Prima
di parlare dei battesimo, o dell'effusione, dello Spirito, mi pare importante
cercare di capire che cos'è il Rinnovamento nello Spirito, nel cui ambito tale
esperienza si colloca, e di cui, anzi, costituisce il momento più forte.
Capiremo meglio, in tal modo, che l'effusione non è un'esperienza fine a se
stessa, ma piuttosto l'inizio di un cammino che ha per scopo un profondo rinnovamento
della vita, nella Chiesa.
Rinnovarsi
nello Spirito
"Rinnovamento
nello Spirito" è un'espressione biblica che incontriamo, in forme
equivalenti, due volte nel Nuovo Testamento. Per comprendere l'anima dei
movimento carismatico, la sua ispirazione profonda, bisogna dunque interrogare
anzitutto la Scrittura. Per noi, in Italia e in altri paesi europei, si tratta
di scoprire il significato stesso del nome che diamo alla nostra esperienza, dal
momento che da noi il movimento carismatico si chiama, abitualmente,
"Rinnovamento nello Spirito Santo".
Il primo dei due testi cui accennavo è
Efesini 4,23-24, e dice: "Dovete
rinnovarvi nello spirito della vostra mente e rivestire l'uomo nuovo". In
questo passo, "spirito" è scritto con la lettera minuscola, e
giustamente, perché indica il "nostro" spirito, anzi la parte più
intima di esso (lo spirito della nostra mente) quella che, di solito, la
Scrittura chiama "il cuore. Qui la parola "spirito" indica dunque
il luogo in cui bisogna rinnovarsi per somigliare a Cristo, l'uomo nuovo per
eccellenza. "Rinnovarsi" significa, pertanto, sforzarsi di avere in sé
gli stessi sentimenti che furono in Cristo Gesù (cfr. Fil 2,5), lottare per il
"cuore nuovo".
Già
questo testo ci illumina sul senso e sullo scopo della nostra esperienza: ci
dice che il rinnovamento deve essere anzitutto quello interiore, del cuore. Dopo
il Concilio, si sono rinnovate tante cose nella Chiesa: la liturgia, la
pastorale, adesso il Codice di Diritto Canonico, le costituzioni e l'abito dei
religiosi. Ma per quanto importanti, queste sono solo le premesse del vero
rinnovamento; guai a fermarsi ad esse e ritenere esaurito tutto il compito. A
Dio non premono le strutture, ma le anime.E' nelle anime che la Chiesa è bella
ed è nelle anime perciò che deve "Farsi bella". A Dio preme il cuore
del suo popolo, l'amore del suo popolo, e tutto il resto è in funzione di
questo.
Quel primo testo non basta, tuttavia, a rendere ragione del nome che portiamo: Rinnovamento nello Spirito. Esso, infatti, mette in luce l'obbligo di rinnovarsi ("dovete rinnovarvi!") e l'oggetto dei rinnovamento (il cuore), ma non ci dice "come" rinnovarci. E a che gioverebbe dirci che "dobbiamo" rinnovarci, se non ci venisse detto anche con quali forze rinnovarci? Manca insomma ancora il soggetto che rinnova, non conosciamo ancora il vero autore e il protagonista del rinnovamento. Il secondo testo biblico cui mi riferisco ci svela proprio questo; dice che Dio "...ci ha salvati non in virtù di opere di giustizia da noi compiute, ma per sua misericordia mediante un lavacro di rigenerazione e di rinnovamento nello Spirito Santo " (TI 3,5).
In
questo testo, "Spirito" è scritto con la lettera maiuscola perché
non indica il "nostro" spirito, ma lo Spirito di Dio, lo Spirito
Santo. La preposizione articolata "nello", contrariamente al solito,
qui non sta a indicare il luogo dove ci dobbiamo rinnovare, ma designa piuttosto
lo strumento, l'agente. li nome che diamo alla nostra esperienza significa
dunque una cosa ben precisa: rinnovamento ad opera dello Spirito Santo;
rinnovamento di cui Dio, non l'uomo, è l'autore principale, il protagonista.
"Io non voi - dice Dio - faccio nuove tutte le cose"
Sembra
una cosa da poco, una semplice precisazione, e invece si tratta di una vera e
propria rivoluzione copernicana, di un ribaltamento, attraverso cui devono
passare persone, istituzioni, comunità e la Chiesa intera, nel suo aspetto
umano, per fare l'esperienza di un vero rinnovamento spirituale.
