"SEI STATO CONDOTTO QUI PERCHÉ' TU MANIFESTI QUELLO CHE AVRAI VISTO" (Ez 40,4)

RELAZIONE DI SALVATORE MARTINEZ
Coordinatore Nazionale del RnS
22^ Conferenza Animatori

E da poco iniziato l'anno dedicato al Padre ed è in questo contesto che desidero porre il mio intervento introduttivo ai lavori della XXII Conferenza Animatori.

Quattro i punti di riflessione sui quali soffermeremo la nostra attenzione:

- Leggiamo insieme i segni dei tempi;
- Il ruolo dei RnS dopo l'approvazione dello Statuto: un nuovo impegno;
- Il RnS: movimento spirituale e movimento ecclesiale;
- Discernimento comunitario e formazione permanente,

Prima, però, dobbiamo rivolgere lo sguardo al Padre e in lui trovare le ragioni di quanto diremo.
E' per volontà dei Padre che partecipiamo a questa Conferenza Animatori, un'opera generosa per cuori generosi a vantaggio dei nostri fratelli.
Ed è al Padre, allora, che va subito la gloria. Noi - mai possiamo dimenticarlo - rimaniamo servi inutili, anche se in questi giorni saremo, nessuno escluso, utilizzati da Dio.
        Grazie, allora di essere qui. Vi ringrazia il Padre!

Nell'ultima tappa dei cammino verso il grande Giubileo dei 2000 ci attende un nuovo impegno: un'autentica conversione del cuore. "Avrò compassione di loro, come il padre ha compassione dei figlio che lo serve... convertirò il cuore dei padri verso i figli e il cuore dei figli verso i padri" (MI 3,1 7b.24).

E’ il tempo della "compassione del Padre" che parla ai cuori: "Parlerò al suo cuore" (Os 2,16). t il tempo della confidenza, dell'intimità, dello stare di fronte a Dio, cuore a cuore, per ritrovare e rafforzare le ragioni del nostro impegno che sempre più deve essere comunitario.

E’ il Padre che ci ha cercati e che ci ha scelti per quest'opera. E’ lui che nel Figlio Gesù ci ha generati e ci rende degni di compiere questo ministero. E’ lui che ci concede di compiere le opere del Figlio perché il mondo si salvi.

Vivere pienamente l'anno dei Padre significa scoprire le nostre radici di famiglia cristiana e riconoscerci una famiglia, la grande famiglia del Rinnovamento. Se è Dio che ci rende figli, il compito di sentirci fratelli, di vivere da fratelli spetta a noi, a ciascuno di noi, perché questa famiglia si ricomponga.

Siamo qui perché Dio dia una nuova paternità spirituale ai nostri gruppi e a noi un maggiore slancio nei servizio offerto ai fratelli.

Fratelli senza Gesù, figli senza Padre, orfani di Cristo, orfani di Dio: diamo ai nostri gruppi una nuova paternità spirituale, perché siano generati uomini nuovi che vivano un'autentica figliolanza e una sincera fraternità, a partire dal nostro esempio.

Che lo Spirito ci conceda di avere una "paternità accogliente' dei nostri gruppi e comunità e ci aiuti a rimuovere ogni forma di "paternità dubitativa" o "rigettante".

Ci custodisca la Madre di ogni paternità, Maria Santissima, colei che per amore tutto accoglie e nulla rifiuta. In questi giorni, poi, la presenza dell'immacolata sarà particolarmente viva di mezzo a noi.

Siamo figli nel Figlio, ma anche figli per il Padre, Solo se attualizzeremo la presenza di Dio Padre riscoprendo, non solo dentro di noi, ma fra di noi, l'esperienza della figliolanza che ci accomuna e che ci rende fratelli, potremo sperare che Dio unisca prima i nostri cuori e poi le sessioni di questa Conferenza, dia vigore prima ai nostri corpi affaticati e poi a ogni atto comunitario che compiremo insieme.

Non basta essere donne e uomini accomunati dalla medesima esperienza, da un servizio svolto nei gruppi, da anni di presenza alle iniziative nazionali perché ci si possa dire famiglia. Questo è troppo poco per considerarsi fratelli e sorelle.

Chiediamo allo Spirito Santo che ci confermi nella comunione fraterna, che ci faccia vivere da fratelli, per rallegrare il cuore dei Padre e perché il mondo creda.

LEGGIAMO INSIEME I SEGNI DEI TEMPI.

Siamo capaci di cogliere i segni dei tempi? Vanno 1998 è stato davvero speciale, vissuto all’insegna dello stupore per i regali ricevuti da Dio.

