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Imbroglio

Racconto finalista del Premio Giulio Verne 2010

Data di pubblicazione: 31-05-2010

Presentazione: La nave bajoriana Aenora ritorna dal quadrante gamma, subito dopo la riconquista della stazione Deep Space 9 da parte della Federazione. Lo scafo è danneggiato e il capitano racconta di essere sfuggito a un attacco dei pirati. Sisko invia Bashir ad analizzare il sangue dell'equipaggio e il test rivela che non ci sono Cambianti a bordo. Al rientro sulla stazione, il dottore scopre che un campione di sangue che ha portato con sé è infettato da un virus sconosciuto e ordina la quarantena, scatenando la reazione di Kai Winn. Sisko negozia, ma gli eventi prendono presto una direzione imprevista...



1. Fuori dal tunnel

Sisko si accomodò sulla poltrona di comando, guardandosi intorno con aria soddisfatta. La Federazione aveva appena riconquistato Deep Space Nine, o Terok Nor come amavano chiamarla i cardassiani, e il capitano assaporava la gioia del rientro.
Kira lo riportò di colpo alla routine. "Rilevo una crescente attività nei pressi del tunnel spaziale. Ne sta uscendo una nave." L'ufficiale esaminò le letture dei sensori e completò il rapporto. "È una delle nostre. Una nave bajoriana" precisò. "Lo scafo è danneggiato."
"La contatti" le ordinò Sisko.
"Salve, capitano" salutò una voce, mentre l'immagine del suo proprietario appariva sullo schermo. "Sono Medev Vigo, comandante della nave mercantile bajoriana Aenora. A cosa devo la sua chiamata?"
"Dobbiamo eseguire alcuni controlli" lo informò Sisko. "Le nuove procedure di sicurezza della Federazione prescrivono l'analisi del sangue dei viaggiatori diretti a Bajor, o sulla stazione, per verificare che non ci siano Cambianti infiltrati."
"Capisco, ma abbiamo fatto un lungo viaggio e vorremmo tornare subito a casa" obiettò l'altro.
"Non ci vorrà molto" lo rassicurò Sisko, rivolgendo a Kira uno sguardo interrogativo.
"L'identità della nave è confermata" rispose il maggiore. "Tuttavia, in base ai dati del centro di controllo bajoriano, l'Aenora risulta dispersa nel quadrante gamma da circa sei giorni."
Sisko tornò a guardare il monitor e riprese la conversazione lasciata in sospeso. "Capitano Medev, su Bajor non hanno vostre notizie da quasi una settimana. Può dirci cosa è successo?"
"Stavamo tornando da Stakoron II, dove abbiamo acquistato un carico di mizinite, quando siamo stati attaccati dai pirati" rispose l'uomo. "Siamo sfuggiti ai nostri assalitori, nascondendoci dietro una luna, ma i loro colpi avevano aperto varie falle nel portello della stiva che rischiavano di farci disseminare il carico nel vuoto. Siamo scesi sulla superficie per riparare i danni e ci siamo rimessi in viaggio appena possibile."
"Non poteva inviare una richiesta di soccorso?" domandò Sisko, in tono dubitativo.
"Nossignore" replicò con fermezza l'altro. "Non volevamo che chi ci aveva attaccato intercettasse il segnale e tornasse indietro a finire ciò che aveva cominciato."
"Avete subito perdite" dedusse Sisko.
"Purtroppo, sì" confermò, mesto, Medev. "Due dei miei uomini sono morti nell'attacco e un terzo non ce l'ha fatta durante la sosta."
"Sono addolorato" si rammaricò Sisko. "Se ci fornisce i nomi, informeremo le famiglie."
"Se non le dispiace, vorrei farlo di persona" replicò l'altro. "Sono i miei uomini e come loro capitano ne sono responsabile."
"Come desidera" concesse Sisko. "Aspetteremo l'esito delle analisi, prima di autorizzarvi a procedere. Se lo ritiene necessario, il nostro medico potrà esaminare lo stato di salute dell'equipaggio, mentre il nostro capo operazioni è disponibile per qualsiasi riparazione."
"Abbiamo subito un duro colpo, ma la nave è in grado di arrivare a Bajor. Ci lasci andare, capitano!" protestò a sorpresa l'altro.
"Come le ho detto, è la procedura standard" tagliò corto Sisko. "Si prepari a ricevere la visita del dottor Bashir."
Medev assunse un'espressione contrariata e avrebbe di sicuro obiettato ancora se Sisko non avesse portato la mano di taglio al collo, facendo segno ai suoi di chiudere il collegamento. Le parole dell'uomo non lo avevano persuaso e voleva verificare la sua storia. "Conestabile" disse, chiamando Odo nel suo ufficio. "Controlli gli archivi navali bajoriani e mi informi sulle attività dell'Aenora e dei membri dell'equipaggio."
Subito dopo, il capitano contattò il capo operazioni. "Signor O'Brien, esamini i danni allo scafo e risalga agli autori dell'attacco."

