Officina della THEORÎA

L'antispecismo apolitico e
la politica dell'antispecismo
- Winstanley -





I

Un messaggio circolato in varie mailing-list rilancia la persistente questione sulla relazione che deve (o non deve) sussistere tra animalismo e politica. La cosa è più seria di quanto si possa immaginare anche se sembra interessare da una parte un gruppo di persone di area anarchica assai ristretto e dall’altra alcune singole persone costantemente tirate in ballo. In realtà esistono altre due aree, ognuna partigiana delle due precedenti, ma ancora silenziose. La prima assolutamente convinta dell’estrema politicizzazione del problema antispecista, la seconda, di matrice protezionista - zoofila, sicura che non sia il caso di perdersi “con queste scemenze” mentre gli animali hanno bisogno di tutta la nostra disponibilità in azioni quotidiane. Occorre dire che sia la prima che la seconda dovrebbero partecipare più attivamente alla questione se non altro per difendere la loro posizione. La prima per andare oltre liturgiche dichiarazioni e fondare la base politica dell’antispecismo su qualcosa di diverso da dichiarazioni di principio ripetitive e tediose. La seconda per motivare meglio il punto di vista minimalista. L’unica cosa da non fare è ciò che viene periodicamente fatta: la contrapposizione muro contro muro di formule stereotipate prive di rilevanza. Veniamo dunque all’ultima espressione di questa disputa. 

II

Un certo Corrado si presenta al Gathering animalista nel Kent (Regno Unito) e lì si sente apostrofare da un paio di connazionali. “Sei fascista. Vattene che è meglio. Lo diciamo per il tuo bene”. Segue una polemica lunga tre ore, per fortuna soltanto dialettica, che alla fine, grazie alla tolleranza di qualcuno, consente a Corrado di rimanere. Ma il disagio dovuto al confronto è tale che il “fascista” decide di andarsene insieme con un suo compagno.

Ora, un giudizio articolato su fatti e personaggi non può essere formulato da chi non ha preso parte a questa disputa. Tuttavia si possono fare affermazioni generali considerando i solidi stereotipi che entrano in gioco in situazioni come queste. Il resoconto afferma che il gathering è organizzato da anarchici e, per questo, per i fascisti non c’è posto. Bisogna dirlo: la parola “anarchico” ha perso molto in precisione e insieme con “animalista” non ha ancora generato un profilo nitido. Si parte da affermazioni generali e tendenzialmente centrate sulla natura della società odierna, ma la connessione con il versante della questione animale è abbastanza sfumato. Non si riesce a comporre bene le due cose se non attraverso proposizioni assai generali che non riescono né a precisare una strategia né a dare una base politica al movimento, intendendo con questa la capacità di incidere in qualche misura sull’interesse che si dice di rappresentare. Dati questi presupposti, ha senso davvero creare un baillamme come quello che sembra essere stato creato al gathering? E’ logico che di fronte a un’evidente infiltrazione fascista o razzista, debba essere presa una posizione dura (non solo: anche a prescindere da infiltrazioni pericolose, certi gruppi informali ma con lineamenti ben definiti possono ben decidere con chi riunirsi e con chi no).

Ma se seguiamo bene la descrizione dei fatti osserviamo un personaggio che pare sinceramente “animalista” (sta scrivendo un libro su Horne) e interessato allo scambio di esperienze al Gathering. Fascista? Corrado lo nega e afferma di essere genericamente di destra. A tal proposito presenta una serie di convinzioni sulle quali si potrebbe (e dovrebbe) riflettere a lungo.

“Ho spiegato, o meglio dovuto spiegare, che essere di destra per me significa avere certi valori, chiamarsi fuori dal progetto di omologazione planetaria che e' in atto, difendere gli interessi nazionali, essere a favore delle piccole patrie e delle minoranze etniche e contro l'adesione della Svizzera all'Unione europea, credere nelle tradizioni, essere contro l'aborto, a favore di un'immigrazione controllata, contro la globalizzazione e la mondializzazione, a favore dell'autarchia dell'Europa e contro la tecnologia e la modernita' esasperata. Essendo a favore del principio dell'autodeterminazione dei popoli ho anche fatto presente di aver scritto persino articoli a favore di realta' non certamente di destra, come l'Ira e l'Eta”.

In questa lista, se si esclude qualche punto (p. es. il riferimento non bello all’aborto), si manifesta tutta una serie di temi che configurano un’epoca di passaggio in cui le tradizionali linee di demarcazione destra/sinistra risultano spesso da ridefinire. Questo non significa, come vuole insinuare qualche ideologo straccione, che le categorie di “destra” e “sinistra” abbiano perso significato. Tra le due visioni c’è una battaglia mortale che in certi momenti si potrà attenuare, ma non si esaurirà mai e, anzi, raggiungerà forme sempre più acute. Significa invece che concetti come “omologazione” economica e culturale, mondializzazione, autodeterminazione dei popoli, autarchia (vista in termini relativi e sotto una particolare prospettiva), critica della scienza e della tecnologia e tutto il resto, devono essere rivisitati dalla sinistra, focalizzati, interpretati e eventualmente assunti entro la sua logica egualitaria, solidaristica e progressiva. Persino il problema dell’immigrazione, qualora sia visto in una visione di prospettiva e non nei suoi aspetti immediati (che impongono la massima apertura e solidarietà nei confronti di esseri in fuga dalle loro terre a prescindere da qualsiasi altra considerazione), dovrebbe essere inquadrato in una visione specifica di “sinistra” che lo neghi in quanto manifestazione di squilibri a cui porre rimedio con una vera politica di riequilibrio delle economie. Tutto questo poi dovrebbe essere collegato con la questione animale. L’antispecismo sta compiendo i suoi primi passi e pochi intuiscono come tali problemi impattino sulle possibilità di costruire un mondo che devii dal crimine storico dello specismo; è questo un ritardo che prima o poi dovrà essere colmato.

