LA FONTE DEL MINISTERO - PREGHIERA
P. Enzo Romano

"Chi vuol essere il primo tra voi sarà il servo di tutti" (Mc 10,43)

Iniziamo questo nostro cammino triennale ministeriale innanzitutto impegnandoci con maggiore fiducia in questo prosieguo per la programmazione che è già avviata da tempo, ma anche rifacendoci a quello che il Santo Padre ci dice nella lettera "Novo millennio ineunte" inviata dopo la chiusura del grande Giubileo del 2000 che abbiamo celebrato. Il Papa ci esorta appunto ad impegnarci con maggiore fiducia nella programmazione che ci attende; ad una Pastorale che dia tutto il suo spazio alla preghiera personale e comunitaria rispettando così il principio essenziale della visione cristiana della vita e del primato della grazia.

Dice ancora il Santo Padre che quando questo principio non è rispettato non c’è da meravigliarsi se i progetti pastorali vanno incontro al fallimento e lasciano nell’animo un avvilente senso di frustrazione. Allora facciamo l’esperienza dei primi discepoli, naturalmente nell’episodio della pesca miracolosa, che dicono "abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo preso nulla"; è quello il momento della fede, è quello il momento della preghiera, è quello il momento del dialogo con Dio che ci ricorda costantemente il primato di Cristo nella nostra vita ed in rapporto a Lui anche il primato della vita interiore, della santità, del nostro agire, del nostro servizio che abbiamo da svolgere per la causa del Regno.

E’ necessario, allora, imparare a pregare! Vi chiederete "Forse non sappiamo pregare? Dobbiamo sempre e nuovamente apprendere quest’arte dalle labbra del Maestro, giorno dopo giorno; nessuno si illuda che ha imparato a pregare! Abbiamo bisogno sempre di tornare nuovamente al Signore e chiedere come i primi discepoli "Signore, insegnaci a pregare".

Quindi comprendiamo bene che nella preghiera si sviluppa quel rapporto di intimità con il Signore il quale ci rende suoi intimi quando ci dice "rimanete in me ed io in voi". Ecco, questa reciprocità diventa il segno concreto, la condizione di ogni autentica vita pastorale ministeriale; è il segreto di un cristianesimo veramente vitale ed è il segreto anche del nostro zelo, del nostro entusiasmo; occorre che la preghiera diventi per noi, in maniera del tutto singolare, il punto qualificante di ogni programmazione, di ogni iniziativa, di tutta quanta la nostra vita ministeriale, pastorale, di ogni cosa deve tornare ad essere prima in assoluto.

Nei Vangeli troviamo un Gesù pubblico e un Gesù direi, intimo. Il Gesù pubblico è quello che storicamente svolge la sua attività in favore degli ultimi, dei poveri; istruisce, ammaestra, libera, guarisce, ma c’è un Gesù che poche righe del Vangelo descrivono. Essi parlano di un Gesù che prega, di un Gesù intimo: è il Gesù nascosto. Ma sono questi spiragli che ci parlano di questo dialogo di Gesù con il Padre, spiragli che si aprono e subito si chiudono e ci presentano questo Gesù che prega, ma tante volte noi leggendo il Vangelo più facilmente facciamo attenzione ai discorsi e agli insegnamenti e sorvoliamo tanto spesso su questo Gesù che prega, anche perché le descrizioni sono così brevi, contenute in poche righe, che forse per questo passiamo oltre.

Noi oggi vogliamo proprio gettare lo sguardo su questi "spiragli" del Vangelo di Luca che notoriamente è l’evangelista che particolarmente ci fa cogliere Gesù immerso nella preghiera.

Scrive Luca : "Mentre Gesù , ricevuto anche Lui il Battesimo, stava in preghiera, il cielo si aprì, scese su di Lui lo Spirito Santo". Per Luca, si direbbe, fu la preghiera di Gesù a squarciare i cieli e a far discendere lo Spirito Santo su di Lui.