2. Quarantena

Al suo arrivo sull'Aenora, Bashir fu accolto da un riluttante capitano Medev che si lamentò del trattamento a cui stavano per essere sottoposti, sostenendo che la Federazione violava i loro diritti di cittadini bajoriani e che avrebbe inoltrato una protesta alle autorità del suo pianeta.
Bashir accennò un sorriso di comprensione, ma si mostrò irremovibile e Medev lo accompagnò di malavoglia nella piccola infermeria della nave dove l'equipaggio, formato da quarantasette bajoriani, li raggiunse alla spicciolata.
Durante i prelievi, il dottore si accorse che gli uomini erano stanchi e irritabili, a differenza del capitano che appariva in perfetta salute. Bashir sapeva che la nave aveva subito un assalto e che la sopravvivenza sulla luna su cui essa aveva trovato riparo era stata difficile. Tuttavia, si sentiva in dovere di indagare, nell'interesse dell'equipaggio e della stazione, e chiese a Medev il permesso di esaminare gli uomini con il tricorder medico. Il capitano si oppose, impedendogli di eseguire esami non previsti dalle direttive della Federazione. Bashir incassò il rifiuto e riprese il suo lavoro.
Mentre esaminava l'ultimo gruppo di bajoriani, il dottore sentì uno di loro lamentarsi per il dolore e gli si avvicinò per soccorrerlo. Medev lo precedette, estraendo un ipospray da un cassetto e iniettandone il contenuto all'uomo che sembrò subito sollevato. Di fronte alla richiesta di spiegazioni da parte del medico, il capitano minimizzò l'accaduto, sostenendo che l'uomo aveva l'influenza di Lonar e che gli aveva somministrato il Simmetrex. Disse che su Bajor imperversava la stagione fredda al momento della loro partenza, avvenuta circa due settimane prima, ed era perciò naturale che qualcuno tra i suoi uomini stesse incubando la malattia. Se anche altri si fossero ammalati, avrebbero dato loro la medicina e sarebbero stati presto meglio.
A Bashir gli uomini sembravano già sofferenti, ma dovette accontentarsi della spiegazione. L'influenza di Lonar era soltanto un malanno stagionale che prendeva il nome dalla provincia bajoriana in cui era comparso per la prima volta e si curava proprio con Symmetrex e riposo.
Prima di lasciare la nave, il medico fece un ultimo tentativo, chiedendo di portare con sé alcuni dei campioni raccolti per eseguire esami più approfonditi con gli strumenti di cui disponeva sulla stazione. Neppure questa volta Medev acconsentì, pretendendo anzi che le provette fossero distrutte. Bashir lo fece, nascondendogli che, durante il prelievo effettuato sull'uomo dolorante, aveva alterato il livello di aria compressa della siringa su cui si inserivano le fiale, in modo da raccogliere una piccola quantità di sangue al suo interno.

