Bloc Notes

“... dice che i cani non sono persone...”

di
Frunze




Un certo Massimo Fini, giornalista del Giorno, ha prodotto un articolo che, attraverso vari rimpalli, è approdato nelle liste di discussione animaliste: “I cani non sono persone”. Come si può immaginare dal bel titolo, lo scritto ha causato malumori tra gli animalisti e non poteva essere altrimenti. Toccate i loro beniamini e essi reagiranno inviperiti.

E’ sbagliato, cari amici animalisti! Gli argomenti del prossimo vanno ascoltati: si può imparare, si deve imparare da tutti ascoltando tesi diverse, perché c’è un pizzico di verità anche in ciò che può indisporre.

Seguiamo dunque il filo del discorso del giornalista Massimo Fini:

«... il cane, come ogni altra bestia, non ha ... «diritti», non ha fatto, per sua fortuna, la Rivoluzione francese, è ... una bestia gerarchizzata che  ha bisogno di un capo-branco o, in mancanza, di un padrone che faccia  sentire e valere la propria autorità. Il che può avvenire anche,  all'occorrenza, con una salutare pedata o, per i più recalcitranti, con una  bastonata, come si faceva ai vecchi tempi quando, con gli animali, ci si  poneva meno problemi metafisici.»

Inoltre egli individua comportamenti sempre più innaturali nel trattamento moderno degli animali di affezione che alla fine si ritorcono contro l’animale stesso. Riprendiamo lo spesso filo espositivo:

« ... la cosa più singolare, e paradossale, è che gli animalisti fanatici,  trattando i cani come delle persone, ottengono un risultato opposto ai loro  intendimenti: ne fanno degli infelici. Infatti il cane viene tradito nelle  sue aspettative e nei suoi bisogni di cane, perde la sua identità, diventa  uno sbalestrato».

Al fine di dimostrare la fondatezza dei suoi argomenti, il Fini chiama in causa valenti studiosi del comportamento animale come “il grande etologo Danilo Mainardi, docente all'università di Venezia, che nessuno, spero, vorrà far passare per nemico degli animali”. L’insigne studioso gli fornisce una formidabile conferma:

«Il cane va trattato da cane. Col passaggio alla vita cittadina si è persa la capacità di interpretare i bisogni dei cani. Spesso li si tratta come bambini e alcuni padroni, per un eccesso di buonismo malinteso, hanno sviluppato troppo rispetto per l'animale».

Non contento, l’articolista ricerca altre pezze d’appoggio... e le trova in Franco Monti, direttore scientifico di Progresso veterinario:

«Gran parte dei proprietari ha problemi nella gestione del  cane e, sbagliando, si rifugia nell'antropomorfismo e lo tratta come un  uomo»

Da ciò scaturirebbero complicazioni che il Fini individua molto acutamente nell'indisciplina del cane:

«... lo sporcare in casa, l'abbaiare molesto e continuo rompendo i corbelli a interi condomini, fino a infrangere il tabù dei tabù e a mordere il corpo dell'uomo. Ciò avviene perché il suo padrone, ma in questo caso sarebbe più giusto chiamarlo proprietario, trattandolo come una persona ha violato l'intima natura animale.»

Bisogna considerare che l’autorevole giornalista ha un sacco di ragioni. Del resto come potrebbe avere torto con quei personaggi alle spalle? Anche quando afferma, a chiusura del suo illuminante articolo:

 «Ho l'impressione che spesso negli animalisti fanatici e ossessivi operi uno  spaventoso, anche se inconscio, egoismo per cui costoro scambiano per amore  il proprio bisogno di affetto, il proprio vuoto esistenziale, per il quale  sono disposti a tutto, anche a ridurre gli animali a delle grottesche e  penose parodie di se stessi.»

Anche noi, poco tempo fa, abbiamo saputo di una signora 80enne che teneva il gatto legato tutto il giorno alla sedia a dondolo per impedirgli di andare in giro per la casa, dove avrebbe potuto fare qualche guaio. Di notte poi, andando a coricarsi, chiudeva il suo compagno in un angusto sgabuzzino perché voleva essere tranquilla che non scappasse attraverso il camino.

Detto questo il signor Fini accetterà qualche controdeduzione anche se il suo stile espositivo non sembra lasciare grandi spazi (è normale: chi ha elevati pensieri, è poco disposto ad ascoltare il suo prossimo).

Innanzi tutto egli sembra confondere la parola “animalista” con “proprietario di animale ad alta intensità emotiva”. Grave errore! Confondere le vecchie zie o vecchi zii, spesso un po’ inaciditi col mondo per via di traversie esistenziali, che non hanno più la forza di amare il loro prossimo, con gli animalisti veri, quelli che fanno andare avanti con mille difficoltà le loro associazioni, non è un bel risultato per uno che svolge il delicato ruolo del giornalista. E’ un errore grave, gravissimo!