Proseguendo, sempre al cap.5 di Luca, leggiamo ancora: "Folle numerose venivano per ascoltarlo e farsi guarire da Lui da ogni infermità, ma Gesù si ritirava in luoghi solitari e là pregava". Troviamo questo "ma", questo avversativo che è veramente impressionante e significativo perché crea questo contrasto: da una parte le folle che vengono da Gesù per farsi guarire e dall’altra Lui che si ritira in disparte, non si lascia travolgere dalla folla, riacquista questo suo spazio per il dialogo con il Padre. Un’altra volta, dice ancora lo stesso Luca, Gesù se ne andò sulla montagna e passò tutta la notte in orazione, quando fu giorno chiamò a sé i discepoli e ne scelse dodici.

Vediamo che è come se Gesù di notte pregasse e di giorno facesse tutto quello che ha visto durante la notte.
Ogni sua azione, ogni sua attività è sempre mossa da questa preghiera continua che c’è in Lui, questa preghiera che, come dire, diventa il sottofondo di tutta quanta la vita di Cristo e anche la Trasfigurazione di cui ci parla il Vangelo, come il Battesimo di cui ci parla S. Luca, è un mistero della preghiera di Gesù : "Gesù salì sul monte Tabor non certamente per essere trasfigurato, era salito lì solo per pregare, quella fu la sorpresa dello Spirito, la sorpresa del Padre che gli riservò in quel momento la trasfigurazione, ma la motivazione che sta alla base è che Gesù è salito sul monte per raccogliersi in preghiera.
Così possiamo fare un’ analogia tra questo Gesù che viene trasfigurato sul monte e Gesù che va nel deserto; noi pensiamo che Gesù andò nel deserto per essere tentato dal diavolo, ma nessuno andrebbe nel deserto presentato dal diavolo, Lui era andato nel deserto per pregare, per digiunare e approfondire la Rivelazione del Padre e per comprendere la missione che Il Padre gli affidava, per prepararsi a questa missione.
Diremmo noi oggi: andare nel deserto, farsi un periodo di deserto per iniziare un nuovo cammino, per riprendere il nostro cammino; il ritirarci per rinvigorire le forze e riprendere il nostro camminare.

E’ molto bello riprendere questi brani di Gesù che prega perché è talmente straordinario quello che avviene nella vita di Gesù, nel volto di Gesù, nella persona di Gesù che i discepoli vengono colpiti da questa particolarità; colgono Gesù che prega e lo colgono in una maniera talmente straordinaria che si dicono l’un l’altro: Ma noi fin’ora che cosa abbiamo fatto? Non abbiamo mai pregato! Se preghiera è questa noi finora non abbiamo mai pregato! Al punto che gli chiedono: "Signore, insegnaci a pregare!" E’ questo che nasce come desiderio, come ardore nel cuore dei discepoli e Gesù insegnò loro la grande preghiera del Padre Nostro, questa, direi, è un fiotto, una vena di preghiera che scaturisce dal cuore di Cristo e viene consegnata ai discepoli e quindi alla Chiesa.

Il Gesù che prega è lo stesso Gesù che illumina la scena del Getsemani. Dice il racconto del Vangelo: "Inginocchiatosi pregava"; una parola che descrive l’esterno di Gesù (inginocchiatosi) , un’altra che descrive l’interno di Gesù (pregava).

La Tradizione si è preoccupata di tramandare a noi questa preghiera spontanea e personale di Gesù, ma tutto quanto lascia credere che Gesù in questa preghiera della notte aveva anche la preghiera di ogni pio israelita cioè la preghiera tre volte al giorno: al mattino al levar del sole, poi al pomeriggio per il sacrificio che si innalzava al tempio e la sera prima di addormentarsi.