Ci sono stati per noi segni inconfutabili delle novità volute dallo Spirito: nuove grazie, nuove responsabilità, nuovi ambiti d'impegno.

Oggi si apre una tappa nuova: quella della maturità ecclesiale. Ciò non vuoi dire che tutti i problemi siano risolti. E piuttosto una sfida, una via da percorrere. La Chiesa si aspetta da noi frutti maturi di comunione e d'impegno.

Ce lo ha ricordato il Papa, nell'incontro con i Movimenti, alla vigilia di Pentecoste e lo avevo sottolineato all'apertura dei Convegno sullo Spirito Santo dell'aprile scorso: iniziano per noi gli anni della maturità ecclesiale.

Il Papa ha rimarcato che si tratta `di una via, di una sfida". `Sfida" è la parola che si addice in modo particolare agli "audaci", come il Papa ci ha chiesto di essere nel corso dell'Udienza Pontificia ai leader dei RnS, il 4 aprile u.s.

Concordanza felice, allora, che ci impegna a progettare con nuovo slancio la nostra testimonianza di comunione e di impegno ecclesiale.

I nostri gruppi devono potere esprimere la forza di rinnovamento spirituale che lo Spirito viene a suscitare attraverso le dinamiche di vita comunitaria.

Lo Spirito non suscita un desiderio di fuga o di rifiuto dei mondo: è piuttosto capace di trasfigurare il mondo, di trasfigurare la vita dell'uomo perché questa abbia la forma, la figura di Cristo.

Il Santo Padre nell'udienza generale di mercoledì 2 dicembre u.s. ha ricordato che non soltanto nella preghiera, ma anche attraverso la fatica quotidiana, bisogna far sentire la voce dello Spirito per la preparazione dei regno di Dio.

Lo Spirito dialoga con le realtà terrene, vuole fecondare tutte le realtà create.

Concluso l'anno dello Spirito, dobbiamo continuare ad additare alla Chiesa e al mondo la via privilegiata tracciata dall'esperienza della terza persona della santissima Trinità perché il cristianesimo abbia il sapore e la firma di Cristo.

Guai a mandare in soffitta lo Spirito Santo! La Chiesa e il mondo sono avidi di lui, non possono farne a meno.

Ci sono due grandi "seti" che lo Spirito deve placare: sete di santità e sete di salvezza.

La Chiesa ha sete di santità. Il mondo ha sete di salvezza. Santità e salvezza, un binomio indissolubile per noi, per chi si dice docile allo Spirito.

Ci attende un compito impegnativo: la prosecuzione di questo cammino tracciato da Giovanni Paolo li, cammino che rappresenta il nostro specifico campo d'azione pastorale ed ecclesiale, cammino sul quale noi siamo attesi.

Dobbiamo allora superare il distacco, lo scollamento tra la vita nel gruppo e la vita personale: siamo cristiani veramente rinnovati e credibili?

Si aprono per noi spazi nuovi. Sono gli spazi in cui è attesa la testimonianza di vita nuova, di tante vite spese per II Vangelo.

Siamo chiamati a essere il volto di un cristianesimo rinnovato e credibile, il volto di una Chiesa che non teme il mondo e che sa giudicarlo perché sorretto dalla Parola e dalle armi della preghiera.

Voglia il Signore che il RnS sia l'immagine di una Chiesa estroversa, ferialmente pasquale, 'impressionante` nella testimonianza.

Ciò che ci sembrava soltanto probabile lo Spirito lo sta rendendo possibile; ciò che ci appariva improbabile lo Spirito io ha già reso vero.

Rinnovarsi, per noi, significa fondamentalmente questo: rivedersi, ravvedersi.

Rinnovarsi deve essere un'urgenza, un assillo, una 'condanna a morte" , un morire per rinascere nuovi, un mortificare la carne e l'uomo vecchio per rivestire l'uomo nuovo e vivere davvero da uomini spirituali (cf Ef 4, 20-24).

Rinnovarsi è anche disarmarsi delle armi dei mondo e indossare le armi della luce: sulla mano sinistra lo scudo della fede quale arma di difesa, sulla destra la spada dello Spirito, la parola di Dio come arma d'attacco (cf Ef 6, 10-18).

IL RUOLO DEL RnS DOPO L'APPROVAZIONE DELLO STATUTO:
UN NUOVO IMPEGNO

Se il RnS è stato suscitato da Dio perché venisse promossa, in un'epoca di morte, la vita nuova nello Spirito, dobbiamo fare in modo che questa diventi, presto, cultura ecclesiale.