Dal
punto di vista religioso, noi pensiamo spesso con il "sistema tolemaico":
alla base c'è il nostro sforzo, l'organizzazione, l'efficienza, le riforme, la
buona volontà; la "terra7 qui è al centro; Dio viene a potenziare e
coronare, con la sua grazia, il nostro sforzo. Il "Sole" gira e fa da
vassallo alla terra; Dio è il satellite dell'uomo e non viceversa.
"Bisogna
- grida, a questo punto, la Parola di Dio - restituire il potere a Dio"
(cfr. Sal 68,35), perché "il potere appartiene a Dio" (Sal 62,12).
Questo è uno squillo di tromba! Per troppo tempo, abbiamo usurpato a Dio questo
suo potere, gestendolo come fosse nostro, come fosse da noi "reggere"
il potere di Dio. Bisogna che siamo noi a girare intorno al "Sole";
questa è la rivoluzione copernicana di cui parlavo.
Grazie
ad essa, noi riconosciamo, semplicemente, che, senza lo Spirito Santo, non
possiamo far nulla, neppure dire "Gesù è il Signore!" (cfr. 1 Cor
12,3), che anche lo sforzo più tenace è sempre effetto, più che causa, della
salvezza. E allora cominciamo davvero a "sollevare lo sguardo", a
"guardare in alto", come ci esorta il profeta (cfr. Os 11,7) e a dire: "Alzo gli occhi verso i monti: da dove
mi verrà l'aiuto? Il mio aiuto viene dal Signore che ha fatto cielo e terra
" (Sal 12 1, 1 ss).
Tante volte risuona nella Bibbia il comando di Dio: "Siate santi perché io, il Signore, Dio vostro, sono santo!" (Lv 19, l; cfr. Lv 11,44; 1 Pt 1,15ss); ma una volta, proprio nello stesso libro del Levitico, troviamo la frase che spiega tutte le altre: 'Vo sono il Signore che vi vuole fare santi!" (Lv 20,8). Io sono il Signore che vuole rinnovarvi con il suo Spirito! Lasciatevi rinnovare dal mio Spirito!
IL
BATTESIMO, SACRAMENTO "LEGATO"
Ora possiamo passare a trattare direttamente del tema che ci interessa in questo incontro: l'effusione dello Spirito.
L'effusione
dello Spirito non è un sacramento, ma implica il rapporto a un sacramento,
anzi a più sacramenti: ai sacramenti dell'iniziazione cristiana. L'effusione
attualizza e, per così dire, rinnova l'iniziazione cristiana. Il rapporto
fondamentale è, però, con il sacramento del battesimo. La designazione
"battesimo nello Spirito" con cui l'effusione veniva chiamata fino a
poco fa, e con cui è ancora chiamata dai nostri fratelli americani, non voleva
dire altro che questo, cioè che si tratta di qualcosa che si fonda sul
sacramento del battesimo. Noi diciamo che l'effusione dello Spirito attualizza e
ravviva il nostro battesimo. Per capire come un sacramento ricevuto tanti anni
fa, addirittura agli inizi della vita, possa improvvisamente tornare a rivivere
e a sprigionare tanta energia quanta ne vediamo in occasione dell'effusione,
bisogna tener presenti alcuni elementi di teologia sacramentaria.
La
teologia cattolica conosce l'idea di sacramento valido e lecito, ma
"legato". Un sacramento si dice 1egato" se il suo frutto rimane
vincolato, non usufruito, per mancanza di certe condizioni che ne impediscono
l'efficacia. Un esempio estremo è il sacramento del matrimonio o dell'ordine
sacro ricevuto in stato di peccato mortale. In queste condizioni, tali
sacramenti non possono conferire nessuna grazia alle persone; rimosso però
l'ostacolo del peccato, con la penitenza, si dice che il sacramento rivive (reviviscit)
grazie alla fedeltà e alla irrevocabilità del dono di Dio. Dio resta
fedele anche se noi siamo infedeli perché egli non può rinnegare se stesso
(cfr. 2 Tin 2,13).
Quello
del matrimonio o dell'ordine sacro ricevuto in stato di peccato è, dicevo, un
caso estremo, ma sono possibili altri casi in cui il sacramento, pur non essendo
del tutto legato, non è però neppure del tutto sciolto, cioè libero di
operare i suoi effetti. Nel caso dei battesimo, che cos'è che fa si che il
frutto dei sacramento resti legato? Bisogna richiamare qui la dottrina classica
dei sacramenti. I sacramenti non sono riti magici che agiscono meccanicamente,
all'insaputa dell'uomo, o prescindendo da ogni sua collaborazione. La loro
efficacia è frutto di una sinergia, o collaborazione, tra l'onnipotenza divina
(in concreto: la grazia di Cristo o lo Spirito Santo) e la libertà umana, perché
ha detto S. Agostino: "Chi ti ha creato senza il tuo concorso, non ti salva
senza la tua collaborazione" (Sermo 169,11;
PL 38,923).
