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Cherchez la femme

Racconto vincitore del Premio Star Trek 2008

Data di pubblicazione: 15-10-2007

Presentazione: Un'avventura olografica del capitano Picard nei panni di Dixon Hill. Sulle tracce di una spilla scomparsa, inseguendo una misteriosa femme fatale, Picard/Dixon Hill passa di indizio in indizio, fino alla risoluzione del caso. Ma l'imprevisto, si sa, è sempre in agguato...



1. Una tranquilla missione

Data astrale 43976.2.
Diario del capitano.
"Ci stiamo dirigendo verso Ayrie 7, un pianeta di recente terraformazione, su cui si è insediata una colonia multirazziale, composta per la maggior parte da umani, un discreto numero di vulcaniani e un nucleo più piccolo di bajoriani, cui si aggiungeranno presto altre razze.
Durante le prime fasi di vita del nuovo pianeta, quelle più critiche, solamente agli scienziati è stato dato il permesso di scendere sulla superficie e ora le famiglie stanno viaggiando sull'Enterprise per andare a riunirsi con i loro cari.
Trasportiamo anche rifornimenti, principalmente viveri, in attesa che i coloni riescano a trarre dal pianeta, in modo autonomo, le risorse necessarie per il loro sostentamento e, inoltre, portiamo la tecnologia occorrente per aiutarli in questa loro missione.
L'Enterprise deve anche ritirare un carico di rifiuti, prodotti sul pianeta prima della messa a punto e collaudo del nuovo depuratore. L'impianto è ora perfettamente funzionante, tuttavia, in previsione dell'incremento della popolazione, ci siamo offerti di aiutare i coloni a smaltire le scorie sin qui accumulate.
Il pianeta si trova a solo due ore di distanza dalla nostra posizione attuale, a curvatura otto, e sull'Enterprise tutto scorre liscio."
"Perché non si prende una piccola vacanza, capitano?" lo interruppe Deanna. "Sono sicura che sul ponte ologrammi troverà il modo di passare piacevolmente il tempo che ci separa da Ayrie 7."
"Mi sembra una buona idea, consigliere" rispose Picard. "Non mi dispiacerebbe rivedere la Terra e le automobili. Anche se la prima volta c'è stato quel piccolo inconveniente, l'avventura, nel suo insieme, si è rivelata piuttosto interessante."
"Allora vada, capitano" si intromise Data. "Il signor Crusher ha fatto un lavoro egregio e la probabilità che l'incidente si ripeta è molto bassa."
"Ma certo, capitano" continuò Riker. "Vedrà che si divertirà."
"E lei che ne pensa, signor Worf?" chiese allora Picard.
"Sono d'accordo" rispose Worf alla sua solita, laconica, maniera.
"Ma allora questa è una congiura! Molto bene, a lei la plancia, signor Riker" esclamò Picard, alzandosi dalla poltrona e dirigendosi verso il turboascensore.