Quando Odo ebbe finito di spulciare gli archivi, chiamò Sisko per informarlo delle sue scoperte. "Capitano, dai registri del centro di controllo bajoriano risulta che l'Aenora era in effetti diretta a Stakoron II per acquistare mizinite. Sembra anche che il signor Medev abbia avuto qualche screzio con il sindacato di Orione, in passato. Potrebbero essere stati loro ad attaccarlo."
Sisko lo ringraziò e chiuse in fretta la conversazione per sentire il parere del suo capo operazioni. "Signor O'Brien, Odo ritiene che l'Aenora sia stata assalita dai pirati di Orione."
"Le tracce sono quasi del tutto decadute" replicò il capo. "Tuttavia, escludo che sia stato uno qualsiasi dei pirati che conosciamo. Gli orioniani hanno un tipo di phaser che lascia una traccia radioattiva visibile all'analisi spettrale, mentre i nausicani usano cannoni al plasma. Al contrario, i segni sullo scafo suggeriscono l'uso di un raggio polaronico. È l'unica arma capace di penetrare gli scudi e provocare danni simili a quelli riportati dall'Aenora." O'Brien fece una pausa, come per riprendere fiato. "Come sa, capitano, le navi d'attacco Jem'Hadar sono equipaggiate con cannoni ed emettitori di raggi a polaroni."
Sisko assimilò la notizia e, in attesa del rapporto medico, decise di chiedere spiegazioni a Medev.
"A quanto pare siete stati assaliti da una nave del Dominio" lo apostrofò senza preamboli. "Ammetto di non esserne sorpreso. Lei trasporta mizinite e il Dominio usa il minerale per costruire le proprie navi."
"Se lo dice lei!" reagì Medev con sufficienza. "Io le ripeto che erano pirati. Come le direbbe qualsiasi Ferengi che si rispetti, il quadrante gamma offre enormi opportunità di profitto a chi è disposto a farsi pochi scrupoli."
"Il nostro capo operazioni non è d'accordo con lei" obiettò Sisko. "Devo chiederle di inviarci un rapporto dettagliato sull'attacco."
"Preferirei discuterne con il mio governo, non appena ci lascerete tornare su Bajor" puntualizzò l'uomo.
Sisko assunse un tono perentorio. "Le ricordo che la Federazione è al comando della stazione e controlla i transiti attraverso il tunnel spaziale. La esorto quindi a rivelarci qualsiasi informazione riguardante il Dominio di cui è a conoscenza."
Medev non sembrava né intimidito né disposto a cedere e Sisko chiese a Kira di contattare le autorità bajoriane nel tentativo di dirimere la questione.
"Contatto stabilito" lo avvertì il maggiore.
"Kai Winn." Sisko salutò con deferenza la donna apparsa sul monitor che invece andò subito al sodo.
"Emissario, mi dicono che sta trattenendo una nostra nave."
"Trattenere è un termine improprio" replicò Sisko, senza neppure tentare di nascondere la sua antipatia per la donna. "Stiamo eseguendo i controlli di routine e sembra che la vostra nave abbia subito un attacco dal Dominio."
"Rilasci l'Aenora, emissario!" gli intimò la Kai. "Condurremo un'accurata indagine e vi informeremo dei risultati a tempo debito."
- La trattativa si preannuncia complessa - pensò Sisko, predisponendosi a un lungo negoziato con colei che gli piacesse o no era non solo il leader religioso bajoriano ma anche una persona in grado di esercitare una profonda influenza politica sul governo del pianeta.
Mentre meditava sul da farsi, il capitano ricevette un messaggio con priorità uno dall'infermeria. Il dottore aveva analizzato il campione di sangue trafugato e vi aveva trovato un virus. Aveva eseguito i controlli genetici per verificare che fosse quello di Lonar o una sua variante, come suggerito da Medev, ma le sequenze non si appaiavano. Bashir raccomandava di mettere la nave in quarantena fino a quando non avesse scoperto la natura e la virulenza dell'agente infettivo.
Letto in fretta il messaggio, Sisko si premurò di informare la Kai. "Kai Winn, ricevo ora il rapporto della nostra sezione medica che consiglia di mettere l'Aenora in quarantena per sospetta epidemia."
Un lampo di irritazione brillò negli occhi della donna, nell'apprendere la notizia.
"Come vede, non si tratta più di una questione politica ma sanitaria" continuò imperterrito Sisko, quasi contento della piega presa dagli eventi che gli dava l'opportunità di mettere a tacere la sua avversaria in quella disputa.
"Possiamo mandare una nostra nave medica" ribatté piccata la donna.
"Lo sconsiglio" rispose il capitano. "Se davvero c'è un'epidemia in atto è meglio confinare l'Aenora dove si trova. Invieremo il Rotarran sul posto."
"Uno sparviero klingon contro una delle nostre navi, emissario?" s'inalberò la Kai.
"Non contro la vostra nave ma in sua difesa, nel caso in cui qualche vascello cardassiano le si avvicini troppo e soltanto per il tempo necessario a chiarire la natura dell'emergenza medica" spiegò con pazienza Sisko.
"Molto bene, emissario, aspetteremo vostre notizie, prima di agire" disse Kai Winn che non aveva nessuna intenzione di lasciare al capitano l'ultima parola. "Tuttavia, visto che avete già violato i diritti dei nostri cittadini, eseguendo un test a loro insaputa, devo chiederle di astenersi dall'effettuare qualsiasi altro controllo se non in presenza delle nostre autorità sanitarie."
Detto ciò, chiuse il collegamento senza dare modo a Sisko di controbattere.