La vita nuova deve essere favorita impegnando ogni energia, mediante una efficace riscoperta della nostra tradizione, con forme profetiche, in ogni ambito nel quale l'uomo esiste e si relaziona.

Trasformazione in Cristo dell'uomo, reso dallo Spirito "nuovo", a partire dall'evento centrale dell’effusione dello Spirito": se questo è ciò che ci interessa, ciò che ci sforziamo di veicolare nei nostri gruppi, ecco che avviene la tanto auspicata 'riconciliazione" tra ambiente sociale ed esperienza religiosa.

Già nel 1974, il piccolo gruppo di studio internazionale di teologi e di animatori laici, convocato a Malines dal cardinale Suenens, nel documento Orientamenti teologici e pastorali nel RCC, affermava che nello sviluppo del Rinnovamento il legame stretto esistente tra l'esperienza spirituale e la presenza dei carismatici negli ambienti sociali si sarebbe sviluppato progressivamente a partire dalla vita stessa del movimento.

li cardinale Suenens, intervistato da René Laurentin nei 1974, alla domanda: "Rimprovera al movimento di essere. disimpegnato, estraneo alla sfera dell'azione sociale?", così rispondeva: " L certo che in un primo tempo questa intensa scoperta di Dio e della preghiera assorbe chi la fa. t come II periodo di fidanzamento. Ma poi, con il matrimonio, subentrano impegni diversi e concreti, ci si apre alla vita, agli altri, si assumono impegni e responsabilità".

Non c'è alcun dubbio che il RnS sia essenzialmente un evento spirituale, che non possa, per sua stessa natura e per vocazione, coincidere con un programma di strategia sociale o di azione politica, come accade per altre realtà ecclesiali.

A noi interessa principalmente la salvezza dell'uomo e la conversione a Cristo Signore al quale consegnare tutte le povertà, le ingiustizie, i relativismi dei nostro tempo dimentico di Dio ed estraneo alla vita nuova nello Spirito.

Come lo è stato fin dalla nascita della Chiesa, nel giorno di Pentecoste, il RnS è un evento sì spirituale, ma che riveste una dimensione pubblica e comunitaria.

C'è insito nel RnS un dinamismo sociale assai forte che guarda all'uomo, alla promozione dell'uomo nuovo e al rinnovamento dei suoi stati e delle sue vocazioni primarie, così che gli ambienti nei quali vive possano essere rinnovati dalla sua contagiosa testimonianza di vita nuova, a partire dai tratti distintivi della nostra specifica esperienza ecclesiale.

Carismatici dobbiamo esserlo sempre, non solo dentro le pareti dei nostri luoghi di culto.

Il risveglio di una nuova coscienza in seno al cattolicesimo, non può prescindere dalla dimensione culturale e sociale, accanto a quella ecclesiale, in cui questo fenomeno viene a svilupparsi.

Rinnovare gli ambienti, le strutture sociali, non deve essere per noi frutto di programmi o di accordi specifici, ma l'effetto della testimonianza di vita nuova, di vite legate definitivamente a Cristo e alla sua sequela.

Dobbiamo essere leader non soltanto nelle nostre comunità, ma anche nei luoghi e nei contesti particolari nei quali siamo inseriti.

I nostri gruppi, con i carismi e i ministeri che li contraddistinguono, devono essere espressione di libertà nella preghiera, di mutua fiducia e di partecipazione in cui le relazioni interpersonali possano raggiungere un profondo livello di comunione.

Le prime comunità cristiane erano caratterizzate da un forte dinamismo interno: stavano insieme e tenevano ogni cosa in comune (cf At 2, 44).

Solo una comunità che beneficia di una partecipazione molto intensa è già, di per sé, un'esperienza ecclesiale e sociale significativa che finirà con l'avere un impatto travolgente e trasformante con il mondo circostante in ogni ambito di relazione umana, sia essa propriamente ecclesiale o culturale.

Ecco il passaggio da un cattolicesimo sociologico, dove permangono forme esteriori spesso solo razionali senza che vi sia un autentico assenso interiore, a un cattolicesimo pneumatologico, fatto di leader che trasmettono determinate espressioni di fede o manifestazioni dello Spirito, non come un costume spirituale, ma come genuino impegno personale.

Cristiani per impegno personale e non per procura! Uomini che vivano permanentemente gli effetti dell'effusione dello Spirito, quell'evento che sconvolge la vita pur non cambiandola improvvisamente, ma che segna l'inizio della conversione a Gesù, Signore di tutte le aree della propria esistenza umana.

Quale cammino, allora, di fronte a noi?

A partire dalla contemplazione, proseguendo con la formazione, dobbiamo approdare alla testimonianza.

