Rimini come, viaggio dentro la città [5] Il resto del «Carlino» è dentro una «Gazzetta» "il Ponte", Rimini, 28.08.1988 Come funziona l'informazione locale per superare la grancassa dei foglio bolognese, la giovane testata lancia notizie a tutto volume. La cronaca fa vendere, ma il vecchio quotidiano emiliano ha qualche pretesa in più. | Riministoria il Rimino |
Una domenica di febbraio dello scorso anno (1987), nel centro della città, prima che le edicole aprissero, ci fu una distribuzione speciale di locandine del «Carlino», con una notiazia completamente inventata e 'gridata' a caratteri cubitali: «Romina Power ha l'Aids». La falsa 'civetta' ero lo scherzo di un buontempone che voleva sottolineare il gusto particolarmente intenso del principale quotdiano locale a forzare le tinte, a costruire le notizie in modo tale che il classico uomo della strada dedichi attenzione al fritto misto di giornata che il foglio offre. Uno scherzo da repertorio carnevalesco, ma con i risvolti seri di ogni (apparente) stramberia: esso è infatti apparso come un'efficace caricatura dei vezzi e dei vizi che certa cronaca ha avuto sempre e sempre avrà, nascondendosi dietro l'alibi secondo cui la gente vuole leggere soltanto certe notizia, ed obbedendo agli ordini degli uffici diffusione che impongono di vendere a qualsiasi costo. Ed è così che la stampa cosiddetta locale deve adattarsi spesso a piccoli trucchi del mestiere, per costruire un 'caso' che non regge più di 24 o 48 ore. Rimini, che per tanti versi ha ambizioni cosmopolitiche, legge molto poco e nelle classifiche nazionali delle vendite è agli ultimi posti. Per quello che riguarda la vita cittadina, non appare molto interessata: si preferisce la stampa nazionale, ed alle pagine di cronaca locale si getta uno sguardo distratto al caffè od in ufficio. Il monopolio del «Carlino», a proposito di pagine cittadine, è durato sino ad un anno fa, quando il piccolo fromato della «Gazzetta» ha rilanciato anche da noi un vecchio modello di giornale di provincia, tutto basato su di un notiziario munito, località per località, con poche informazioni nazionali, compresse in servizi distribuiti da una redazione centrale alla catena di cui anche l'edizione riminese fa parte. In una città giornalisticamente pigra come Rimini (per scarsa attenzione dei lettori, e nonostante la presenza di buone firme, molte delle quali hanno poi preso il volo), l'uscita della «Gazzetta» è oltre all'esistenza più che decennale del «Ponte», l'unico episodio destinato a passare nella storia della stampa locale. Soltanto agli inizi degli anni Sessanta, ci fu un'improvvisa ventata di novità, con l'approdo a Rimini di un tizio strano che volle lanciare un settimanale tipo «Oggi», tutto stampato in tipografia con vecchie macchine 'piane', cioè senza rotative. Si spacciava per esperto fotoreporter che aveva lavorato a Londra, ma faceva discorsi strampalati. Al grattacielo impiantò la sua scarna redazione, e tirò avanti per pochi numeri. Dava l'impressione che il giornalismo, lui non sapesse nemmeno dove stesse di casa. Ignorava ad esempio l'uso delle telescriventi, e definiva fotoromanzi, comuni immaginmi d'agenzia. Di lì a qualche anno, si lesse sui quotidiani che era stato arrestato a Genova, per abuso della professione giornalistica. Sospetti confermati. Allora, che cosa era venuto a fare a Rimini? E se si fosse trattato di un aggregato ai Servizi segreti, poi scaricato per inaffidabilità, in una zona strategicamente importante, come la nostra, soprattutto in quegli anni? Torniamo alla «Gazzetta»: la sua nascita ha spinto il «Carlino» a rafforzare la propria redazione e ad ampliare lo spazio riservato al nostro Circondario. Ovviamente, fra le due testate non può esserci possibilità di paragone. L'edizione locale del quotidiano bolognese s'accompagna ad un fascicolo nazionale che è un vero giornale, con servizi ampi in ogni settore. Chi sfoglia la «Gazzetta», lo fa soltanto per quelle vicende di 'nera' che il giornale sa presentare con l'efficacia che mira a costruire un prodotto standardizzato, con poche preuccupazioni e tanta fretta. Il «Carlino-Rimini» è invece pensato secondo una caratteristica diversa, lo scopo cioè non di registrare unicamente i fatti, ma di fornire ogni giorno un'interpretazione degli avvenimenti. Ad esempio, nelle cronache politiche del Palazzo o dei partiti, spesso il «Carlino» sogna segretamente di stendere un editoriale quasi fosse il 'fondo' di Eugenio Scarfali su «Repubblica», con sottigliezze interpretative che sfuggono al lettore comune, e costituiscono invece una passerella dalla quale esercitare un'influenza sulla vita cittadina e sulle singole scelte da fare all'interno della comunità. È una pretesa più che legittima, ma forse un poì esagrata, che si accompagna a chiusure pregiudiziali, a posizioni di frequente conservatrici. Portavoce sovente (e non soltanto) di una borghesia scarsamente illuminata o progressista, appunto, il «Carlino» locale in moltre occasioni si è schierato dalla parte dei gruppi di potere economico più influenti, che da quella dell'intersa città, e dei suoi lettori che appartengono ad un ceto medio e popolare che ha esperienze ben diverse da quelle che le classi cosiddette dirigenti hanno vissuto nel corso di tutti questi decenni. Dirimpettaia di Palazzo Garampi, sede del Municipio e del Sindaco, la redazione del «Carlino» ha frequentemente usato più le veline politiche che la sensibilità corrente, con un distacco un poco aristocratico rispetto ai problemi reali, citati unicamente come occasioni di polemica nei confronti del potere esercitato dal Comune o dai partiti, ma non come più ampia riflessione sulla situazione locale nel suo molteplice evolversi. Questo complesso di superiorità nei riguardi della gente qualsiasi, non è però volto dai lettori comuni che saltano a piè pari le cronache politiche, e s'interssano soltanto al fattaccio che fa clamore, magari anche grazie ad un unico elemento, un po' gonfiato. Ma, grazie al Cielo, anche al «Carlino» qualcosa sta cambiando: l'anno scorso le cronache sui vuccumprà erano tutte un susseguirsi di sottolineature che presentavano il fenomeno come sorgente di episodi malavitosi, e come causa di crisi econimica per i commercianti locali. Qualche giornalista più sensibile alle tematiche sociali, è riuscito, almeno così ci è parso, ad estendere il discorso sino ad un paginone, pubblicato all'inizio di quest'estate, in cui si mettevano a confronto le esperienze dei lavoratori africani con quelle dei vecchi riminesi, emigrati tanti anni fa nelle miniere belghe od in altri luoghi di fatica e sofferenza. Restano, è vero, tanti altri difetti così radicati da apparire ormai caratteristiche ineleminabili, soprattutto nella presentazione morbosa delle 'cronache del vizio' (tipo «Altre due amene storielle di sesso da strada») o delle vicende tragiche, con sottolineatura nel titolo («Uccisa a Cattolica da un'overdose?») di elementi negati nel testo: «... è stata esclusa la morte per overdose». La «Gazzetta», nel complesso delle cronache locali, segue una strda completamente opposta: anzché pontificare, vuole ascoltare, ma spesso appare priva di una linea, di una scelta, difficile comunque nelle condizioni in cui opera un giornale locale che voglia farsi leggere da tutti, e che a tutti concede la parola. Per cui il lettore passa in rassegna centinaia di opinioni, ma fatica a farsene una sua. Classico esempio di un giornalismo 'rock' (tanta musica a tutto volume), rassomiglia a quei giovani che, anziché il tradizionale sangiovese, tracannano le bollicine d'una cocacola. Il «Carlino», invece del rock, balla a volte graziosi minuetti, pieni delle dovute riverenze (ad esempio, nelle interviste politiche, così graziosamente ostruite, con garbati e strazianti contorcimenti concettuali); e a volte suona la grancassa da «venghino, vengino, ad ammirare il fenomeno della giornata». È quest'ultimo, un tono storico, nel senso che esso fa parte di una tradizione che mirabilmente caricaturò più di venta'nni fa un foglio locale che appariva una vlta all'anno, con un titolo che prometteva tutto del suo contenuto: «Il goliardo». Erano sfottò, battute, fotomontaggi e persino false prime pagine intitolate «il Rino del Carlesto», anticipando un'esperienza satirica che avrebbe poi avuto, in Italia, illustri esempi. A proposito del non più apparso «Goliardo»: Rimini manca di un giornale umoristico. Fortuna che occasioni di sorriso ce le offrono gli stessi giornali seri. Come quando il «Carlino» inventò, nel gennaio scorso, «il giallo di Giotto in San Cataldo», con la miracolosa riapparizione degli affreschi di Puccio Capanna, «una piccola burla», confessava poi l'autore dell'articolo, Giovanni Rimondini. Fatta forse per celebrare l'anniversario dello scherzo subìto un anno prima con le 'civette' false di cui s'è detto all'inizio. [5] Rimini ieri. Cronache dalla città Indice |
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