2. Hard boiled

Una volta arrivato davanti al ponte ologrammi, il capitano Picard pigiò i tasti della consolle per selezionare il suo programma preferito e, quando la porta si spalancò, entrò, chiedendo al computer di attivare il programma.
Immediatamente, le pareti nere a righe gialle del ponte ologrammi svanirono, lasciando posto a una San Francisco degli anni 40 e a un freddo Jean-Luc Picard, in completo di grisaglia e cappello di feltro, fermo davanti a una porta a vetri che recava la scritta "Dixon Hill, investigatore privato."
Il capitano Picard spinse la porta, entrando nella stanza senza alcuna esitazione. Madeline, la sua segretaria, lo accolse con il consueto: "Ciao, Dix." Stava masticando una gomma e limandosi le unghie e quel giorno portava un profumo particolarmente intenso.
"Hai cambiato profumo, Madeline?" chiese il capitano Picard/Dixon Hill.
"No Dix, è sempre la solita acqua di colonia" rispose Madeline. "Quello che senti è roba di classe, profumo francese e viene dalla pupa che ti sta aspettando di là. Ecco il suo biglietto da visita."
Prima di passarglielo, Madeline lesse ad alta voce il nome che vi era scritto. "Roxenn Bicium!" esclamò, porgendo finalmente il biglietto a Picard che lo intascò e si diresse nella stanza successiva, quella che usava per mettere i clienti a loro agio, al riparo da orecchie indiscrete, comprese quelle di Madeline.
La prima cosa che vide, entrando, furono due gambe lunghissime, inguainate in calze di seta color tortora, con la riga dietro. Guardò in su e si accorse che le gambe appartenevano a una bruna con le labbra carminio che indossava un tailleur color panna e un cappello con la veletta. La bruna stava fumando una sigaretta che, a giudicare dal numero di mozziconi spezzati nel portacenere, tutti con l'identico sigillo rosso, non era certo la prima.
"Buon giorno, signora Bosciò" la apostrofò Picard.
"Signor Hill," esclamò stupita la donna "lei mi sorprende! Non sono in molti a pronunciare correttamente il mio nome. Ha per caso antenati francesi?"
"Effettivamente, signora Beauchamp," rispose Picard "ma mi dica, a cosa debbo l'onore della sua visita?"
"Roxane," disse la bruna "mi chiami semplicemente Roxane." E continuò: "Sono venuta da lei, perché in casa non si trova più una spilla di rubini. È un gioiello antico e di molto valore che mia nonna ha portato con sé dal vecchio continente. La nonna ci tiene davvero tanto, si è convinta che l'abbia presa una delle cameriere e minaccia di fare uno scompiglio se non salta fuori al più presto. Perciò, signor Hill, anche se immagino che lei sia molto occupato, vorrei pregarla di dedicarsi a questa indagine il più presto possibile. Anzi, se posso contare sul suo aiuto e, soprattutto, sulla sua discrezione, potrebbe unirsi a noi per il ricevimento che teniamo sabato, così avrà modo di investigare sulla sparizione della spilla, senza dare troppo nell'occhio."
Così dicendo, la signora Beauchamp consegnò a Picard l'invito per la serata, un bigliettino bianco con scritte dorate che aveva lo stesso intenso profumo della sua proprietaria. Picard lo prese, rassicurandola: "Ci sarò senz'altro, signora Beauchamp. Allora, arrivederci a sabato."
Accompagnò quindi la sofisticata bruna fuori dall'ufficio, sotto lo sguardo curioso di Madeline che continuava a masticare la sua gomma.