Raggiunto in qualche modo un accordo con il leader bajoriano, il capitano convocò i suoi ufficiali per analizzare la situazione.
"Che ne pensa, conestabile?" chiese a Odo.
"Il capitano dell'Aenora non è uno stinco di santo" sentenziò il capo della sicurezza. "Sospetto che abbia sottratto il carico da un deposito del Dominio e che i Fondatori abbiano mandato una loro nave a riprenderlo appena si sono accorti del furto."
"Questo spiegherebbe la fretta di tornare su Bajor" concesse Sisko. "Tuttavia, se così fosse, non ci riguarda. Spetta alle autorità locali esaminare i documenti di trasporto e stabilire la provenienza delle merci. Lei, invece, dottore, ha scoperto qualcosa di nuovo?"
"Il DNA di alcune cellule del campione esaminato è frammentato. Significa che esse sono state distrutte dal virus e che l'infezione sta facendo il suo corso" rispose il medico. "Sono convinto che tutti i membri dell'equipaggio soffrano della stessa malattia, ma non ho modo di provarlo. Se potessi visitarli con il tricorder..."
"Kai Winn lo ha proibito. Non c'è un altro modo?" lo interruppe Sisko.
"Forse potrei arrivare alla diagnosi, analizzando il farmaco" ipotizzò Bashir. "Il capitano Medev sostiene di avere somministrato il Symmetrex al suo uomo, ma lo ritengo improbabile. Il virus non è quello di Lonar e anche la medicina deve essere un'altra, ma non saprei come procurarmela senza la collaborazione dei nostri amici bajoriani."
"Niente di più facile!" esclamò Jadzia, facendogli l'occhiolino.
"Hai un piano, Dax?" La domanda del capitano era retorica perché aveva già intuito ciò che il suo ufficiale scientifico stava per proporgli.
Jadzia annuì.
"Maggiore, dove si trova il Rotarran?" domandò Sisko.
"È sulle coordinate" rispose Kira.
"Molto bene, chiami il generale Martok."

3. Bekk Alexander Rozhenko

I nonni erano rimasti senza parole, quando aveva detto loro che sarebbe diventato un soldato dell'Impero. Avevano cercato di dissuaderlo con ogni mezzo, dicendogli che era in corso una guerra terribile e che avrebbero temuto per la sua vita ogni giorno. Pensavano che non avesse niente in comune con i klingon e che stesse commettendo un errore.
Alexander ammetteva di non avere familiarità con la sua cultura natia. Sua madre non aveva fatto in tempo a trasmettergliela e gli insegnamenti di suo padre, a bordo dell'Enterprise, erano stati tardivi e poco accetti. Tuttavia, per quanto fosse grato ai nonni per averlo accolto nella loro casa, sentiva che neppure la Terra era il suo posto. Durante i cinque anni trascorsi assieme a loro aveva imparato ad apprezzare la gentilezza e l'ironia degli umani, doti non molto comuni tra i klingon, ma avvicinandosi all'età adulta si era accorto di provare una sensazione di vuoto e aveva capito che gli mancava suo padre.
Era convinto che Worf avesse perso ogni interesse nei suoi confronti, fino ad abbandonarlo, nel momento stesso in cui gli aveva rivelato di non volere servire l'Impero, ma ora Alexander era deciso a riavere la sua attenzione e se essere un guerriero era l'unico modo per riuscirci, lui lo sarebbe diventato.
Aveva lasciato la Terra e gli agi a cui si era abituato per salire a bordo dell'incrociatore da battaglia Vor'nak, sotto il comando del generale Tanas, dove aveva osservato i suoi compagni, cercando di rispolverare gli insegnamenti sul combattimento ricevuti da piccolo. Si esercitava con la bat'leth, facendola scivolare lungo le braccia e provando a sentirla una parte di sé. Voleva essere pronto e, quando aveva saputo di essere stato trasferito al Rotarran, aveva provato un misto di orgoglio e timore. Suo padre serviva come primo ufficiale a bordo dello sparviero comandato dal generale Martok e Alexander era ansioso di dimostrargli quanto era cambiato. Allo stesso tempo, temeva il loro incontro, pensando che non sarebbe mai stato il figlio che suo padre desiderava e perciò era salito a bordo della nave con il suo solo nome.
Era l'unico klingon a non avere un casato, ma non era riuscito a nascondersi a lungo. Presto, tutti avevano saputo che era il figlio di Worf, l'ufficiale della Federazione, l'orgoglioso membro di un'onorevole razza guerriera e da allora la sua vita si era complicata.
Per Alexander non era facile farsi rispettare dagli altri klingon. La sua imperizia nelle attività più comuni lo aveva reso uno sciocco agli occhi degli altri membri dell'equipaggio che non perdevano occasione per punzecchiarlo. Le continue intromissioni di suo padre che sembrava incapace di controllare le sue emozioni, quando si trattava di lui, avevano fatto il resto. Sembrava impossibile, ma ogni accenno di conversazione tra loro si trasformava in un diverbio tanto che Martok lo aveva invitato a trasferirsi su una nave mercantile per non interferire con i compiti di suo padre. La richiesta aveva amareggiato Alexander al punto che non si sarebbe mai aspettato che il generale lo convocasse in sala tattica per affidargli un incarico. Avrebbe dovuto recarsi sulla nave bajoriana che stavano presidiando assieme all'ufficiale scientifico della stazione, il comandante Jadzia Dax, per sottrarre alcune fiale di un medicinale che serviva al dottor Bashir.
Jadzia era già arrivata sul Rotarran e il capitano Sisko aveva chiesto a Martok di affiancarle uno dei suoi uomini per coprirle le spalle durante la missione.
Il generale aveva più di un motivo per scegliere Alexander. Pensava che se i due fossero stati scoperti, i bajoriani avrebbero visto in loro soltanto una donna e un ragazzo per un quarto umano, invece di un ufficiale armato della Federazione scortato da un minaccioso guerriero klingon, e la loro reazione sarebbe stata più blanda. Inoltre, voleva che Alexander trascorresse un po' di tempo con la nuova compagna di suo padre, ma, più di tutto, avendo accolto il ragazzo nel suo casato, voleva offrirgli l'opportunità di compiere un'impresa onorevole e conquistare il rispetto dell'equipaggio.
Alexander aveva conosciuto Jadzia, la par'Mach'kai di suo padre e aveva saputo che progettavano di sposarsi su Q'onoS. Sul Rotarran lo sapevano tutti e si stavano preparando a quel matrimonio da tempo, ma come sempre suo padre non aveva ritenuto di doverlo coinvolgere nella sua vita, dicendoglielo di persona.
Jadzia gli era piaciuta fin da subito. Non era certo il tipo di donna che si sarebbe aspettato che suo padre potesse sposare. Pensava che avrebbe scelto piuttosto una klingon di nobile casato, una che conosceva le antiche tradizioni e le seguiva alla lettera, in modo da essere la fiera compagna di un tale guerriero. Jadzia, invece, era allegra e divertente e quando scherzava o sorrideva gli ricordava sua madre. Alexander l'aveva persa da piccolo, ma ne portava ancora dentro il profumo e il calore.