Indubbiamente Gesù ha partecipato a questa preghiera liturgica del pio israelita, a questa preghiera pubblica e noi qui possiamo concludere che se già a questi tre momenti della sua giornata aggiungiamo le notti in preghiera, quindi una preghiera continua, troviamo un Gesù che è immerso completamente e continuamente nella preghiera.
Possiamo, quindi, affermare che nella vita di Gesù la preghiera è il sottofondo che caratterizza la sua vita.
E se a questo aggiungiamo i 30 anni di vita nascosta a Nazareth, l’immagine che ne viene fuori è l’immagine di un contemplativo che ogni tanto viene fuori con l’azione, piuttosto che quella di un uomo di azione che ogni tanto si concede gli spazi di preghiera e di contemplazione.

Credo che da questa prima parte dobbiamo apprendere una grande cosa: la nostra vita deve essere permeata dalla preghiera continua, non soltanto fissarci qualche momento particolare, ma tutto il nostro vivere deve essere immerso nella preghiera a imitazione del nostro Maestro; dobbiamo tornare a questa preghiera, alla preghiera continua, sollecita come quella di Gesù. Ecco, notte e preghiera, molto spesso le troviamo associate nella vita del Maestro; possiamo dire con quelle parole di un poeta che parla della notte "E’ la notte che è continua e sono i giorni ad essere discontinui, sono questi giorni che rompono la notte mentre sono le notti ad essere continue ".
Queste parole li possiamo applicare benissimo a Gesù, a chi più di Lui e meglio di Lui si possono applicare?

L’attività, il servizio è questo venir fuori, di tanto in tanto, da questo essere immerso nella preghiera ma poi si ritira di nuovo nella preghiera con il Padre, come direbbe Ignazio di Antiochia: è la Parola uscita dal silenzio della Trinità col Padre.
Gesù nella sua predicazione, nella sua attività taumaturga, esce fuori da questa intimità, da questa preghiera continua che ha con il Padre e questa Parola, allora, quando viene fuori opera perché è una Parola creatrice; basta leggere il libro della Genesi per sentire che questa Parola esce dal silenzio di Dio e crea; la Genesi così parla : "Dio disse: E sia la luce!" e la luce fu. E’ la Parola che esce dal silenzio, dalla comunione, e Gesù, che è in comunione con il Padre e con lo Spirito, quando esce, col suo parlare opera e quel suo agire immancabilmente realizza.

Adesso entriamo in quello che è il mistero della preghiera di Gesù.
Cosa diceva Gesù quando pregava? Noi siamo abituati a vederlo così, ma notiamo una cosa sorprendente da parte degli studiosi della Bibbia cioè gli esegeti: loro attestano che ogni volta che Gesù pregava, ogni sua preghiera conteneva al centro l’invocazione di Dio come Padre, precisamente quella parolina aramaica "Abbà", eccetto il momento della croce quando lo sentiamo gridare :"Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato", lì sta pregando con il salmo 22 ed è l’unica volta in cui non trapela questo "Abbà".

Questa parola, che proviene proprio dalla forma originale e che gli stessi testi della Scrittura riportano così senza cambiamenti, è familiare ed è la lingua che Gesù parlava nel suo quotidiano, è quella che ha appreso fin dalla tenera età. Questo vocabolo infantile era tollerabile soltanto sulla bocca di un bambino, in nessuna parte della Tradizione giudaica troviamo questa parola utilizzata nei riguardi di Dio.
Gesù per la prima volta ci presenta questa bellissima parola; è la novità sconvolgente questa preghiera di Gesù. Novità che dipende anche dal fatto che chi prega, questa volta, non è qualsiasi uomo, ma è il figlio di Dio stesso che, oltre a essere figlio di Dio, si rivolge a Dio come al papà "Babbino o Papino" , come oggi i piccoli gridano al papà.
Oggi noi sappiamo che a guidare questo grido nel cuore di Gesù è lo Spirito Santo: "in quello stesso istante Gesù esultò nello Spirito e disse "Io ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra" e qui "Padre" è la traduzione dall’aramaico "Abbà".
L’apostolo Paolo, in maniera luminosa, conferma che è lo Spirito Santo a suscitare nel cuore di Gesù questo grido che riassume tutta la sua preghiera che è detta a volte in forma di invocazione, a volte di lode, a volte come adesione, a volte come abbandono.
Perché Paolo conferma questo? Perché ci dice che quando lo Spirito Santo sarà inviato da Gesù su ogni cristiano i farà gridare "Abbà" e ce lo ricorda nella lettera ai Galati: "Che voi siete figli ne è prova il fatto che Dio ha mandato nei nostri cuori lo spirito del suo figlio che grida "Abbà – papà".