In questa situazione, non è sbagliato crocifiggere (per usare il termine di Corrado) una persona invece di cogliere le contraddizioni di cui è portatore e cercare di assimilarlo?; si monta un caso che, oltre a distrarre energie dal punto focale del gathering, dimostra la facilità con cui in certi ambienti ci si lascia distrarre da parole d’ordine che altro non sono che parole d’ordine. Senza contare che la forza gravitazionale di certi ambienti potrebbere mettere in moto dei processi di ripensamento capaci di ristrutturare la dimensione cognitiva dell’ospite. In fin dei conti, Grass, Fo, Bobbio, Ingrao non hanno vissuto da giovani momenti di pericolosa confusione commistionandosi con idee che hanno successivamente rinnegato?

III

Se, dunque, la critica a certi ambienti deve essere portata a fondo sia per la superficialità degli schemi adottati, sia per una improduttiva intolleranza, altrettando deve essere fatto nei confronti di chi si ostina a propagandare una visione dell’animalismo “apolitico”. Già in occasione degli ultimi disordini presso Morini, Marina Berati e Massimo Tettamanti avevano composto due lettere per il movimento animalista insistendo su una visione di pragmatismo minimalista assolutamente pericoloso. Di nuovo, Berati accompagna il resoconto di Corrado compiendo quello che va valutato come errore preoccupante: l’accorpamento di due questioni che devono essere mantenute assolutamente distinte. Lo stile delle sue critiche ai ragazzi del gathering accusati di “squadrismo” è una scelta. Certo non va in direzione di un accomodamento dei conflitti, ma ognuno è libero di decidere con chi vuole rompere e con chi cucire.

Ciò che invece appare grave è l’insistenza con cui si sancisce il divorzio tra politica e animalismo non avvedendosi che così facendo si consegna a chi la politica la gestisce e la rappresenta, la scelta di accettare o meno (e non occorre interpretare l’intenzione del mondo della “Politica”, basta guardare ai fatti) il reclamo di miseri frammenti di richieste residuali. Non a caso l’animalismo sta scivolando, senza alcuna prospettiva di successo, verso un servile accattonaggio presso le istituzioni nonostante la bellissima dedizione di molti.

E sì che certe esperienze sono nate partendo proprio dalla considerazione del fallimento dell’associazionismo animalista. Vedere come si ricada negli errori di chi è preceduto induce malinconicamente a pensare che esistano delle ferree leggi sociologiche che a dispetto di nuovi coni (antispecismo, liberazionismo) riconducono a impostazioni manifestamente improduttive.

Se gli “squadristi” del gathering vanno criticati, non è perché trascinano la politica nell’animalismo, ma perché non lo fanno abbastanza. Affermare, come fa Berati,

“...perche' agli animali che muoiono nei laboratori, negli allevamenti e nei macelli non gliene puo' fregare di meno delle vostre idee politiche!”

significa non comprendere come l’antispecismo, configurando una costellazione di diritti, sia una questione eminentemente politica e abbia bisogno di  essere rappresentata da una politica autonoma, cioè che nasca dentro la pratica animalista. Che poi questa politica, rappresentando una politica di allargamento dei diritti (in senso lato) degli animali, debba essere necessariamente di sinistra, e di sinistra forte, non si vede come possa essere messo in discussione. Senza naturalmente adottare atteggiamenti di ostracismo verso singoli ai quali, lo riconosciamo, non devono essere richieste, soprattutto in un fase di “costruzione” come questa, professioni di fede; anzi lasciando che siano i processi a condurre le auspicate maturazioni e alle eventuali successive rotture.

Dunque affermare

“E' patetico che questa gente non abbia argomentazioni piu' fondate per giustificare il loro mettere la politica davanti agli interessi degli  animali”

significa compiere l’errore di disarmare quegli interessi degli animali che pretendono proprio criteri politici di descrizione e di prassi per avere una qualche possibilità di materializzarsi.

Infine si può concordare con Berati che oggi...

“Nessuno ha il diritto di dire che chi non ha le sue stesse idee  politiche NON puo' essere animalista, o attivista, o attivista di un certo tipo”.

L’immaturità del movimento e la sua fase “infantile” (termini usati senza alcuna connotazione negativa ma solo per indicare una fase iniziale) impongono, a meno di casi eclatanti associati a espressioni chiaramente razziste e fasciste, la raccolta delle energie. Ma si spera che il movimento raggiungerà la sua maturazione; allora, giocoforza molto dovrà cambiare.

 



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17/08/06