IL PERICOLO DELL'APPIATTIMENTO DEI GRUPPI
di P. Mario Pancera

Ogni gruppo, e quindi anche un gruppo di Rinnovamento, è esposto al pericolo dell'appiattimento. Di che si tratta?

Dopo un periodo di esplosione, di slancio e di crescita, subentra l'abitudine, la stanchezza, si perde di mordente, non si cammina più "nella novità dello Spirito".
Non si confonda l'appiattimento con la crisi, anche se sono collegati. Apparentemente tutto funziona regolare e l'organizzazione è perfetta; ma non si cammina più, ci si ferma su una certa piattaforma, si ha l'impressione che tutto sia previsto e non succeda più nulla.

Il gruppo é cresciuto, si è stabilizzato, si è dato dei regolamenti"; ha organizzato i ministeri, ma si ha l'impressione di essere prigionieri delle proprie strutture, di aver bloccato l'azione dello Spirito che è sempre vita, novità, cammino.

Nel gruppo si continua a parlare di carismi ma, di fatto, più che carismi si vedono dei ruoli. Che cosa è avvenuto? Senza accorgersene, il gruppo si è appiattito. E' un pericolo reale, generale, interno al gruppo stesso. Non ne sono state immuni neppure le comunità cristiane degli inizi, mentre erano presenti in mezzo a loro gli apostoli.

 Negli Atti degli Apostoli troviamo due descrizioni molto belle della prima comunità cristiana (cfr. 2,42-48; 4,32-35), ma le cose non erano sempre così perfette e ideali.

Gli apostoli stessi esortano, rimproverano, perfino minacciano castighi; parlano di falsi profeti e di falsi dottori, di infedeltà e di immoralità, senza contare i moltissimi passi che accennano a contese, litigi, divisioni.  
Diciamo questo, non a nostra consolazione, ma a nostro incoraggiamento.  
"Vi esorto ... a comportarvi in maniera degna della vocazione che avete ricevuto» (Ef 4,1). L'Apocalisse alla Chiesa di Efeso: «Ho però da rimproverarti che hai abbandonato il tuo amore di prima. Ricorda dunque da dove sei caduto, ravvediti e compi le opere di prima. Se non ti ravvederai, verrò da te e rimuoverà il tuo candelabro" (Ap 2,4-6).
E' quindi opportuno che vediamo insieme quali sono i segni e anche i rimedi dell'appiattimento.

CAUSE

a) Le cause sono prima di tutto dentro di noi: noi siamo deboli e portiamo un tesoro in vasi di argilla e facilmente ci incriniamo ' la stanchezza e l'abitudinarietà, la paura di dare tutto e sempre, forse piccole e grandi infedeltà; ma anche frustrazioni, delusioni, troppo lavoro, troppe cose da fare e poco tempo per [a preghiera, per l'uso dei carismi, per la comunicazione con i fratelli...

b) Le cause fuori di noi: viene l'uomo-nemico che semina la zizzania: dubbi, critiche; poi le ambizioni, i personalismi. Talvolta imposizioni, blocchi, incomprensioni di autorità non risolti nello stile dello Spirito. Poi ce ne sono tante altre. Ogni gruppo, appena qualcosa non va, faccia il discernimento e li scopra.

SEGNI DELL'APPIATTIMENTO  

Vediamo quali sono i segni dell'appiattimento.  

Stazionarietà, Il gruppo non cresce non parliamo solo della crescita numerica, ma anche di quella interna, perché il gruppo segue dei ritmi simili a quelli del corpo umano in cui la crescita si alterna con il rassodamento.

  Diserzioni. Non solo il gruppo non cresce, ma ci Sorto anche delle diserzioni. Una piccola percentuale di abbandoni è scontata; ma se è rilevante, c'è qualcosa che non funziona. Questo segno può esser concomitante con la crescita numerica: ci sono gruppi che crescono, ma contemporaneamente perdono per strada molti fratelli.

  Diminuzione della manifestazione dei carismi. Non si sente più la presenza operante dello Spirito, La preghiera si fa pesante, l'ambiente superficiale, il clima freddo. Diminuiscono la lode e la gioia; si fanno più rare le testimonianze, cala l'uso dei carismi, specialmente della profezia e delle lingue. Un segno evidente è quando i carismi sono usati solo da pochi e sempre gli stessi.

  Calo della spontaneità. il gruppo, nella sua generalità, manca di slancio, di entusiasmo, di spontaneità, diventa passivo, attende che alcuni facciano tutto, nessuno o quasi sempre gli stessi sono attivi nei servizi e nei ministeri. Vi è come un accomodarsi passivo, miope ed egoistico.

  Divisioni. Diminuisce l'amore e sorgono critiche, giudizi, pettegolezzi, personalismi, divisioni. Non si è più per gli altri, ma si cerca che gli altri siano per noi. Riemerge lo "spirito mondano", si uccide lo spirito nuovo e si vanifica il dono del Signore.

