALE”
DEL
PROSSIMO DECENNIO
Concilio
Vaticano II
Accogliendo
l’invito del Santo Padre Giovanni Paolo II, occorre prevedere, nel prossimo
decennio, una ripresa dei documenti del Concilio Vaticano II (soprattutto delle
quattro grandi costituzioni), perché siano profondamente meditati nelle nostre
comunità e diventino concretamente la «bussola» che ci orienta in questo nuovo
millennio.
1. Ragioni della
speranza
L’anno
giubilare ha messo in primo piano l’evento dell’Incarnazione, che testimonia la
partecipazione piena di Dio alla vita dell’uomo e apre per l’uomo un sentiero di
vita eterna. Dopo avere privilegiato negli orientamenti pastorali dello scorso
decennio la virtù teologale e l’esperienza concreta della carità, al centro del
nostro interesse si colloca ora la speranza. Si tratta di:
a)
cogliere
l’originalità e la ricchezza teologica e pedagogica della speranza, in un
contesto culturale, come quello attuale, che ne è molto povero;
b)
individuare atteggiamenti e scelte che rendano la Chiesa una comunità a
servizio della speranza per ogni uomo.
2. Vie per la
comunicazione
Il
tema di fondo di questo documento è la «comunicazione del Vangelo in un mondo
che cambia»; dovremo pertanto approfondire, in vario modo, il compito della
trasmissione della fede. Si tratta di:
a) coglierne
l’originalità e le esigenze, in quanto comunicazione dell’evento del mistero
cristiano;
b) sostare, con grande
senso di responsabilità, sul capitolo delle comunicazione della fede ai
giovani;
c) riflettere sul
valore della comunicazione sociale, sulla situazione attuale e sulle iniziative
che vanno sostenute o che attendono di essere avviate;
d) approfondire
alcuni sentieri particolarmente significativi della comunicazione (ad es.
comunicazione e arte, nuove tecnologie…).
3. Qualità della
formazione
La
condizione storica nella quale ci troviamo raccomanda, anzi esige, una vigorosa
scelta formativa dei cristiani. Si tratta di:
a) garantire qualità
formativa (nel senso dell’incontro con Cristo e della comunione con lui fino
alla santità, del dare ragione della speranza che abbiamo nel cuore,
dell’accrescere la nostra ricchezza di umanità) a ogni momento e incontro
proposto alle nostre comunità: iniziazione cristiana, omelia, catechesi,
colloqui personali, lavoro nei gruppi, ecc.;
b) dare spazio a momenti
propriamente culturali, portando a livello di base (diocesi, vicariati,
parrocchie, gruppi, ecc.) l’intento di cui è espressione, a livello di Chiesa
italiana, il «progetto culturale orientato in senso cristiano», con una forte
attenzione alle domande antropologiche che ogni giorno il dibattito pubblico e
la cronaca introducono nelle nostre case;
c) ripensare
coraggiosamente il volto spirituale che è dato di incontrare, in questi anni, a
chi osserva le nostre comunità: c’è forse una mediocrità da combattere e
l’urgenza di pensare la vocazione universale alla santità, mirando a tradurla
quotidianamente in pedagogia e pastorale della santità.
