Vis Polemica

Miseria di decreti e d'altro

A cura del
Collettivo
e del coordinamento
Mucca103



 

 

Documento elaborato in collaborazione con il Coordinamento “Mucca103” che ringraziamo per il prezioso e insostituibile lavoro svolto in favore degli animali più trascurati: quelli da allevamento.

 Il 21 marzo 2001 il Consiglio dei Ministri ha varato un Decreto Legislativo per la protezione degli animali negli allevamenti. Il Decreto, ricevuti sperticati consensi da parte della componente "ambientalista" del governo uscente, è stato sufficientemente vagliato e criticato in alcune mailing list di discussione animalista. Oggi, dopo l'insediamento del nuovo governo, possiamo di nuovo intervenire sulla questione senza temere accuse strumentali di "tradimento" del lavoro svolto dalla precedente compagine governativa e con una serenità di giudizio grazie alla maggiore distanza temporale dall'emanazione del Decreto.

 

Parte Prima – L’apologia

Non si è ancora asciugato l’inchiostro delle firme sul decreto e subito una serie di personaggi di rilievo nazionale cerca di trarre una buona rendita in vista delle imminenti elezioni. Incomincia Gianluca Felicetti, membro del consiglio direttivo della LAV, con una nota entusiasta.

“La direttiva fissa dei principi di buona conduzione degli animali, la necessità degli animali a ricevere cure appropriate, la necessità di libertà di movimento, l'obbligo di costruzione di allevamenti senza superfici che possano provocare danni all'animale stesso. Grazie a questa direttiva ... il Governo Amato, primo Governo italiano a citare fra i propri obiettivi il benessere degli animali fin dalle dichiarazioni programmatiche per il voto di fiducia delle Camere dell'aprile del 2000, ha potuto esprimere delle linee di indirizzo e delle decisioni su alcuni aspetti dell'allevamento intensivo.”

“Questo recepimento rappresenta per il Governo in base ai suoi indirizzi programmatici, l'atto legislativo più importante sul benessere degli animali in questo mandato.”

“Si tratta di un risultato storico ottenuto grazie al lavoro delle associazioni animaliste e dei Verdi”.

L’enfasi aumenta con le dichiarazioni di esponenti Verdi: la Portavoce del movimento, Grazia Francescato, e Annamaria Procacci, le quali si sbilanciano in giudizi tali che non è esagerato definire apologetici...

Animali: stop a torture; Francescato, decreto punto di svolta “E' un decreto molto importante, fortemente voluto dai verdi, che rappresenta un punto di svolta nel nostro paese sul problema del maltrattamento degli animali, tanto più negli allevamenti dove il loro benessere rappresenta anche il nostro”. Grazia Francescato, presidente dei Verdi, commenta cosi' l'approvazione del Consiglio dei Ministri del decreto legislativo per la protezione degli animali negli allevamenti. “Con questa legge è stato fissato lo stop ad una delle pratiche più  dolorose inflitte agli animali, ossia l' ingozzamento forzato di anatre e oche, il divieto di alcune pratiche di mutilazioni caratteristiche dell'allevamento intensivo dei bovini e dei volatili e la riconversione degli allevamenti di animali da pelliccia.

 Oggi - conclude Francescato - primo giorno di primavera, e' davvero un bel giorno per milioni di animali. L'Italia si allinea a quanto gia' scelto da altri Paesi europei, facendoci sentire meno incivili nei confronti degli altri esseri viventi”. Animali: stop a torture per fois gras; contenti Verdi e Lav “Finalmente il tema del benessere degli animali negli allevamenti ha contagiato anche le istituzioni”. Cosi', la deputata Verde, Annamaria Procacci, commenta l'approvazione, oggi in Consiglio dei Ministri, del decreto legislativo relativo alla protezione degli animali negli allevamenti. “Ora sarà possibile innalzare in maniera significativa la protezione degli animali e spero davvero che si tratti del primo di una lunga serie di provvedimenti che restituiscano dignità agli animali e più garanzie ai cittadini”.

L’uso di alcune proposizioni – “un bel giorno per milioni di animali”, “ Finalmente il tema del benessere degli animali negli allevamenti ha contagiato anche le istituzioni” - lascia sbalorditi e si può immaginare che certe espressioni – di grande impatto sulla fantasia degli sprovveduti - siano davvero sentite dalle esponenti Verdi, anche se qua e là appare qualche espressione che può apparire fortemente sospetta (il “loro benessere rappresenta anche il nostro”; “provvedimenti che restituiscano dignità agli animali e più garanzie ai cittadini

Soddisfatta anche la LAV. “Finalmente è  stata dichiarata la fine di pratiche particolarmente dolorose che ogni anno maltrattano o uccidono milioni di bovini, polli e maiali, 25mila anatre ed oche e quasi 300mila visoni che non diventeranno più pellicce”. Si tratta, rileva l'associazione, “di una svolta storica che ha visto il governo rispettare l'impegno che aveva preso fin dalle proprie dichiarazioni programmatiche, il Parlamento votare all'unanimità con il consenso di tutte le forze politiche e le Regioni esprimere la loro approvazione”. Il decreto legislativo prevede la necessita' di libertà di movimento per gli animali negli allevamenti, in cui quindi, sostiene la LAV, “sempre meno dovranno essere considerati alla stregua di mere macchine di produzione, e vengono previste una serie di disposizioni che ci allineano ad altri paesi europei come Olanda, Austria e Svezia. Viene identificato un percorso a tappe per la riconversione degli animali negli allevamenti 'da pelliccia', che dal 1 gennaio 2008 cambierà profondamente; dal 1 gennaio 2004 sarà vietato il crudele ingozzamento forzato di anatre ed oche; vi saranno limitazioni a mutilazioni unanimemente ritenute barbare e superate come la bruciatura dei tendini ed il taglio delle ali per i volatili”.

 

Parte seconda: il Decreto (questioni di forma)

Decreto legislativo di attuazione della direttiva 98/58/ce riguardante la protezione degli animali negli allevamenti

Articolo 1 (Ambito di applicazione)

1. Il presente decreto stabilisce le misure minime da osservare negli allevamenti per la protezione degli animali...

2. Ai fini del presente decreto si intende per:

a)    animale: qualsiasi animale, inclusi pesci, rettili e anfibi e animali allevati o custoditi per la produzione di derrate alimentari, lana, pelli, pellicce o per altri scopi agricoli...

3. Il presente decreto non si applica agli animali:

a)    che vivono in ambiente selvatico;

b)    destinati a partecipare a gare, esposizioni, manifestazioni, ad attività culturali o sportive;

c)    da sperimentazione o da laboratorio;

d)    invertebrati.

Sin dal primo articolo è già possibile rilevare alcuni segni di un’impostazione confusa e tautologica. Ha senso, infatti, dichiarare che un decreto realizzato per gli animali da allevamento non interessa gli animali selvatici?

La seconda esclusione (v. punto b)  dai (presunti) “benefici di legge”  comprende tutti quegli animali costretti a  intrattenere, eccitare e divertire le folle – con la loro sofferenza e in molti casi con la morte – in  quelle particolari occasioni sadiche, sponsorizzate dalla fantasia malata dei parroci e delle amministrazioni locali, quali  “feste tradizionali”, sagre, fiere.  A queste vittime inconsapevoli dell’idiozia umana bisogna aggiungere, nel novero degli esclusi, animali da corsa, da affezione, da lavoro e da “reddito” stabulati per fini  espositivi, ludici, commerciali e gli uccelli da richiamo che partecipano alle fiere venatorie.

