Bloc Notes

Le opinioni animaliste del Manifesto

A cura del
Collettivo





L'articolo del Manifesto apparso il 2/7/02 a firma di Marco d'Eramo puo essere criticato per vari aspetti. Per esempio si può rilevare che l'autore possiede una grandissima confusione in testa sul concetto di “Animalismo” al punto da confonderlo con la più degenerata zoofilia, quella che frequenta le deprecabili manifestazioni sugli “standard” canini e felini. Dispiace che un giornale al quale, per altri aspetti, siamo così vicini dia spazio ad un articolo che veicola le peggiori banalità circolanti presso i benpensanti. E sì che le insistenti citazioni di autori animalisti avrebbero dovuto mettere Marco d'Eramo al riparo da questi scivoloni. Ma si sa... spesso il tempo di leggere manca, e allora si deduce sulla base di quello che il senso comune detta. Purtoppo il senso comune tradisce frequentemente.

Lasciamo perdere anche le facezie su Bush e l'immancabile citazione dell'amore delle SS per gli animali. Non è ancora questo che ci fa arricciare la pelle. Se l'articolista si fosse limitato a scrivere queste fastidiose e insopportabili stupidaggini l'avremmo ancora perdonato, magari invitandolo benevolmente a documentarsi meglio.

Ma il Nostro introduce, a un certo punto, una frase autenticamente insopportabile che riesce a scatenare in noi una reazione viscerale.

«“E poi ci sono le immagini degli animali nelle fattorie e nei laboratori forniteci dagli animalisti” con le sofferenze antropomorfizzate delle cavie e dei macelli».

Proprio così, dice Marco d'Eramo, e dal gioco delle virgolettature si comprende che la frase delle “sofferenze antropomorfizzate” è tutta sua. Dunque, gli animali non solo devono subire atti che comportano - qualsiasi neurofisiologo non prezzolato lo ammetterebbe - sofferenze dolorosissime, ma devono anche subire lo scorno da parte di chi semina aberranti informazioni destinate a diventare devastanti luoghi comuni.

Non è la prima volta che il Manifesto dà spazio ad articoli di dubbio gusto sul problema. Come è possibile che coloro i quali hanno una chiara consapevolezza delle sofferenze e delle ingiustizie del mondo patite dagli animali umani, non riescano a allargare la prospettiva e includere nella loro attenzione altri animali che hanno la stessa capacità di soffrire pur non avendo la parola per gridare la loro ribellione?

C'è una risposta a questo. E' sgradevole da esternare, ma pare che non si possa dire niente di meno. Ebbene, c'è continuità tra Cristianesimo e deriva marxista, e questa continuità si chiama, come ormai ben sappiamo, “antropocentrismo”.

Urge una nuova etica. Vuoi vedere che, in rapporto a questa etica emergente, anche i progressisti appariranno reazionari?






Data: 03/07/02

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