Vis Polemica

L'aspettavamo

di
Frunze



 

Sì, non poteva mancare. Quel libriccino pubblicato dall’Unità sulla legge 189/04 era “telefonato”. Solo questione di tempo, ma sarebbe uscito nelle edicole. Ed ora eccolo. La testa di un cane delizioso si staglia in una strada con automobili, un ambiente particolarmente adatto alla presenza animale.

Questo supremo ragguaglio dei lettori di sinistra, costato lavoro ad un gruppo nutrito di specialisti permette una miniera di notazioni. Notazioni che però non vogliamo fare perché ormai abbiamo la nausea.

§         Inutile riflettere su una introduzione scritta da quella Fulvia Bandoli che è riuscita a conciliare l’adesione a un manifesto zoofilo (Vita Animale) con un rilevante impegno negli ATC.

§         Inutile indugiare sulla lettura dell’articolo principale (Maria Chiara Acciarini) per cogliere il fallimento della legislazione italiana del settore.

§         Inutile valutare l’articolo di Ciro Troiano che, a quanto pare, circoscrive qualsiasi giudizio nell’ambito del suo pur nobile campo di interesse (la zoomafia).

§         Inutile meditare sull’articolo di Gianluca Felicetti che trasuda depressione e afferma che “gli animali sono entrati e devono rimanere nella “serie A”, dimostrazione mirabile di come spirito e parole possano dissociarsi nell’umana specie.

§         Inutile considerare che i DS hanno votato sempre a favore alla Camera e al Senato finchè il clamore di 50 associazioni li ha indotti a astenersi.

§         Inutile giudicare lo stile berlusconiano di un’operazione complessiva che censura le obiezioni alla l.n.189/04 formulate da numerose associazioni animaliste, obiezioni nascoste sotto la ricorrente espressione di generiche “critiche” a quella norma o quell’altra.

Vale invece la pena di commentare brevemente  l’articolo più interessante che sembra essere quello del sen. Elvio Fassone. Su questo conviene spendere qualche parola. Il senatore della Repubblica offre il modello del più classico atteggiamento del parlamentare che volge le sue “cure” agli animali (non ci interessa estendere il discorso ad altri aspetti).

Dunque il Nostro parte con una citazione biblica per dimostrare che la “sensibilità antica è senza dubbio più moderna e più saggia del codice Rocco” che fino al ’93 “agli animali destinava due sole norme” (e quali, poi!) . Ma poniamoci una domanda. Con i contributi del sen. Fassone si è fatto un passo avanti in termini di sensibilità?

In genere chi tratta la questione è solerte nell’individuare una diffusa insensibilità altrui. Poi magari usa il “noi” per essere politically correct – tutti noi dobbiamo progredire in direzione di una maggiore cultura del rispetto ecc. ecc. –, ma sembrerebbe assurdo che chi rimprovera una collettività di cattivo comportamento (etico?) cada lui stesso nell’ambito del rimprovero. Ora, se il sen. Fassone scomoda la Bibbia[1] e parla di sensibilità da recuperare, non dovrebbe essere ormai già a posto in quanto sensibilità?

Un primo dubbio nasce alla lettura di espressioni che di sensibilità ne mostrano assai poca. Egli dice: “... appare socialmente giustificato tirare il collo alla gallina per fini alimentari e usare qualche misurato strumento di comando verso il somaro riottoso.” Non si coglie un fastidioso sarcasmo a leggere queste parole?. Visto che sta scrivendo un testo che parla di diritti degli animali e di obblighi umani non potrebbe esprimersi con più rispetto verso vittime inequivocabilmente maltrattate anche se col consenso sociale? Un altro sospetto qualche riga prima. “E’ pacifico che anche il semplice fastidio provocato dallo stesso [un insetto, ndr] vale quale motivo legittimante [per l’uso dell’insetticida, ndr]; più impegnativa, ma ugualmente giustificata, dovrebbe ritenersi l’eutanasia di cani in un contesto di comprovata pericolosità...” Notare i puntini di sospensione. Verrebbe da chiedere al senatore se non ritenga di proporre l’introduzione della sedia elettrica per i criminali incalliti e irrecuperabili.

In altri passaggi il disprezzo verso gli animali è più nascosto; per esempio in affermazioni del tipo “...altre specie esotiche che sono state assuefatte a campare nell’orbita dei loro eccentrici proprietari”. Meglio sarebbe stato se il sostantivo “proprietari”, (termine già indicativo, ma concediamolo) non fosse stato accompagnato dall’aggettivo “eccentrici”. Il possesso di animali esotici, per le note conseguenze patite dagli stessi, è cosa grave, gravissima. Ma chiamare “eccentrici” anzichè con qualche espressione più problematica (considerando che non può adottare una formulazione di aperto biasimo) i compratori di esotici – cioè coloro che alimentano questo turpe commercio che se è legale dice soltanto quanto malvagia sia la società – non suona come ammiccamento, come benevola assoluzione per un atto riprovevole?

Gli elementi sopra esposti sarebbero sufficienti per indurci a consigliare il senatore di iscriversi a un “corso di  formazione in sensibilità”. Ma vi sono altri passaggi meno “coloriti” ma più gravi. E come sono gravi!