Ancora
più precisamente, il frutto del sacramento dipende tutto dalla grazia divina;
solo che questa grazia divina non agisce senza il "sì', cioè il consenso
e l'apporto della creatura, che è più una "conditio
sine qua non " che non una con-causa. Dio si comporta come lo sposo che
non impone il suo amore per forza, ma attende il "sì" libero della
sposa.
L'OPERA DI DIO E L'OPERA DELL'UOMO NEL BATTESIMO
Tutto
ciò che dipende dalla grazia divina e dalla volontà di Cristo, nel sacramento,
si chiama
"opus operatum", che
possiamo tradurre: opera già realizzata, frutto oggettivo e immancabile del
sacramento, quando è amministrato validamente; tutto ciò che invece dipende
dalla libertà e dalle disposizioni del soggetto si chiama "opus
operantis ", cioè opera da realizzare, apporto dell'uomo.
L'opus operatum del battesimo, cioè la parte di Dio o la grazia, è molteplice e
ricchissima: remissione dei peccati, dono delle virtù teologali della fede,
speranza e carità (queste solo in germe), figliolanza divina; il tutto operato
mediante l'efficace azione dello Spirito Santo. "Battezzati, noi siamo
illuminati; illuminati, siamo adottati come figli; adottati, siamo resi
perfetti; resi perfetti, riceviamo l'immortalità... Questa operazione del
battesimo ha nomi diversi: grazia, illuminazione, perfezione, bagno. Bagno per
cui Siamo purificati dai nostri peccati; grazia per la quale i castighi meritati
per i nostri peccati sono tolti; illuminazione nella quale noi contempliamo la
bella e santa luce della salvezza, cioè per la
quale penetriamo con lo sguardo il divino; perfezione perché nulla manca"
(Clemente Alessandrino, Pedagogo 1, 6,26).
Il
battesimo è davvero un ricchissimo pacco-dono che abbiamo ricevuto al momento
della nostra nascita in Dio. Ma è un pacco-dono ancora sigillato: noi siamo
ricchi perché possediamo quel pacco (e perciò possiamo compiere tutti gli atti
necessari alla vita cristiana), ma non sappiamo cosa possediamo; parafrasando
una parola di Giovanni, potremmo dire: noi fin d'ora siamo figli di Dio, ma ciò
che siamo non è stato ancora rivelato (cfr. 1 Gv 3,2).
Ecco perché diciamo che, nella maggioranza dei cristiani, il battesimo è
un sacramento "legato".
Fin
qui l'opus operatum. Ma in che
consiste, nel battesimo, l'opus operantis,
cioè la parte dell'uomo? Consiste nella fede! "Chi crederà e sarà battezzato sarà salvo " (Mc 16,16): accanto al battesimo c'è dunque un altro elemento: la fede
dell'uomo. "A quanti però l'hanno accolto, ha dato il potere di diventare
figli di Dio: a quelli che credono nel suo nome " (Gv 1, 12).
Possiamo anche ricordare quel bel testo degli Atti degli Apostoli che narra
del battesimo del ministro della regina Candàcel Arrivati a un corso d'acqua
quell'uomo dice: 'Ecco qui c'è acqua: che cosa mi impedisce di essere battezzato?
Filippo dice: Se credi con tutto il cuore è permesso (At 8,36-37, il versetto 37 è
un'aggiunta della primissima comunità cristiana che ci testimonia la
convinzione comune della Chiesa in questo periodo). Il battesimo è come un
sigillo divino posto sulla fede dell'uomo: " ... dopo aver
ascoltato la parola della verità, il vangelo della vostra salvezza ed avere in
esso creduto, avete ricevuto (nel battesimo, si intende) il suggello
dello Spirito Santo " (Ef 1, 13).
Scrive
S. Basilio: 1n verità la fede e il battesimo, questi due modi della salvezza,
sono legati l'uno all'altro e indivisibili, poiché se la fede riceve dal
battesimo la sua perfezione, il battesimo si fonda sulla fede" (Sullo Spirito Santo, 12; PG 32,117
B). Lo stesso Santo chiama il battesimo: "sigillo della fede" (Contro
Eunomio 111, 5; PG 29,655).