(Si obietterà che il commercio di questi ultimi è illegale, ma, per inciso, se non in questo ambito specifico, esiste forse altro ambito normativo e soprattutto sanzionatorio che attualmente garantisce dalla continua e aggravata elusione delle regole che si verifica nel settore venatorio? Ma si sa che tra i cacciatori e i governi di tutti i colori c’è un legame piuttosto robusto; perciò è più facile sancire che queste non sono materie su cui intervenire).

Insomma, non c’è che dire, una bella esclusione di massa.

Che dire sui punti c) e d) dello stesso comma? Sappiamo che gli stabulari dei laboratori sperimentali, ovvero quegli ambienti dove assassini autorizzati conservano gli animali per compiere le efferatezze più ignobili, sono luoghi talmente mostruosi che un Legislatore attento al “benessere animale” dovrebbe in qualche modo controllare. Questo decreto poteva essere finalmente una occasione per includerli – anche solo teoricamente, come vedremo – in un ambito di maggior protezione. Ma sappiamo anche che quei luoghi sono controllati solo apparentemente da una legislazione effettiva perché la lobby dei baroni interpreta  l’Università  come una enclave nella quale il Diritto è affar proprio. Lo stesso dicasi per  la grande licenza concessa, in ambito sperimentale, a multinazionali ed imprese che garantiscono investimenti plurimiliardari alla ricerca volta “a fini commerciali”.

E per quanto riguarda infine gli invertebrati? (Si pensi solo ai milioni di molluschi allevati al fine di  soffriggere vivi in padella). La loro collocazione nella catena dell’evoluzione è evidentemente “troppo bassa” perché un Legislatore sordo a sofferenze ben “più evidenti”  possa mostrare il benché minimo interesse.

 Articolo 2

(Obblighi dei proprietari, dei custodi dei detentori degli animali)

1.Il proprietario o il custode ovvero il detentore deve:

a)    adottare misure adeguate per garantire il benessere dei propri animali e affinché‚ non vengano loro provocati dolore, sofferenze o lesioni inutili;

b)    allevare e custodire gli animali diversi dai pesci, rettili e anfibi, in conformità alle disposizioni di cui all'allegato.

2. Per favorire una migliore conoscenza degli animali domestici da allevamento, entro un anno dalla data di entrata in vigore del presente decreto legislativo, le regioni e le provincie autonome di Trento e Bolzano possono organizzare periodicamente, per il tramite dei servizi veterinari delle aziende sanitarie locali, corsi di qualificazione professionale con frequenza obbligatoria per gli operatori del settore, allo scopo di favorire la più ampia conoscenza in materia di etologia animale applicata, fisiologia, zootecnia e giurisprudenza.

3. L'applicazione del comma 2 si attua senza oneri aggiuntivi per il bilancio dello Stato.

Anche l’articolo 2. si presenta caratterizzato da evidenti illogicità Osservare con attenzione il punto a). Sembrerebbe del tutto inutile per due ragioni.

·       La prima è che, essendo del tutto indeterminato e generico equivale ad affermare  il nulla. Infatti, cosa si intende  esattamente per “misure adeguate”? Mancando protocolli relativi (fondamentali e ineludibili  al fine della definizione di parametri circa il benessere animale)  chi e su quale  base giudicherà la pretesa “adeguatezza”? Sarà forse lasciata a discrezione del singolo allevatore o veterinario? (I quali sappiamo bene con quali  principi determinano le condizioni di detenzione degli animali. E d’altronde, come potrebbe essere altrimenti per esseri viventi specificamente classificati  “da reddito”? Se dunque, neppure il legislatore è capace di intervenire con precisi parametri a tutela, chi dovrebbe ovviare a tale inaudita latitanza?)  Si consideri anche – e vedremo quanto sia importante questa considerazione – la perniciosa introduzione dell’aggettivo “inutili” che serve per consentire quelle pratiche di (stra)ordinaria ferocia che costituiscono la normalità dell’allevamento intensivo giacché ogni atto cruento può essere ”giustificato” con la sua “utilità”. Ecco la scappatoia per legittimare le peggiori turpitudini. Il grimaldello che apre tutte le porte in materia di crudeltà sugli animali. Si ricordi la gemella "senza necessita'" con la quale l’articolo 727 c.p. giustifica un mare di cose ingiustificabili.

·       La seconda ragione: sembra che il punto b) costituisca un sostitutivo perfetto del punto a). Infatti, in esso si fa riferimento alle disposizioni dell’allegato che costituiscono, a loro modo, una forma di precisazione di cui il punto a) è mancante.

In realtà c’è una logica in questa assurdità. La logica consiste nel fatto che le disposizioni dell’allegato non stabiliscono nulla per pesci, rettili e anfibi. D’altra parte l’art.1 definisce “animali come: “ qualsiasi animale, inclusi pesci, rettili e anfibi. Ne consegue che il punto a) è riservato esclusivamente ai “vertebrati non nobili” per i quali il Legislatore può spendere solo parole che non valgono niente. Quanto ai parametri relativi agli altri animali, rimandiamo all’allegato per verificarne pochezza e incoerenza.

Per il comma 2.: o gli estensori  non conoscono l’uso dei verbi servili, oppure non conoscono le competenze delle regioni le quali non devono certo attendere il benestare dello Stato (“possono”) per organizzare corsi in ambiti di loro competenza. D’altronde il comma 2. avrebbe senso lo Stato concedesse risorse per la realizzazione dei corsi. Ma, attenzione,  il comma 3. mette subito le mani avanti: niente oneri aggiuntivi per il bilancio dello Stato!

Articolo 3

(Disposizioni di maggiore protezione per gli animali da pelliccia)

1. L'allevamento di animali con il solo e principale scopo di macellarli per il valore della loro pelliccia deve avvenire in conformità alle ulteriori disposizioni dettate al punto 22 dell'allegato.

L’articolo 3. non fa altro che ribadire quanto detto nel precedente. Forse gli “animali da pelliccia” sono pesci, rettili o anfibi? No! E allora che senso ha ripetere quanto è già contenuto nell’art.2 comma 1. punto b)? Come si fa a dire che si tratta di disposizioni di maggior protezione quando fanno parte integrante delle disposizioni già citate? Chi ha scritto queste cose?

Inoltre, vale la pena di osservare che l’espressione “solo e principale” si presterebbe a una riflessione piuttosto interessante. Ma in questo contesto non siamo interessati tanto alla lucidità logica dell’estensore e alla sua padronanza grammaticale quanto piuttosto al sottile pericolo che gli “animali da pelliccia” possano essere dichiarati dagli allevatori “animali anche da pelliccia” per lasciare le cose come stanno.

Gli articoli 4. e 5. – che evitiamo di riportare – sono inerenti a “controlli” da parte delle autorità sanitarie competenti nazionali e comunitarie.