Dax e Alexander erano l'uno a fianco all'altra sulla pedana del teletrasporto, pronti a partire. Tavana, l'ingegnere di bordo, alla consolle, avrebbe occultato le loro tracce.
Mentre si preparava a lasciare il Rotarran, Alexander ricordò di avere già fatto qualcosa di simile da piccolo, quando aveva sottratto gli ipospray dall'infermeria durante la detenzione dell'Enterprise del capitano Picard da parte dell'ambizioso Lurin e della sua poco credibile squadra di assalto Ferengi. Allora, si era trattato di un gioco, mentre questa era la sua prima missione da soldato dell'Impero. Si sentì riempire il petto di orgoglio.

4. Trojan horse

Bashir si trovava di fronte a un quadro complesso. Continuava ad ampliare e confrontare le sequenze di DNA, non riuscendo a venire a capo di nulla, finché si accorse che ce n'erano di più tipi e... comprese.
"Capitano!" chiamò, con un accenno di ansia nella voce. "Mi raggiunga in infermeria, è urgente!"
Sisko si precipitò da lui e Julian cominciò a esporre i risultati delle sue ricerche, aiutandosi con le immagini proiettate sul computer medico. "Le avevo detto che il campione sottratto sull'Aenora conteneva alcune cellule degenerate e all'inizio pensavo che fosse a causa dell'infezione. È questo, infatti, il modo in cui i virus attaccano l'organismo."
Bashir indicò al capitano la prima immagine, una catena virale. "Poi, però, mi sono accorto che il virus isolato è in realtà un vettore, servito a trasferire il DNA bajoriano nelle cellule dei membri dell'equipaggio dell'Aenora in modo da alterarne l'aspetto. Quando si usa questa tecnica, soltanto le cellule infettate si modificano e il risultato è una chimera, cioè un organismo con tessuti di composizione genetica diversa."
Il dottore mostrò a Sisko una nuova immagine che raffigurava un gruppo di cellule. Ne ingrandì alcune e continuò a spiegare. "Analizzando le cellule con il DNA frammentato mi sono reso conto che non erano danneggiate dal virus, bensì quelle originali."
Vedendo che Sisko lo ascoltava in silenzio, Bashir deglutì e tirò le fila del discorso. "Sono Jem'Hadar, signore. Il collasso genetico e i sintomi presentati dagli uomini di Medev sono i segni dell'astinenza da ketracel bianco. Hanno dovuto sospenderlo perché la trasformazione avesse successo."
Il dottore sembrava davvero dispiaciuto e si scusò con il capitano. "Avrei dovuto terminare le analisi, prima di pensare al farmaco. Sono stato precipitoso e ho messo Dax e Alexander in pericolo."
"Non si rammarichi, Julian" lo consolò Sisko. "L'idea è stata di Jadzia e io stesso ho autorizzato la missione. Ora, però, dobbiamo avvertire il generale Martok di portare via i nostri da lì."