L'opera
dell'uomo, cioè la fede, non ha la stessa importanza e autonomia dell'opera di
Dio, perché nell'atto stesso di fede c'è
una parte di
Dio; è esso stesso opera della grazia che lo suscita; tuttavia l'atto di fede
comprende come elemento essenziale anche la risposta, il "Credo!"
dell'uomo, e in questo senso noi lo chiamiamo opus
operantis, cioè opera dell'uomo.
Si
capisce, adesso, perché nei primi tempi della Chiesa il battesimo fosse un
evento così potente e ricco di grazia e perché non ci fosse bisogno,
normalmente, di una nuova effusione dello Spirito, come quella che facciamo noi
oggi. Il battesimo veniva amministrato ad adulti che si convertivano dal
paganesimo e che, convenientemente istruiti, erano in grado di fare, in
occasione del battesimo, un atto di fede e una scelta esistenziale libera e
matura (basta leggere le Catechesi
Mistagogiche sul battesimo, attribuite a Cirillo di Gerusalemme, per
rendersi conto della profondità di fede cui erano condotti i battezzandi).
Al
battesimo insomma si arrivava attraverso una vera e propria conversione; per
essi il battesimo era davvero un lavacro di rinnovamento personale, oltre che di
rigenerazione nello Spirito Santo (cfr. Tt 3,5).
Mi ha impressionato un testo di S. Basilio. A uno che gli aveva chiesto di
scrivere un trattato sul battesimo, S. Basilio risponde che non può spiegare
cosa significa il battesimo senza aver spiegato prima cosa significa essere
discepoli di Gesù, poiché il comando del Signore dice: "Andate, dunque, e ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel
nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro ad osservare
tutto ciò che vi ho comandato (Mt 28,19-20).
Perché
il battesimo operi in tutta la sua forza, bisogna che chi si accosta ad esso sia
un discepolo, o sia intenzionato a diventarlo seriamente: "Discepolo è,
come apprendiamo dal Signore stesso, chiunque si accosta al Signore per
seguirlo, cioè per ascoltare le sue parole, credere e ubbidire a lui come a
padrone e re e medico e maestro di verità... Ora, colui che crede nel Signore e
si presenta come pronto al discepolato, deve prima allontanarsi da ogni peccato,
e poi anche da tutte le cose che distolgono dall'ubbidienza, per molte ragioni
dovuta al Signore, anche se sembrino all'apparenza ragionevoli" (S.
Basilio, Sul battesimo,
I,1;
PG 31,1513ss).
La
condizione favorevole che permetteva al battesimo, alle origini della Chiesa, di
operare con tanta potenza era dunque questa: che l'opera di Dio e l'opera
dell'uomo si incontravano contemporaneamente, c'era un sincronismo perfetto;
avveniva come quando i due poli, positivo e negativo, si toccano e fanno cosi
sprigionare la luce.
Ora
questo sincronismo si è rotto; ricevendo il battesimo da bambini, è venuto a
mancare a poco a poco un atto di fede libero e personale. Esso veniva supplito,
ed emesso, per così dire, per interposta persona (genitori, padrini). Di fatto,
una volta, quando tutto l'ambiente che circondava il bambino era cristiano e
impregnato di fede, questa fede poteva sbocciare, anche se più lentamente. Ma
ora non è più cosi; la nostra condizione è venuta ad essere ancora peggiore
di quella del Medio Evo. L'ambiente infatti in cui il bambino cresce, non è
tale da aiutarlo a sbocciare nella fede: non lo è spesso la famiglia, non lo è
ancora più spesso la scuola e non lo è, meno che meno, la società e la
cultura. Questo non significa affermare che non c'è, in questa situazione, una
vita cristiana normale, né che siano mancati la santità e i carismi che
l'accompagnano; solo che, anziché un fatto normale, ciò è divenuto sempre più,
agli occhi dei cristiani, un'eccezione.
In
questa situazione, raramente, o mai, il battezzato arriva a proclamare "in
Spirito Santo": Gesù è il Signore! E finché non si arriva a questo
punto, tutto nella vita cristiana è sfocato, immaturo. Non avvengono più i
miracoli; si ripete ciò che avvenne per i nazaretani "Gesù non potè fare
molti miracoli a causa della mancanza di fede" (cfr. Mt 13,58).