3. Il ricevimento

Il biglietto d'invito diceva "black tie" e così Picard aveva preso a noleggio uno smoking. Si stava appassionando a quella avventura e voleva che fosse il più realistica possibile. Perciò, aveva rinunciato a indossare uno smoking fatto apparire magicamente dal replicatore e si era recato nel negozio di costumi teatrali sulla Powell, poco distante dal suo ufficio, per rimediarne uno che gli stava un po' stretto di spalle, ma gli dava comunque un'aria molto elegante.
Si presentò a casa Beauchamp alle nove, come era scritto sul biglietto, e la cameriera che lo ricevette all'ingresso lo accompagnò nel salone, già affollato da parecchi ospiti. La signora Beauchamp, in un elegante abito da sera scollato, senza maniche, gli si fece incontro con un ampio sorriso stampato sulla bella bocca carminio.
"Venga, signor Hill," fece rivolta a Picard "l'accompagno a prendere un drink e intanto le presento i componenti della famiglia. Quella laggiù" disse, indicando con lo sguardo una signora sui settantacinque anni, con un vestito di seta nero e un vistoso diadema di brillanti tra i capelli "è la nonna, la contessa Alexandra Politanova Beauchamp. La nonna è nata e cresciuta a San Pietroburgo e si dice che la sua famiglia sia imparentata con quella degli zar. Dopo il matrimonio con il nonno, si è trasferita a Parigi e poi, ai primi del secolo, sono emigrati entrambi nel nuovo mondo, portando con sé mio padre che allora era solo un ragazzo. Sono partiti in cerca di migliore fortuna, così come hanno fatto in molti, e, in effetti, il nonno, di fortuna, ne ha trovata parecchia, occupandosi un po' di questo, un po' di quello. Non mi chieda però quali fossero di preciso i suoi affari, perché io non saprei davvero dirglielo. Chi tiene d'occhio tutto è mio marito, Arthur Wiggelsworth, assieme al nostro amministratore, il signor Appleby" aggiunse, spostando lo sguardo verso un signore alto e distinto, con i baffetti alla Clark Gable, che stava parlando con un uomo più basso e tarchiato che, sicuramente, era l'amministratore.
Un giovanotto dall'aria languida li stava osservando sin da quando la signora Beauchamp gli si era avvicinata, così Picard le chiese: "E il giovanotto vicino al camino, invece, è..."
"Mio fratello minore, Antwone" ribatté pronta lei e, prendendo Picard sottobraccio, lo trascinò in quella direzione. Mentre si avvicinavano, la signora Beauchamp gli bisbigliò all'orecchio: "La nonna vorrebbe che anche Antwone si dedicasse agli affari di famiglia, ma lui dice che, ehm, non ha ancora trovato la sua strada."
Una volta raggiunto il giovanotto, la signora Beauchamp gli si rivolse, dicendo: "Antwone, ti presento il signor Hill, Dixon Hill, investigatore privato, ci darà una mano per quella spilla che non si trova più."
"Quante storie!" disse di rimando il giovanotto. "La nonna l'avrà messa da qualche parte e se ne è dimenticata. Non mi sembra il caso di scomodare il signor Hill, solo perché la nonna ha cominciato a dare i numeri."
"Antwone," lo rimproverò la sorella "non ti permetto di parlare della nonna in questo modo!"
Per tutta risposta Antwone tirò fuori una sigaretta da un portasigarette d'argento e l'accese con un fiammifero. Picard non poté fare a meno di notare quella stranezza: Antwone aveva un portasigarette d'argento, ma non un accendino d'argento. Il giovane sembrò accorgersene e fece sparire in fretta e furia la scatola dei fiammiferi in una tasca, ma non tanto in fretta da impedire a Picard di leggere quello che vi era scritto sopra: Hotel Jolie. Era la pubblicità di un albergo.
Intanto, una leggiadra fanciulla in un vaporoso abito di organza rosa si era unita al loro gruppetto.
"Signor Hill," disse la signora Beauchamp "le presento mia figlia Millicent, Millie per la famiglia. Ha appena fatto il suo ingresso in società al ballo delle debuttanti del mese scorso."
Picard ammirò la ragazza, una versione dai tratti solo leggermente più distesi di quelli della madre e, a differenza di questa, bionda.
"Bene, signor Hill," lo congedò la signora Beauchamp "si senta libero di girare per casa e di interrogare i domestici."
Così dicendo, si allontanò per dedicarsi agli ospiti che stavano man mano arrivando, trascinando con sé fratello e figlia.
"Lo farò senz'altro!" le gridò dietro Picard che, tuttavia, aveva già in mente la pista da seguire.

