GALASSIA DELLA FEDE
Intervista al sociologo Enzo Pace di Vittoria Prisciandaro

 «Per comprendere tutta la galassia dei movimenti e delle nuove realtà religiose potremmo prendere a prestito una categoria molto usata negli Stati Uniti: "movimenti di risveglio"». Enzo Pace – docente di Sociologia a Trieste e di Sociologia della religione a Padova, autore di recente di due volumi su Le sètte (il Mulino) e I fondamentalismi (Laterza) – dice che si tratta di «realtà tutte figlie del Concilio Vaticano II. Si sono sviluppate intrecciandosi, anche nelle biografie degli aderenti, con i "movimenti della riforma religiosa", che sono stati rappresentati in Italia dalle Comunità di base e dai Cristiani per il socialismo. Questi ultimi sono ormai tramontati, mentre le prime sono ancora molto vitali e hanno una forza espansiva notevole».

«Per una parte di questi movimenti l’idea forte, comune anche per il mondo protestante americano, è quella di risvegliare una fede assopita, ricacciata sullo sfondo della propria identità. Si vuole far riscoprire o un’identità cattolica, come era nel caso di Comunione e liberazione al suo apice, o una profonda spiritualità di tipo cristiano che guarda al modello più o meno idealizzato della comunità primitiva, come nel caso del Cammino neocatecumenale. I movimenti di risveglio da un punto di vista sociologico sono movimenti di "convertiti". Si tratta cioè di battezzati che, socializzati fino a 13-14 anni nella fede cattolica e poi diventati cattolici "sociologici", hanno riconquistato un’identità politico-religiosa all’altezza dei tempi. Inoltre, altra caratteristica, sono movimenti laici. Ciò che fa problema ad alcuni pastori, per esempio, è che queste realtà chiedono il permesso al parroco ma poi, per il resto, fanno tutto i laici, è tutto espressione di una teologia laica. Anche nel Rinnovamento nello spirito, dove ci sono sacerdoti e teologi validi, l’idea alla base è laica: se lo Spirito soffia dove vuole, la necessaria mediazione del sacerdote non appare più così forte...».

«Contrariamente ai movimenti di riforma, che avevano contestato il principio di autorità, la forma assolutista e centralizzata della Chiesa, queste realtà non hanno mai messo in discussione la virtù dell’obbedienza. Non vogliono apparire come movimenti separati, anche se propongono percorsi di rinascita alla fede che non ricalcano gli schemi tradizionali del cattolicesimo: sono movimenti che spesso non vivono in parrocchia, ma sono ospiti. Questo crea non pochi problemi per esempio ai parroci: perché, mentre c’è chi afferma che senza di loro non si potrebbero tenere in piedi attività come la catechesi o i servizi sociali, altri si lamentano dicendo che non si sa bene cosa in realtà facciano, altri ancora sono decisamente contrari. Va anche tenuto presente che queste realtà hanno sviluppato una certa autoreferenzialità, si sono dati una loro spiritualità, a volte molto elitaria, per iniziati».

«In alcuni di questi movimenti, proprio perché si accentua l’aspetto della conversione ispirata a un modello più o meno mitizzato di comunità primitiva, si danno due fenomeni. Il primo è un rapporto quasi da neofita con il testo biblico, che in alcuni casi rasenta l’ermeneutica fondamentalista: il testo biblico va assunto nella sua interezza così com’è, con un atteggiamento di meraviglia, senza alcun bisogno di confrontarsi con il metodo storico-critico. E in un contesto come quello italiano dove l’analfabetismo biblico è enorme, il rischio di fondamentalismo è reale, come ho riscontrato sia nei neocatecumenali che nel Rinnovamento. In Cl c’è stato, all’inizio, un atteggiamento neointegrista, e non fondamentalista, perché Cl ha attinto la sua ispirazione più che dal testo biblico dalle parole del suo fondatore, don Giussani. Quanto alle persone fragili, che potrebbero entrare nel gruppo per sentirsi rassicurate, ritengo che bisogna andare con i piedi di piombo, senza generalizzare. Non mi sentirei di imputare ai gruppi in quanto tali una strategia di questo genere. Quello che notavo, ed è la seconda caratteristica, è che ci sono delle persone particolarmente predisposte a questo tipo di esperienza. In particolare vi aderiscono tutti quei laici o membri del clero, o donne di ordini religiosi, che non sono soddisfatti del tipo di liturgia venuto fuori dal Vaticano II. Una liturgia giudicata troppo fissa, ordinata, che non lascia nessuno spazio all’espressione dei doni dello Spirito».

«In questi anni i movimenti hanno subìto un’evoluzione. All’inizio ritenevo che in questa ricerca di tipo pietistico-intimista, a parte Cl che è nata da un’idea diversa, avrebbero finito per ripiegare su sé stessi. Invece, anche perché avevano il bisogno di farsi riconoscere dalla Chiesa – ed è stato un cammino lungo e pieno di ostacoli –, i movimenti hanno sviluppato delle forme di impegno nel mondo, che non sono molto visibili. C’è, per esempio, tutto un settore di volontariato – ospedali, assistenza ai minori – che viene curato dal Rinnovamento nello spirito. L’unica realtà che rimane un po’ ripiegata sono i neocatecumenali, i quali possono sempre difendersi dicendo che inviano intere famiglie come missionari nel mondo e hanno un sistema di solidarietà comunitario che nessuna parrocchia è in grado di sviluppare».

«È vero, questa è la componente che chiamo il tratto settario implicito. Il cristianesimo ha sviluppato al suo interno sia l’esperienza della sètta che quella della chiesa, e il miracolo della Chiesa cattolica è di essere riuscita nei secoli a tenere assieme queste due istanze. Ciclicamente compaiono dei movimenti, dei gruppi, che radicalizzano alcune scelte e si presentano come gli eletti, coloro che detengono la verità. Queste realtà sono esposte alla tentazione di pensare che la vita cristiana coincida con quella del loro movimento».

«La Chiesa ha un capitale organizzativo di conoscenze per cui è in grado lentamente di istituzionalizzare i movimenti, e lo sta facendo. La cosa interessante è che questi sembrano essere in grado di espandersi proprio perché fanno perno su un profilo socio-religioso di militante "convertito", il quale ha una forza missionaria che non troviamo più nei cattolici medi. Nei Paesi sudamericani, dove c’è una forte crescita di gruppi di matrice protestante, mentre le comunità di base sono un po’ in declino, questi movimenti sono in espansione. E la cosa si spiega così: in fondo i movimenti un po’ imitano le sètte, lo stile di una religione emotiva, che si affida molto alla scoperta dei carismi, che crede nelle guarigioni. Una religiosità mistico-carismatica che indubbiamente è in controtendenza rispetto ai processi di secolarizzazione. In futuro questo tipo di laicato potrebbe essere una risorsa preziosa in una situazione in cui il clero va sempre più assottigliandosi. E va tenuto presente che in queste realtà c’è una notevole componente femminile... Sono tutte questioni aperte su cui un giorno la Chiesa dovrà interrogarsi».

 Pubblicato su Jesus n° 5 - Maggio 1999
   


                                                     
TORNA A RASSEGNA STAMPA