IL SIGNIFICATO DELL'EFFUSIONE DELLO SPIRITO
Ecco,
allora, il senso dell'effusione dello Spirito. Essa è una risposta di Dio alla
disfunzione in cui è venuta a trovarsi la vita cristiana. In questi ultimi anni
si sa che anche la Chiesa, i vescovi, hanno cominciato a preoccuparsi del
fatto che i sacramenti cristiani, specialmente il battesimo, vengono
amministrati a persone che poi non ne faranno alcun uso nella vita e hanno
prospettato la possibilità di non dare il battesimo quando mancano le garanzie
minime che esso sia coltivato e valorizzato dal bambino. Non si possono infatti
"gettare le perle ai cani", come diceva Gesù, e il battesimo è una
perla perché esso è il frutto del sangue di Cristo. Ma si direbbe che Dio si
sia preoccupato, prima ancora della Chiesa, di questa disfunzione e abbia
suscitato, qua e là nella Chiesa, movimenti tendenti a rinnovare negli adulti
l'iniziazione cristiana.
Il
Rinnovamento nello Spirito è uno di questi movimenti, e in esso la grazia
principale è senza dubbio legata all'effusione dello Spirito e a ciò che la
precede. La sua efficacia nel riattivare il battesimo consiste in questo: che
finalmente l'uomo reca la sua parte, cioè fa una scelta di fede, preparata nel
pentimento, che permette all'opera di Dio di "liberarsi" e di
sprigionare tutta la sua forza. Come se la mano tesa di Dio finalmente
incontrasse quella dell'uomo e, nella stretta, facesse passare tutta la sua
forza creatrice che è lo Spirito Santo; come se, per usare un'immagine tratta
dal mondo fisico, la spina venisse inserita nella presa e si accendesse la luce.
li dono di Dio viene finalmente "slegato" e lo Spirito si espande come
profumo sulla vita cristiana.
Nell'adulto,
che ha già alle spalle una lunga vita cristiana, questa scelta di fede ha
necessariamente il carattere di una conversione;
potremmo descrivere l'effusione dello Spirito, per quanto riguarda la parte
dell'uomo, sia come un rinnovamento del battesimo, che come una seconda
conversione.
Possiamo
capire qualche cosa di più dell'effusione, vedendola in rapporto anche con la
confermazione, almeno nella prassi attuale, in cui questo sacramento è staccato
dal battesimo e amministrato più tardi. Oltre che un rinnovamento della grazia
del battesimo, l'effusione è anche una "conferma" del proprio battesimo, un "si"
cosciente detto ad esso, ai suoi frutti e ai suoi impegni, e come tale si
affianca (almeno per l'aspetto soggettivo di esso) a quello che opera, sul piano
oggettivo e sacramentale, la confermazione: questa infatti è vista come un
sacramento che sviluppa, conferma e porta a compimento l'opera del battesimo.
L'effusione è una confermazione soggettiva e spontanea (non sacramentale), in
cui lo Spirito agisce non in forza dell'istituzione, ma in forza della libera
iniziativa dello Spirito e della disponibilità del soggetto.
Dal
riferimento alla confermazione viene anche quello speciale senso di maggiore
coinvolgimento nella dimensione apostolica e missionaria della Chiesa che di
solito si nota in chi riceve l'effusione dello Spirito: ci si sente spinti a
collaborare di più all'edificazione della Chiesa, a mettersi a servizio di essa
nei vari ministeri sia clericali che laicali, a dare testimonianza a Cristo:
tutte cose, queste, che richiamano l'evento della Pentecoste e sono attualizzate
nel sacramento della cresima.
GESU', COLUI CHE BATTEZZA IN SPIRITO SANTO
L'effusione
dello Spirito non è l'unica occasione che si conosca nella Chiesa per questa
riviviscenza dei sacramenti dell'iniziazione, e, in particolare, della venuta
dello Spirito Santo nell'anima in occasione del battesimo. C'è, per esempio, il
rinnovamento delle promesse battesimali nella veglia pasquale, ci sono gli
esercizi spirituali, c'è la professione religiosa, chiamata un "secondo
battesimo" e, a livello sacramentale, abbiamo detto, la confermazione.
Non è difficile, poi, scoprire spesso nella vita dei santi la presenza di una "effusione spontanea", specialmente in occasione della loro conversione. Ecco per esempio cosa si legge di S. Francesco al momento della sua conversione: "Terminato il banchetto, uscirono di casa. Gli antici gli camminavano innanzi; lui, tenendo in mano una specie di scettro, veniva per ultimo, ma invece di cantare, era assorto nelle sue riflessioni. D'improvviso, il Signore lo visitò e ne ebbe il cuore riboccante di tanta dolcezza, che non poteva muoversi né parlare, non percependo se non quella soavità, che lo estraniava da ogni sensazione... Gli amici, voltandosi e scorgendolo rimasto così lontano, lo raggiunsero e restarono trasecolati nel vederlo mutato quasi in un altro uomo. Lo interrogarono: 'A cosa stavi pensando, che non ci hai seguiti? Almanaccavi forse di prendere moglie. Rispose con slancio: 'E vero. Stavo pensando di prendermi in sposa la ragazza più nobile, ricca e bella che mai abbiate visto'. I compagni si misero a ridere. Francesco disse questo non di sua iniziativa, ma ispirato da Dio" (Leggenda dei tre compagni, 3,7).