In primis:

“La denominazione è un po’ macchinosa [si riferisce alla dizione “delitti contro il sentimento per gli animali”, ndr] (forse sarebbe stato più espressivo e più semplice parlare di delitti contro gli animali), ma fa da basso continuo nel nuovo spartito e da bussola negli eventuali dubbi interpretativi che le nuove norme potranno suscitare”. Grandioso! Uno dei principali difetti della legge (su cui non è in caso di soffermarsi perchè il lettore saprà senz’altro cosa intendiamo) viene elevato a virtù e ridotto, al massimo, a semplice “denominazione macchinosa”. In realtà è un artificio, neanche tanto sottile, per insistere sulla volontà di non accordare a esseri viventi quei diritti reclamati nel titolo del libro. Commentando il connettivo logico “e” nella norma “...condizioni incompatibili con la loro natura e produttive di gravi sofferenze”, prima suggerisce la possibilità che la formulazione sia “saggia” per evitare l’integrazione del reato nel caso, per es., degli zoo; poi, un poco preoccupato, si chiede se tale norma non consenta facili scappatoie in altri casi. Infine sembra rilassarsi quando, illuminandosi, trova la soluzione proprio nella locuzione che tanto ha creato sconcerto fra gli animalisti (quel ‘sentimento per gli animali’ su cui insiste ripetutamente): “Il ‘sentimento per gli animali’ dovrebbe aiutare i giudici, quanto meno, a non considerare oggi minore di ieri la tutela offerta agli animali stessi”. Stiamo freschi. Perché i giudici in tutto il Paese, con le diverse sensibilità che si ritrovano, dovrebbero adottare uniformemente un principio che il Legislatore non è riuscito a (o non ha voluto) dichiarare? E poi perché si rifà ad esempi (zoo, richiami, vitelli) esclusi dal famigerato art.19-ter?

Eppure qualche processo associativo deve manifestarsi nella sua mente perché effettivamente nel capoverso successivo la questione 19-ter riaffiora: “Altro punto delicato è stato il raccordo con le numerose leggi speciali che già disciplinano settori implicanti una certa (sic!) sofferenza”. Ed eccolo di nuovo ricorrere all’altrui responsabilità: “Anche a questo riguardo è pensabile che l’elaborazione della giurisprudenza troverà un incastro equilibrato tra i principi generali e le eccezioni: come si può sparare a una lepre [...] ma non si può finirla a sassate[2], così si potranno frustare i cavalli [...] ma non drogarli o causarne comunque la morte. Il ‘sentimento per gli animali’ che intesta le nuove norme del codice penale, finisce con l’individuare il confine anche per la normativa particolare, che configura bensì un’area di specialità all’interno di quelle, ma non al punto di azzerarle. In altre parole, il ‘non si applicano’ di cui si è detto può essere inteso nel senso che le norme speciali ritagliano uno spazio di legittimità all’interno della norma incriminatrice generale, ma lo ritagliano solo in quanto siano portatrici di quel concetto di ‘necessità’ in senso ampio che, ai sensi dell’articolo 1, legittima uccisioni e sofferenze solamente in quanto accettate come funzionali ad un fine riconosciuto socialmente”. Ma non era meglio quando l’uomo abitava le caverne e emetteva grugniti? Diciamo che le sue intenzioni erano immediate. Se afferrava la clava si capiva cosa voleva fare, se sbadigliava, pure. Invece, nel linguaggio moderno, e nel gergo politico, per non citare quello giurisprudenziale, tutto diventa più opaco, se non addirittura inintelligibile. Caro lettore, prova a registrare il numero di letture del passo soprastante necessario prima di decidere che proprio non si capisce cosa vuol dire! Si può intuire, questo sì. Ma allora sarebbe necessario ricordare al senatore Fassone che è quasi impossibile applicare sanzioni giuridiche agli umani che maltrattano gli animali quando le norme sono chiare, figuriamoci quando è dubbioso persino chi le ha scritte o, almeno, sottoscritte.

Infine un formidabile lapsus che investe quel ricorrente concetto usato come il prezzemolo ogni volta che si parla di animali che devono soccombere alle miserie umane: “Il ‘senza necessità’, insomma, equivale a dire ‘senza quelle finalità che giustificano il sacrificio totale o parziale dell’animale’ e quindi, a rovescio, sussiste necessità quando si è ‘al di fuori della gratuità’. Questo è sicuramente un capolavoro di sincerità specista. Negli ultimi anni la letteratura giuridica più sensibile sul trattamento degli animali ha avanzato un concetto semplice anche se ancora antropocentrico. In sintesi si dice: io ho degli interessi; l’animale ha degli interessi. Bilanciamo questi interessi e vediamo fin dove devo spingermi per sacrificare gli interessi dell’animale. Il che vuol dire che non potrò soddisfare un mio piccolo interesse se l’animale deve rinunciare a un suo grande interesse. Ebbene al senatore Fassone, progressista, del bilanciamento degli interessi non gliene importa un tubo: se ho un mio piccolissimo interesse sono già al di fuori della gratuità[3], quindi posso fare scontare all’animale l’inferno. Chiarissimo!.

Siamo sicuri che questi “moderni” legislatori rimedino l’insensibilità del Codice Rocco? Francamente a noi pare che il sen. Fassone sia in linea perfetta con l’aria che si respira nella Commissione Giustizia: un’aria che per milioni di vittime non cambia mai. E che non è mai cambiata da quando, 3000 anni fa, dei pastori ignoranti della mezzaluna fertile hanno incominciato a dar corpo alle loro ossessioni tramandando monumentali panzane.



[1] Ma non poteva citare un testo buddista, anzichè un un libro il cui protagonista inebria le sue narici con l’odore del sangue degli olocausti?)

[2] Già, come si può finire una lepre magari solo ferita, se non si possono usare le sassate? Sparargli a bruciapelo? Farla sbranare dal cane? Fargli una iniezione all’americana? Usare il karate? Sbattergli la testa contro la pietra? O portarla dal veterinario, curarla, rilasciarla e poi ritentare? Bah...

[3] Gratuità non significa forse “interesse = 0” ?




Data: 13/10/04

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