Essere incisivi, fare sentire le ragioni di Dio, non della protesta o del disincanto rassegnato. Gli apostoli dello Spirito Santo sono gli apostoli della testimonianza, non dell'indifferenza!

La grande malattia dei nostro tempo è la mancanza di passione per la verità.

Chi non si lascia possedere dalla Verità, chi non si lascia condurre dalla Verità, perde la prospettiva della conversione permanente.

Chi opera la verità viene alla luce, dice Gesù a Nicodemo (cf Gv 3, 21 b).

La verità manda all'aria tutti gli errori, ci fa recuperare la volontà dei Padre. Non stanchiamoci di ripeterlo: dobbiamo fare la verità con noi stessi, con Dio, con i fratelli.

L'uomo spirituale è chiamato a vivere nella verità e a realizzarsi nell'amore. Senza l'amore, il ministero di servizio ai fratelli è una parola vuota, insapore, inefficace.

San Paolo non suggerisce una scelta tra carismi e amore. Bisogna sceglierli entrambi, riaffermando il primato dell'amore, humus di ogni divina grazia elargita.

Nella parabola dei talenti (cf Mt 25, 14-30) Gesù insegna che tutti siamo stati dotati di doni, di abilità, di capacità, tutti abbiamo ricevuto talenti preziosi. Ma quanto più avremo ricevuto, tanto più ci sarà richiesto. L'uomo che era stato dotato di un solo talento fu giudicato e condannato per la sua passività, per la sua mancanza d'iniziativa, per il suo rifiuto di 'industriarsi" per il regno di Dio, Non aveva commesso nulla di ciò che noi potremmo effettivamente considerare un male quale trasgredire i dieci comandamenti, come pensava, il giovane ricco (cf Mc 10, 17-22).

Davanti a Dio, alla resa dei conti, il vero male che conta è non aver fatto nulla per dilatare il regno di Dio, non aver contribuito a instaurare la civiltà dell'amore, non aver mostrato chiaramente e coerentemente se stiamo dalla parte del mondo o dalla parte di Dio.

Anche questo deve essere il RnS nella Chiesa e nella società di oggi: comunicazione dei pensiero di Dio, dell'amore di Dio e di ciò che a lui è gradito.

Nella comunione con lo Spirito Santo il Padre forma dei "comunicatori" di vita nuova, uomini che sanno comunicare e che non "scomunicano", come fa il mondo.

IL RnS: MOVIMENTO SPIRITUALE E MOVIMENTO ECCLESIALE

Corrente di grazia, movimento carismatico, movimento spirituale, a ben riflettere sono sinonimi.

Indicano il passaggio dello Spirito, travolgente come un torrente, che di grazia in grazia, per via sacramentale e carismatica, ci rende conformi a Cristo innestandoci nell'unico fiume, la Chiesa, corpo mistico visibile di Gesù Signore.

La vera distinzione è tra movimento spirituale e movimento ecclesiale, tra ciò che discende dall'alto e ciò che si manifesta dal basso.

Non c'è per noi movimento dello Spirito, movimento della grazia fuori dalla Chiesa. Ecco perché il Papa parla di maturità ecclesiale: è la capacità dei movimenti di scoprire non soltanto 1a fonte" (lo Spirito) della loro particolare esperienza, ma soprattutto 1o sbocco' (la Chiesa).

Il passaggio da movimento spirituale a movimento ecclesiale ' pertanto, è una naturale, progressiva evoluzione dei Movimento verso la sua più profonda identità,

Non si può essere autenticamente Chiesa e autenticamente guidati dallo Spirito, che è Chiesa e fa la Chiesa, senza condividere intimamente nella fede e nelle opere la vita stessa della Chiesa.

Il riconoscimento del RnS da parte della CE], pertanto, non è un passaggio accessorio o trascurabile in questo rinnovamento della Chiesa e del mondo, ma una tappa, come l'ha definita il Papa, una sfida a continuare il nostro servizio accanto ai nostri vescovi e agli altri movimenti senza alcuna paura di spegnere io Spirito o di perdere identità perché solo nella comunione ecclesiale. noi attestiamo come nota di autenticità il nostro essere e farci Chiesa.

E questa la sfida che ci attende: far accogliere la nostra 'diversità" non come un limite di comprensione o di accettazione, ma come una grazia per la Chiesa, quindi di tutti,

Chiudersi in nicchie protettive per paura di non essere compresi, a partire dai nostri stessi vescovi, non fa giustizia alla nostra piena partecipazione alla vita dei il a Chiesa alla cui crescita siamo stati chiamati a contribuire, dal Papa e dai nostri vescovi, proprio in funzione di quei carismi specifici che ci permettono di esprimere la fede.

