Vis Polemica

Leggende metropolitane

A cura del
Collettivo




Se ne annoverano molte e hanno tutte un'origine misteriosa. Una delle ultime è propagata da Walter Caporale anche se forse è nata altrove e lui gli ha soltanto dato albergo. Diciamo “forse” perché sta girando molto e viene ripetuta a pié sospinto in più occasioni e in ogni luogo. D'altra parte è enfatizzata in un comunicato degli Animalisti Italiani e non ce la sentiamo di togliere primogeniture a chi, qualora l'avesse, potrebbe aversene a male.

Ma non tergiversiamo. Discutiamo la leggenda che si presenta nella seguente forma di teorema:

La nuova legge sui maltrattamenti? si tratta di un'ottima legge per 20 milioni di cani e gatti ma di una pessima legge per 700 milioni di animali.”

Da cosa deriva questa certezza? Dalla semplice considerazione che la futura legge esclude dal campo di applicazione:

“caccia, pesca, zoo, circhi, allevamenti, macellazione, vivisezione, trasporti - le possibilità di intervento per le guardie zoofile sono relative ai cani ed ai gatti - le regioni decidono sulle manifestazioni con animali e quindi sarà ancora più difficile poter contrastare le feste con animali - il titolo della legge è stato completamente stravolto - sono esclusi i casi di maltrattamento di animali detenuti in condizioni incompatibili con la loro natura e senza la possibilità di tener conto delle caratteristiche etologiche degli stessi”.

Ne consegue che, visto che dovrà, la legge, pur servire a qualcosa, non può che essere utile per gli animali rimanenti, cioè gli animali di affezione.

Sicuramente la pratica oscura dei combattimenti è esposta a pesanti sanzioni e si spera che questa nuova figura di reato costituisca un deterrente all'impiego di animali per quelle turpi attività. L'altra novità di rilievo – occorre pur trovarne qualcuna – è costituito dall'art. 2 che vieta l'impiego e la commercializzazione di pelli di cani e di gatti nel territorio nazionale. Considerando però che i capi in pelle di cani e gatti provengono dall'estero, ne deriva che la questione non riguarda gli animali nostrani.

Per il resto? Per il resto, cioè per i nostri cari animali di casa, l'astuto Legislatore ha provveduto a collegare la “detenzione degli animali in condizioni incompatibili con la loro natura” alla “produzione di gravi sofferenze” in assenza delle quali non si ravvisa reato. A questo punto occorre sottolineare due elementi.

Il primo elemento è questo: un aspetto operazionale o comportamentale (detenzione degli animali in condizioni incompatibili con la loro natura), e quindi rilevabile senza grosse difficoltà, è stato associato a un aspetto che potremmo a tutti gli effetti individuare come “psicologistico” e quindi percepibile unicamente dal soggetto maltrattato che, guarda caso, non può parlare. Insomma, se le sofferenze non sono fisiche, e per di più “gravi”, il giudice assolverà l'imputato il quale potrà rivalersi su colui che lo avrà denunciato denunciandolo a sua volta per calunnia. Con quale impulso per la repressione sociale di atti disgustosi, lo si può facilmente immaginare.

Il secondo aspetto da sottolineare è che il Legislatore non è caduto in un infortunio confondendosi in una minuscola particella grammaticale (un importantissimo connettivo logico)! No, casomai si era confuso prima. L'operazione è il frutto di una precisa richiesta da parte di un membro della Commissione Giustizia e accettata scientemente dagli altri membri della Commissione. Immaginiamo che i nostri rappresentanti del popolo devono aver ragionato così. Visto che abbiamo introdotto sanzioni pesantissime, cerchiamo di fare in modo che nessuno, a meno che non sia un pazzo autolesionista, possa incorrervi.

Dunque i maltrattamenti non saranno puniti. Portiamo un semplicissimo esempio che potrebbe essere seguito da centinaia di altri analoghi. Qualche tempo fa, in un sito molto interessante, è stato documentato un terribile lager di cani usati da persone che non esitiamo a concepire, nel nostro intimo, come individui spregevoli. Cani usati per un tipo di caccia particolare. Cani dimenticati tutto l'anno in gabbie fetide. Cani disperati. Cani psicotizzati da uno stravolgimento delle condizioni di vita che qualunque etologo giudicherebbe pazzesche senza ombra di alcun dubbio. Poiché questi cani non sono presi a mazzate, saranno precluse le pur lievi sanzioni previste dal vecchio 727cp.

Già gli etologi... Con la vecchia legge avrebbero potuto intervenire – se non altro – per infastidire i responsabili di questo scempio su esseri sensibili. Avrebbero potuto farlo i termini molto autorevoli, così come avrebbero potuto rompere le palle a un campione esteso di venditori di dolore disseminati in tutt'Italia. Con successo: perché chi può precisare meglio di loro se gli animali sono detenuti in condizioni incompatibili con la loro natura? Ma loro, bricconi, non hanno mai mosso il loro pesantissimo culo dalle cattedre universitarie; neanche quelli che dallo schermo televisivo hanno propagandato con tanta passione l'amore per gli animali.

Oggi non potranno più farlo perché i proprietari di quei cani, almeno in pubblico, non li prenderanno a bastonate fino a fracassargli il cranio, né, in pubblico, cuciranno loro le ferite subite nella loro nobilissima attività senza anestesia come spesso fanno per risparmiare il loro vile denaro.