S. Agostino nota che lo Spirito Santo non potrebbe gridare Abbà perché lo Spirito Santo non è figlio del Padre, procede dal Padre; se, dunque, lo Spirito Santo può gridare "Abbà" è perché lo spirito del Figlio nei giorni terreni spingeva Gesù a pregare cioè creava la preghiera dentro di Lui; con un’altra espressione diremmo che lo Spirito Santo si è abituato a pregare in Gesù per poter pregare poi dentro il cuore.

Lo Spirito Santo voi sapete che è Dio, purissimo spirito e nessun uomo lo poteva ricevere, nessun uomo potrebbe, infatti, contenere Dio né ricevere Dio nella sua pienezza perché Dio ci sfugge; direi quasi che l’incarnazione che cosa è stata se non questo Dio che si è voluto fare simile a noi, eccetto il peccato, per abituare la stessa divinità, lo stesso Spirito Santo a vivere nel cuore di ognuno di noi , a pregare e a supplicare il Padre.

Quello che si dice di Maria SS.ma, l’icona della cosiddetta Plativera, è che è colei che contiene l’incontenibile.
Maria nel suo grembo contiene il figlio di Dio Altissimo, colui che nei cieli e nella terra niente può contenerlo, solo a Maria è dato questo grande e immenso dono.
A noi uomini viene concessa questa grazia , di poter essere luogo, abitazione di Dio, il Tempio, come viene ricordato dalla Scrittura "noi siamo tempio di Dio", dimora , tabernacolo di Dio.

Lo Spirito Santo, quindi, determinava questa preghiera dentro Gesù e ogni volta che noi udiamo il grido "Abbà" e questo grido è veramente sincero, è all’opera lo Spirito Santo dentro di noi.

Diceva ancora S. Agostino che senza di Lui grida a vuoto chiunque grida Abbà; noi lo possiamo dire tante volte, come anche le nostre preghiere, se non sono animate dallo Spirito di Cristo noi diremo tante parole ma non saremo ascoltati; siamo come muti dinnanzi a Dio. Nella circostanza citata sopra sentiamo dire a Gesù "Io ti rendo lode, Padre, Ti benedico, Signore del cielo e della terra", ma non sempre fu così; la preghiera di Gesù a volte non fu di esultanza, fu a volte preghiera di angoscia ed io credo che quelle notti, di cui il Vangelo ci parla che Gesù passava in orazione, fossero molte più vicine alla notte del Getsemani che a quella della Trasfigurazione dove , il Vangelo ci dice, Gesù fu felice sul Tabor e la sua felicità trapelava dalla sua persona rendendolo luminoso. Ci sono state altre notti in cui Gesù lottava, lottava per la nostra salvezza, lottava per fare il volere del Padre; lo troviamo proprio in quei giorni della Passione quando la lettera agli Ebrei ci richiama il passo dei giorni della sua vita terrena: "Gesù compì preghiere e suppliche con forti grida e lacrime. In quel momento si trova dinnanzi alla volontà di Dio e Gesù prega e prega come sentiamo con forti grida e lacrime perché questo volere del Padre si compia in Lui e anche lì vediamo ancora una volta che lo Spirito Santo prega in Cristo con "gemiti inesprimibili" ; è una preghiera di lotta; è come dire che lo Spirito Santo era con Gesù nel Getsemani.