Nascosti in un condotto di manutenzione sopra l'infermeria della nave bajoriana, Jadzia e Alexander stavano assistendo a una pomposa cerimonia, la stessa che Dax aveva già visto, quando Weyoun aveva consegnato il bianco al suo primo Omet'iklan.
La trill sembrava avere assorbito il colpo. Alexander invece non aveva mai visto un Jem'Hadar da vicino prima di allora e continuava a fissare la scena, chiedendosi quale sarebbe stata la loro prossima mossa per cavarsi d'impaccio.
Mentre distribuiva le dosi, Medev era irritato. La sosta imprevista lo aveva costretto a ridare la droga ai suoi, facendone saltare la copertura. La stazione avrebbe presto scoperto l'inganno e l'uomo pensò perciò che uno sparviero klingon gli sarebbe stato più utile alla battaglia di un cargo bajoriano e ordinò ai Jem'Hadar di assalire il Rotarran, contando sull'elemento sorpresa per la buona riuscita dell'azione.
Gli uomini abbandonarono in massa l'Aenora, lasciando sulla nave uno sparuto drappello composto soltanto da due soldati, in difesa del capitano.
Vedendo Medev tornare sul ponte per osservare l'attacco, Jadzia e Alexander si scambiarono un cenno di intesa e cominciarono a strisciare più in fretta che poterono lungo il cunicolo, nel tentativo di precederlo. Arrivati sopra la plancia, smontarono un pannello e si calarono giù, nascondendosi dietro al timone. Tenevano d'occhio la porta di accesso al ponte con i phaser puntati in quella direzione. Appena essa si aprì e Medev entrò, seguito a breve distanza dalle sue guardie del corpo, fecero fuoco.

"Rilevo segnali di teletraporto dall'Aenora. Qualcuno sta salendo a bordo!" gridò Worf, attivando l'allarme intruso.
I Jem'Hadar cominciarono a materializzarsi in plancia e in altri punti strategici della nave. Worf abbandonò la sua postazione e prese ad affrontarli a mani nude. Per ogni nemico che lasciava a terra, lanciava un urlo di vittoria in segno di rivincita per i tanti combattimenti a cui i Jem'Hadar lo avevano costretto durante la prigionia nel campo di internamento 371.
Leskit non gli era da meno e così gli altri uomini del Rotarran. Tavana e Ortikan rispondevano all'attacco a colpi di phaser, mentre Koth menava grandi fendenti con la sua bat'leth.
I klingon difendevano il loro onore, scagliandosi con impeto contro gli avversari, nonostante l'inferiorità numerica. I Jem'Hadar li avevano battuti così tante volte che il superstizioso Kornan era convinto che sul Rotarran pesasse una maledizione, ma quel giorno i coraggiosi guerrieri erano decisi a cambiare le loro sorti.
Presto, i nemici furono sconfitti e i klingon circondarono Martok, reclamando a gran voce che la vittoria fosse iscritta nel diario di battaglia della nave.
Pur tra il clamore dei suoi uomini, il generale colse lo sguardo preoccupato di Worf: Jadzia e Alexander, tutta la sua famiglia, erano ancora a bordo dell'Aenora.
Martok ordinò a Tavana di eseguire una scansione della nave per trovare i loro segni vitali, agganciarli e riportare i due sani e salvi sul Rotarran. L'ingegnere non poté obbedire perché, in quel preciso istante, l'Aenora si mise in movimento e si allontanò, diretta alla stazione.
I klingon la inseguirono.

