Vis Polemica

Il cerchiobottismo non paga!

A cura del
Collettivo




Recentemente, l'on. Bertinotti ha consegnato a "Liberazione" una risposta collettiva alle lettere di protesta degli animalisti; lettere giunte in redazione a causa della candidatura di un operatore del circo nelle liste di Rifondazione. Noi di RA, tutti comunisti - o ex, il futuro chiarirà la nostra posizione - siamo particolarmente interessati alla risposta dell'on. Bertinotti perché ci permette di fare i conti con il passato e, nello stesso tempo, di orientare il nostro avvenire. Metteremo sotto lente i passaggi più significativi della risposta del leader di sinistra convinti che una pur rapida disamina del testo sia in grado di evidenziare le rispettive posizioni e aprire un quadro di chiarezza.

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L'esordio è scontato. Non poteva essere diversamente. Tradizionalmente il comunismo si occupa del lavoro. Dunque viene fissata la questione prioritaria.

C’è il tema anzitutto degli animali nei circhi e delle loro condizioni. Ma c’è anche quello dei circhi in generale, di chi vi vive (uomini, donne, animali), vi lavora e di cosa ciò rappresenta nella nostra società odierna.

Poi, dopo qualche frase di circostanza che omettiamo, l'on. Bertinotti ritorna sull'incauto accostamento:

... Per questo non intendo sottrarmi alle questioni di merito sollevate dalle lettere pervenute. Esse insistono sulla condizione degli animali nei circhi e pongono a noi che siamo contro ogni violenza e ogni sopraffazione, il tema delle loro sofferenze. Come pure richiamano la nostra attenzione sulle condizioni di lavoro degli umani.

Dubitiamo che le lettere degli animalisti abbiano sollevato la questione delle condizioni di lavoro degli umani nel circo. Non perché gli animalisti siano insensibili alle sofferenze e alle fatiche di un lavoro ingrato, quanto perché, nonostante l'on. Bertinotti si ostini a fondere entrambi gli aspetti per costruire una pretesa alleanza sotto il tendone, la sofferenza degli uni, non può essere paragonata a quella degli altri. Una lunga esperienza di critica etologica e di documentazione sul campo ha, infatti, messo in rilievo l'assurdità di orsi in bicicletta, leoni ingabbiati, animali stabulati e ergastolati che raggiungono vertici di perversioni di condizionamento pavloviano che non hanno nulla in comune con la vita pur difficile del lavoratore circense. La pertinace insistenza del leader di RC su questa associazione mostra quanto sia difficile far passare in una mente impreparata l'idea della sofferenza animale nel circo.

Non credo che si possa affrontare sia l’uno che l’altro aspetto della questione prescindendo dalla condizione storicamente concreta del circo. Il circo rappresenta indubbiamente un fenomeno culturale complesso, che ha radici profonde nella storia delle società umane, che ha attraversato varie fasi e diverse condizioni. Ma in ogni caso esso ha sempre rappresentato un luogo di frontiera tra la riduzione a monstrum del diverso, la manipolazione di corpi e psiche per la spettacolarizzazione, e il tentativo di praticare una cultura della diversità che gestisca la propria esibizione con una carica di antagonismo rispetto alla massificazione, al mito della normalità, alla demonizzazione della stessa diversità. La vita delle donne e degli uomini del circo, la condizione dei bambini che si addestrano a quella attività, il rapporto di tutti questi con gli animali che nel circo sono impiegati, sono sempre stati attraversati e condizionati da questa contraddizione. Tra queste possibili dimensioni vi è sempre stata una lotta che la moderna industria dello spettacolo e del divertimento tendono oggi a risolvere con una assoluta prevalenza della prima. Se così dovesse accadere il circo, come manifestazione culturale autonoma e significante, sarebbe finito e questo comporterebbe un impoverimento culturale per tutte e per tutti.

Come sempre il dirigente comunista mostra di essere un uomo di grande cultura e, probabilmente, deve essere un cultore di film come "Freaks" o "The Elephant Man". La poetica del diverso è una questione di grande rilevanza e Bertinotti fa bene a evidenziare che la perdita della tradizione circense sotto il maglio della moderna industria dello spettacolo costituirebbe una grande perdita. Tuttavia vogliamo sottolineare che ogni tradizione è composta di elementi che debbono essere conservati e aspetti che, invece, devono essere ricusati senza ombra di incertezze. Se così non fosse, non ci saremmo mai dovuti liberare della schiavitù, giacché anche quella manifestazione per millenni ha fatto parte della "tradizione". Purtroppo la politica, anche nelle sue forme più alte, non vuole fare un salto adeguato e riconoscere che ormai, con l'allargamento dell'etica implicata dallo sviluppo dell'animalismo, è necessario ripensare completamente il rapporto uomo/animale. Basta leggere le righe che seguono scritte in perfetto stile cerchiobottista.