Dicevo
che l'effusione dello Spirito non è l'unica occasione di rinnovamento della
grazia battesimale. Essa però occupa un posto tutto particolare per il fatto di
essere aperta a tutto il popolo di Dio, piccoli e grandi, e non soltanto ad
alcuni privilegiati che fanno gli esercizi spirituali ignaziani o emettono la
professione religiosa. Da dove proviene questa straordinaria forza che abbiamo
sperimentato in occasione della effusione? Noi infatti non stiamo parlando di
una teoria, ma di qualcosa che abbiamo sperimentato noi stessi, per cui possiamo
dire come Giovanni: "Ciò che noi abbiamo udito, ciò che noi abbiamo
veduto con i nostri occhi, ciò che le nostre mani hanno toccato, questo
annunziamo anche a voi, perché anche voi siate in comunione con noi" (cfr.
1 Gv 1, 1-3). La spiegazione di questa forza è nella volontà di Dio: perché
è piaciuto a Dio oggi rinnovare la Chiesa con questo mezzo e basta!
Ci
sono certamente dei precedenti biblici come quello narrato in Atti 8,14-17, quando Pietro e Giovanni, saputo che i Samaritani avevano
accolto la Parola di Dio, si recarono da loro, pregarono per loro, e imposero
loro le mani perché ricevessero lo Spirito Santo. Ma il testo biblico da cui
bisogna partire, per capire qualcosa del battesimo nello Spirito, è soprattutto
Giovanni 1,32-33: "Giovanni rese
testimonianza dicendo: Ho visto lo Spirito scendere come una colomba dal cielo e
posarsi su di lui. lo non lo conoscevo, ma chi mi ha inviato a battezzare con
acqua mi aveva detto:
L'uomo sul quale vedrai scendere e rimanere lo Spirito è colui che battezza in
Spirito Santo".
Che
significa dire che Gesù è colui che battezza in Spirito Santo? L' espressione
non serve solo a distinguere il battesimo di Gesù da quello di Giovanni che
battezza solamente "con acqua", ma serve a distinguere l'intera
persona e opera di Cristo da quelle del Precursore. In altre parole, in tutta la
sua opera Gesù è colui che battezza in Spirito Santo. Battezzare ha qui un
significato metaforico; vuole dire inondare, bagnare completamente, sommergere,
come fa l'acqua con i corpi. Gesù "battezza in Spirito Santo" nel
senso che "dà lo Spirito senza misura" (cfr. Gv 3,34), che
"effonde" il suo Spirito (cfr. At 2,33) su tutta l'umanità redenta. L'espressione
si riferisce più all'avvenimento della Pentecoste che al sacramento del
battesimo, come si deduce anche dal seguente passo degli Atti: "Giovanni ha
battezzato con acqua, voi invece sarete battezzati in Spirito Santo fra non
molti giorni" (At 1,5).
L'espressione
"battezzare in Spirito Santo" definisce perciò l'opera essenziale di
Cristo che già nelle profezie messianiche dell'Antico Testamento appare
orientata a rigenerare l'umanità mediante una grande effusione di Spirito Santo
(cfr. GI 3,Iss). Applicando tutto questo alla vita e al tempo della Chiesa,
dobbiamo concludere che Gesù risuscitato non battezza in Spirito Santo
unicamente nel sacramento del battesimo, ma, in modo diverso, anche in altri
momenti: nell'eucaristia, nell'ascolto della Parola e, in genere, in tutti i
"mezzi della grazia".
Il
battesimo nello Spirito è uno di questi modi con cui Gesù risorto continua la
sua opera essenziale di "battezzare nello Spirito". Per questo motivo,
se è giusto spiegare questa grazia in riferimento al battesimo e
all'iniziazione cristiana. come io stesso ho fatto sopra, bisogna guardarsi
dall'irrigidire anche questo punto di vista. Non è soltanto il nostro battesimo
che rivive grazie ad essa, ma anche la cresima, la prima comunione,
l'ordinazione sacerdotale o episcopale, la professione religiosa, il matrimonio,
tutte le grazie e tutti i carismi ricevuti. E' davvero la grazia di una
nuova Pentecoste. Una iniziativa, in certo senso, nuova e sovrana della
grazia di Dio, che si fonda, come tutto il resto, sul battesimo, ma che non si
esaurisce in esso. Non dice relazione soltanto all"'iniziazione", ma
anche alla "perfezione" della vita cristiana.