"Capitano" disse Kira. "Ricevo una chiamata dall'Aenora."
"Sullo schermo" ordinò Sisko.
"Salve, Ben!" salutò una sorridente Jadzia. "Chiedo il permesso di attraccare."
Alle sue spalle, Alexander teneva a portata di phaser il Vorta che si era presentato come Medev. Il ragazzo gongolava. Non vedeva l'ora di tornare sul Rotarran e raccontare ai suoi compagni come lui e Jadzia avevano conquistato l'Aenora, sbarazzandosi dei Jem'Hadar. Già pregustava il modo in cui la storia si sarebbe ingigantita, passando di bocca in bocca, finché entrambi sarebbero stati acclamati come eroi e le loro gesta tramandate a intere generazioni di klingon.
Sisko sorrise a sua volta. "Permesso accordato, vecchio mio."
Una volta sulla stazione, il Vorta, il cui vero nome era Lutan, fu confinato dietro un campo di forza e Odo lo raggiunse per interrogarlo.
"Fondatore" lo accolse l'uomo, vedendolo arrivare. "Ci onorate con la vostra presenza."
"Mi spiega lo scopo della vostra mascherata?" lo affrontò il conestabile.
"Farei di tutto per compiacerla" rispose Lutan. "La guarnigione di cui ero al comando è stata allevata per questa missione, mentre nel mio caso è bastata una chirurgia facciale. Abbiamo attaccato l'Aenora nei pressi dell'anomalia e ci siamo sostituiti all'equipaggio. Ho cercato di alterare le tracce di energia residua sullo scafo in modo che sembrassero il risultato di un attacco casuale, ma ho dovuto agire in fretta perché la copertura genica dei Jem'Hadar durava soltanto pochi giorni. Gli uomini erano già in astinenza quando siamo arrivati nel vostro quadrante, ma la loro condizione poteva essere scambiata per influenza. Purtroppo, ho dovuto ridare loro il ketracel, a causa dell'attesa a cui ci avete costretto, altrimenti avrebbero cominciato a uccidersi tra loro. Il loro sistema immunitario si è rinforzato, distruggendo le cellule bajoriane, e i Jem'Hadar hanno ripreso l'aspetto originale. Il pieno recupero delle forze della guarnigione faceva parte del disegno per eliminare il governo bajoriano e destabilizzare il pianeta. Il diversivo avrebbe impegnato la Federazione, favorendo l'avanzata del Dominio nel quadrante alfa" concluse l'uomo.
"Un bel piano, non c'è che dire" commentò ironico Odo che fino ad allora aveva taciuto. "Davvero credevate di farcela sotto il naso?"
"Sapevamo delle analisi del sangue che pensavamo di superare, come difatti è stato, ma contavamo anche sull'aiuto di Kai Winn" rispose Lutan. "Eravamo sicuri che la sua grande ambizione e testardaggine l'avrebbero accecata al punto da costringere Sisko a spianarci la strada. Non a caso ho cercato in tutti i modi di sollevare un incidente diplomatico."
"A quanto pare era tutto calcolato" constatò Odo. "Tuttavia, avete sottovalutato la competenza del nostro medico e il coraggio dei klingon. Come vi è venuto in mente di attaccarli?"
"Io sarei tornato volentieri a casa," rispose l'uomo "ma sa come sono fatti i Jem'Hadar. Loro combattono fino alla morte."
Il conestabile scosse la testa.
"Fondatore" aggiunse il Vorta in tono mellifluo. "Crede che la Federazione apprezzerà questo mio gesto di... collaborazione?"
Odo si allontanò senza rispondere.