La difesa del circo non significa certamente difendere tutte le pratiche circensi così come esse sono. Trovo perfettamente legittimo proporre un superamento dell’impiego degli animali nei circhi, come si esprime anche una proposta di legge sostenuta anche da nostri senatori. Come è perfettamente comprensibile e apprezzabile la scelta di non sostenere manifestazioni o pratiche che comportino coercizioni o violenze sugli animali. Ma sarebbe del tutto incomprensibile negare come manifestazioni culturali, come il circo, ma non solo, affondino le loro radici nella profondità delle tradizioni popolari, dei rapporti tra l’uomo e il vivente non umano, tra l’uomo e la natura, che non possono essere estirpati o cancellati con un tratto di penna, né tantomeno ridotte a puro esercizio di violenza e di sopraffazione.

Il passo è estremamente ricco. La prima proposizione risulta corretta. Sulla seconda ci sarebbe già qualcosa da eccepire: una volta accertata la natura della detenzione degli animali nei circhi, non è legittimo proporre il superamento, ma doveroso. Non è un'opzione che ci fa sentire meglio e più buoni, ma un obbligo etico che si impone. A questo punto, se RC sostiene davvero una proposta del genere, dovrebbe verificare, per coerenza, cosa ne pensa Livio Togni. In caso di discordanza forse, l'on. Bertinotti dovrebbe coerentemente tornare al "pensiero unico" (che almeno l'ordine concettuale regni dentro il singolo encefalo). Ma qui è facile registrare il desiderio di navigare nell'equivoco. Infatti quanto segue è un alternarsi di dire e contraddire. Vuol superare l’impiego degli animali nei circhi e poi richiama di nuovo la tradizione rifiutando il "tratto di penna", ritenuta evidentemente troppo autoritaria. Dice che RC vuole un circo senza animali, ma perché…? visto che tale impiego non può essere ridotto "a puro esercizio di violenza e di sopraffazione"! Insomma: si vuole o no superare l'impiego degli animali nei circhi? Dopo tanto dire non si capisce, si perde il filo. Ma il Nostro non si accontenta. Deve ingarbugliarsi ancora di più. E allora, in un'ansia di captatio benevolentiae, evoca la "questione animale" nel suo complesso.

Penso che sia necessario operare affinché agli animali non vengano imposte sofferenze che dobbiamo considerare in ogni caso inaccettabili. E questo è un problema ben più generale che quello che si pone nei circhi, basti pensare alla condizione degli animali da macello o a quelli “da pelliccia”.

Cosa significa "inaccettabili"? Inaccettabili, se espresso senza condizioni, significa "inaccettabili". Ma per l'on. Bertinotti questa è una parola retorica. Se dovesse essere conseguente, RC dovrebbe rompere con tutte le forze politiche che impediscono una legislazione che vieti le sofferenze inaccettabili, cosa che si guarda bene dal fare. Allora diciamo che RC accetta le sofferenze inaccettabili per mille ragioni: perché le altre forze politiche "non ci sentono"; perché ci sono problemi più importanti; perché le lobby impediscono interventi; perché la società non è ancora matura; perché maturo non è neanche il proprio elettorato. Perché, in fin dei conti, se non si verificano certe condizioni, sono accettabili, dunque non sono inaccettabili. Ma il discorso è scivoloso perché implica giudizi sull'operato di RC che non si è mai distinta particolarmente sulla questione animale. E allora il leader di RC sposta il discorso dove crede sia più semplice.

Ma ciò significa sottrarli integralmente ad ogni disponibilità verso la specie umana? È questa una posizione legittima, ma difficilmente agibile politicamente e fattualmente.

La posizione è "legittima"? Mille grazie! Meno male. Sarebbe terribile se gli animalisti avessero anche la preoccupazione di essere indicati dal capo dell'opposizione di sinistra come pericolosi sovversivi che propagandano posizioni pericolose per l'ordine costituito. Ma il filisteo non si manifesta in questo. Piuttosto nell'adozione di una forma determinata dello schema fondamentale con il quale il Male penetra nel mondo. Dicendo che la posizione (legittima) è "difficilmente agibile politicamente e fattualmente" sembra che attribuisca a cause esterne la ragione dell'impossibilità di un riconoscimento che lui non esiterebbe a concedere se queste difficoltà non ci fossero. Egli assume provvisoriamente un atteggiamento benevolo e dispiaciuto che non gli appartiene; finge comprensione e indica difficoltà insormontabili in un altrove a lui esterno. Poi, convinto di aver condizionato l’interlocutore sulla evidenza di queste difficoltà, si adegua con la rapidità del fulmine e egli stesso diventa parte della “difficoltà”. Infatti...

