| «Ho ricevuto lultima vostra del 13 dal sig. Manzini, da cui mi sono state rappresentate le di lui circostanze; ma io non ho potuto che mostrargli la mia buona volontà dessergli utile, presentandosi, per farlo, una qualsiasi opportunità».
Così, da Rimini, ai 19 gennaio 1832, scriveva il card. Giuseppe Albani, Commissario Speciale per le quattro Legazioni, al nipote march. Paulucci de Calboli, Pro-Legato di Forlì. Due giorni dopo, ai 21, il Manzini inviava, da Rimini, al march. Paulucci la seguente lettera: «Appena giunsi in Rimini, ammalai, e però mi fu impossibile landare a Pesaro, onde presentarmi allE.mo Albani. Giunse lEm.za Sua in questa città il 18 corr.; ed il 19, abbenché non bene ristabilito, mi procurai una udienza. Presentai la lettera di V. E.; e dopo letta, feci il genuino racconto e delle passate cose e delle presenti; e feci alla lodata Em.za Sua delle comunicazioni dalta importanza, riguardanti il nostro governo e gli altri tutti dItalia, Francia e Germania per una nuova, generale rivolta; il secondo, i segni e le parole della società; il terzo, vari fondatori, propagatori, aggregati. Il Sig. Cardinale rimase soddisfattissimo e del mio racconto genuino per quanto riguarda le mie cose e di quanto gli palesai; per cui mi chiese, dopo mille detti veramente lusinghieri, che bramavo. Dissi di avere presentato a V. E. unistanza, in che mi facevo a domandare il Capitanato di Finanza. Al che rispose (sono sue parole): - Giunto che sarò a Forlì, se potremo andarvi, lasciatemi parlare col march. Paulucci, e sentire cosa ne dice egli; e quindi sarete consolato. - Il Sig. Cardinale mi assicurò anche più volte del secreto più impenetrabile sulle fatte comunicazioni; ed a V. E, raccomando di novellamente supplicarlo per questo; mentre in diverso caso la mia vita sarebbe nel massimo dei pericoli. Spero pure che lE. V. vorrà consegnare alle fiamme la presente, appena letta...». Il Pro-Legato non distrusse la lettera del Manzini, ma la seppellì nellarchivio di famiglia.
Sappiamo che il Manzini aveva presentato al march. Paulucci, pare verso la fine del 1831, una domanda diretta ad ottenere il Capitanato di Finanza. La domanda, anche dopo il colloquio avuto dal Manzini con il card. Albani, rimase senza effetto. Qualche mese dopo, nel 1832, il Manzini rinnovò la istanza, accompagnandola con il seguente Memoriale:
«Nellanno 1820 limpiego di Giovanni Manzini fu riformato, e perciò egli ne rimase privo. Nel 1821 il Manzini si fissò con la sua famiglia in Rimini dove dimora da dieci anni.Nel 1822, col mezzo di mons. Ottavio dei conti Zollio, Vescovo di Rimini, in quel tempo Vicario generale, e col mezzo del canonico arciprete don Luigi Nardi, fece conoscere il Manzini allE.mo card. Sanseverino, Legato di Forlì, le sette della Massoneria e Carboneria, con tutto che le riguardava in segni e parole, e quanto altro racchiudevano in sé di segreto e misterioso. Fece conoscere quasi tutti gli aggregati, i nuovi proseliti, i propagatori e i capi, in numero di ottocento (1). LE.mo Legato di Forlì si compiacque infinitamente delle comunicazioni suindicate, ed al Manzini promise il posto di Tenente nei Carabinieri pontifici. Sempreché avesse dato schiarimenti ulteriori ed avesse risposto alle molte interrogazioni che a lui si farebbero. Si rispose, e le risposte date per la verità purissima furono quali si bramavano dallEm. Legato: e queste in due volte diverse, ed in due diversi fogli. Le comunicazioni fatte dal manzini al card. Sanseverino furono le prime che il governo conobbe, e le più precise e concludenti; e ciò fu assicurato da summentovato E.mo Legato. Volendosi verificare lesposto dal vivente mons. Zollio, Vescovi di Rimini, potrà farsi, ma con ogni cautela, perché il suo segretario, canonico Fabbri, è stretto intimamente per amicizia col maggior numero dei liberali: converrebbe, pertanto, fare parlare il sullodato mons. Zollio per persona incapace di compromettere l'esponente, e che in pari tempo il Vescovo avvertisse di non fare giammai conoscere al segretario quanto si tiene in questo foglio. Però limpiego di Tenente nei Carabinieri fu dato ad altri, e ne rimase deluso il Manzini. Il Legato di Forlì, dopo aver mancato alle sue promesse, morì; e sicuramente senza aver fatto le promesse e debite raccomandazioni a Roma: per cui tutto fu posto in dimenticanza, e chi sì importante servizio rendeva al Governo Pontificio non fu considerato. Venuto in Rimini lE.mo cardinale Albani, Commissario Speciale per le quattro Legazioni, il Manzini gli fece conoscere la nuova setta intitolato federazione della Giovane Italia, consegnandogli tre fogli, contenenti: il primo, il piano della setta; il secondo, i segni e le parole di essa; il terzo, il nome e il paese dei capi dei propagatori e di alcuni associati. Questa estesissima setta fa in tutta Italia progressi immensi, ed è quella che, a preferenza di ogni altra associazione, regola oggi il grande piano rivoluzionario. Una tale comunicazione è stata importantissima tanto per il Governo del Pontefice, quanto per gli altri tutti d'Italia. Riservasi il Manzini di dare ulteriori schiarimenti e più precisi, se il Governo li bramerà, tanto sul passato, quanto sul presente e futuro; offrendosi ben anco di tener dietro a qualunque movimento parziale o generale, innovazione od altro che fare si tentasse, per fare il tutto conoscere prontamente al Governo di Nostro Signore».
Questo Memoriale manca di data; ma è di poco posteriore al colloquio avuto dal Manzini con il card. Albani a Rimini, perchè nello stesso 1832 il delatore fu compensato con un impiego nella dogana di Cesenatico.
I documenti della delazione Manzini si conservano nell'archivio di una nobile famiglia di Forlì. Li trovò, per il primo, casualmente, un insigne cultore di storia forlivese, Luigi Silvagni, ora defunto, e ne fece parecchie copie. Una di esse, dal compianto Silvagni donata ad un suo dotto amico e da questi liberalmente messa a mia disposizione, mi ha consentito di compilare questa nota.
Oliverotto Fabretti
NOTA (1) Il Manzini fu uno dei primi soci della Vendita di Forlì; ai 20 luglio 1817 partecipò alla solenne adunanza che i Carbonari forlivesi tennero nella villa Saffi (cfr. cost. Maroncelli 17 febbario 1821, int. 129, in Pierantoni, I Carbonari dello Stato Pontificio ricercati dalle inquisizioni austriache nel Regno Lombardo-Veneto, Roma, Soc. Ed. D. A., 1910, I, pp. 22-25). |