OK, finora non abbiamo parlato dell'aspetto essenziale. Pensiamo che la forma più crudele di maltrattamento sia l'abbandono. In ogni caso è una forma di maltrattamento crudelissima per tutte le ragioni che sappiamo e che non è il caso di ripetere. Quanti animali vengono abbandonati ogni anno? Qui entrano in gioco stime diverse. Ma la stessa associazione che esalta il potenziale della nuova legge in rapporto agli animali di affezione ha recentemente calcolato questi animali in 350.000. Animali che nelle nuove condizioni non superano in genere più di un anno di vita per le terribili difficoltà che devono subire.

Allora chiediamo agli apologeti di questa magnifica legge se ritengono che nelle patrie galere finiranno alcune centinaia di migliaia di persone. Oppure se lo Stato rastrellerà un minimo di 350 milioni di euro per destinarle “alla realizzazione delle finalità della presente legge”. Tutto questo è semplicemente ridicolo. Questa legge servirà per comminare sanzioni esemplari a poveri diavoli che magari scaraventeranno una pentola d'acqua bollente su un cagnino reo di pisciargli sull'insalata. Così lo Stato si mostrerà inflessibile nel suo procedere verso la civiltà. Ma decine di migliaia di produttori di cucciolate continueranno a seminare “materia sensibile” per le strade del Paese senza difficoltà alcuna. Con la benedizione del... lasciamo perdere perché ci stiamo esponendo anche troppo.

Quello che le teste brillanti dell'animalismo nostrano faticano a comprendere è un concetto semplicissimo. Le leggi servono per intercettare comportamenti marginali. Quando i comportamenti considerati negativi sono di massa i casi sono due. O si trasforma – dichiarandolo – il negativo in positivo (forma raffinata della favola della volpe e dell’uva), oppure si emana una legge che si sa già che non funzionerà. Cioè una di quelle leggi che in partenza vengono già immaginate come inefficaci.

A questo punto è fin troppo facile prevedere l'obiezione di un animalista ingenuo: “Ma allora voi cosa fareste, stando così le cose?” Innanzi tutto occorre osservare che non necessariamente una legge deve intervenire nel punto terminale di un processo per definire ciò che, e come, deve essere fatto. Una norma che lascia libertà di fare delle cose permettendo i comportamenti più disparati (nel nostro caso: vendite e acquisti, regolari e sotto banco, scelta se sterilizzare o no, allargamento del commercio degli animali detenibili con l'estensione delle mode a criceti, conigli nani e giganti, mustelidi, uccelli ecc.) e cercando di inserire delle leggere modulazioni nei modi di detenzione quando ancora gli animali vengono equiparati a cose (se non lo fossero, non sarebbero soggetti a commercio) è destinata inevitabilmente al fallimento più completo. Altra possibilità l'avrebbe una norma che agisse a monte restringendo rigorosamente i gradi di libertà nelle vendite, negli acquisti e nelle modalità di detenzione.

Ma se non si riesce a far passare neanche poco, come pretendete che passi così tanto? Ecco la seconda obiezione. Non solo: ci sembra di sentire persino l'eco di una “accusa tremenda”: stalinisti e aspiranti a comitati di salute pubblica, limitatori della libertà altrui e totalitari in erba! Il progresso civile non si attua con la repressione, ma con la presa di coscienza dei cittadini rispetto ai comportamenti corretti. Vecchia e noiosissima cantilena ridicola! A queste ultime accuse rispondiamo che se avessimo solo la possibilità di porre sotto un tallone di ferro tutti gli atti gravemente lesivi della vita e della salute fisica e psichica dei nostri fratelli, non avremmo nessuna difficoltà a togliere siffatte libertà che ci fanno semplicemente schifo.

Diventa invece più interessante la domanda su come far passare restrizioni fortissime sulla detenzione quando il Legislatore si è trovato compatto nel sostituire una “o” con una “e” che disarma il concetto stesso di maltrattamento. La risposta, a questo punto, deve spostare l'attenzione sull'oggetto del discorso: prima ancora di dare un giudizio sul Legislatore occorre chiedersi come sia possibile che il movimento animalista che si è opposto tardivamente con decisione alla legge non abbia assunto un ruolo determinante nel chiedere, per tempo e in prima persona, una norma SECONDO LA SUA OTTICA. Non si configura come una componente sociale? Non ha diritto di pretendere con la stessa forza con la quale tutti gli altri pretendono (allevatori, cacciatori, vivisettori, pellicciai e compagnia bella)? Il problema della risposta della società ancora arretrata e attraverso le sue istituzioni VIENE DOPO! Pur essendo un grandissimo problema.

Perché questo accade? Molte le risposte possibili. Perché il movimento è frammentato. Perché è fatto di gente naif. Perché quando parla di eterne treblinka ci prende per sbaglio. Perché fatto di persone remissive. Perché non si sa perché.

Appunto. Ma allora, per tutto questo e forse anche per altro, si giunge a comprendere quanto sia assurdo giudicare questa legge, “un'ottima legge per cani e gatti”. Non lo è neanche per loro! Perfino là dove il terreno potrebbe essere più vantaggioso per l'animalismo – il destino degli animali da affezione – siamo costretti a leccarci le ferite. Non rimarrà altro che continuare a raccattare randagi per la strada in un'infinita e disperante attività di recupero. L'animalismo oggi serve a questo e a null'altro.

 




Data: 08/07/04

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