Ritengo, ad esempio, che la nostra alimentazione non possa non prevedere il contributo del mondo animale...

Siamo arrivati al punto dello sbraco. L'on. Bertinotti "ritiene" che non si possa vivere senza mangiare cadaveri. Per lui va bene così (l'oggettività è semplicemente bandita). Lui "ritiene" esattamente nello stesso modo in cui noi potremmo ritenere che 2 + 2 = 5. (A onor del vero, la frase incriminata potrebbe stare nella bocca di un vegetariano, ma non è questo il caso, dato il contesto inequivocabile). Poi ritiene...

... che la nostra specie non si possa ormai sottrarre ad una funzione “regolatrice” tra specie diverse

Qui la sua linea argomentativa diventa insopportabile. Ma a chi crede di rivolgersi? Una persona della sua cultura dovrebbe capire che ragionamenti di questo genere irritano profondamente chi da anni si batte contro la pratica barbara della caccia. Blandisca pure gli elettori massacratori di esseri inermi e eviti di offendere, rovesciando logica e buon senso, coloro che detestano la caccia in un'epoca in cui questa pratica e' solo divertimento consumistico impastato di violenza.

Questo ovviamente non significa che sia lecito allevare, macellare, cacciare ed anche addestrare con crudeltà. Anzi le conseguenze di metodi di allevamento spregiudicati si stanno ormai palesemente rivolgendo contro di noi, e la “mucca pazza” lo dimostra tragicamente. Bovè, il capo della rivolta contadina in Francia, in una recente intervista ci ha ricordato che la mucca è innanzitutto un animale, anche se lo mangiamo, e come tale va comunque trattato, e non può essere concepito come una macchina che fornisce alimenti, altrimenti le conseguenze sono quelle che abbiamo sotto i nostri occhi.

Di nuovo, l'on. Bertinotti non comprende bene: la sua etica ristretta non glielo consente. Il motivo per cui gli animali si meritano rispetto non dipende per nulla dagli effetti che possono generare sulla nostra salute. L'esponente di RC dovrebbe riservare questi argomenti per i consumatori delle cooperative rosa. Egli dimostra di non capire il pensiero dei propri interlocutori. Infatti svela il suo limite anche subito dopo:

Noi... riteniamo che gli animali debbano avere rapporto con la terra e debbano essere risparmiate loro sofferenze inutili, anche dentro i macelli.

A parte tutto, sappiamo quante volte le leggi hanno inserito l'espressione "sofferenze inutili" per giustificare quelle utili. L'on. Bertinotti saprà bene che c'è un articolo del Codice Penale (il 727) che inserendo la locuzione "senza necessità", permette le nefandezze estreme. Ma questa è la pagliuzza; la trave è costituita da un fatto ben più sostanziale. Ogni animale che entra in un macello è sottoposto a una violenza inutile poiché egli viene sacrificato per un puro atto egoistico e molto banale: la carezza alla papilla o, detto pomposamente, sua Maestà il Gusto!

Riteniamo che l’attività venatoria si debba realizzare con regole ferree, fermo restando il diritto di chi lo ritiene di contestare l’esistenza stessa della caccia o di praticare un’alimentazione integralmente vegetariana.

Di nuovo una ripetizione. Si vede che l'esponente politico ci tiene proprio a mandare messaggi rassicuranti al suo elettorato fucilatore del Centro-Italia. Inoltre, di nuovo ritiene di dover ribadire con estrema benevolenza "il diritto di chi lo ritiene, di contestare l'esistenza stessa della caccia o di praticare un'alimentazione integralmente vegetariana". Qui si mostra veramente democratico. Gli islamici, per esempio, condannano alla dannazione eterna i vegetariani (Corano - 6 - 140) come, del resto, avevano fatto i cattolici in uno dei loro primi concili. E' già qualcosa sapere che le forze politiche italiane sono meno integraliste.

