Riministoria il Rimino | Rimini ieri. Cronache dalla città [2] 1945: «Abbiamo la provincia!» "il Ponte", Rimini, 23.10.1988 Come nacque l'equivoco: un ministero sbagliò indirizzo. Cesena si opponeva alle nostre richieste. Tra balli ed arresti, nell'estate di Hiroshima. |
Durante l'estate del 1945, nel linguaggio comune s'affaccia una parola nuova: penicillina. La definiscono la magica polverina gialla. La gente comincia a parlare anche di bomba atomica. Il «Giornale di Rimini» le dedica un lungo servizio in ultima pagina, con titolo su due colonne. Scrive il cronista: «La bomba atomica può rappresentare il principio o la fine del mondo. Dipende dall'uomo che il 16 luglio rubò al cielo il segreto del sole». Quel 16 luglio, al poligono di tiro di Alamogordo (nel deserto del Nuovo Messico), avviene la prima esplosione sperimentale. L'assemblaggio dell'ordigno era cominciato il 12 luglio, nel laboratori di Los Alamos. Il 6 agosto 1945 sarà il giorno di Hiroshima. Il 9, toccherà a Nagasaki. A Rimini, dal 13 al 19 agosto, nati 11, morti 7, matrimoni 24. Si riprende a vivere. «Il numero dei matrimoni che era bruscamente caduto durante gli anni di guerra, torna ad aumentare», è una tendenza nazionale: «Non c'è più la tassa sul celibato, non ci sono più i premi e i prestiti di nuzialità per incoraggiare le giovani coppie. Ma le giovani coppie non hanno bisogno di incoraggiamento», scrive Miriam Mafai nel suo recente «Pane nero». Donne e cita quotidiana nella seconda guerra mondiale». La gente riprende a divertirsi: al teatro Novelli, la stagione lirica con «Bohéme» e «Rigoletto» ottiene «notevole successo» Si danno feste: «Serata deliziosa alla Casa del Partigiano», scrive il «Garibaldino». Sull'«Arengo», si criticano i balli di beneficenza: «Ci si diverte, cioè, per consolare chi soffre». C'è chi soffre e chi s'offe. Di qui a qualche mese, nel 1946, un giornale farà un'inchiesta sulle "Veneri clandestine", raccontando di protettori riunitisi in città da tutt'Italia per scegliere tra Rimini e Venezia come sede di un grande centro di prostituzione. I turisti arrivano anche in treno. Sulla Bologna-Ancona, dopo ferragosto, si sono tre corse settimanali che subito dopo, però, diventano giornaliere. L'intera tratta fra i due capoluoghi di regione è percorsa in sei ore. Il vicepresidente del Consiglio Pietro Nenni (era il governo di Ferruccio Parri, nato il 21 giugno), arriva in una Rimini tutta tesa ai grandi progetti di ricostruzione e di sviluppo economico. Si discute del nuovo Piano regolare, della richiesta della provincia avanzata in un convegno del 22 luglio , dello spostamento dell'ospedale verso Covignano. Il sindaco Clari chiede l'annessione del Montefeltro. Rispunta la proposta di trasferire anche la stazione ferroviaria. Se ne parla dal 1927, fa notare qualcuno. Si vorrebbe riattivare la ferrovia Rimini-San Marino, mentre al Deposito locomotive c'è una «rapida ripresa». Buone notizie da Roma, in settembre: il ministero di Grazia e giustizia ha concesso il nulla osta per il tribunale. Sul problema della provincia, si fa sapere dalla capitale, «è stato assicurato il massimo interessamento alle giuste aspirazioni della città di Rimini». Ma da Cesena per bocca del Cnl locale, viene la prima opposizione: e noi? «Adagio amici», puntualizza l'«Arengo» (democristiano), sottolineando l'ingiusto parere dei dc cesenati i quali scrivono che Rimini ha solo un'attività: «ospitare per sessanta giorni all'anno gente che va a passare le vacanze in riva al mare». La provincia per Rimini è «una necessità assoluta, un atto di giustizia che Rimini merita», aveva già sostenuto l'«Arengo» stesso, «un atto di riabilitazione dopo le soverchie umiliazioni patite in questi ultimi 150 anni. Rimini o sarà provincia o rimarrà così e sarà destinata a scomparire». Nell'ottobre, un