4. Hotel Jolie

L'hotel Jolie si trovava in una zona piuttosto degradata di San Francisco, dove una moltitudine di senzatetto si muoveva senza posa su e giù, lungo la strada, facendo risuonare le monetine nei bicchierini di carta, nella speranza di rimediare qualche altro cent dai frettolosi passanti. Il posto non sembrava consono allo stile di vita lussuoso dei Beauchamp e Picard aveva deciso di farvi una capatina per cercare di scoprire in che modo Antwone Beauchamp era venuto in possesso di una delle scatole di fiammiferi dell'hotel. Prima, però, si era recato presso l'archivio del San Francisco Chronicle per procurarsi una copia del giornale dove fosse stampata una foto della famiglia, da mostrare agli impiegati dell'hotel. Era riuscito a trovarne solo una piuttosto vecchia, di quattro anni prima, in cui Roxane, il signor Wiggelsworth e Antwone campeggiavano al centro della prima pagina, a fianco delle autorità cittadine, in occasione dell'apertura del Golden Gate Bridge.
Una volta raggiunto l'hotel, Picard ne varcò la soglia, accorgendosi che, nonostante esso si trovasse in una zona non lussuosa, aveva qualche pretesa di stile nelle decorazioni a fregi verdi e oro delle pareti. Si diresse alla reception.
"Salve," disse all'impiegato chino sui registri, dietro il bancone "il mio nome è Dixon Hill e sono un investigatore privato. Posso farle qualche domanda?"
L'impiegato lo guardò da sotto in su, senza rispondere.
"Mi può dire se ha mai visto qui in albergo il giovanotto ritratto in questa foto?" continuò deciso Picard, sollevando il giornale e piazzandolo nel campo visivo dell'impiegato reticente. L'uomo, stavolta, sollevò completamente lo sguardo e, assumendo un'aria molto compunta, rispose: "Mi dispiace, signore, non sono tenuto a rivelare informazioni sui clienti. La Direzione è contraria, ne va del buon nome dell'albergo."
Un po' sorpreso, Picard si fermò a pensare, indeciso se insistere, quando, con la coda dell'occhio, vide un fattorino con un cappellino tondo e la divisa piena di bottoni d'argento che gli faceva grandi cenni e gli indicava di portarsi fuori dall'hotel. Picard salutò in tutta fretta l'impiegato della reception e uscì, rimanendo tuttavia in strada, davanti all'hotel. Dopo qualche minuto, il fattorino lo raggiunse e, con fare complice, lo costrinse ad allontanarsi da lì. Quando ritenne di avere messo tra sé e l'hotel una ragionevole distanza, disse a Picard: "Forse potrei aiutarla io, signore, se mi mostra la foto e se è disposto a darmi, diciamo, una piccola ricompensa, in cambio della mia disponibilità."
Allora si trattava di questo, pensò Picard, facendo scivolare rapidamente una banconota da un dollaro nelle mani avide del fattorino che la intascò con grande destrezza.
Gli mostrò la foto del giornale, chiedendogli se riconosceva il giovanotto a centro pagina. Il fattorino guardò la foto, si grattò la zucca e poi rispose: "Mai visto prima."
Picard cominciava a pensare che stava perdendo il suo tempo, quando quello aggiunse: "La pupa, invece, si vede spesso in hotel."
A quell'uscita, Picard rimase letteralmente sbalordito: se era la signora Beauchamp la frequentatrice dell'hotel Jolie, come mai i fiammiferi erano in possesso di suo fratello? Forse il fattorino aveva solo voluto scucirgli un po' di denaro. E, infatti, quello continuò: "Un altro piccolo aiuto potrebbe rinfrescare di molto la mia memoria."
Ormai rassegnato, Picard gli rifilò un altro biglietto da un dollaro che raggiunse in fretta l'altro nella tasca del fattorino.
"Sì, è proprio la pupa della stanza Falcone maltese."
"La stanza Falcone maltese?" chiese Picard.
"Sì, ogni stanza dell'hotel Jolie porta il nome di un film" rispose il fattorino. "La pupa alloggia sempre in quella stanza e poi va via con il tipo che cura gli affari di quell'imbroglione che si spaccia per un gran signore e parla in modo così strampalato. Ho sentito che il tipo la chiama Gloria."
Questa poi era davvero troppo grossa perché Picard fosse disposto a berla: la signora Beauchamp che si incontrava di nascosto con Marty, il tirapiedi di Cyrus Redblock!
Stavolta era più che sicuro che il fattorino avesse voluto solo sfilargli un po' di quattrini, perciò lo salutò e si allontanò, ma l'altro gli urlò dietro: "Guardi che porta la parrucca, perché Gloria è bionda."
La faccenda si faceva sempre più ingarbugliata – pensava Picard – dunque non era Roxane Beauchamp a vedersi con Marty, bensì la piccola Millicent Wiggelsworth.