Che dire dei due articoli? Essi sono il prototipo di quelle architetture proposizionali che dovrebbero essere abolite per sempre essendo incapaci di determinare conseguenze certe che non siano la circolazione di scartoffie. C’è un precedente principe a questo proposito: la legge di protezione degli animali di affezione (l.n.281/91). A fronte di direttive di vario genere, si erge un fallimento di dimensioni colossali che tuttavia non riesce a promuovere l’attenzione (e l’autocritica) di nessuno. Una volta decretata la legge che ha per oggetto l’animale (e non solo quella, a dire il vero) perde madri, padri e parenti di tutti i gradi. Rimane sospesa in sé stessa come un relitto in un mare in tempesta che la sballotta sempre più finché si disfa completamente.

Ma ritorniamo al Decreto limitando l’attenzione a un singolo passo:

“...in tale attività, la conformità delle modalità di allevamento e custodia degli animali alle disposizioni di cui all'allegato deve essere valutata tenuto conto della specie, del grado di sviluppo, adattamento e addomesticamento, nonché‚ delle loro esigenze fisiologiche ed etologiche secondo l'esperienza acquisita e le conoscenze scientifiche;”

La vanificazione totale della norma è determinata, in parte, dalla genericità della scrittura tipicamente burocratica. In parte, dall’allucinazione scientista con quel godimento tanto stupido quanto volgarmente esibito che richiama senza posa “esperienze acquisite” e “conoscenze scientifiche” decisamente a sproposito.

E poi... quante cose si devono controllare nella miriade degli allevamenti esistenti! Chi valuta? Con quanto personale?  E si consideri il personale di cui si dispone.  I veterinari zootecnici? Per quanti di costoro, preposti alla mera verifica dello stato di efficienza di "macchine da cibo” e “da reddito”, ad operare al fine del loro massacro, può  il benessere animale costituire un vero discrimine?  Se avessero un’unghia di compassione riuscirebbero forse a resistere a quell’orrore rappresentato dal lager zootecnico e dal mattatoio?  Cosa c’è di più distante di questi operatori di morte, che si limitano a  disinfettare la lama del boia,  dal terapeuta dedito alla cura e alla salvezza?

E’ inevitabile che direttive nelle quali l’uso sistematico del verbo “possono” in sostituzione di “devono” (...anche al fine di garantire l'applicazione uniforme all'interno del territorio nazionale, possono procedere a controlli per...) non fa che mostrare l’indulgenza verso un degrado degli obblighi e dei ruoli, giacché la democrazia (così come lo Stato stesso) è ormai ostaggio delle peggiori forme di lassismo morale e persino (e paradossalmente), professionale che la condizionano fin nelle intime pieghe del suo funzionamento.

L’art.6 (Disposizioni finali) è composto di due commi. Il primo è semplicemente grottesco. Stabilisce la concessione di norme tecniche relative alla protezione degli animali negli allevamenti di maggiore tutela di quelle previste dal presente decreto. E’ normale che una legge che si preoccupa del benessere degli animali preveda una maggior quantità di benessere in futuri interventi? Sembra incredibile che lo Stato non definisca subito, nella misura in cui ne avverte la necessità, il massimo di protezione per esseri sofferenti. E che si limiti a contrarre impegni sine die.

Il secondo comma è interessantissimo per una duplice ragione. La principale la lasciamo da parte perché si presta a approfondimenti insieme con l’analisi dell’allegato. La seconda ragione, può invece essere trattata subito alla luce anche del comma 3.

2. Con decreto del Ministro delle politiche agricole e forestali di concerto con i Ministri della sanità e dell'industria commercio ed artigianato, da emanarsi entro 60 giorni dall'entrata in vigore del presente decreto, sono individuati criteri e modalità per l'adozione di metodi alternativi all'alimentazione forzata per anatre e oche, nonché per la riconversione degli allevamenti di animali da pelliccia.

3. L'applicazione del comma 2 non comporta ulteriori oneri a carico del bilancio dello Stato.

I 60 giorni sono passati. Quale metodo sostitutivo è stato inventato per decreto per creare sull’oca gli stessi effetti della  steatosi epatica prodotti dall’alimentazione forzata impiegata attualmente? Sarà interessante verificarlo. Ma intanto va sottolineata la schizofrenia del Legislatore Aggiunto (il Consiglio dei Ministri) che si presenta al massimo grado. Da una parte rileva l’assurdità della violenza dell’alimentazione forzata, dall’altra ritiene di produrre lo stesso danno nell’animale con metodi alternativi. Metodi che non esistono ancora ma che basta cercare; poiché la “Scienza” ci ha abituato alla soluzione di qualsiasi problema!

Giungiamo  all’articolo conclusivo.

Articolo 7 (Sanzioni amministrative)

1. Salvo che il fatto costituisca reato, il proprietario o il custode ovvero il detentore che violino le disposizioni di cui all'articolo 2, comma 1, sono puniti con la sanzione pecuniaria amministrativa da lire tre milioni a lire diciotto milioni.

Come è possibile che il fatto “non costituisca reato? Se uno viola le misure previste dal decreto creando dolore, sofferenze e lesioni inutili non rientra nel reato di maltrattamento? E in questo caso non deve scattare per forza la sanzione penale? E inoltre, quante sanzioni amministrative o penali verranno comminate a fronte a comportamenti difformi da quanto prevede la legge? Di nuovo richiamiamo gli effetti della l.n.281/91 in cui le multe per mancanza di tatuaggio, per esempio, in Italia non le commina nessuno. Perché i soggetti preposti non sono preparati culturalmente, giuridicamente e antropologicamente a comminare sanzioni  quando si tratta di animali, a meno che non si creino situazioni capaci di mettere in cattiva luce coloro che non compiono “il loro dovere” a fronte a casi particolarmente eclatanti. E talvolta non basta nemmeno, in una realtà in cui tutti coloro che dispongono di un ruolo “possono”, ma “non devono”. Non è passato molto tempo da quando qualcuno ha lasciato morire di freddo tutti i suoi bovini interrompendo il riscaldamento della stalla, mentre altri facevano morire di fame e di piaghe da decubito le mandrie poste sotto sequestro cautelativo per rischio di Bse. Anche senza la  produzione delle norme su cui stiamo discutendo c’era la possibilità di condannare quei rottami umani? Far pagare a costoro una squallidissima multa si poteva oppure no? La realtà è che in Italia si vuole mostrare una faccia che non si ha, che non appartiene né a governanti né al popolo. Soprattutto quando si parla di esseri di seconda categoria.

Ma il più bello deve ancora venire. Esso è tutto racchiuso dentro quella orrenda cosa che prende il nome di allegato.

 

Parte terza: l’allegato (questioni di sostanza)

Passiamo ora a considerare l’allegato al DL: un documento che, a scanso di equivoci, riporta 9 volte la parola “benessere” e altrettante il termine “salute”. I rilievi precedenti non hanno detto ancora (quasi) niente sulla corrispondenza tra il dettato e la “sostanza”, cioè l’effettivo benessere degli animali. Adesso è giunto il momento di chiarire i punti centrali della questione. L’allegato può essere analizzato in due parti. La prima è costituita dai punti 1. – 18. con l’esclusione del 7. La seconda parte, invece, è costituita dalla rimanente parte del documento (punto 7. e dai punti finali 19. – 22.) Questa suddivisione è dettata dalla necessità di distinguere ancora gli aspetti formali dell’allegato da quelli sostanziali.