falso allarme. Lo racconta il «Garibaldino». Da Roma il ministro dei Lavori pubblici Romita invia una lettera al Comune «per questioni non inerenti per nulla alla Provincia. La lettera era indirizzata al Prefetto della città, forse perché l'impiegato al Ministero non sapeva che Rimini era solo Comune». Scrive il giornale: «Informiamo che Rimini Provincia non è, per il momento, che una speranza». È in atto l'epurazione. Vigilare sul presente, ricordare il passato. «Tutti i cittadini che vogliono seriamente contribuire all'epurazione nella nostra zona», scrive il «Giornale di Rimini», «hanno il dovere di denunciare le azioni e gli atti crimonosi o faziosi imputabili» agli ex podestà Pietro Palloni (1929-1933), Guido Mattioli (1933-1939) di Rimini (a loro sono sequestrati i beni), Alfonso Giorgetti e Mario Carlini di Santarcangelo ed al Commissario del Comune di Rimini (1939-1943) Eugenio Bianchini. Questi ultimi tre sono arrestati. Commenta Oreste Cavallari in un suo volume del 1979, «Bandiera rossa la trionferà»: «L'accesa ideologia e la rovente propaganda portavano gli animi alle passioni». L'ex segretario del Fascio repubblichino di Rimini, Paolo Tacchi, racconta il «Giornale di Rimini», è arrestato a Como «per collaborazionismo e per avere determinato l'omicidio per impiccagione di Cappelli Mario [recte: Capelli], Niccolò Luigi e Paglierani Delio [recte: Adelio Pagliarani], eseguito dai tedeschi in Rimini il 18 agosto 1944». La data è sbagliata, i Tre Martiri morirono il 16 agosto. (Capelli aveva 23 anni, Nicolò 18 e Pagliarani 19). Tacchi, lo condanneranno a morte nel 1946, ma si salverà, attraverso un lungo iter giudiziario sarà assolto. Morirà a Senigallia nel 1971. Dal carcere di Rimini (dov'è rinchiuso per «vent'anni di porcherie»), Giuffrida Platania «nei riguardi di Tacchi non cela un odio ben chiaro. Egli dice che il Tacchi era intrattabile specialmente se in compagnia delle sue belle». Una di queste (Ines Porcellini) scriverà poi «una commovente lettera ad un noto partigiano riminese» e sarà fatta arrestare e mandata alla Rocca Malatestiana (allora carcere). Il direttore del «Garibaldino», Nino Polverelli, racconta l'interrogatorio della donna: «fatto in un silenzio quasi claustrale. Toccò l'apice del sentimentalismo», con lacrime e confessioni «che facevano estasiare noi poveri presenti». Un altro arresto, quello dell'avv. Mario Gabrielli, «seguace di Tacchi» e detto «Occhi neri», «fuggito al Nord prima della liberazione», scrive il «Giornale di Rimini», ricordando anche come «Perindo Buratti (Ras di Coriano) e il suo sicario» siano «in attesta della giustizia popolare». Il 16 agosto, il nuovo Vescovo di Rimini mons. Luigi Santa celebra una messa da campo nella piazza dove furono uccisi i Tre Martiri. Si ricorda anche il primo anniversario della fucilazione da parte delle Brigate nere del santarcangiolese Rino Morali, «reo confesso di appartenere alle organizzazioni cristiane italiane». Don Lorenzo Bedeschi, definito giovane cappellano militare del Corpo italiano di liberazione, e commentatore alla radio dell'Ottava Armata, invia al «Giornale di Rimini» una corrispondenza dalla Venezia Giulia, dove lavorava alla Radio alleata. Sulle stesse colonne, Renzo Renzi, altro giornalista che farà strada, scrive di cinema; Sergio Zavoli recensisce una mostra di pittura di Demos Bonini (nei cui quadri, giacche, fiaschi, attaccapanni e sedie, osserva, sono segni di solitudine, «eroico compiacimento del suo dolore»), e Raffaello Baldini parla della pieve di Santarcangelo, paese natio che poi canterà con versi che lo renderanno famoso. Il direttore del «Giornale di Rimini» è Federico Zardi, che diventerà un noto drammaturgo. La provincia allevava le sue grandi firme. [2] Rimini ieri. 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