Rimini 150. In poche parole
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L’Internazionale di Rimini, 1872


Rimini, estate 1872. Dal 4 al 6 agosto, si tiene la conferenza italiana dell'Internazionale socialista. Nasce una federazione delle nostre sezioni, e si compie la scelta di aderire all'anarchismo.
Il 12 agosto, il prefetto di Forlì scriverà compiaciuto al ministro degli Interni un rapporto sul distacco degli internazionalisti italiani dall'organizzazione fondata da Carlo Marx nel 1864: è un episodio "che a me pare debba portare a tutt'altro che a quella concentrazione poderosa di mezzi che pur si richieggiono per mettere (…) in iscompiglio la società tutta quanta".
Alla conferenza di Rimini partecipano delegati di 21 sezioni internazionaliste, in maggioranza romagnole e marchigiane.
Presiede i lavori Carlo Cafiero (1846-1892) che ha conosciuto di persona Marx e Federico Engels, gli autori del "Manifesto" (1848).
Le riunioni si tengono nell'attuale piazzetta Agabiti, allora detta "via dell'Orologio Guasto", nella casa Santinelli (ora distrutta), sede del "Fascio Operaio".
Perché venne scelta Rimini, per quell'incontro? In una città balneare, l'arrivo massiccio di tanti 'forestieri' in piena stagione, non destava sospetti. Il turismo favorì la politica. Tutto qui. (Cfr. Angelo Varni, in "Storia di Rimini dal 1800 ai giorni nostri", Ghigi, p. 136).
In quegli anni, a Rimini, gli internazionalisti schedati dalla prefettura sono circa 140. In massima parte, sono ferrovieri. Il "capo occulto" veniva considerato dalla polizia Raffaele Tosi, uno dei tanti garibaldini presenti in città, come Caio Zavoli, Giobatta Carradori, Augusto Aducci, Silvio Marcaccini, gli organizzatori della manifestazione. Sono socialisti barricadieri, come li definisce Varni (p. 137), con una confusione ideologica che rispecchia quella della Sinistra italiana in quei giorni.
Rimini allora non conosce forti tensioni sociali: "fitta di botteghe, di locande, di laboratori artigianali", essa è "priva di stabilimenti industriali in città e di consistenti nuclei bracciantili nella campagne", aggiunge Varni (ib).
Il significato della conferenza riminese è così spiegato da Liliano Faenza in un suo vecchio saggio ("Marxisti e "riministi"", Guaraldi, 1972, p.7): "Si costituì in forma ufficiale il movimento anarchico, che si fondò anche sul distacco del settore più combattivo del movimento operaio dalla democrazia mazziniana. Ebbe inizio una nuova fase di lotta politica e di polemiche", fase che sarà poi caratterizzata da due scissioni 'socialiste', quella di Andrea Costa e quella di Filippo Turati.
Nella "Risoluzione" riminese del 6 agosto, si legge che "la conferenza di Londra (settembre 1871) ha tentato d'imporre… a tutta l'Associazione Internazionale de' Lavoratori una speciale dottrina autoritaria, ch'è quella propriamente del partito comunista tedesco", dottrina che è "la negazione del sentimento rivoluzionario del proletariato italiano".
La conferenza di Londra aveva dichiarato che contro il potere "delle classi possidenti il proletariato può agire come classe soltanto organizzandosi da se stesso in partito politico distinto da tutti i vecchi partiti formati dalle classi possidenti e opposto ad essi". Aveva anche affermato che quel partito era "indispensabile per assicurare il trionfo della rivoluzione sociale" e dell'abolizione delle classi.
Queste idee erano lo sviluppo logico dell'impostazione data nel '64 da Marx all'Internazionale. Ma contro la linea marxista, si erano schierati gli anarchici, nel novembre '71 in Svizzera, a Sonvillier: lo scopo dell'Internazionale (fu scritto in una circolare), non era la conquista del potere politico, ma l'emancipazione dei lavoratori per opera dei lavoratori stessi, attraverso quell'abolizione dello Stato che avrebbe portato all'abolizione del capitalismo.
Gli internazionalisti italiani, in grande maggioranza, aderiscono alla linea espressa a Sonvillier.
Cafiero nel giugno '72 interrompe la sua corrispondenza con Engels, ed aderisce al bakuninismo.