Personale 1. Gli animali sono accuditi da un numero sufficiente di addetti aventi adeguate capacità, conoscenze e competenze professionali.

Il primo punto, nella forma in cui si presenta, avrebbe dovuto apparire nel corpo della legge visto che stabilisce un principio; mentre qui si sarebbe dovuto specificare, in rapporto alla casistica, il parametro, ovvero qual è il numero “sufficiente” degli addetti, qual è l’adeguatezza delle conoscenze e competenze richiamate, di che competenze e conoscenze si sta parlando. In assenza di tutto questo, il primo punto diventa una frittura di parole generiche e vuote.  Prima di parlare di competenze altrui bisognerebbe procurarsi le competenze proprie anche (e soprattutto) se si occupano i supremi vertici dello Stato.

Ma se si ha la pazienza di andare a cercare i singoli passi, casi come questi si trovano in grande quantità. Sembra che ci si impegni per sfuggire all’obbligo della chiarezza. Quali sono gli animali tenuti in sistemi di allevamento, il cui benessere richieda un'assistenza frequente dell'uomo? E quali sono gli altri? Si vuol lasciare il giudizio all’allevatore? E poi cosa vuol dire “ispezionati”? E’ sinonimo di “visitati”? C’è allo stato attuale qualche allevatore che non visita (o ispeziona) i suoi animali almeno una volta al giorno, se non altro per attivare l’automatismo che fornisce il cibo?  (A meno che gli animali  d’un tratto non siano più “da  reddito” ed ecco allora – come è accaduto di recente in pieno delirio da emergenza Bse -  che  possano essere impunemente  uccisi di fame e di  inedia, senza che nessuno intervenga a salvarli,  fino a ordinanza, tardiva e dunque vana,  del sindaco).  E quelli soggetti “a altri sistemi” chi sono? Quali sono le sofferenze che dovrebbero essere loro evitate? L’unico aspetto veramente innovativo per il quale gli animali non smetteranno di ringraziare il loro Consiglio dei Ministri è l’istituzione di una infermeria “confortevole” per ogni allevamento dove ricoverare gli animali malati o feriti.

I punti dall’8 all’11 (quelli che parlano di “fabbricati e locali di stabulazione”)  sono di una genericità assoluta e come sempre mancano delle necessarie definizioni operazionali. Ci piacerebbe assistere alla discussione tra un allevatore e il “controllore” di turno rispetto a quella che deve essere la circolazione dell’aria nella stalla in base al decreto. Gli interventi minimi sono già assicurati dagli allevatori che, se non altro per il valore commerciale dell’animale, assicureranno quel controllo sulla circolazione dell’aria in termini che nessun veterinario si permetterà di contestare. Splendido, inoltre, il punto 12. in cui il riparo dalle intemperie viene lasciato a discrezione delle “possibilità”, si presume, pecuniarie dell’allevatore.

L’unica eccezione ad un atteggiamento che sembra volutamente confusionario è il punto 13. Nel quale l’estensore si distrae e, finalmente dà una definizione precisa: un impianto di ventilazione di riserva e segnalatore di allarme. Il che vuol dire che gli impianti devono essere due. Questo è l’unico momento in cui il Decreto riesce a essere chiaro.

Inoltre non mancano le stranezze: e il punto 5., che riportiamo per esteso, è l’esempio più grottesco.

Registrazione 5. Il proprietario o il custode ovvero il detentore degli animali tiene un registro dei trattamenti terapeutici effettuati. La registrazione e le relative modalità di conservazione sono effettuate secondo quanto previsto dal D.Lgs. 27 gennaio 1992, n. 119 e successive modificazioni ed integrazioni e del D.Lgs. 4 agosto 1999, n.336. Le mortalità sono denunciate ai sensi del D.P.R. 8 febbraio 1954, n. 320. 6. I registri sono conservati per un periodo di almeno tre anni e sono messi a disposizione dell'autorità competente al momento delle ispezioni o su richiesta.

Il punto 5. è talmente innovativo che è composto unicamente di riferimenti a precedenti decreti. Credevamo che una legge che trattasse una materia già trattata avesse senso solo per abrogare. Invece qui si scrive una norma solo per confermarne altre. Sarà per questo che si parla di produzione alluvionale di leggi in Italia?

E finalmente giungiamo alla parte finale, quella che insieme con il punto 7. fa dimenticare le incompetenze, le incapacità di trattare in termini comprensivi la materia e getta invece una luce sinistra sulla statura morale degli estensori che mentre decretano una normativa sul benessere animale, non fanno altro che confermare la legittimità di pratiche barbare di ineguagliabile violenza. L’importanza dei vari passaggi impone una scrittura estesa dei punti per meglio seguirli.

Libertà di movimento 7. La libertà di movimento propria dell'animale, in funzione della sua specie e secondo l'esperienza acquisita e le conoscenze scientifiche, non deve essere limitata in modo tale da causargli inutili sofferenze o lesioni. Allorché continuamente o regolarmente legato, incatenato o trattenuto, l'animale deve poter disporre di uno spazio adeguato alle sue esigenze fisiologiche ed etologiche, secondo l'esperienza acquisita e le conoscenze scientifiche.

Qui, punto d’attacco delle questioni di sostanza, l’idiozia raggiunge un livello di non ritorno. In particolare il linguaggio perde ogni relazione significativa con l’uso delle parole e si fa puro rumore, gorgoglio inarticolato. Si dice –  ripetendo una formula stereotipata (... in funzione della sua specie e secondo l'esperienza acquisita e le conoscenze scientifiche) – che la libertà di movimento non deve essere limitata se causa sofferenze; ma  poi si ammette che l’animale possa essere continuamente legato, incatenato, trattenuto,  quindi, in piena contraddizione,  si  concede  uno spazio “adeguato” (adeguato come?) allo schiavo perennemente inchiodato e alle catene. Ma quale zoologo, etologo, veterinario potrà dichiarare senza macchiare in  modo indelebile la sua coscienza e minare la propria deontologia  professionale che un animale può essere ingabbiato, incatenato, legato, nutrito forzatamente,  impedito nei movimenti minimi e privato del riposo in posizioni naturali, nel rispetto delle sue esigenze fisiologiche ed  etologiche?  E’ possibile che l'orrore ci sia talmente penetrato dentro da  renderci impermeabili a qualsiasi aberrazione e controsenso?  Oppure è semplicemente il senso del grottesco e del ridicolo che non ha  più argini e può tracimare liberamente sulle coscienze di tutti?

Si sa che gli allevamenti sono caratterizzati da una costante: la mancanza di spazio per gli animali, perché – banalmente -  lo spazio costa, e perché più animali si allevano più si guadagna. Tra i bovini, i vitelli sono quelli che stanno peggio. Sono stabulati in un recinto di  60 cm. di larghezza, e legati ad una catena di 30. cm. che consentono a stento all’animale di coricarsi, e comunque sempre con le zampe piegate, perché per poterle allungare avrebbe bisogno di almeno 80 cm. Per questa ragione molti di questi animali vengono condotti al macello con le zampe anteriori e posteriori legate in senso traversale. Perché l’immobilità cui sono stati sottoposti per 6 mesi li ha resi incapaci persino di reggersi sui garretti e di camminare. Hanno  davanti a sé una piccola feritoia che viene aperta solo  per il cibo.  Hanno tempo 5 minuti al massimo per bere la stessa quantità di latte che, dalla mammella della madre, avrebbero succhiato in 15-20 minuti. Ecco perché, per il resto del giorno e della notte, si dedicano alla suzione  di tutto quello a  cui possono arrivare (elementi metallici delle gabbie -  opportunamente  zincati, in modo che non cedano ferro e che i vitelli restino anemici –)  e giochi a vuoto con la lingua.