5. Sulle tracce della misteriosa Gloria

Picard riteneva che fosse giunto il momento di fare una visitina al suo amico Cyrus Redblock nella speranza di riuscire a dipanare quella matassa. Perciò, si incamminò in direzione di Market Street, la zona di Cyrus. Svoltato l'angolo tra la Powell e la Market, vide la strada invasa dai banchetti dei giocatori delle tre carte: quello era il campo di Nicky, detto il Naso da quando quello vero, di naso, gli era stato sparato via e aveva dovuto sostituirlo con una placca di metallo.
Pur spartendo il territorio con Nicky, Cyrus Redblock non si dedicava ad attività così grossolane come il gioco d'azzardo per strada. Si riteneva un vero raffinato e perciò gestiva tutti i night club che dalla Market si allungavano fino ai confini con Castro. Naturalmente, li gestiva alla sua maniera, terrorizzando i veri proprietari ed estorcendo loro denaro.
Naso e il suo scagnozzo Shorty si aggiravano rapidi tra i banchetti dei giocatori, tenendo d'occhio gli affari. Appena vide Picard, Naso lo salutò, dicendo: "Sei qui per me, Dix?"
"Oggi no, Nicky" rispose Picard. "Cerco Cyrus, sai per caso dove posso trovarlo?"
"Quel vecchio pallone gonfiato!" esclamò Naso. "E dove vuoi trovarlo se non al Pearl?"
"Grazie della soffiata, Nicky," rispose Picard, allontanandosi in fretta "ci si vede in giro."
"Meglio di no," rispose Naso "dove ci sei tu, Dix, in un modo o nell'altro arrivano sempre anche i piedipiatti."
Picard si diresse al Pearl, dove naturalmente trovò Cyrus Redblock che pontificava tra i suoi uomini.
"Salve Cyrus," gli disse Picard "sto cercando una bionda di nome Gloria e mi dicono che tu sai dove posso trovarla."
"Per forza," replicò Cyrus "canta in uno dei miei locali, è la star del momento. Vieni al Bluemoon stasera e te ne renderai conto tu stesso."
Picard accettò l'invito di Redblock e si recò al Bluemoon quella sera stessa. All'apparenza si trattava di un club di musica jazz, ma chissà quali loschi intrighi tramava Cyrus nelle stanze il cui accesso era riservato solo agli amici. Picard vide Marty seduto a un tavolo e lo raggiunse.
"Salve Marty, come butta?" chiese. "Posso unirmi a te?"
"Certamente Dix," replicò Marty "basta che la pianti subito con le chiacchiere, perché adesso sta per andare in scena Gloria."
In quel momento infatti il sipario si aprì e Gloria fece la sua comparsa sulla pedana del Bluemoon. Era illuminata soltanto dalla luce dell'occhio di bue, perciò tutto ciò che Picard riusciva a vedere di lei erano i corti riccioli biondi e il volto pesantemente truccato. Gloria, che portava un abito di lamè rosso, si diresse verso il pianoforte e, afferrato il microfono, cominciò a cantare con una voce piuttosto intrigante e alquanto insolita in una cantante non di colore. Marty, seduto accanto a Picard, la fissava con la bocca spalancata, dondolandosi al ritmo della canzone. Picard, che aveva visto la piccola Millie solo una volta, e in versione debuttante, si stava sforzando di capire se, sotto il pesante trucco, si nascondesse la stessa ragazzina che aveva visto al ricevimento dei Beauchamp, quando un movimento sinuoso della cantante proiettò verso di lui un bagliore di un rosso più intenso di quello degli altri lustrini.
La spilla di rubini, - intuì Picard - appuntata sul petto della misteriosa Gloria! Ora più che mai era necessario che le parlasse, perciò scosse Marty dal suo incantesimo.
"Marty," disse "devo assolutamente parlare con Gloria."
"Niente da fare, Dix," rispose quello "quella bambola l'ho vista prima io."
"Non essere sciocco Marty," replicò Picard "ho detto parlare e basta. Ha davvero una voce meravigliosa e voglio complimentarmi con lei."
"O.K., allora" disse Marty, in tono più conciliante. "Dopo lo spettacolo mi raggiunge sempre al tavolo. Potrai parlarle con me presente."
"Senz'altro, Marty" concesse Picard. "Intanto, vado a prendere dei drink per noi e per la signora."
"Buona idea" rispose Marty.
Al suo ritorno, Gloria era già seduta al tavolo di Marty. Quando vide Picard, cominciò a divincolarsi sulla sedia, ma Marty le stava reggendo fermamente le mani tra le sue, perciò non le riuscì di alzarsi e scappare via.
"Buona sera, Gloria," disse Picard, poggiando i drink sul tavolo "o forse dovrei chiamarla... Antwone?"
A quelle parole, gli occhi di Marty diventarono più grandi dell'occhio di bue che aveva illuminato Gloria/Antwone fino a quel momento.
Seguì una lunga conversazione durante la quale Antwone spiegò che usava la stanza Falcone maltese per il suo travestimento e che Marty, all'oscuro di tutto, veniva a prenderlo per accompagnarlo al locale. Quanto alla spilla, l'aveva presa semplicemente perché gli piaceva e sapeva che non sarebbe mai stata sua, in quanto destinata al ramo femminile della famiglia. Picard concordò con Antwone di mantenere il suo segreto, a patto che restituisse la spilla alla nonna.
Tutto sembrava risolto per il meglio e Picard stava tornando in ufficio per salutare Madeline e mettere fine all'avventura.
Appena entrato, Madeline lo apostrofò con un: "Ciao Dix, ha telefonato la signora Beauchamp."
Bene - pensò Picard - vorrà informarmi che la spilla è tornata al suo posto.
"Ciao Dix," disse Madeline "ha telefonato la signora Beauchamp."
Ho sentito – pensò Picard – ora la chiamo ed esco dal programma.
"Ciao Dix," disse Madeline "ha telefonato la signora Beauchamp."
Stavolta Picard guardò con più attenzione Madeline: non solo ripeteva la stessa frase in continuazione, ma ripeteva anche la stessa sequenza di gesti, gomma da masticare, palloncino, scoppio del palloncino, lima per unghie e via così.
"Computer, interrompere il programma" disse allora Picard.
"Ciao Dix," disse Madeline "ha telefonato la signora Beauchamp."
Stavolta Picard premette sul comunicatore e chiamò la sezione Ingegneria.
"Signor La Forge," disse "si è di nuovo verificato un guasto al ponte ologrammi, può mandare qualcuno a ripararlo, per favore?"
"Sissignore" rispose pronto La Forge e aggiunse "Può uscire da lì, capitano?"
"Temo di no, signor La Forge, il programma non avanza e sono intrappolato in una scena che si ripete in continuazione."
"Mando subito qualcuno, signore. La Forge, chiudo."