La difesa della condizione degli animali, dal pericolo dell’estinzione, come dalle violenze, dallo sfruttamento e dalla barbarie dell’industria alimentare come quella del divertimento, è quindi una grande battaglia di civiltà. Vi sono o vanno approntati strumenti legislativi in merito, su cui è necessario discutere e decidere, verificando anche la possibilità che, rispetto a tradizioni culturali antiche e complesse, ci possano essere forme diverse di relazione con gli animali, più avanzate e rispettose della loro soggettività per sancire diritti e difesa dallo sfruttamento. Su queste ipotesi di intervento concreto della politica siamo impegnati a trovare tutte le convergenze necessarie. E se la candidatura di Livio Togni, che nasce dal percorso che ho ricordato all’inizio, sarà servita oltre che a testimoniare un bisogno di democrazia, anche a favorire un cambiamento positivo nella vita dei circhi, delle donne e degli uomini, così come degli animali, avremo fatto una cosa utile.

La chiusa è fantastica, espressa in perfetto politichese, con quel tanto di retorica che basta. Intanto la legislazione sugli animali continua a languire. Ogni tanto viene prodotta una nuova normativa che grida vendetta (per esempio la recente normativa "Decreto legislativo di attuazione della direttiva 98/58/CE") che riesce a mandare in visibilio solo i servi sciocchi (o furbi) dei parlamentari che “amano gli animali”.

Riassumendo.

L'on. Bertinotti non comprende una questione che a lungo è stata tenuta ben presente da coloro che in tutto il mondo hanno onorato il movimento cui lui dichiara di appartenere: non ha molto senso relazionarsi con chi imposta la propria esistenza, la propria militanza, i propri obiettivi su principi incompatibili con i nostri.

I Comunisti, nel loro periodo aureo, non hanno mai pensato che una società (o una economia) organizzata in termini collettivistici potesse essere compatibile con gli spiriti vitali del capitalismo o con la proprietà privata dei mezzi di produzione, fosse anche quella del gelataio ambulante. Anche quando il movimento comunista non ha esitato a intraprendere iniziative di tipo rivendicativo e sindacale, mentre si poneva sul piano della richiesta, non ha mai mancato di segnalare all'avversario che i suoi obiettivi travalicavano di molto la cassa mutua o l'aumento del minimo del salario. La richiesta avveniva su un piano comunicativo che non nascondeva mai la battaglia mortale per chiudere una fase della storia e aprirne un'altra. Tra le due parti, l'annientamento desiderato dell'interlocutore era impedito solamente dall'esigenza degli uni di disporre di forza lavoro e dagli altri, di non disporre di sufficiente forza per portarlo a compimento.

Analogamente gli animalisti non possono accettare la cultura che erige la barriera di specie (della propria specie) per opprimere tutte le altre. Essi valutano un crimine l'uccisione di animali a fini alimentari, ludici (regolatori, come dice l'on. Bertinotti) o di qualsiasi altro genere, indipendentemente dalla "preparazione" garbata al sacrificio. In altre parole, la concezione del mondo degli animalisti è incommensurabile con quella specista e se il balbettio di una cultura nascente impedisce, per ora, la chiara enunciazione di una verità tanto grande quanto evidente, ciò non dovrebbe consigliare i sacerdoti dello specismo, al quale l’on. Bertinotti appartiene senza incertezze, di ricercare consensi per mezzo di razionalizzazioni che suonano intollerabili ai difensori dei diritti degli animali.

Che Fausto Bertinotti provveda a mitigare la sofferenza animale, se dispone di una quota di compassione e di umanità e se riesce a trovare appoggi in quel sacro luogo che frequenta. Noi glielo chiediamo come i lavoratori di una certa fase storica chiedevano di uscire da condizioni di vita intollerabili. Ma non pensi di accumulare i nostri voti con quelli di macellai, cacciatori, circensi, necrofagi in nome di una gerarchia degli interessi degli esseri viventi che non potremo mai accettare.

Una persona della sua intelligenza compia un piccolo sforzo. Comprenderà che da tempo gli animalisti seri si sono distaccati dalle posizioni pietistiche delle associazioni vecchio stampo, simili in tutto all' "esercito della salvezza". L'assicuriamo che in prospettiva batteremo ogni strada perché la politica corrotta si confronti sempre più con una rappresentanza animalista  intransigente che valuterà un macello uno scandalo, anche se i bovini saranno storditi "graziosamente" prima dello squartamento.

La società dovrà fare prima o poi i conti con militanti decisi a "sottrarre integralmente gli animali a ogni disponibilità verso la specie umana" in nome di un'etica interspecifica che gli antropocentristi sono incapaci di accettare e persino di immaginare.

 




Data: 13/04/01

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