LA GNOSI COME
 "ORIENTE DELL'OCCIDENTE"

 Pier Luigi Zoccatelli

 

Uno degli enigmi che la sfinge dell’attuale situazione religiosa propone è l’emergere, nell’orizzonte della modernità, di forme «nuove» di sapienza, in particolare di sapienza di tipo gnostico; forme che, nelle loro metamorfosi storiche, costituiscono una presenza familiare e ricorrente. Un aspetto di questa problematica è il posto che le tradizioni esoteriche occupano oggi come fattore di rivitalizzazione mitico-religiosa del patrimonio di simboli intorno a cui ruota e da cui trae alimento la «religione del sé», variante contemporanea — a mio modo di vedere — dell’antica gnosi. È, questo del sacro esoterico, un momento decisivo nell’attuale processo di ristrutturazione del campo religioso. Accostato in prospettiva storica, infatti, esso pare svolgere la non insignificante funzione di rimettere in circolazione, adattandole alle peculiari esigenze dell’attuale contesto socio-culturale, forme religiose alternative alla tradizione dominante in Occidente, secrète da questa stessa tradizione come esito di una complessa dialettica interna, forme che costituiscono, per così dire, «l’Oriente dell’Occidente».

Parlare dello gnosticismo, della sua natura, delle sue origini significa e ha significato, nella indagine moderna, parlare di un nodo storico-religioso fondamentale relativo al rapporto tra cristianesimo e gnosticismo, nodo che, se per un verso ci riporta alle origini dello stesso cristianesimo, per un altro, data la persistenza nel tempo di fenomeni gnostici e la loro presenza alle radici stesse del grande tronco monoteistico, ripropone continuamente un problema di ordine più generale: come è stato interpretato questo nesso fondamentale, questo «paradosso del monoteismo», in seguito al quale, nel momento stesso in cui si proclama l’unicità dell’oggetto di fede, lo si vede minacciato da forme gnostiche di sapere?

Con «gnosi» si intende in generale una forma di conoscenza religiosa, conseguita per via illuminativa o rivelativa, che di per sé salva. Essa non dipende da un oggetto particolare, in quanto ha in se stessa il suo valore e il suo fondamento. È, quindi, conoscenza totale, in grado di trascendere la dicotomia soggetto-oggetto, anzi, ogni dicotomia, perché conoscenza assoluta dell’assoluto. Conoscenza salvifica che, per la sua stessa natura, si oppone alla fede, la gnosi si radica nell’esperienza, genericamente umana, di divisione e di scissione: tra sé e il mondo, tra sé e Dio, tra sé e il proprio io empirico. Lacerazione, dunque, che minaccia anche l’unità dell’individuo, minandone l’integrità non solo psichica ma esistenziale. Con il suo carattere di globalità e di assolutezza, la conoscenza di tipo gnostico si pretende in grado di superare queste dicotomie, recuperando l’integrità minacciata e restaurando l’unità perduta.

Di natura esoterica, questa forma particolare di conoscenza, in quanto tale presente in diverse tradizioni religiose, si è manifestata in modo storicamente compiuto nello gnosticismo del II secolo — autentica religio mentis, prodotto della profonda trasformazione, della vera e propria crisi che la religione tradizionale conosce —, un movimento sulle cui origini, se cristiane o meno, si continua a discutere. Esula certamente dal nostro intervento, dedicato all’interpretazione dei «risvegli» della gnosi, una descrizione dettagliata dello gnosticismo antico; lo gnosticismo, peraltro — come sapevamo già dalle testimonianze ostili dei Padri della Chiesa, e come sappiamo meglio dopo le scoperte di Nag Hammadi —, non è mai stato un sistema monolitico. Oltre alla dottrina della salvezza per conoscenza di cui abbiamo già accennato, vi sono tuttavia alcuni temi generali che, con molteplici sfumature e varianti, si ritrovano in quasi tutte le scuole:

a)  primato della conoscenza. Un sistema gnostico è caratterizzato anzitutto dal primato della conoscenza su qualunque altro mezzo di salvezza per l’uomo: la legge, il rito, l’adesione a una religione organizzata e più tardi, con l’opposizione all’ortodossia cristiana, la fede.

b)  dualismo. Tutti i sistemi gnostici si contraddistinguono da un dualismo che oppone lo spirito e la materia, con un deciso «anti-cosmismo» che svaluta radicalmente il mondo visibile, ridotto a regno del male e delle tenebre. È questo anti-cosmismo radicale che differenzia il dualismo gnostico da quello iranico della religione zoroastriana e da quello platonico, che pure hanno esercitato una certa influenza sugli gnostici.

c)  miti cosmologici. I miti gnostici comprendono quasi sempre tre fasi: un’unità originaria indistinta (Pleroma) dove da un Dio originario e inconoscibile vengono emanate coppie di esseri celesti (Eoni); la «caduta» fuori da questa unità di uno o più esseri celesti, con la successiva nascita di un dio malvagio (Demiurgo) che, direttamente o tramite i suoi collaboratori (arconti), crea il mondo materiale; la presenza nell’uomo di una scintilla divina che può essere ravvivata, permettendo ad alcuni uomini di risalire dal mondo della materia e della finitudine fino al mondo divino delle origini.