Adesso la vera sfida non è "farsi accogliere"; questo è già avvenuto e certamente continuerà ad avvenire.

Se anche persiste qualche riserva, dobbiamo avere pazienza e spirito di sacrificio. La grande sfida è un'altra: come rinnovare la Chiesa e il mondo, perché questo vuole il nostro fondatore, lo Spirito Santo!

Se i movimenti rappresentano il divenire della Chiesa sottolineando la libertà dello Spirito che suscita sempre modalità nuove per far circolare la salvezza di Cristo, dobbiamo credere a questo fluire della grazia, a questo continuo divenire di cui anche noi siamo partecipi.

Dove c'è staticità non c'è dinamismo spirituale; dove c'è rilassamento non c'è tensione verso il futuro; dove c'è abitudine ai doni non c'è più stupore verso colui che è datore di ogni dono.

E così, ciò che è movimento diventa "trascina mento`, ciò che è rinnovamento diventa 'conservazione".

Il RnS non è soltanto un movimento nella Chiesa, ma è espressione dei movimento della Chiesa. Il rimando Chiesa-Spirito è sempre costante e irrinunciabile.

Occorre superare un luogo comune: considerare (e aggregazioni e i movimenti più come un problema e una preoccupazione che come una risorsa.

Occorre abbattere le distanze tra clero e laicato, interiorizzare le dinamiche dell'esperienza e della testimonianza, superare la triste mancanza di fraternità.

La via della Chiesa è ]'uomo. lungo questa via, ecclesiastici e laici devono potersi incontrare e insieme procedere completandosi in quanto strettamente interdipendenti e complementari.

La presenza dei movimenti nella Chiesa non è da enfatizzare, ma neanche da vivere come se questi fossero un problema: se i movimenti, infatti, vivono una sorta di 'vita parallela" alla Chiesa, la impoveriscono e si impoveriscono (45^ Assemblea dell'Episcopato Italiano).

I movimenti sono per la Chiesa una grazia che attende ancora di essere compresa, va ripetendo Giovanni Paolo Il dall'inizio dei suo pontificato.

Questo è il tempo della "comprensione" e non più dei semplice approccio conoscitivo. Dalla conoscenza alla comprensione. Anche noi dobbiamo mettere più impegno a "comprendere" che cosa lo Spirito sta preparando per noi, come vuole esprimere le sue novità per la Chiesa.

Non è più tempo per una "pastorale di contenimento" o '"di chiusura".

Il cardinale Ratzinger, a tal proposito, ci guida in una riflessione attuale, emergente e che per tutta la Chiesa sarà motivo di riflessione: "Vi è la minaccia di unilateralità che porta a esagerare il mandato specifico che ha origine in un dato periodo o in forza di un particolare carisma. Che l'esperienza spirituale cui si appartiene sia vissuta non come una della plurime forme d'esistenza cristiana, bensì come l'essere investiti della pura e semplice integralità dei messaggio evangelico, è un fatto che può indurre ad assolutizzare il proprio movimento, che viene a identificarsi con la Chiesa stessa, a intendersi come la via per tutti, mentre di fatto quest'unica via può esser fatta conoscere in modi diversi. Dei pari è quasi inevitabile che dalla fresca vivacità e dalla totalità di questa esperienza nuova derivi a ogni piè sospinto anche la minaccia di scontro con la comunità ecclesiale: uno scontro in cui può darsi colpa a entrambi le parti, onde entrambe le parti subiscono una spirituale sfida alla coerenza cristiana. Chiese locali e movimenti devono lasciarsi educare dallo Spirito Santo e anche dall'autorità ecclesiastica, devono apprendere una dimenticanza di sé senza la quale non è possibile il consenso interiore alla molteplicità della forme che può assumere la fede vissuta. Le due parti devono imparare l'una dall'altra a lasciarsi purificare, a sopportarsi e a trovare la via che conduce a quei comportamenti di cui parla nell'inno alla carità Paolo (1 Or 13,4 ss). Ai movimenti, quindi, va rivolto un monito: anche se nel loro cammino hanno trovato e partecipano ad altri la totalità della fede, essi sono un dono fatto alla totalità della Chiesa, e alle esigenze di questa totalità devono sottomettersi, per restare fedeli a ciò che è loro essenziale. Ma occorre che si dica chiaramente anche alle chiese locali, anche ai vescovi, che non è loro consentito indulgere ad alcuna pretesa d'uniformità assoluta nelle organizzazioni e programmazioni pastorali. Non possono far assurgere i loro progetti pastorali a pietra di paragone di quei che allo Spirito Santo è consentito operare: di fronte a mere progettazioni umane può accadere che le chiese si rendano impenetrabili allo Spirito di Dio, alla forza di cui esse vivono. Non è lecito pretendere che tutto debba inserirsi in una determinata organizzazione dell'unità: meglio meno organizzazione e più Spirito Santo! Soprattutto non si può sostenere un concetto di comunione in cui il valore pastorale supremo consista nell'evitare conflitti. Un progetto di unità ecclesiale in cui i conflitti fossero liquidati a priori come polarizzazione e la pace interna fosse ottenuta a prezzo della rinuncia alla totalità della testimonianza, ben presto si rivelerebbe illusorio. Non è lecito, infine, che s'instauri un certo atteggiamento di superiorità intellettuale per cui si bolli come fondamentalismo lo zelo di persone animate dallo Spirito Santo e la loro candida fede nella Parola di Dio, e non si consenta nient’altro che un modo di credere per il quale il `se" e il "ma" sono più importanti della sostanza di quanto si dice di credere. Per finire, tutti devono lasciarsi misurare con il metro dell'amore per l'unità dell'unica Chiesa". (Congresso mondiale dei leader dei movimenti alla vigilia di Pentecoste, 27 maggio 1998).