Dobbiamo abituarci a vedere la SS.ma Trinità nella nostra storia ( Oggi è la sua festa), nel nostro vivere quotidiano, anche perché noi iniziamo la nostra vita già immersi in questo mistero sublime dell’Amore Trinitario, cominciamo la nostra vita già con quel primo segno del Battesimo. Quando il sacerdote viene a imporre sul nostro capo e sulla nostra fronte questo triplice segno, il segno della croce, siamo già consacrati, entriamo in questa comunione ineffabile di Dio; siamo abituati a guardare a questo mistero trinitario come mistero che riguarda i teologi, diciamo: "Sì, ci credo, però poi mi viene la confusione" ecc. e non sempre lo vediamo all’opera invece dobbiamo vedere questo Dio all’opera che coinvolge il nostro vivere.

Pensate: tutti i sacramenti sono dati nel Nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Nel Battesimo noi rinasciamo a vita nuova nel nome della Trinità, nel matrimonio inizia la vita di amore nel nome del…..; il sacerdote viene consacrato…; riceviamo l’unzione nella Cresima che ci abilita ad essere testimoni nel nome del …
Tutta la nostra vita si svolge alla luce della SS.ma Trinità e concludiamo la nostra vita (quando abbiamo la fortuna di avere un sacerdote o qualcuno che prega)…."Parti anima cristiana da questo mondo verso il Padre che ti ha creato, verso il Cristo che ti ha redenta, verso lo Spirito Santo che ti ha santificato"; per cui usciamo dalla Trinità, viviamo nella Trinità e torniamo alla Trinità!

Ecco, è un mistero meraviglioso e questo mistero ha coinvolto tutta la vita di Gesù, tutto il suo vivere, quindi nel Getsemani anche la Trinità è presente nella storia di Cristo e mai come sulla Croce la Trinità è insieme con Gesù per cui Gesù sulla croce è inchiodato dalla volontà del Padre e lo Spirito Santo era anche lui nel Getsemani e fu Lui il primo a tirare fuori dal cuore di Cristo quel grido "Abbà, come vuoi tu non come voglio io; sia fatta la tua volontà!" .

Sull’esempio di Gesù, quindi, dobbiamo tornare a pregare incessantemente e a pregare nello Spirito, se vogliamo rinnovare la nostra preghiera. Pietro ricorda, ed è la prima cosa che si riserva nel suo inizio della vita della Chiesa : "Noi ci dedicheremo alla preghiera e al ministero della Parola!"

La prima cosa a cui noi - membri di pastorale di gruppo, diocesani, o regionali - dobbiamo dedicarci è la preghiera e la Parola.
Non che prima decidiamo le cose e poi preghiamo, ma prima chiediamo al Signore che ci dia la luce l’indicazione di quello che dobbiamo fare e poi, in base anche alla Parola che è uscita, ci muoveremo e andremo in quella direzione (tante volte crediamo che la preghiera ci rubi dello spazio).
E se ancora non viene fuori un’indicazione, continuiamo a pregare, insistiamo a pregare e vedrete che anche il tempo si accorcerà, le decisioni che dobbiamo prendere, il cammino che dobbiamo fare, le cose da risolvere saranno molto più semplici se noi abbiamo pregato. Tante volte bisogna insistere e continuare perché questo deve essere il nostro stile.

Dobbiamo tornare alla preghiera incessante, alla preghiera nello Spirito (perdonatemi se ve lo dico) personale che tanti trascurano e se vediamo affievolirsi gli entusiasmi, vediamo che i nostri Gruppi "arrancano", è perché manca la preghiera personale.
Dobbiamo quindi tornare alla preghiera "personale", questo è importante : dobbiamo ridare il potere a Dio perché Dio deve stare al centro della nostra vita e dobbiamo noi ruotare attorno a Lui; vedremo allora che le cose cominceranno ad andare per il giusto verso; veramente vedremo che proseguiremo in un cammino più spedito e cominceremo a crescere nella santità.

 Alleluja

Da una relazione di P. Enzo Romano - Componente Comitato Regionale Sicilia a Mangifarace - Centro Gesù Liberatore 10 giugno 2001

                     

                                                     TORNA A CATECHESI