4. Esigenze della
missione
In
un tempo di secolarizzazione e nel quale la nostra società diventa multietnica e
multiculturale, la comunicazione del Vangelo rende necessario compiere una
paziente e coraggiosa revisione di tutto il tessuto pastorale delle nostre
comunità dal punto di vista missionario. Ciò significa una vera «conversione
pastorale». Si tratta, per esempio, di:
a) soffermarsi sulla
fisionomia della comunità eucaristica domenicale per mettere a fuoco, in vario
modo, la scelta di farla diventare una reale comunità di discepoli che si
lasciano evangelizzare e che poi, uscendo dalla celebrazione, mostrano una
crescente passione apostolica;
b) domandarsi quali passi
concreti si possono e si debbono compiere perché le nostre comunità cristiane si
facciano carico di tutti i battezzati, valorizzando le opportunità già esistenti
e immaginandone di nuove;
c) rileggere dal
punto di vista missionario la formazione degli operatori pastorali, nonché il
lavoro dei consigli pastorali parrocchiali e delle commissioni impegnate in
ambiti specifici, valutando i temi che vengono privilegiati e lo stile con cui
sono affrontati;
d) assumere decisamente una
prassi di comunione che, a partire da una costante educazione del sensus fidei, allena al «discernimento
comunitario» cristiano, riconoscendo in tal modo tutti i doni che lo Spirito
effonde e percorrendo insieme e corresponsabilmente, pastori e fedeli, i
sentieri del Vangelo;
e) rilanciare e
valorizzare la presenza e l’azione dei laici espressa dalle aggregazioni
ecclesiali e dalle associazioni professionali di ispirazione cristiana nei vari
ambienti di vita;
f) verificare
le scelte formative di coloro che si preparano a diventare presbiteri e la
formazione permanente dei sacerdoti, perché siano veramente padri nella fede e
acquisiscano una mentalità missionaria;
g) dare tempo e
spazio a un serio approfondimento del senso, dei modi e degli strumenti con cui
mettere in atto un lavoro di «primo annuncio», di accompagnamento al battesimo
di persone che si convertono al cristianesimo, di approfondimento di un serio
cammino di catecumenato, con l’aiuto delle indicazioni date in questi anni dalla
Conferenza episcopale;
h) riflettere
sulla creazione e valorizzazione di nuovi ministeri laicali di tipo missionario:
visitatori delle famiglie, moderatori di gruppi di ascolto, responsabili di
incontri con gli adulti, in particolare con i genitori che chiedono i sacramenti
dell’iniziazione cristiana per i loro figli, ecc.
Anno
pastorale 2001-2002
È
bene fare di questo primo anno un tempo quasi di preludio. Guardiamo al futuro
chiedendoci come dare forma, in ognuna delle nostre diocesi lungo il prossimo
anno, anche a un «evento ecclesiale», che favorisca largamente il coinvolgimento
delle nostre comunità nei propositi espressi dal Papa nella lettera apostolica
Novo millennio ineunte e da noi
vescovi in questi orientamenti pastorali.
INDICE
Introduzione
–
Al
servizio della gioia e della speranza di ogni uomo
(nn. 1-2)
–
Attingendo
alla Parola della vita
(nn. 3-4)
–
Assumendo
il cammino percorso insieme dal Concilio ad oggi
(nn. 5-6)
–
La
chiamata alla conversione e l’eloquenza della santità
(nn. 7-9)
Capitolo
Primo: LO
SGUARDO FISSO SU GESÙ, L’INVIATO DEL PADRE
–
Gesù,
l’Inviato dal Padre
(nn. 10-15)
–
Gesù
in mezzo a noi (nn.
16-23)
–
Gesù,
il Risorto (nn.
24-28)
–
Gesù,
colui che viene (nn.
29-31)
Capitolo
Secondo: LA
CHIESA A SERVIZIO DELLA MISSIONE DI CRISTO
–
Per
una missione senza confini (nn.
32-35)
–
Discernere
l’oggi di Dio (nn.
36-43)
–
Quali
compiti per il prossimo decennio? (nn.
44-46)
–
Il
giorno del Signore e la parrocchia, tempo e spazio per una comunità realmente
eucaristica
(nn. 47-49)
–
Una
fede adulta e “pensata”
(n. 50)
–
I
giovani e la famiglia
(nn.
51-55)
–
Una
rinnovata attenzione a tutti i battezzati
(nn.
56-62)
Conclusione:
UNA
VITA DI COMUNIONE
–
Una
Chiesa di discepoli e di inviati
(nn. 63-64)
–
Una
Chiesa “casa e scuola di comunione”
(n. 65-68)
Appendice
INDICAZIONI
PER UNA “AGENDA PASTORALE” DEL PROSSIMO DECENNIO