Riministoria il Rimino | Rimini ieri. Cronache dalla città [6] 1946. Uno storico col bisturi "il Ponte", Rimini, 16.04.1989 Luigi Silvestrini ricostruiva i cento anni del nostro turismo: ma il suo libro contiene anche la prima, drammatica cronaca della guerra nel Riminese. |
La prima cronaca del Dopoguerra, raccolta in volume, è nel libro di Luigi Silvestrini «Un secolo di vita balneare al Lido di Rimini (1843-1943)». Il prof. Silvestrini, che in queste pagine si rivela storico attento, proprio in quei giorni era accusato di «poca memoria» dal periodico del pci «Il garibaldino», attraverso una lettera dell'operaio Giovanni Tamburini che, nel clima polemico ed acceso del momento scriveva: «È giusto che si debba accusare il famigerato Tacchi come il carnefice di Rimini e assassino dei nostri tre martiri, ma [...] queste parole le deve dire uno che sia puro e non un ex fascista». Clima acceso, si diceva: al proposito, un ricordo del sen. dc Gino Zannini, confidato di recente a Riccardo Fabbri per il periodico «Chiamami città»: al ritorno dai campi d'internamento, il 19 giugno 1945, Zannini trova in piazza Cavour un comizio tenuto da S. Ghelfi che «tuona minacce, anche fisiche, contro i fascisti». Ma, aggiunge Zannini, il clima non cambiò ancora per qualche anno: «Tra il '2 ed il '53, mentre stavo ascoltando in piazza Cavour un comizio di Nenni, sento qualcuno dietro di me dire: 'Lo conosco quello lì. È di quelli che tra poco faremo tutta ghiaia, tota bressa'». Dalla radio dell'Ottava armata, Gianni Quondamatteo il 9 aprile 1945 ha parlato di «Rimini distrutta che rinasce», concludendo con questa frase: «Non ci interessa [...] il travaglio politico». La città sarebbe risorta «perché tra l'Arco d'Augusto ed il Ponte di Tiberio, la storia ha cambiato sempre. E [...] camminerà ancora». Ma «il travaglio politico» esisteva: «Che cosa c'era in comune tra l'esperienza antifascista dei democristiani e quella dei comunisti? Che cosa tra quella dei repubblicani e quella dei socialisti?», si sarebbe chiesto nel 1979 Oreste Cavallari in «Bandiera rossa la trionferà. Rimini 1944-46», fornendo una risposta negativa: «Ciascuno [...]fornendo una risposta negativa: «Ciascuno [...] aveva vissuto un proprio antifascismo, una propria esperienza. E ciascuno si sarebbe, prima o poi, scontrato con l'altro: era fatale». All'indomani della Liberazione, però, si cercava di presentare unanimità di intenti. Silvestrini chiudeva il suo libro con l'auspicio che tutte le volontà ed ogni sforzo dovessero tendere alla rinascita ed alla «ricostruzione integrale del paese e dell'intera Nazione». Era l'estate del 1945, al mare «diversi capanni, alcuni ombrelloni, gli immancabili mosconi, qualche vela da diporto, una certa spensieratezza [...] ed alla sera alcuni ritrovi mondani, e perfino una modesta stagione d'opera al teatro Novelli, fortunatamente scampato alla furia devastatrice, incoraggiati dalle truppe alleate». Il libro di Silvestrini (primario chirurgo del nostro Ospedale, senatore dc nella prima legislatura dal 1948 al 1953; nato a Brisighella nel 1882, morì a Rimini nel 1974), è finito di stampare dalla tipografia Garattoni il 20 ottobre 1945. Tra la fine di quell'anno e l'inizio del 1946 ha la sua diffusione. È un documento umano, oltre che storico, ideato per celebrare i cento anni del primo stabilimento balneare riminese (aperto il 3 luglio 1843), e scritto nel «tempo felice» che precedette la guerra. Tempo «felice per lo scenario luminoso del litorale e per lo sciamare festoso della folla che accorreva a Rimini durante quei mesi di gioconda cura balneare», recita la prefazione di Aldo Spallicci. Il volume appare nello «squallore» di una città distrutta che, «grata degli aiuti che le verranno dall'America» (è sempre Spallicci che parla), attendeva la sua resurrezione. Le prime 257 pagine ricostruiscono la vita balneare sino al 1942, e furono finite di stampare il 31 ottobre 1943. L'«Appendice» di 14 pagine ricostruisce il periodo che va dal 1943 alla fine del conflitto: «Il colpo di Stato del 25 luglio [1943] che determinò la caduta del governo fascista di Mussolini, diede luogo a clamorose manifestazioni cittadine, senza però incidenti notevoli, nonostante i facili rancori ed i propositi maturati nella lunga vigilia». Poi la Repubblica sociale di Salò, i bombardamenti, l'arrivo degli alleati il 21 settembre 1944, il ritorno degli sfollati in città: «E su tante e devastazioni, ancora l'impronta di saccheggi e delle devastazioni da parte delle truppe occupanti che non paghe di aver razziato le campagna del bestiame migliore, degli attrezzi del lavoro, si sono riversate come sciacalli sulle rovine della Città martoriata, asportando gli ultimi avanzi del lavoro sudato, i ricordi più cari del focolare domestico, così da rendere talora irriconoscibile il luogo e ardua l'agnognata ricostruzione». La prima stagione balneare, quella del 1945, fa girare pagina alla storia di Rimini. Arrivano i forestieri. Alcuni giovani bolognesi, sorpresi a ballare in piazza Cavour, prima che cominci un comizio, vestiti di «eleganti pantaloncini da spiaggia" (racconta il «Giornale di Rimini»), sono fermati dalla Forza Pubblica. E finiscono nelle cronache locali. [6] Rimini ieri. Cronache dalla città Indice |
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