  Questi sono soltanto alcuni segni di retrocessione e di appiattimento; ce ne sono molti altri e tutti, evidentemente, sono collegati tra di loro. Quando accade questo, e nella misura in cui accade, il gruppo carismatico perde la sua autenticità, perde di significato, diventa insipido, spesso muore. Da qui l'importanza di insistere nel dire che l'effusione dello Spirito non è un punto di arrivo, ma di partenza: per strade nuove e con mezzi nuovi. La tentazione è quella di pretendere di rendere continua e permanente l'esperienza meravigliosa di un momento più o meno lungo di vivere nella nostalgia, nell'attesa di un qualcosa di irripetibile. Cosi si è rivolti al passato e non al futuro, si cammina voltati indietro, e non si vede lo Spirito che cammina davanti. Di qui le insoddisfazioni e le crisi, il ripiegamento su se stessi e la ripresa dell'uomo vecchio.

COME EVITARE L'APPIATTIMENTO

L'effusione introduce nella pienezza della vita cristiana, all'interno della comunità cristiana.  San Paolo paragona questa vita a quella del corpo: vivendo secondo la verità nella carità, cerchiamo di crescere in ogni cosa verso di lui, che è il capo, Cristo, dal quale tutto il corpo, ben compaginato e connesso, mediante la collaborazione di ogni giuntura, secondo l'energia propria di ogni membro, riceve forza per crescere. in modo da edificare se stesso nella carità" (Ef 4,15‑16).

  Tutti e ciascuno si cresce verso Cristo, in modo che tutto il Corpo sia ben connesso e compaginato nella carità. Una crescita individuale e collettiva, l'una interdipendente dall'altra.

  Quali sono i segni della crescita?

  Amore e lode. In un gruppo vivo ci si vuoI bene, si respira amore. Amare vuol dire: ascolto, accettazione, comprensione, sopportazione, cercarsi, trovarsi, aiutarsi, dare la vita gli uni per gli altri. Regola dell'amore cristiano è il capitolo 13 della Prima lettera ai Corinzi.
Non si creda all'amore di tipo "zucchero filato", idilliaco. Senza l'amore al prossimo, non c'è l'amore di Dio e viceversa (cfr. Mi 22,36-38; Mc 12,31). Bisogna abbandonare definitivamente l'egoismo. Occorre un serio lavoro di ascesi, di purificazione, di liberazione.

  San Paolo parla di svestirsi dell'uomo vecchio e di rivestirsi dell'uomo nuovo (cfr. Ef 4,24; Col 3,10, ecc.). E' necessario abbandonare le opere delle carne e compiere quello dello Spirito (cfr. Gal 5,19ss), vivere in grazia di Dio, conformare la propria vita secondo i “consigli evangelici" e lo spirito delle "beatitudini" (cfr. Mi 5,3ss; Le 6,20 ss).
Quando molti, nel gruppo, smettono questo impegno, il gruppo "cala".

  Dio è amore e dove c'è amore, c'è Dio: "perché l'amore di Dio è stato riversato nel nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato" (Rm 5,5). E dove c'è Dio‑Amore, là c'è lode, esultanza, canto.

  Consacrazione battesimale. Vorrei richiamare l'attenzione su questo aspetto fondamentale. Come cristiani, battezzati nel Nome della SS. Trinità, apparteniamo a Dio. Il cristiano è, per definizione, "unto”, cioè consacrato, come Cristo, a Dio, "a lode della sua gloria” (Ef 1, 14).
Quando rinnoviamo le nostre "promesse battesimali", noi dichiariamo la nostra appartenenza a Cristo: 'Voi siete di Cristo" (1 Cor 3,23) e "il principe di questo mondo sarà gettato fuori (Gv 12,3 1).

  Sostanzialmente, facciamo la stessa cosa quando, prima dell'effusione dello Spirito, rinnoviamo la nostra "consacrazione consapevole e definitiva" al servizio di Dio. Infatti, rinunziamo per sempre al maligno, a tutte le sue opere e seduzioni, alla concupiscenza colpevole, e alla superbia della vita, al modo di sentire e di pensare del mondo.

  Poi, in chiave positiva, dichiariamo di volere orientare la nostra vita, le nostre intenzioni e le nostre scelte secondo la volontà del Signore; riconosciamo e accettiamo irrevocabilmente e in pieno, la sovranità di Cristo; ci impegniamo a conoscerlo meglio per poterlo amare sempre più; accettiamo con fede l'autorità dei pastori della Chiesa; e concludiamo: “Infine, Signore Gesù, ti prego di volerti servire di me per l'edificazione della tua Chiesa, per la diffusione del tuo Regno sulla terra".