La «gnosi» propria dello «gnosticismo» è quel movimento che conobbe una notevole diffusione nei primi secoli dell’impero, caratterizzata dal fatto di avere per oggetto quella che lo gnostico considera la vera realtà spirituale dell’uomo: il Sé ontologico, reale, consustanziale con la stessa realtà divina. Trasmessa da un rivelatore/salvatore o ottenuta attraverso un’illuminazione interiore, confermata e irrobustita da una peculiare didascalia, garantita inoltre da una tradizione esoterica, questa conoscenza è la fonte della salvezza individuale. Se dovessimo riassumere in una formula questo particolare processo, potremmo dire che la gnosi dello gnosticismo è una forma di autorealizzazione del sé individuale nel Sé universale.

Un brevissimo cenno storico sarà utile per un ulteriore inquadramento. Il primo caposcuola gnostico di cui parlano le fonti è il samaritano Simon Mago, la cui attività si colloca intorno al 50 d. C.; tra i suoi discepoli sono ricordati Menandro e Saturnino. I primi grandi sistemi gnostici appaiono nel secondo secolo con Basilide, attivo in Alessandria negli anni 117-161; Marcione, un contemporaneo di Basilide venuto dall’Asia Minore a Roma; e Valentino, nato probabilmente in Egitto, attivo in Alessandria e poi a Roma fra il 140 e il 165.

Sappiamo molto poco di forme più tardive di gnosi, a cui dovrebbero appartenere gruppi estremistici come gli Ofiti o i Fibioniti. All’inizio del terzo secolo è attivo alla corte di Edessa e in Armenia il filosofo cristiano eterodosso Bardesane, che sembra un anello di collegamento fra lo gnosticismo propriamente detto e il manicheismo, religione fondata in Persia da Mani (215-276) e diffusasi dalla Spagna fino alla Cina, dove le comunità manichee sarebbero scomparse soltanto verso il 1300, distrutte dall’avanzata mongola. Se il manicheismo non è sopravvissuto, un’altra religione giunta sino ai nostri giorni è ancora più simile allo gnosticismo in molte caratteristiche fondamentali. Si tratta della religione dei Mandei, che conta ancora una decina di migliaia di seguaci in Iraq, il cui studio costituisce l’ultima occasione per entrare in contatto con un sistema gnostico vivente.

Questo non significa che lo gnosticismo non abbia lasciato altre tracce. Già le sette ereticali medievali più antiche, come i Pauliciani e i Bogomilli della Bulgaria (VII-IX secolo), presentano, secondo molti studiosi, influenze gnostiche evidenti. Una ipotesi vuole che sia stata proprio la penetrazione di idee bogomille in Italia e in Francia nel secolo XI a favorire la nascita delle eresie che preoccuparono di più la società medievale, quelle dei Catari e degli Albigesi.

Nell’area della nuova religiosità oggi si ripresenta un fenomeno religioso tipico delle epoche di crisi e di transizione, i cui tratti distintivi ci consentono di identificare un pons subtilis tra gnosi antica e nuova gnosi: si tratta dell’emergere di un nuovo individualismo religioso che porta alla messa in discussione della religione tradizionale in quanto fattore di integrazione sociale. La condizione attuale favorisce il ricorso a una soluzione ricorrente, contraddistinta da processi di privatizzazione, interiorizzazione e spiritualizzazione. In questo senso si sono mossi alcuni gnostici antichi. Che oggi alcune frange significative dell’area della nuova religiosità — pensiamo al network del New Age, al fenomeno di Ecologia Profonda, alla Chiesa di Scientologia e, più in generale, ai movimenti del «potenziale umano», dal Silva Mind Control all’Erhard Seminar Training — si spingano, più o meno consapevolmente, in questa direzione, non dovrebbe di conseguenza sorprendere. In definitiva, questo segmento della nuova religiosità, che varie ipotesi tipologiche classificano appunto come area della «nuova gnosi», non costituisce propriamente una forma di pensiero direttamente collegata alle tradizioni antiche dello gnosticismo (anche se alcuni esempi in questo senso non mancherebbero), quanto piuttosto la ripresa indiretta di tradizioni esoteriche occidentali e orientali che, dal punto di vista della comparazione fenomenologica, presentano sorprendenti corrispondenze strutturali, ruotanti intorno al tema autoredentivo della religione del Sé.

 

Per approfondire:

- Giovanni Filoramo, L’attesa della fine. Storia della gnosi, Laterza, Bari 1983.

- Massimo Introvigne, Il ritorno dello gnosticismo, SugarCo, Milano 1993.

 - Giovanni Filoramo, Figure del sacro, Morcelliana, Brescia 1993.

 - Ioan P. Couliano, I miti dei dualismi occidentali: dai sistemi gnostici al mondo moderno, Jaka Book,

Milano 1989.

 - Emanuele Samek Lodovici, Metamorfosi della gnosi, Ares, Milano 1979.

 

 

 

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