Esistono già delle leggi,  emanate dalla Comunità Europea e recepite in Italia, che da un lato  parlano di “benessere animale” e dall’altro appaiono concepite come una palese ed insostenibile contraddizione. La 533  stabilisce che fino al 2007 i vitelli continueranno a soffrire come soffrono.  La 534  permette che i maiali e le  scrofe, allevati per soli 24 mesi, per ragioni di utilità commerciale, trascorrano 22 mesi chiusi in gabbie in cui non possono neppure rigirarsi su se stessi. E la 166 che consente, fino al 2009, che le galline possano vivere in 450 cm2., pari ad un foglio formato A4 e che a  partire dal 2009 verrà concesso loro uno spazio di 850 cm2. E  che i conigli siano ammassati in gabbie così anguste da contenerli a stento, senza consentire loro il minimo movimento. Ora, il decreto qui in esame, che cosa apporta di concretamente innovativo e migliore  a questo inferno dantesco?

 Andiamo avanti e vediamo.

Mutilazioni e altre pratiche 19. E' vietata la bruciatura dei tendini ed il taglio di ali per i volatili e di code per i bovini se non a fini terapeutici certificati. La cauterizzazione dell'abbozzo corneale è ammessa al di sotto delle tre settimane di vita. Il taglio del becco deve essere effettuato nei primi giorni di vita con il solo uso di apparecchiature che riducano al minimo le sofferenze degli animali. La castrazione è consentita per mantenere la qualità dei prodotti e le pratiche tradizionali di produzione a condizione che tali operazioni siano effettuate prima del raggiungimento della maturità sessuale da personale qualificato, riducendo al minimo ogni sofferenza per gli animali. A partire dal 1 gennaio 2004 è vietato l'uso dell'alimentazione forzata per anatre ed oche e la spiumatura di volatili vivi. Le pratiche di cui al presente punto sono effettuate sotto il controllo del medico veterinario dell'azienda.

Questa splendida sequenza di torture è consentita. Naturalmente per fini terapeutici certificabili,  facilmente ottenibili dagli scherani che hanno il potere di certificare. Nella sua estrema saggezza il Legislatore Aggiunto indica che le pratiche avvengano sull’animale giovane perché Lui, il Demiurgo, evidentemente ipotizza – errando, o mentendo -  una minor esposizione al dolore rispetto all’animale adulto.  Bruciatura dei tendini, taglio del becco e delle code con apparecchiature ottenute con le “moderne conoscenze scientifiche”, cauterizzazioni, castrazioni e tante belle cose sfuggite al decreto saranno comunque possibili  nei primi giorni di vita o prima della maturità sessuale, e sempre,  se si troverà l’immancabile strada giusta per farlo (c’è sempre, basta cercarla) sotto l’occhio attento del veterinario di turno (quello di cui abbiamo già parlato). Si effettueranno, inoltre, non evitando del tutto (i valenti veterinari non conoscono forse l’uso dell’anestesia o di pratiche indolori?) sofferenza all’animale, ma riducendola al minimo.

Ci chiediamo per es.,  come se la caverà il Legislatore con il taglio della coda attraverso applicazione di  anelli di plastica dura, posizionati con apposito attrezzo, che bloccano la circolazione sanguigna e fanno cadere la coda per necrosi? Tale pratica cruenta sarà bandita  o ne saranno ridotti gli effetti dolorosi?  E come? E circa la pratica della castrazione, notoriamente cruenta ed efferata, poiché condotta sull’animale pienamente cosciente, il Legislatore perché non si degna di spendere una sola parola di più di un laconico “è consentita”? Come, dove, quando,  di grazia?  (sul perché invece si concede  e si esprime: “per mantenere la qualità dei prodotti” ). E, ancora, sul taglio dei denti dei suini, perché il silenzio? Corrisponde forse ad un assenso?  Non essendo citata, sarà permessa anche negli adulti? Per una legge che ha la pretesa di regolare nuovi standard di benessere animale, salutata come “uno storico risultato”,  tali silenzi, tale genericità, tale assenza di parametri e protocolli ben definiti, tale noncuranza per dettagli fondamentali,   sono inammissibili, ed equivalgono al nulla, e nulla spostano realmente in termini di benefici per gli animali.

E poi, ed ecco la palese contraddizione, quale ragione  può consentire di mantenere la pratica di queste mutilazioni, se non lo stress e il conseguente aumento dell’aggressività? Non sarà, per caso, il modo più pratico e meno costoso per evitare  che gli animali  si sbranino tra loro per via di sistemi di stabulazione che gridano vendetta? Perché in questo caso si dovrà pur cogliere l’incongruenza con quanto è stato scritto poche righe sopra a proposito di “disporre di uno spazio adeguato alle sue esigenze fisiologiche ed etologiche, secondo l'esperienza acquisita e le conoscenze scientifiche”. Delle due l’una: o l’animale non vive una condizione di stress continuo da sovraffollamento, e allora non è necessario torturarlo con menomazioni che ne riducono la capacità di risposta in condizioni normali; oppure vive una condizione di insopportabile stress e allora non c’è lo spazio adeguato. O il punto 7 è da cancellare oppure lo è il 19.

Non solo. Siamo anche inorriditi per l’ultimo pezzo del paragrafo che riportiamo nuovamente affinché non sia privato dell’attenzione che merita:

A partire dal 1 gennaio 2004 è vietato l'uso dell'alimentazione forzata per anatre ed oche e la spiumatura di volatili vivi. Le pratiche di cui al presente punto sono effettuate sotto il controllo del medico veterinario dell'azienda.

Il Demiurgo si esibisce in un Decreto che porta nel titolo “PROTEZIONE DEGLI ANIMALI NEGLI ALLEVAMENTI”. Affinché non ci siano dubbi ripete ossessivamente in ogni riga “benessere” e “salute”. Riconosce che ingozzare le oche per distruggerne il fegato è una cosa assurda, dolorosa e indegna. Lo riconosce chiaramente altrimenti non produrrebbe un decreto in tal senso. Cosa si aspetterebbe una persona ragionevole? Che dal giorno dopo la pubblicazione della legge tale pratica sia immediatamente sospesa (non riusciamo ancora a immaginare un Comitato di Salute Pubblica Animale che intervenga istantaneamente). Invece no!  La misura entrerà in vigore nel 2004: tre anni dopo! Una cosa è certa: in un periodo in cui si minacciano golpe costituzionali da parte dei venditori di spazzole che hanno conquistato il potere, è fin troppo evidente che il rischio della messa in proroga della misura (o addirittura del suo annullamento), all’alba del 2004, è nella logica delle cose. E allora, se si voleva salvare qualche oca da un destino orrendo, il Consiglio dei Ministri doveva agire subito! Non tra tre anni. Questo è un atto assolutamente vergognoso e meriterebbe risposte adeguate se il movimento animalista non fosse influenzato da prezzolati che prendono ordini dai loro amici parlamentari.

