Un Tama censurato.
1993. Parlavo dell'allora prima cittadino, citando un fatto del 1961...

[Tama inedito, preparato per "il Ponte" n. 44, dicembre 1993, puntata 504.]
Ho ricevuto una lettera. Non in originale, ma in fotocopia. Non è intestata, non ha l'indirizzo né del destinatario né del mittente, non ha l'oggetto né un titolo. Sembra piuttosto un volantino. Il timbro postale dice Rimini. Neppure sulla busta appare il mittente, il quale in un momento di disattenzione, forse dovuta alla grande cura espressa nella stesura del testo, si è dimenticato di firmarla. Dunque, a rigor di logica, sarebbe una lettera anonima. L'autore, credendo di aver fatto un capolavoro, ne avrà 'tirate' alcune copie, facendole circolare in vari ambienti. So per esperienza che chi mi scrive, di solito non si scomoda per così poco in un unico esemplare, ma ne produce come minimo due, cercando di far conoscere ad altri la propria intelligenza e la mia stupidità. Su quest'ultimo dato, la mia stupidità, anch'io non ho dubbi, pure se per rispetto di quanti mi circondano, spesso faccio finta di niente, e mi tratto con il riguardo dovuto ad una persona che appartiene, pare, alla terza età. Sull'intelligenza di chi ha inviato quel dattiloscritto senza firmarsi, ho dubbi seri.
Non rivelerò il contenuto della missiva, né l'argomento del contendere. Mi limiterò, per rispetto al lettore, a pochi cenni di analisi testuale. L'anonimo, non soddisfatto da una mia frase, se la prende con tutto il giornale «sempre distintosi per autonomia e imparzialità di giudizio» fino al giorno in cui io scrissi una certa cosa. Mi permetto di far osservare all'anonimo che egli ha stravolto il mio pensiero, isolando le mie parole dal loro contesto. Poi, lui ha generalizzato un discorso che era solo particolare, legato ad un fatto singolo, innegabile. La mia paglia l'ha fatta diventare pagliaio, con un rigoroso (si fa per dire) ragionamento politico culminante nell'accusa a me rivolta, di «confondere» fischi con fiaschi, cioè «il bisogno di giustizia» con il giustizialismo. E di produrre «solo un inquietante e pericoloso clima di caccia alle streghe». Se il coraggioso anonimo avesse letto qualche puntata di questa rubrica, non avrebbe sostenuto simili idiozie.
Scrivo sui giornali da 34 anni. La prima volta che subii una polemica fu quando, sul «Carlino» (7.3.1961), intervistai un futuro sindaco di Rimini che andò poi a piangere sulle spalle del direttore di un foglio comunista, sul quale venni accusato (19.3.1961) elegantemente di essere un servo del padrone e di aver censurato questa frase pronunciata dall'intervistato: «I preti sono antisociali: non entreranno nelle famiglie operaie, nel popolo».
Cito l'episodio perché l'anonimo di oggi rivela la stessa mentalità vetero-comunista, da commenti di radio Praga, ad oltre trent'anni di distanza da quei giorni. Per certe persone, il tempo non passa mai.

Postilla ad explicandum, 2014.
Quel futuro sindaco del 1961 era l'allora sindaco del dicembre 1993.


Alla sezione dell'ARCHIVIO SEGRETO



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