6. Uno sguardo all'Enterprise

"Signor Barclay," disse Geordi "dovrebbe recarsi immediatamente al ponte ologrammi. Si è di nuovo verificato un guasto e il capitano è rimasto intrappolato. Porti con sé le specifiche elaborate dal signor Crusher la volta scorsa, potrebbero servirle."
Poi, chiamando di nuovo Picard, aggiunse: "Capitano, siamo arrivati su Ayrie 7, vuole che sospenda la missione?"
"No, signor La Forge, proceda come stabilito," ripose Picard "almeno, stavolta riusciamo a comunicare."
"Bene, signore," disse La Forge "il signor Barclay sta arrivando."
Geordi chiamò quindi il capo O'Brien in sala teletrasporto per comunicargli di cominciare a far scendere coloni e viveri sulla superficie del pianeta.
Nel frattempo, il signor Barclay aveva raggiunto la consolle esterna del ponte ologrammi e aveva cominciato a trafficare con i circuiti. Ogni tanto consultava le specifiche di Wesley, ma non ci si raccapezzava. Perciò chiamò Geordi.
"Signor La Forge, qui Barclay, non credo che il problema sia lo stesso dell'altra volta, signore. Tutti i circuiti del ponte ologrammi sono perfettamente funzionanti, sembra piuttosto che ci sia qualcosa che non va nel programma stesso. Posso forzarlo manualmente ad avanzare, agendo direttamente sul supporto."
"Bene" rispose Geordi. "Proceda come meglio crede, signor Barclay."
Barclay aprì allora l'alloggiamento che conteneva il chip isolineare del programma Dixon Hill, impugnò l'iperspanner e indirizzò il raggio direttamente sul chip. In quel momento, vide Deanna Troi avanzare lungo il corridoio. Deanna gli rivolse un caloroso saluto, accompagnato da un largo sorriso.
"Salve, consigliere" s'impappinò Barclay, seguendola con lo sguardo, mentre si allontanava, ancheggiando, nella sua aderente uniforme.
Barclay richiuse quindi l'alloggiamento del chip ed effettivamente i led sulla consolle ripresero a lampeggiare e gli indici di scorrimento del programma ripresero ad avanzare.
"Tutto bene, capitano?" chiese quindi Barclay a Picard.
"Grazie, signor Barclay," rispose Picard "il programma va avanti, adesso."
Soddisfatto del suo lavoro, Barclay tornò in Ingegneria e comunicò la buona notizia a Geordi. In quel momento arrivò anche il messaggio di Picard: "Signor La Forge, come procede il trasporto sul pianeta?"
"Tutto sotto controllo, signore" replicò Geordi.
"Molto bene," disse Picard "allora penso che porterò a termine questa avventura."
La Forge stava per replicare, quando O'Brien lo interruppe: "Signor La Forge, trasporto coloni completato."
"Bene, signor O'Brien," disse allora Geordi "cominci pure a caricare le scorie. Le invii al magazzino 10 e avverta la squadra di tenersi pronta."
"Sissignore" rispose O'Brien, avviando il flusso delle scorie dal pianeta al magazzino.