Lo scandalo del punto 19. si ripete con miserabili aggravanti nel punto 20. e seguenti

Procedimenti di allevamento 20. Non devono essere praticati l'allevamento naturale o artificiale o procedimenti di allevamento che provochino o possano provocare agli animali in questione sofferenze o lesioni. Questa disposizione non impedisce il ricorso a taluni procedimenti che possono causare sofferenze o ferite minime o momentanee o richiedere interventi che non causano lesioni durevoli, se consentiti dalle disposizioni nazionali.

Che cosa vuol dire? Si scrivono articoli per confermare decreti che già esistono e non si scrivono articoli per abrogare stati di cose che sono in contrasto con nuove disposizioni considerate più avanzate? Come non pensare che dietro questi obbrobri non ci siano pressioni dei torturatori assassini?

21. Nessun animale deve essere custodito in un allevamento se non sia ragionevole attendersi, in base al suo genotipo o fenotipo, che ciò possa avvenire senza effetti negativi sulla sua salute o sul suo benessere.

Benissimo, questa era l’unica cosa che poteva scrivere un legislatore illuminato. La dichiarazione cancella tutti gli allevamenti intensivi. E inoltre cancella il resto del Decreto. A quando l’applicazione? Tra mille anni? Questo punto, sfuggito non si sa bene come dalla penna dell’estensore, l’unico sensato, sarà anche l’unico sul quale la vista di nessuno si poserà mai. Esso è solamente una traccia infinitesima che mostra insieme il desiderio dell’uomo di vedersi diverso da quanto effettivamente è, e contemporaneamente disprezzo per ciò che continuamente dichiara essere la sua caratteristica precipua, cioè la parola. In altri termini è somma manifestazione di pura e semplice falsa coscienza, flatus vocis e nient’altro. Ci piacerebbe che gli animalisti dessero l’attacco alla nostra civiltà: queste due righe lo permettono. Avanti se ne avete il coraggio. Intanto chiediamo al Legislatore Aggiunto: come la mettiamo con il taglio del becco e con tutto il resto?

22. L'allevamento di animali con il solo e principale scopo di macellarli per il valore della loro pelliccia deve avvenire nel rispetto delle prescrizioni seguenti. Misure minime degli spazi per il visone allevato in gabbia, superficie libera con esclusione del nido: per animale adulto singolo centimetri quadrati 2550; per animale adulto e piccoli centimetri quadrati 2550; per animali giovani dopo lo svezzamento, fino a due animali per spazio, centimetri quadrati 2550. L'altezza della gabbia non deve essere inferiore a cm. 45. Per tali spazi devono inoltre essere rispettate una larghezza non inferiore a cm. 30 ed una lunghezza non inferiore a cm.70. Le sopraindicate misure si applicano ai nuovi allevamenti o in caso di ristrutturazione degli esistenti. Tutti gli allevamenti dotati di gabbie con superfici inferiori a centimetri quadrati 1600 e/o altezza inferiore a cm. 35 devono adeguarsi alle norme sopra riportate entro il 31 dicembre 2001; tutti gli allevamenti dotato di gabbie con superfici superiori a centimetri quadrati 1600 e/o altezza inferiore a cm. 35 devono adeguarsi alle norme sopra riportate entro il 31 dicembre 2005. A partire dal 1 gennaio 2008 l'allevamento di animali con il solo e principale scopo di macellarli per il valore della loro pelliccia deve avvenire a terra in recinti opportunamente costruiti e arricchiti, capaci di soddisfare il benessere degli animali. Tali recinti devono contenere appositi elementi quali rami dove gli animali possano arrampicarsi, oggetti manipolabili, almeno una tana per ciascun animale presente nel recinto. Il recinto deve inoltre contenere un nido delle dimensioni di cm. 50 per cm. 50 per ciascun animale presente nel recinto stesso. I visoni devono altresì disporre di un contenitore per l'acqua di dimensioni di m. 2 per m. 2 con profondità di almeno cm. 50 al fine di consentire l'espletamento delle proprie funzioni etologiche primarie.

Per qualcuno far vivere un animale da pelliccia dentro una gabbia di 50 cm x 50 cm (40x40 fino al 2005) costituisce un grande successo. In attesa del 2008, quando i “produttori” saranno costretti ad “allevare a terra” . Se “allevare a terra” ha lo stesso significato impiegato a proposito delle galline che fanno uova “a terra” per infinocchiare i consumatori compassionevoli, dubitiamo che per gli adp la situazione si presenti idilliaca come il decreto (e qualcun altro) vuole suggerire! Senza contare che si può ripetere il discorso fatto a proposito dell’ingrasso delle oche. Di qui al 2008 può succedere di tutto. Una legislazione attenta al benessere animale interviene SUBITO; deve operare nel momento stesso in cui nasce la comprensione di quanto male si è fatto a partire dall’introduzione del primo allevamento intensivo (notare che non parliamo ancora assumendo il NOSTRO punto di vista che prevede il rispetto assoluto di esseri capaci di sperimentare il dolore). E poi l’infinita ipocrisia di tacere i mezzi impiegati per sopprimere i poveri animali. Mezzi che, come è noto,  sono tra i più infami.  Questo significa allora che, dopo aver vissuto felici in gabbie di centimetri quadrati 2550, verranno  comunque uccisi in uno dei seguenti modi senza stordimento preventivo:

  -   penetrazione meccanica di un chiodo nel cervello seguito da  dissanguamento;
-   elettrocuzione orale o anale (ossia, se non fosse chiaro, introduzione  di un elettrodo in bocca o nell'ano e uccisione mediante scarica  elettrica) seguita da arresto cardiaco;
-   esposizione al monossido di carbonio e morte per asfissia;
-   esposizione al biossido di carbonio e morte per asfissia;
-   frattura delle ossa cervicali; (a scelta: bastonate, martellate,  stritolamento meccanico)soffocamento.

Metodi scelti ovviamente con l'unico fine di preservare la pelliccia da  eventuali danneggiamenti. Allora dopo che si è pensato al loro benessere  costruendo "almeno un nido di 50 cm.", questo d’un tratto va a  farsi benedire quando si tratta di massacrarli.  E' evidente. C'è una logica in questa follia.

Ma una pelliccia non è un indumento qualsiasi, così come la bistecca o un bicchiere di latte, o un uovo, nonostante si voglia negarne  l'evidenza, non sono cibi qualsiasi. Dietro questi "prodotti" vi sono sfruttamento, schiavitù , dolore, morte, in un contesto di  crudeltà tale che la semplice dicitura "BENESSERE"  non e' certo sufficiente ad emendare pratiche raccapriccianti, che ben altro Diritto dovrebbe e potrebbe emendare.  Ma ancora una volta è stata elusa l'occasione di proporre un'onesta  riflessione su questi temi e si è preferito nascondersi dietro parole che  non abbassano che di un'inezia la marea allucinante di sofferenza animale.