5. Ritorno al padre

La guerra contro il Dominio era lunga e insidiosa e aveva già fatto molte vittime, ma quella battaglia era stata vinta con onore e Martok, sul ponte, aveva appena finito di elogiare il coraggio dei suoi uomini.
Dopo la cerimonia pubblica, l'equipaggio si era riunito in mensa per celebrare la vittoria con canti e racconti di gesta eroiche, annaffiati da barili di vino di sangue.
Worf entrò nella sala a festeggiamenti iniziati e si diresse al tavolo dove era seduto Alexander. Gli altri klingon si fecero da parte per lasciare che occupasse il posto a lui riservato.
"Ti sei comportato con onore, oggi" disse il padre al ragazzo.
"Anche la tua par'Mach'kai ha dato prova di coraggio" rispose il figlio.
Worf fece un cenno di assenso con il capo.
"Parlami di mia madre. Ricordo così poco di lei!" se ne uscì all'improvviso Alexander.
"Che cosa vuoi sapere?" domandò Worf.
"Com'era? Dove l'hai conosciuta?"
Worf alzò lo sguardo, come per richiamare i ricordi, e cominciò a raccontare. "È stato durante il secondo anno di accademia. Qualche volta, io e Zak, il mio compagno di stanza, ci recavamo al Doomsday, un bar frequentato da cadetti che trascorrevano il loro tempo giocando a dom-jot e bevendo root beer. Noi due invece preferivamo gustare un Tamarin frost per rilassarci dopo le lunghe ore di studio. Una sera come le altre, abbiamo visto entrare nel locale due nuove ragazze, tua madre e una biondina terrestre, entrambe molto carine. La sala era affollata e le giovani donne trovarono posto soltanto al bancone. Uno stuolo di cadetti prese subito a ronzare attorno a loro, mettendole a disagio. Il mio amico e io le vedevamo bisbigliare come se stessero decidendo se andarsene o rimanere. Zak che era di solito molto lento nel fare amicizia quella volta cominciò a rifilarmi grandi gomitate nei fianchi, dicendomi che avrei dovuto invitarle al nostro tavolo dove sarebbero state più tranquille. Gli occhi di tua madre mi avevano già soggiogato e anch'io desideravo che le ragazze si unissero a noi, ma non sapevo come chiederlo, senza sembrare un altro di quegli importuni cadetti. Zak insisteva, così dissi a me stesso che un guerriero non può lasciarsi intimidire da uno sguardo. Mi avvicinai alle ragazze e domandai loro se volevano sedersi con noi, indicando Zak e me. Entrambe sembrarono quasi sollevate e mi seguirono di buon grado. Quando facemmo le presentazioni, scoprimmo che si chiamavano K'Ehleyr e Gracious. La biondina, graziosa lo era davvero, almeno per un'umana, con quei grandi occhi azzurri e i lunghi capelli lisci, ma tua madre era 'HI."
Worf tradusse la parola klingon per Alexander. "Stupenda. Non riuscivo a guardarla senza provare una grande agitazione. Zak, invece, era diventato così disinvolto da proporci di lasciare il locale per andare in un posto meno affollato da cadetti pettegoli. Appena usciti dalla sala, disattivò il compensatore di gravità che indossava alla cintura ed esibì il suo fisico, reso ancora più possente dallo schiacciamento della forza di attrazione terrestre. Tua madre lo guardò con un'espressione incerta, ma Gracious ne fu davvero colpita."
Alexander sorrise al pensiero dell'amico corpulento di suo padre che si pavoneggiava di fronte alle ragazze.
"Cominciammo a uscire spesso assieme" continuò Worf. "Quando Zak e Gracious desideravano restare da soli, io e tua madre andavamo a passeggiare al Presidio. Camminavamo, parlando di noi e della nostra vita divisa tra la Terra e Qo'noS. Tua madre era così giudiziosa e io ero orgoglioso di lei."
"L'amavi, padre?" lo interruppe Alexander.
"Più della mia stessa vita" sussurrò Worf, come se lo ammettesse per la prima volta. "Più della mia stessa vita" ripeté più forte.
Il racconto riprese. "Una sera, ci vedevamo già da più di un mese, le dissi che avremmo dovuto rispettare le tradizioni e recitare la promessa di matrimonio. Per tutta risposta, lei si mise a ridere. Disse che eravamo troppo giovani, che a diciotto anni si può avere l'incoscienza per decidere un futuro, ma non la costanza per perseguirlo, che potevamo stare assieme come Zak e Gracious e aspettare che fosse il tempo a decidere il destino della nostra relazione. Disse molte parole che non cambiavano la sostanza dei fatti. Le risposi che la nostra cultura era diversa da quella dei Brikar e degli umani e ci imponeva di comportarci con onore. Allora, andò su tutte le furie, difendendo la sua metà umana con una foga tutta klingon. Disse che non era disposta a rinunciare a quella parte di sé per niente e per nessuno. Odiavo il suo prendere alla leggera le nostre tradizioni più sacre, definendole un cumulo di sciocchezze, così litigammo e ci lasciammo pieni di rancore."
"Cosa successe, dopo?" chiese Alexander.
"Tua madre venne a bordo dell'Enterprise e neppure quella volta volle fare il giuramento" rispose Worf.
"Padre, l'hai dimenticata ora che hai una nuova compagna?" domandò, titubante, il ragazzo.
"Tua madre," rispose Worf toccandosi il petto "farà sempre parte di me."
Alexander tacque come se stesse meditando su ciò che aveva ascoltato. Guardò i klingon soddisfatti intorno a sé e accennò il motivo di una canzone.
"Te la ricordi ancora?" si meravigliò Worf.
"La cantavi sempre quando ero bambino e mi piaceva molto il suono delle parole, anche se non le capivo tutte" rispose il figlio.
"O cuore di eroe che vai in battaglia" intonò Worf con voce baritonale.
"Di fronte al nemico la forza tua staglia" gli fece da contrasto la voce da tenore di Alexander.
Clang, clang, clang. Koth si era ridestato dal torpore causato dal troppo vino di sangue e, sbattendo il bicchiere di metallo sul tavolo, cantava a squarciagola: "E come mercede per il tuo ardor."
Gli altri klingon chiusero il ritornello: "Si apran le porte dello Sto-Vo-Kor."
Era Ritorno al padre, l'inno tradizionale che si ascoltava di continuo durante il Festival di Kot'baval. Unito nel canto, l'equipaggio intonava una strofa dopo l'altra:

Dispiega le ali del tuo sparviero
se soffia di guerra un vento foriero.
Indossa le armi al suono del corno
e che per morire sia oggi un buon giorno.

O cuore di eroe che vai in battaglia,
di fronte al nemico la forza tua staglia
e come mercede per il tuo ardor
si apran le porte dello Sto-Vo-Kor.

Che Kahless ti accolga, il nostro buon padre,
con vino di sangue e donne leggiadre
e cinta la fronte con il dolce mirto,
riposi tra i grandi per sempre il tuo spirto

Al ritmo della canzone, il Rotarran avanzava nello spazio, una piccola nave senza troppe difese se non il cuore di un manipolo di eroi a farle da scudo.



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