I movimenti spirituali, diffondendosi e strutturandosi nel territorio, a partire dalle Chiese locali, finiscono con l'assumere, spontaneamente o per richiesta della gerarchia, la forma di movimenti ecclesiali.

I movimenti ecclesiali offrono ai loro membri, la possibilità di vivere ogni aspetto della vita cristiana, imbevuti dei carismi che informano la specifica esperienza ecclesiale: a livello spirituale, morale, nella parrocchia, nel campo del volontariato sociale. E questo non come singoli, ma come espressione di tutto il movimento, insieme a tutti i membri del movimento.

Il termine ecclesiale deriva dal fatto che condividono i carismi ricevuti dallo Spirito anche con gli altri cristiani, con coloro che fanno un qualunque cammino di fede.

Pertanto, dobbiamo sviluppare una più profonda coscienza di essere movimento ecclesiale. Il RnS non può configurarsi come Luogo appartato" nel quale vivere una nuova libertà di espressioni di fede (gestualità, spontaneità, affettività) o esercitare carismi ritenuti "sospetti", inusuali e talvolta pericolosi (lingue, guarigione, profezia), spesso mortificati nella vita della Chiesa.

Se questa è la nostra peculiarità, guai a operare riduzioni! Anzi, va maggiormente accolta e compresa da noi, perché possa essere goduta da tutto il corpo ecclesiale.

DISCERNIMENTO COMUNITARIO E FORMAZIONE PERMANENTE.

E’ il criterio fondamentale che sta alla base dei progetto culturale della CEI, ma possiamo ben dire che il discernimento comunitario carismatico, applicato a ogni aspetto della vita delle nostre realtà, è uno dei doni caratteristici che il RnS vive da sempre e che sempre deve alimentare.

Docilità allo Spirito; umile ricerca della volontà di Dio; capacità d'ascolto; interpretazione dei segni dei tempi alla luce dei Vangelo; valorizzazione dei carismi; creatività spirituale: ecco la manifestazione del "discernimento comunitario", strumento per sviluppare la corresponsabilità, per costruire un progetto di formazione unitario e un cammino di crescita comune,

Attraverso il discernimento comunitario, noi ci impegniamo a un serio esame di coscienza ecclesiale, a una valutazione critica dell'impostazione degli incontri e dei momenti comunitari perché sia ancora più incisiva la nostra presenza nella Chiesa e nel mondo.

E’ lo Spirito che spinge ognuno a rientrare in se stesso. L' "esame di coscienza", quindi, è uno dei momenti più qualificanti dell'esperienza personale: si è posti dinanzi alla verità della propria vita e si scopre, così, la distanza che separa le proprie azioni dall'ideale che ci si è prefisso (cf Incarnationis Mysterium, Bolla per l'Indizione del Grande Giubileo dei 2000).

Spalancare, allora, le orecchie dei cuore e della mente a una comprensione spirituale della storia, dove la nostra testimonianza è attesa.

"Fare memoria" significa sottoporsi al giudizio della fedeltà. Abbiamo tradito la tua fiducia, Signore? Abbiamo corrisposto alla tua chiamata? Da ora vogliamo essere una comunità nazionale che trova nel discernimento comunitario la forza, la novità dei proprio cammino, la misura della propria capacità di crescere insieme, di lavorare insieme, di praticare la sottomissione reciproca.