7. Ricomincia l'avventura

"Ciao Dix," disse Madeline "ha telefonato la signora Beauchamp, ha detto di andare subito a casa loro."
Picard uscì di corsa dal suo ufficio per recarsi dai Beauchamp. Appena arrivato, Daisy, la cameriera, lo accompagnò in un salottino, dove si trovava la famiglia riunita.
La signora Beauchamp era seduta sul divano e si teneva la testa tra le mani. Ai suoi lati, Antwone e Millie cercavano di consolarla. Appartati in un angolo c'erano il signor Wiggelsworth e il signor Appleby che, come al solito, parlottavano tra loro.
Non appena lo vide, la signora Beauchamp si sollevò dal divano e gli andò incontro, dicendo: "Signor Hill, per fortuna è arrivato!"
Picard lanciò dapprima un'occhiata ad Antwone, che gli rispose con un cenno di assenso della testa, poi si rivolse alla signora Beauchamp: "Ancora non si trova la spilla, signora Beauchamp?"
Lei gli rispose con un sospiro: "No, signor Hill, la spilla era finita in uno dei cassetti della nonna, come aveva detto Antwone e ora è al sicuro in cassaforte. Tuttavia, sembra che abbiamo un problema più grave."
"Quale problema, signora Beauchamp?" chiese Picard.
"La nonna," rispose lei "è scomparsa. Stamattina Daisy è entrata nella sua stanza per aiutarla a vestirsi e rifare la camera e... la nonna non c'era! Quello che è peggio è che il letto era intatto, quindi la nonna deve essere sparita già da ieri sera. Abbiamo cercato in tutta la casa e non si trova. Adesso più che mai abbiamo bisogno del suo aiuto, la prego signor Hill, ci dia una mano."
Così dicendo tornò verso il divano e vi si lasciò cadere, affranta. Subito la figlia le circondò le spalle con le braccia, cercando di consolarla. Antwone, invece si accese una sigaretta, chiedendo a Picard: "Non le sembra un po' strana la scomparsa della nonna, signor Hill?"
Picard rispose che avrebbero dovuto fornirgli maggiori informazioni, per esempio se la nonna aveva qualche motivo per allontanarsi di casa, oppure se lo aveva già fatto in precedenza. Ottenne due risposte negative, perciò chiese di essere accompagnato nella stanza della nonna, con la speranza di trovare qualche indizio. Quando giunse lì, si rese conto che tutto era come glielo avevano descritto: il letto non era stato toccato, ogni cosa era al suo posto e della nonna non vi era alcuna traccia.