Gli animalisti veri, molto spesso non sentono neanche la necessità di avere un animale. Noi di RA, per esempio, abbiamo quasi tutti cani o gatti ma preferiremmo non averli perché ci limitano fortemente nelle nostre attività. Non li abbiamo scelti noi. Infatti sono tutti randagi che sono stati mollati per strada da farabutti che avevano verso l’animale proprio l’atteggiamento opposto dei “proprietari di animali ad alta intensità emotiva”. Animali che, trovati in un modo o nell’altro, non ci siamo sentiti di lasciare al loro destino.

L’Animalismo cerca di risolvere, compatibilmente con le situazioni indubbiamente complesse, la relazione problematica tra animale umano e animale non umano. L’Animalismo accetta gli animali in ambiente antropizzato (cani e gatti) forse ob torto collo, ma è sicuro che vorrebbe impedire la loro diffusione in quelle situazioni in cui si registra l’impossibilità di stabilire forme minime di benessere per gli ospiti. Anzi, in tali casi pretenderebbe il divieto di detenzione.

Sorprende che il signore invaso dal desiderio di fustigare i costumi pervertiti, attacchi coloro che, da tempi lontani ormai e senza alleati, cercano di contrastare proprio i fenomeni che lui descrive. Anziché comporre articoli contro l’importazione degli animali che costituisce il businness del 2000, il Nostro attacca qualche strambo che tratta l’animale in modo innaturale. Chiede di trattare gli animali a pedate e a bastonate per evitare che sporchino in casa o disturbino il caseggiato, ma si guarda bene, di indurre con i potenti mezzi a sua disposizione il rispetto delle invocate caratteristiche etologiche dell’animale, di scrivere un articolo per invitare la popolazione a non “adottare” in mancanza delle condizioni che permettono una detenzione dignitosa. No, il cane deve vivere in luoghi angusti e innaturali, ma se sgarra deve essere preso a pedate o legnate. E per le sue deduzioni chiede l’appoggio di personaggi appartenenti a un mondo, quello dei veterinari, che certo non auspica la limitazione della marea montante degli animali dato che gonfia di soldi le tasche della categoria. Al massimo consiglia qualche buon istituto comportamentista che insegni al cane ad accettare situazioni infelici e a rispondere a ordini formulati in tedesco. Il denaro gira anche così.

L’animale che vive nelle nostre case, che una legge dello Stato chiama (forse il signor Fini non lo sa) animale di affezione, deve essere tenuto solo per un interesse nostro, non importa quale, foss’anche per dargli calci in culo e mazzate in testa. E’ chiaro che il passo dell’abbandono o quello del maltrattamento viene subito dopo se non addirittura nel momento stesso in cui l’animale, a dispetto delle sue caratteristiche etologiche, viene immesso in una condizione che non può sopportare.

Abbiamo detto che non tolleriamo atteggiamenti lesivi della dignità dell’animale e lo stravolgimento delle sue caratteristiche naturali. Detto questo sarà bene precisare che i cani e i gatti, come tutte le creature viventi hanno un potenziale che va oltre ciò che l’ambiente difficile della natura consente di elicere. Sicuramente, in ambiente protetto, i mammiferi che si trovano in un rapporto di scambio con l’uomo possono sviluppare delle forme relazionali e affettive che forse il signor Fini non è in grado minimamente di sospettare. Anche se non hanno fatto la Rivoluzione Francese. A questo proposito vorremmo sottolineare che tra le “bestie gerarchizzate” non ve n’è alcuna che abbia stratificazioni così mostruose come quella che ogni tanto, in un anelito di libertà dalle gerarchie, compie qualche rivoluzione. Non per questo vogliamo pensare che l’egregio giornalista voglia ripristinare i metodi del manganello che un tempo erano impiegati anche verso gli uomini. Perché in tal caso dovrebbe bissare la sua impresa con la scrittura di un secondo articolo dal titolo: “Le persone non sono persone”, che incontrerebbe qualche difficoltà con il principio di non contraddizione. Ma non divaghiamo! I nostri cani e i nostri gatti amano, giocano, cercano i loro tutori (né padroni, né proprietari per favore), vanno loro incontro quando tornano da casa, guaiscono di felicità, fanno le fusa al minimo contatto. Si comportano in modo diverso dai gatti e dai cani che il vivono il destino crudele dell’abbandono. Ma si comportano anche diversamente dagli animali trattati secondo i metodi della salutare pedata o della bastonata. E allora, è così incredibile che un animale sviluppi una relazione molto passionale con il suo tutore in una condizione estranea alle durezze ambientali e in un contesto civile? I cani e i gatti, i mammiferi in genere sono tutta natura? O in ambiente culturale adeguato possono rivelare manifestazioni non tipiche? Ed è così disdicevole che le manifestino?

Del resto anche l’HOMO SAPIENS viveva nelle caverne e usava la clava. Sicuramente in quell’epoca era un poco più grezzo nei suoi modi di quanto non lo sia oggi. Eppure il suo cervello era uguale a quello dell’etologo, del giornalista, del veterinario attuali; dell’uomo moderno insomma. Anche se è vero che qualche “Troppo Sapiens” giunto ai tempi nostri, nelle caverne potrebbe ritornarci. Farebbe sicuramente la sua bella figura.




Data: 12/06/01

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