Non vogliamo presumere di conoscere una realtà senza accostarla intimamente, nei cuori, nella fede di chi la rappresenta ai vari livelli di servizio.

Anche questa è una grande sfida: riusciremo a superare i particolarismi locali, un cammino che in taluni casi è più di tipo confederativo che di tipo comunitario; a sostenere le comunità più deboli attraverso l'aiuto di quelle più forti; a pensare all'esperienza del RnS non come al cattolicesimo della domenica, ad appuntamenti sporadici o a cadenze fisse, ma a un cammino di crescita e di conversione permanente, a una `specifica esperienza di fede"- come sottolineava il cardinale Ruini nella lettera che accompagnava il riconoscimento dello statuto - che merita di essere segnalata ai cattolici d'Italia?

Riusciremo a individuare un progetto di formazione per i nostri fratelli di tipo unitario e non uniforme, nel rispetto delle diverse realtà locali, dei cammini specifici, delle diverse modalità attraverso le quali una visione unitaria può e deve esprimersi?

Consegniamoci, docilmente, allo Spirito e non perdiamoci d'animo.

Accettiamo la 'chance della koinonìa": i diversi carismi suscitati dallo Spirito devono armonizzarsi fra loro e interagire fra loro nella comunione, superando ogni localizzazione geografica o ricchezza di tradizione carismatica che magari potrebbe far pensare a una regione di bastare a se stessa.

Siamo una sola realtà ecclesiale, una sola realtà comunitaria. Dobbiamo vivere la tensione all'unità, con una carità e una fraternità nuove, per non presumere nulla, per non trascurare nulla.

L’insegnamento di Pentecoste ci indica una particolarità che è propria dei RnS.

L’assenza di un fondatore umano o di uno specifico carisma di fondazione, che di per sé creano e meritano il consenso e la piena adesione di chi si identifica con quella specifica esperienza, fanno sì che nel RnS l’identità e l’appartenenza siano frutto del discernimento comunitario, vissuto in un clima spirituale attraverso il duplice ascolto orizzontale e verticale: la profezia che ci deriva dalla parola di Dio e dal magistero della Chiesa, e la profezia che è nella vita e nel cuore dei fratelli e delle sorelle chiamate, dallo Spirito, a un servizio, a una testimonianza

Sia il RnS, allora, un grande cuore, un’"aorta" per la Chiesa, in cui scorre la vita di Dio attraverso le forme più profonde della sua presenza: preghiera, Parola, sacramenti, carismi.

Liberiamo, però, anche ogni via ostruita da presunzioni e pregiudizi perché nessuna parte di questo grande cuore, che si estende dal nord al sud dell'Italia, abbia ad avere arresti cardiaci o necrosi.

La formazione, pertanto, diviene come la linfa vitale, come il sangue che irrora questo cuore, che comunica vita nuova, che scorre lungo tutte le vene del corpo.

Nei quattro discorsi che il Santo Padre ha rivolto quest'anno al RnS, troviamo un denominatore comune, un motivo conduttore che sempre ritorna.

"Si tratta, per l'appunto, del concetto di formazione. Uno dei compiti più urgenti della Chiesa è quello della formazione dei fedeli laici. La formazione dei fedeli laici ha come obiettivo fondamentale la scoperta sempre più chiara della propria vocazione e la disponibilità sempre più grande a viverla nel compimento della propria missione. Questa deve pertanto essere una delle vostre priorità... è un compito più urgente che mai. So che il RnS si prodiga per rispondere a questa necessità, cercando forme e modalità sempre nuove e più adatte all'uomo di oggi. Vi ringrazio per quello che fate e vi chiedo di perseverare nel vostro impegno" (Udienza al RnS, Città dei Vaticano, 4 aprile 1998),

Nel nostro mondo, si avverte con urgenza la necessità di un annuncio forte e di una solida e approfondita formazione cristiana. Quale bisogno vi è oggi di personalità cristiane mature, consapevoli della propria identità battesimale, della propria vocazione e missione nella Chiesa e nei mondo! Nella formazione cristiana curata dai movimenti non manchi mai l'elemento di questa fiduciosa obbedienza ai Vescovi, in comunione con il Successore di Pietro! Inserite le vostre esperienze nelle chiese locali e nelle parrocchie, rimanendo sempre in comunione con i Pastori e attenti alle loro indicazioni" (Vigilia di Pentecoste con ì movimenti, Piazza San Pietro, 30 maggio 7998).