Solo
in questo modo si spiega la presenza del battesimo nello Spirito tra i fratelli
pentecostali, per i quali la iniziazione è un concetto estraneo e lo stesso
battesimo di acqua non riveste sempre l'importanza che ha per noi cattolici e
per le altre Chiese. Il battesimo nello Spirito ha, alla sua stessa origine, una
valenza ecumenica che è necessario preservare a ogni costo, come promessa e
strumento in vista dell'unità dei cristiani, evitando una eccessiva
"cattolicizzazione" di questa esperienza comune, che è il battesimo
nello Spirito.
AMORE FRATERNO, PREGHIERA E IMPOSIZIONE
DELLE MANI
Nell'effusione
c'è una parte segreta, misteriosa, di Dio che è diversa per ognuno perché lui
solo ci conosce nell'intimo e può agire valorizzando la nostra inconfondibile
personalità; e c'è una parte palese, della comunità, che è uguale per tutti
e che costituisce una specie di segno, con una certa analogia rispetto a quello
che sono i segni nei sacramenti. La parte visibile, o della comunità, consiste
soprattutto in tre cose: amore fraterno, imposizione delle mani e preghiera.
Sono elementi non sacramentali, ma semplicemente biblici ed ecclesiali.
L'
imposizione delle mani può avere due significati: uno di invocazione e uno di
consacrazione. Vediamo, per esempio, presenti entrambi questi tipi di
imposizione delle mani nella Messa: c'è una imposizione delle mani di carattere
invocatorio (almeno per noi latini), ed è quella che il sacerdote fa sulle
offerte al momento dell'epiclesi, quando prega dicendo: "Lo Spirito Santo
santifichi questi doni perché diventino il corpo e il sangue di Gesù
Cristo"; e c'è una imposizione delle mani consacratoria, ed è quella che
fanno i concelebranti sulle offerte al momento della consacrazione. Nel rito stesso della cresima, come si
svolge attualmente, vi sono due imposizioni delle mani: una previa di carattere
invocatorio e un'altra consacratoria che accompagna il gesto dell'unzione
crismale sulla fronte, nella quale si realizza il sacramento vero e proprio.
Nell'effusione
dello Spirito, l'imposizione delle mani ha un carattere soltanto invocatorio (sulla linea di ciò che incontriamo in Gen 48,14; Lv
9,22; Me 10, 13-16; Mt 19,13-15), Ha anche un valore altamente simbolico:
richiama l'immagine dello Spirito Santo che copre con la sua ombra (cfr. Le
1,35); ricorda anche lo Spirito Santo che "aleggiava" sulle acque
(cfr. Gen 1,2). Nell'originale, il termine che traduciamo con
"aleggiare" significa "ricoprire con le proprie ali", o
"covare, come fa la gallina con i suoi pulcini". Questo simbolismo del
gesto dell'imposizione delle mani è messo in luce da Tertulliano quando parla
dell'imposizione delle mani sui battezzati: "La carne è adombrata
dall'imposizione delle mani perché l'anima sia illuminata dallo Spirito" (Sulla
risurrezione dei morti, 8, 3). C'è un paradosso, come in tutte le cose di
Dio: l'imposizione delle mani illumina adombrando, come la nube che seguiva il
popolo eletto nell'Esodo e come quella che avvolse i discepoli sul Tabor (cfr.
Mt 17,5).
Gli
altri due elementi sono, abbiamo detto, la preghiera e l'amore fraterno;
potremmo dire: l'amore fraterno che si esprime in preghiera. U amore fraterno è
segno e veicolo dello Spirito Santo. Questi, che è l'Amore, trova nell'amore
fraterno il suo ambiente naturale, il suo segno per eccellenza (si può anche
dire di esso ciò che si dice del segno sacramentale, anche se in un senso
diverso: "significando causa" Non si esagera mai abbastanza
l'importanza di un clima di vero amore intorno al fratello che deve ricevere
l'effusione.
Anche
la preghiera è messa in rapporto stretto, nel Nuovo Testamento, con la
effusione dello Spirito Santo. Dei battesimo di Gesù si dice che: "mentre
stava in preghiera, il cielo si aprì e scese su di lui lo Spirito Santo" (cfr. Le
3,2 1), Fu la preghiera di Gesù, si direbbe, a far aprire i cieli e a far
scendere su di lui lo Spirito Santo. Anche l'effusione della Pentecoste avvenne
così: mentre tutti costoro erano perseveranti nella preghiera, venne dal cielo
un rombo come di tuono e apparvero lingue di fuoco (cfr. At 1,14-2,Iss). Del
resto Gesù stesso aveva detto: "Io pregherò
il Padre ed egli vi darà un altro Consolatore " (Gv 14,16): ogni volta
l'effusione dello Spirito è messa in rapporto con la preghiera.