Bakunin, nato nel 1814, fra 1865 e '67 si è stabilito a Napoli, dove ha fondato la prima sezione italiana dell'Internazionale. Il suo scontro con Marx comincia dopo il 1869 (risale a cinque anni prima la divergenza con Mazzini): per l'autore del "Capitale", lo Stato era un riflesso della struttura economica. Cambiando quest'ultima, cambiava pure lo Stato. Per Bakunin, invece, l'ostacolo alla libertà non era costituito tanto dai rapporti di produzione, quanto dall'esistenza stessa dello Stato.
In quegli anni, sino al '76, in Italia è al potere la Destra. Tra '69 e '73, è ministro delle Finanze Quintino Sella, che attua una politica di duro fiscalismo e di inflessibile rigore finanziario che non piace neppure alla borghesia, e che nel '75 porta al pareggio del bilancio, provocando profondo malcontento popolare.
In Europa, avvengono alcuni fatti importanti. Nella guerra contro la Prussia, la Francia è sconfitta a Sedan (2.9.1870). E la Prussia si trasforma in Impero tedesco (18.1.'71). Dopo Sedan, in Francia scoppia la rivoluzione, e nasce la repubblica; nel marzo '71, si sviluppa l'insurrezione della Comune parigina, repressa con migliaia di morti in battaglia e per esecuzioni sommarie. Con la Comune, si sparge in Europa la paura del comunismo.
Per i fatti della Comune, il riminese Amilcare Cipriani viene deportato nella Nuova Caledonia.
Il fallimento della Comune coincide proprio con la lotta tra marxisti e bakuniniani, che sembra per ora vinta da questi ultimi.
Al congresso dell'Aja (settembre '72), Bakunin viene espulso dall'Internazionale che, trasferitasi a Nuova York, si scioglie nel 1876.
Il 2 agosto 1874 a Rimini, sul colle di Covignano, nella villa dell'industriale Ercole Ruffi, 28 dirigenti repubblicani che avevano indetto una riunione per decidere sulla loro linea politica, vengono arrestati. Li portano alla stazione ferroviaria dove, sotto il controllo di soldati con la pallottola in canna, vengono fatti salire sul treno per Ancona.
All'ordine del giorno della mancata riunione, era stata posta la questione della collaborazione con anarchici e garibaldini in vista di un'insurrezione nazionale, prevista per l'8 agosto.
"Gli arresti di Villa Ruffi", spiega lo storico Giorgio Candeloro ("Storia dell'Italia moderna", vol. VI, Feltrinelli, p. 57), "colpirono indirettamente ma gravemente gli internazionalisti, i quali rimasero completamente isolati", ma vollero proseguire nel loro progetto, perché "giudicarono che fosse troppo tardi per disdire l'inizio del moto". Il 5 agosto viene arrestato Andrea Costa, nella notte tra 7 ed 8 agosto quasi tutti i partecipanti sono bloccati. "Bakunin riuscì a fuggire travestito da prete". Si salvò anche Cafiero.
Rimini "fu scossa in profondità dagli avvenimenti" di Villa Ruffi e di Bologna, scrive Varni (p. 147): erano fatti che seguivano a mesi di miseria e a tumulti di piazza per la penuria degli alimenti.
Andrea Costa, che aveva conosciuto, dopo Rimini, processi e condanne anche in Francia, nel 1879 chiude con l'anarchismo. Uscito dal carcere parigino, ritratta il suo passato: "Noi non ci mescolammo abbastanza al popolo", anzi il popolo "ci ha lasciati soli", quando "abbiamo tentato d'innalzare la bandiera della rivolta". Nell'82, Costa entra in parlamento (cfr. Faenza, ib., pp. 52-53).
Un anno prima, Cipriani è tornato in Italia. A Rimini, lo arrestano: viene condannato all'ergastolo a Portolongone (ib., p. 69).
Nell'82 si forma un partito operaio indipendente dal quale, nel '92, per iniziativa di un gruppo capeggiato da Filippo Turati, deriva il partito socialista italiano. Nel '21, ci sarà la scissione di Livorno, con la nascita del partito comunista. Settant'anni dopo, ancora Rimini, Occhetto e la Cosa. La cronaca di questi giorni è già storia.
[Articolo apparso su "il Ponte", Rimini, n. 4, 27 gennaio 1991, con il titolo L'Orologio guasto di Carlo Marx.]


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Antonio Montanari

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