"Appartenere a un movimento ecclesiale. La parola "ecclesiale" è più che semplicemente decorativa. Essa implica un compito preciso di formazione cristiana e una profonda convergenza tra fede e vita. La fede entusiastica che anima le vostre comunità è un grande arricchimento, ma non è sufficiente. Deve essere accompagnata da una formazione cristiana che sia solida, ampia e fedele al magistero della Chiesa." (Discorso del Papa alla Fraternità carismatica cattolica internazionale, Città del Vaticano, 1 ' giugno 1998).

"Da una solida formazione deriverà una spiritualità profondamente radicata nelle fonti della vita cristiana e in grado di rispondere alle domande cruciali poste dalla cultura di oggi" (Discorso del Papa ai leader internazionali dei Rinnovamento, Sala Nervi, 30 ottobre 1998).

CONCLUSIONI

Riconoscersi poveri, ma desiderare, ardentemente, di farsi poveri.

La grande sfida è quella dei "farsi uno" del farsi corpo.

Il Padre ha già compiuto quest'opera per noi, facendo dei due un solo uomo nuovo, abbattendo il muro d'inimicizia, facendo la pace per mezzo dei suo Figlio.

Non possiamo non accogliere questo dono, il prezzo di questo sacrificio, senza unirci anche noi mediante il sacrificio dei nostro io, dell'uomo vecchio, di tutti i nostri compromessi, pregiudizi, superiorità.

Come farsi povero? Abbandonandosi allo Spirito.

Riconoscersi poveri: poveri di Dio prima che di mezzi, di salute, di attività.

Gesù si rivolge a poveri peccatori e chiede loro di rinunciare ai loro poveri ben i.

Il povero è colui che si dona a Dio senza calcoli, indipendentemente da ciò che ha o da ciò che è: è libero da ogni condizionamento, fino alla somma libertà di sé, per dipendere da Dio.

Pur di dipendere da Dio, sceglie di restare povero per meritare grazia su grazia.

In una società senza padri, orfana di Dio, in cui gli uomini tendono a ripiegarsi sulle loro insoddisfazioni, sulle loro paure, sulle loro solitudini, in cui la glorificazione dell'uomo diventa apostasia di Dio, dimenticanza di Dio, noi possiamo affermare con coraggio la nostalgia dei Padre", il continuo ritornare a lui visibilmente mediante i nostri fratelli.

Nei nostri fratelli c'è il volto di Dio, nel loro cuore, il cuore di Dio.

Mentre nell'anno dello Spirito abbiamo insistito sul dono della comunione ai vari livelli, nell'anno dei Padre possiamo definire il bisogno di comunione con la scoperta del valore di "fraternità", vivendo una più autentica tensione verso l'altro inteso e difeso come fratello, come 'mio" fratello.

Se Dio ci ha scelti per i gruppi e le comunità d'Italia, con una scelta di predilezione che ogni giorno rinnova, anche noi quotidianamente dobbiamo scegliere le nostre comunità col relativo cammino ecclesiale che sono tenute a percorrere per non isolarsi.

Scegliere i fratelli e le sorelle che il Signore ci ha dato, come scelta di predilezione significa "dare la vita" e aiutare i nostri fratelli a entrare in questa prospettiva.

Non si partecipa a un gruppo solo per ricevere vita, ma anche per dare la vita, e non soltanto nel giorno in cui si riceve la preghiera di effusione, ma dopo ogni invocazione dello Spirito: più si dà la vita, e più si riceve Vita.

Essere fraternità, cioè Chiesa-comunione, comporta il superamento di ogni forma di isolamento e di discriminazione per scegliere il dialogo come stile di vita.

A cosa serve un RnS ben organizzato, ben strutturato e se volete anche ben governato, senza fraternità, senza comunità di fratelli e di sorelle?

Non vogliamo gruppi o comunità sulla carta, basate anche su norme scritte che non trasmettono amore, ma comunità vere, fatte prima di tutto di cuori e di volti.

Vogliamo superare la tristezza dell'io e realizzare il noi ecclesiale; vogliamo vincere contese e liti che offendono lo Spirito e lo allontanano.

La Chiesa ci insegna che siamo chiamati alla fraternità, ma dobbiamo imparare a essere fratelli.

A volte, infatti, è questa la conclusione alla quale giungiamo: figli di Dio, sì; fratelli, un po' meno.

Per essere audaci bisogna essere uniti a Dio e uniti fra noi. Non si è audaci se ci si sente appagati di quello che si ha o si crede di avere.

Una Chiesa rinnovata dallo Spirito sarà il dono dei Giubileo all'umanità del terzo millennio: è il mio augurio, ma è anche la nostra preghiera e il nostro impegno per questi giorni.

Da Alleluia, 1999. Rimini, 5 dicembre 1998

 

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