Questi
segni: l'imposizione delle mani, la preghiera e l'amore fraterno, parlano tutti
di semplicità; sono strumenti semplici. Proprio in questo essi recano il
marchio delle azioni di Dio: "Non c'è nulla - scrive Tertulliano a
proposito del battesimo - che lascia così attonite le menti degli uomini come
la semplicità delle azioni divine che si vedono in atto e la magnificenza degli
effetti che vengono conseguiti... Le proprietà di Dio sono: semplicità e
potenza" (Sul battesimo, 2,1 ss).
Il contrario di ciò che fa il mondo: nel mondo più sono grandi gli obiettivi
da conseguire, più l'apparato dei mezzi è complicato; quando poi si vuole
arrivare sulla luna questo apparato diventa gigantesco.
Se
la semplicità è il marchio dell'agire divino, bisogna preservare assolutamente
questo marchio nel conferire l'effusione dello Spirito, Per questo la semplicità
deve risplendere in tutto: nella preghiera e nei gesti; niente cose teatrali,
gesti eccitati, multiloquio ecc. La Bibbia fa notare, a proposito del sacrificio
del Carmelo, il contrasto stridente tra l'agire dei sacerdoti di Baal che
gridano, danzano da scalmanati e si fanno incisioni a sangue, e l'agire di Elia
che prega invece semplicemente così: "Signore,
Dio di Abramo,
di Isacco
e di Giacobbe... rispondimi e questo popolo sappia che tu sei il Signore Dio e
che converti il loro cuore! " (1 Re 18,36-37).
Il
fuoco dei Signore calò sul sacrificio di Elia e non su quello dei sacerdoti di
Baal (cfr. 1 Re 18,25-38). Elia stesso, poco dopo, fece l'esperienza che Dio non
era nel vento impetuoso, non era nel terremoto, non era nel fuoco, ma era nel
mormorio di un vento leggero (cfr. 1 Re 19,11-12).
Da
dove viene la grazia che si sperimenta nell'effusione? Dagli astanti? No! Dal
soggetto che la riceve? Nemmeno! Viene da Dio! Non ha senso chiedersi se viene
da dentro il soggetto o da fuori: Dio è dentro e fuori. Possiamo solo dire che
tale grazia ha rapporto con il battesimo perché Dio agisce sempre con coerenza
e con fedeltà, non fa e disfá. Egli fa onore all'impegno e all'istituzione di
Cristo. Una cosa è certa: non sono i fratelli a conferire lo Spirito Santo;
essi non danno lo Spirito Santo al fratello, ma invocano lo Spirito Santo sul
fratello. Lo Spirito non può essere dato, da nessun uomo, neppure dal papa o
dal vescovo, perché nessun uomo possiede in proprio lo Spirito Santo. Solo Gesù
può dare in senso proprio lo Spirito Santo; gli altri non posseggono lo Spirito
Santo, ma piuttosto sono posseduti da lui.
Quanto
al modo di questa grazia possiamo parlare di una nuova venuta dello Spirito
Santo, di una nuova missione da parte del Padre attraverso Gesù Cristo o di una
nuova unzione corrispondente al nuovo grado di grazia. In questo senso,
l'effusione, se non è un sacramento, è però un evento; un evento
spirituale: questa potrebbe essere la definizione che più si avvicina alla
realtà. Un evento, dunque qualcosa
che avviene, che lascia il segno, che crea una novità in una vita; ma un evento
spirituale (non storico): spirituale
perché avviene nello spirito, cioè nell'interiore dell'uomo e gli altri
possono benissimo non accorgersi di nulla; spirituale, soprattutto perché esso
è opera dello Spirito Santo.
Concludo
questo insegnamento con un bel testo dell'apostolo Paolo che parla proprio della
riviviscenza del dono di Dio. Ascoltiamolo come un invito rivolto a ciascuno di
noi: "Ti ricordo di ravvivare il dono
di Dio che è in te per l'imposizione delle mie mani. Dio infatti non ci ha dato
uno Spirito di timidezza, ma di
forza, di amore e di saggezza "
(2 Tm
1,6-7).
Tratto da un insegnamento tenuto ad un Seminario del gruppo "Maria" Milano 8.2.1981