 

Parte quarta: Il ripensamento

Abbiamo parlato dell’effervescenza (del tutto fuori luogo, ora lo sappiamo) che ha accompagnato in certi ambienti l’uscita del decreto. Il dibattito avvenuto nelle mailing list “animaliste” deve essere giunto per vie traverse alle orecchie collegate alle bocche che avevano tessuto le lodi dell’iniziativa governativa. Cosicché abbiamo potuto rilevare qualche riflessione meno apologetica rispetto alle iniziali. Riflessioni non delicate verso i critici, ai quali anche noi apparteniamo, ma sicuramente ricche di ammissioni significative. Ecco un interessantissimo intervento del consigliere direttivo della LAV Gianluca Felicetti apparsa nella mailing list del gruppo Verdi.

“... ho visto la tua e-mail che riprende delle osservazioni che, capisco dai  riferimenti, è circolata su peacelink-animali. ... posso rispondere direttamente così da  fornirti  degli elementi di valutazione aggiuntivi a quelli generali da me  formulati  che si trovano sul sito verdi.it o infolav.org   Innanzitutto è bene sapere che il testo-base non è stato deciso né dai  Verdi  né dal Governo poiché si tratta di una direttiva europea, la 98/58,  varata  quindi nel 1998 dal Consiglio dei Ministri dell'Unione Europea.

Molto bene: Prima era stato detto:

“Si tratta di un risultato storico ottenuto grazie al lavoro delle associazioni animaliste e dei Verdi”. (Felicetti)

“E' un decreto molto importante, fortemente voluto dai verdi, che rappresenta un punto di svolta nel nostro paese sul problema del maltrattamento degli animali, tanto più negli allevamenti dove il loro benessere rappresenta anche il nostro. (Francescato)

Ora si prendono le distanze dal decreto, dichiarando che è un atto dovuto.

Il  recepimento  è quindi un atto dovuto sul quale, grazie alla possibilità espressa  dall'articolo 10 comma 2 della stessa direttiva di "mantenere o  applicare  disposizioni più severe di quelle previste dalla direttiva" da parte  degli  Stati membri ha permesso all'Italia di:

·        vietare da subito alcune mutilazioni negli allevamenti intensivi;

·        vietare dal 2004 ingozzamento forzato di anatre ed oche e spiumatura  volatili vivi;

·        rendere impossibile, di fatto, dal 2008, l'allevamento di animali "da  pelliccia".

Questi tre punti, oggetto di divieto solo in alcuni Paesi europei presi  a  positivo esempio, rappresentano la vita per oltre 325.000 animali l'anno  in  Italia e minor sofferenze per qualche milione di animali. Sarà poco per  qualcuno, non per me.

Non ci sembra il caso di ritornare sull’argomento dopo il nostro sforzo di analisi. Rimane il mistero di certi incisi come “la vita per oltre 325 mila animali l’anno”. E anche sulle “minori sofferenze”. Essi si fondano sulla presunzione logica secondo cui , come si afferma in un articolo della  rivista della  LAV  dello scorso maggio,  “la portata del provvedimento è in realtà è più ampia di quanto appare dalla formulazione letterale: il passaggio a terra determinerà costi di trasformazione dell’impianto e costi operativi dell’allevamento che di fatto renderanno tale attività non più vantaggiosa in termini economici per gli allevatori”. Dunque: si ammette in parte la miseria del dettato, ma la si spaccia per ben altro.  “ Letteralmente”  afasico e incapace  di esprimere  una norma avanzata che bandisca di diritto  una pratica anacronistica, assurda, crudele, inutile, come “l’allevamento degli animali con lo scopo di macellarli per la loro pelliccia”, il Legislatore cosa fa? gioca a nascondino con gli allevatori,  sperando che forse un giorno, dopo il 2008, qualche bastoncino messo timidamente tra le ruote dei loro carri, li possa indurre a cambiar mestiere e convertirsi tutti in mammolette innocue per visoni, volpi, cincillà.

Peccato. Ci si sarebbe aspettati qualcosa di più e di meglio da una Legge annunciata come “la rivincita di oche e visoni”.

Peccato che in ben sette anni, l’ostruzionismo delle parti interessate, dei poteri economici  e di chi li sostiene, avrà tutto l’agio  di trovare  ben altri antidoti agli stuzzicadenti posti ad intralciare i loro interessi di bottega. Ci si culla nell’idea che fra un decennio gli allevatori si autoridurranno spontaneamente e si millanta il tutto con una comunicazione trionfalistica e ingannatoria  del tipo: “quasi 300.000 visoni non diventeranno più pellicce”.

Bisognerebbe allora dire al signor Felicetti che ci sono più turpitudini tra terra e cielo di quante possano essere intercettate da certi  decreti, a maggior ragione da quelli costruiti ad arte per lasciare le cose come stanno. Purtroppo il tempo si incaricherà di dimostrarlo. Ma probabilmente il decreto e la direttiva CE quando mostreranno la loro miseria non attireranno più l’attenzione dei Verdi e degli Aristocratici dell’Animalismo. E’ tipico di loro. Fanno sparate, cercano di trarre vantaggi in termini elettorali, di tessere o d’altro genere (fosse anche puramente prestigio) e poi abbandonano la zattera ai marosi. L’esempio della l.n.281/91 è classico. Si sono imbellettati tutti con quell’aborto e poi, a distanza di 10 anni vanno in giro a dire che è meglio tenersi una legge colabrodo, tuttora inapplicata perché inapplicabile,  per paura che venga ripristinata l’eutanasia dei cani randagi.

Che sia poi un risultato storico è un fatto  incontrovertibile, che il sottoscritto ed i Ministri verdi che si sono  dati  da fare sull'argomento avrebbero voluto certo rendere attuabile fin da  subito ma che i poteri economici grazie all'aiuto di altre componenti  del  Governo (Industria) e delle Regioni (Veneto e Lombardia in testa) non  hanno  reso possibile. Se i Verdi avessero avuto più peso elettorale le cose  sarebbero andate diversamente almeno per i tempi d'attuazione.

Interessante ammissione. Si dichiara che le lobby hanno esercitato tutto il loro peso diluendo i tempi di attuazione. Ma i Verdi hanno sottoscritto quell’obbrobrio e non altro. Ha senso o no dire che sono corresponsabili? Qualcuno, tra loro, ha suonato la solita musica, subalterna ed elemosiniera, della rincorsa al “meno peggio”: “Siamo alle solite. La politica è l'arte del possibile. Anch'io vorrei un mondo con animali liberi, non utilizzati per la sperimentazione, possibilmente neanche per l'alimentazione umana. Vorrei anche città senza automobili, droga, sesso e Africa libera, il carcere abolito. Purtroppo in Italia ed in Europa oggi non è possibile approvare leggi in tal senso. Allora si deve cercare di capire qual è il limite massimo fino al quale ci si può spingere, facendo il duro lavoro di convincimento, informazione ecc. (Uwe Staffler, verde altoatesino).”

Anche ammettendo che in questa posizione ci sia la sufficiente dose di onestà e che l’occupazione delle sedie non sia fine a sé stessa, bisognerà prima o poi comprendere che l’assunzione di questa logica alla lunga trasforma gli antichi ideali e trascina nel gorgo dell’ideologia dominante facendo perdere per strada i riferimenti giusti! Questa logica del minor male è vecchia come il mondo, ma noi crediamo, al contrario, che il minor male non vada accettato in quanto minore, ma ricusato in quanto Male. Si obbietterà che gli ideali non hanno mai cambiato il mondo. Questo è tutto da vedere! Invece è sicuro che il “limite massimo fino al quale ci si può spingere” produce a getto continuo oscenità come quelle a cui abbiamo dedicato la nostra attenzione. Ma ritorniamo ad alcune affermazioni di Felicetti.