Penso che non occorra altro per mantenere nel fervore un gruppo e i singoli componenti‑ Anzi, sono convinto che qui ci sia la materia per una vera e speciale consacrazione a Dio e alla Chiesa. Parlo di una “consacrazione battesimale", che può trovare, in ciascuno e nei gruppi forme espressive varie e diverse. A mio avviso, tutti ‑ grandi e piccoli, sposati e vedovi, fidanzati e celibi o nubili ‑ possono impegnarsi anche con forme di promesse o voti (le parole non devono spaventare!). Naturalmente, sotto la guida di un padre spirituale e determinando esattamente il campo e il tempo di durata.

  Ministeri. Un gruppo cade nell'appiattimento, se non sorgono o non vengono esercitati i ministeri.
I carismi non sono ornamentali, ma sono dati "a ciascuno [__] per l'utilità comune" (1 Cor 12,7). In altre parole, i doni di Dio rendono abili a fare qualcosa per l'edificazione del Regno.
In questo senso, i carismi devono trasformarsi in ministeri: cioè, costituiscono un servizio, una diaconia, una vocazione. Ecco, allora, che in un gruppo vivo si moltiplicano spontaneamente le attività. Ciascuno si dà da fare, propone, collabora, serve, mettendo in atto i suoi doni: di animazione, di profezia, di discernimento, di lode e di preghiera, di accoglienza e di ospitalità, ecc.

Ma, attenzione: non ci sono soltanto i ministeri che si esercitano nel gruppo: ci sono anche quelli tipicamente ecclesiali, Bisogna guardarsi dai gruppi chiusi, perché finiscono senza ossigeno. Come Maria, dopo l'Annunciazione e gli apostoli dopo la Pentecoste, tutti coloro che hanno ricevuto l'effusione dello Spirito non possono più restare chiusi in se stessi o nel gruppo, ma devono "uscire", "partire". Con i carismi che ci sono stati dati, abbiamo la potenza dello Spirito per la missione a cui siamo chiamati.

Incominciando dalla propria famiglia e dal luogo di lavoro, con la testimonianza della vita e della parola. Poi c'è la Chiesa locale (parrocchia) a cui ci si offre per i ministeri della catechesi, della carità e dei malati, del lettorato, dell'accolitato, ecc. Se i membri di un gruppo non si aprono ai ministeri, l'autenticità dei loro carismi rimane incerta e, in ogni caso, si tratta di doni costretti alla sterilità. Al contrario, con l'esercizio dei ministeri, si mette in movimento una dinamica attiva, di dare e ricevere, nascono esigenze nuove e possibilità nuove.

Vocazioni di speciale consacrazione. Quando un gruppo è vivo, la voce dello Spirito ottiene le risposte più generose e totali. E’ meraviglioso vedere come in certi gruppi fioriscano le vocazioni al diaconato, al presbiterato, alla vita religiosa, maschile e femminile, missionaria e contemplativa. Ma è con sorpresa e stupore che vediamo ormai apparire vocazioni che lo Spirito destina al servizio totale del Rinnovamento o, semplicemente, a realizzarsi all'interno del Rinnovamento. Dobbiamo guardare con attenzione a questi germi delicati che dovrebbero trovare nel gruppo il terreno più adatto alla loro fioritura. Quando in un gruppo sbocciano fiori come questi, si completa il Corpo mistico di Cristo; il gruppo viene percorso da una nuova ondata di Pentecoste, si risvegliano tutte le energie e le migliori potenzialità.

  Vita comunitaria. Lo Spirito è comunione e questa spinge all'unione. Segno della presenza e dell'apertura allo Spirito è il fatto che i membri di un gruppo crescano cercandosi, stando volentieri insieme, trovandosi per pregare e per mettere in comune la loro fraternità.
Quando questa unione raggiunge un'intensità tale da far decidere alcuni a renderla stabile: allora nasce una comunità. La varietà di queste comunità è quasi infinita, ma sempre nasce all'interno di un clima di amore e di impegno degli. uni verso gli altri. Non tutti sono chiamati alla vita comunitaria, ma tutti devono cooperare a creare le condizioni necessarie perché una comunità possa esistere. Quando una comunità è stabilita, tutto il gruppo ne riceve slancio, perché tutti si sentono stimolati a tendere verso gli ideali più alti.

  Il pericolo dell'appiattimento è reale. Alcuni gruppi ci sono caduti. In USA vi sono delle preoccupazioni a riguardo. Se questo accade, la colpa è solo la nostra, perché Dio è fedele e lo Spirito non è mai né passività né monotonia né routine, ma è perenne vita, novità, creatività. Il pericolo è dentro di noi, siamo noi.

Quando parliamo di rimedi, non si pensi ad urla vaccinazione, una cura o a qualche altro ritrovato esterno. Il rimedio non può essere che interno, nella linea di una crescita interiore, di un ascolto più attento, di una più grande fedeltà.  il Signore che, mediante il suo Spirito, ci chiama alla lode, suscita carismi e ministeri, si dona con un amore sempre più esigente fino a tra­sformarci in "segno" per i tempi futuri.

"Io sono venuto perché abbiano la vita e l'abbiano in abbondanza" (Gv 10,10).

 

da "Alleluja", mag/ago. 1979

                                                     

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