Il risultato ottenuto è però importantissimo. Basti pensare che, solo in  tema di pellicce, il 2008 è la stessa data prevista per il divieto dalla  Svezia (e per le sole volpi) e che sull'ingozzamento forzato per il foie  gras  vi sono Paesi considerati più avanti del nostro che ancora lo rendono  possibile.   Il resto del Decreto Legislativo italiano di recepimento della direttiva  europea, riprende così com'è - e non poteva fare diversamente - il testo  della direttiva stessa.

Qui si osservino:

·        il metro di giudizio che non è tarato sulla sofferenza degli animali, ma sulla legislazione degli altri paesi (e infatti  il decreto prevede, per. es.  metodi alternativi che tuttavia inducano  il medesimo effetto nel fegato delle oche, ovvero una grave e dolorosa patologia,  la steatosi!);

·        la presa d’atto, per la seconda volta, che il decreto riprende la direttiva europea; com’è sconsolato lo stile, di fronte alle frasi altisonanti che hanno seguito l’emanazione del decreto!

E' bene a questo punto conoscere le motivazioni che spinsero l'Unione  Europea a varare nel 1998 questa direttiva così generale e in molti  aspetti  generica e contraddittoria (sic!), mi risulta senza alcuna opposizione da parte di chi, solo oggi, la giudica giustamente in maniera negativa.  Avendo "legiferato" su aspetti specifici dell'uso degli animali  dell'allevamento (galline ovaiole, vitelli, suini) l'UE aveva la  necessità  di fornire una base giuridica per la trasposizione delle Convenzioni del  Consiglio d'Europa sul resto degli aspetti dell'allevamento. Ne sono in  preparazione su tacchini e conigli, per esempio. La direttiva 98/58 è stata varata quindi per un problema giuridico e non per incidere sulla vita degli animali (sic!) (i criticati punti sulla stabulazione  degli animali non cambieranno in peggio né in meglio la triste realtà  attuale (sic! sic! sic!) )....

Capito? Che c’è da aggiungere di fronte ad affermazioni come questa?!

..... ma questo atto ha dato modo all'Italia ora di varare una delle  leggi nazionali più avanzate a favore degli animali (basterebbe leggere  gli  entusiasti commenti che in questi giorni associazioni di altri Paesi  europei  stanno indirizzando, quasi incredule, al nostro Governo).

Dunque ci risiamo: quel che conta, per questo moderno tomista, non è la realtà nella sua concretezza, ma quello che un decreto stralunato afferma senza che uno solo dei suoi estensori creda in una sola virgola di quanto ha scritto. Quanto poi agli entusiasti commenti, saremmo felici di sentirli...

....  Un'ultima considerazione: il Decreto Legislativo è stato ed è fortemente  avversato da pellicciai, associazione varie di allevatori proprio per i  tre  punti inseriti ex novo dal Governo italiano, non per gli altri. E'  questa la  migliore prova che abbiamo colpito nel segno.  Se qualcuno, nella migliore tradizione autolesionista alla Tafazzi, non  riesce a comprendere l'entità di questa vittoria per gli animali o,  sfrutta  questa occasione per dare comunque addosso ai Verdi, faccia pure.

Dunque, se il signor Felicetti dimentica quanto egli stesso ha dichiarato poche righe sopra (i criticati punti sulla stabulazione degli animali non cambieranno in peggio né in meglio la triste realtà  attuale), allora la situazione è proprio disperata. Per quanto riguarda il riferimento al mitico Tafazzi, se avesse scritto il pezzo dopo le elezioni, sicuramente il Nostro se lo sarebbe risparmiato.

 

Poscritto

Dopo le ammissioni a denti stretti del dirigente LAV riportate nella parte precedente, ci saremmo aspettati maggiore cautela e circospezione da parte di chi è stato costretto a prendere atto di cose che sapeva già molto prima di noi anche se faceva finta di non saperle. Invece no. Ci è giunto un volantino firmato dall’Onnipresente che, nuovamente invaso dal raptus, in una comunicazione preelettorale riusciva a trasfondere nuova passione in un comunicato vibrante come non mai (le elezioni hanno il potere di eccitare):

Cara amica, caro amico, ti scrivo con estrema concitazione e soddisfazione per comunicarti e condividere con te la gioia di essere riusciti a conseguire un nuovo risultato storico delle nostre battaglie per i diritti di tutti i viventi.

Grazie alle iniziative di sensibilizzazione sull’opinione pubblica e di pressione sul mondo politico degli ultimi anni, proprio alla fine di questa legislatura, il 21 marzo, con il voto del Consiglio dei Ministri, siamo riusciti a ottenere una nuova e importante legge che prevede ecc. ecc.

Segue una serie di considerazioni del tipo di quelle che abbiamo presentato all’inizio: di nuovo in perfetto stile apologetico. Un brutto proverbio dice: il lupo perde il pelo ma non il vizio.

Tuttavia, proprio perché siamo inguaribilmente persuasi dell’onestà del nostro prossimo, soprattutto quando milita in una associazione che fa dei diritti degli animali la propria bandiera, ci permettiamo di dare un piccolo contributo. Non chiediamo che sia fatto proprio; ci limitiamo a sperare che apra un varco nella considerazione delle possibilità finora non contemplate.

Noi avremmo scritto il volantino nel modo seguente.

Cara amica, caro amico, ti scrivo con estremo dolore per comunicarti una ulteriore complicazione nel lungo sentiero che condurrà alla liberazione animale.

Il 21 Marzo, il Consiglio dei Ministri, raccogliendo la direttiva 98/58 del Consiglio d’Europa, ha decretato, una nuova quanto inutile legge che andrà a aggiungersi a tutte le leggi senza senso che non cambieranno minimamente la condizione dei “senza parola”.

Gli animali degli allevamenti continueranno a essere assassinati tra i peggiori tormenti per fornire cibo e abiti superflui, nocivi ed eticamente inaccettabili.

Ti chiederai perché il Consiglio dei Ministri, Verdi compresi, si è preoccupato di emanare questo decreto. La ragione è semplice. Il Governo italiano ha recepito una direttiva europea che è stata varata per esclusive necessità normative e non influenzerà minimamente la stabulazione degli animali la cui condizione non cambierà né in peggio né in meglio.

Il decreto del Governo ha aggiunto solo alcune formali promesse che entreranno in vigore tra 3 e 7 anni se non saranno nel frattempo vanificate da quelle strumentazioni legislative di cui si fa uso quasi regolarmente in questi casi.

Ringraziamo il Governo per essersi piegato alle esigenze del Ministro dell’Industria, dei pellicciai e degli allevatori e non aver reso possibile, fin da subito, e quindi in modo certo e incontrovertibile, l’attenuazione di una piccola parte dell’infinito dolore animale.

Proseguiamo insieme il grande cammino per i diritti degli animali; insieme, ogni giorno, costruiamo un mondo migliore per tutti gli esseri viventi conquistando la consapevolezza che questi obiettivi non possono prescindere dall’annientamento di un nemico, i lineamenti del quale si stanno facendo sempre più nitidi.

 



Data: 04/07/01

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