8. L'ideona di Shorty

"Naso, Ginnie mi ha dato una dritta stamattina."
"Ginnie chi, Shorty, un'altra delle tue gallinelle?"
"Naso, non parlare così della futura madre dei miei figli!"
"Shorty, è già la quarta futura madre dei tuoi figli, questo mese! E comunque, sentiamo chi è questa Ginnie e che dritta ti avrebbe dato."
"Per tua norma e regola, Naso, Ginnie è la cameriera del Cherry Blossom Cafe. Ha saputo dalla sua amica Daisy, che sta a servizio dai Beauchamp, che la vecchia non si trova più."
"Shorty, la smetti di giocare agli indovinelli? Di che vecchia stai parlando, adesso?"
"La vecchia, Naso, la contessa, non si trova più."
"Ho capito, Shorty, ma che c'entriamo noi con questa faccenda?"
"Quando si tratta di ricavarci qualche bigliettone, Naso, noi c'entriamo sempre."
"Già, ma come?"
"Senti il mio piano, Naso: noi scriviamo una lettera alla famiglia, dicendo di portare la grana al molo 39, se vogliono rivedere la vecchia tutta intera. Quelli arrivano, sganciano i soldi e noi ce la battiamo con il malloppo. Quanto dici che possiamo scucirgli? La vecchia è vecchia, ma la famiglia la vorrà senz'altro indietro. Secondo me, possiamo ricavarne un centone a testa."
"E perché non facciamo 10.000 dollaroni, Shorty? Ma allora non sei tutto scemo come sembra! Scrivi questa lettera e ne riparliamo al mio ritorno. Esco a fare due passi e a controllare che gli affari vadano come si deve."
"Non ti preoccupare, Naso, penso a tutto io!"
Rientrando dalla passeggiata, Naso trovò Shorty sommerso da fogli di giornale da cui stava minuziosamente ritagliando le lettere che gli servivano per comporre il messaggio.
"Allora Shorty, cosa combini?"
"Sto scrivendo la lettera, Naso."
"Shorty, ma è il giornale di oggi!" esclamò Naso, sollevando la prima pagina del San Francisco Chronicle, piena di intarsi e finestrelle. "Non potevi usare quello di ieri? Questo non lo avevo ancora letto!"
"Il giornale di oggi, il giornale di ieri! Suvvia, Naso, che differenza vuoi che faccia! Pensa a quanti giornali potrai comprarti con tutti quei bei dollaroni facili in arrivo. Ecco qua, che te ne pare?"
Naso prese il biglietto e lesse: "Se volete rivedere la vecchia, mettete 10.000 $ in un sacco dei rifiuti, lasciatelo al molo 39 alle otto di stasera e non le torcieremo un capello."
"Shorty," sbottò Naso "hai scritto torcieremo!"
"Perché, Naso, cosa c'è che non va?"
"La i, deficiente!"
"Quante storie, Naso, ecco fatto!" disse Shorty grattando via la i dal biglietto con l'unghia del mignolo che portava più lunga di quelle delle altre dita.
Finito di scrivere la lettera, Shorty la infilò in una busta anonima, quindi uscì per andarla a recapitare personalmente. Si inerpicò su per Russian Hill, diretto alla lussuosa dimora dei Beauchamp Wiggelsworth e, appena arrivato lì, la depositò nella cassetta delle lettere. Poi, si sedette sul marciapiede per farsi passare il fiatone.

9. Rifiuti speciali

Sull'Enterprise stavano intanto continuando le operazioni di smaltimento delle scorie in arrivo da Ayrie 7: il signor O'Brien riceveva il carico in sala teletrasporto e poi lo indirizzava al magazzino 10, dove la squadra provvedeva a recuperare i rifiuti riciclabili e a incenerire quelli inutilizzabili.
A casa Beauchamp Wiggelsworth, invece, Picard e la famiglia erano tornati nel salottino, dopo l'infruttuosa visita nella stanza della nonna. Stavano considerando il da farsi, quando si sentì bussare alla porta e Daisy entrò, portando la posta su un vassoio d'argento. Lo consegnò al signor Wiggelsworth che si sedette alla scrivania e cominciò ad aprire le lettere con il tagliacarte. Giunto alla busta anonima, la sollevò e la rigirò, cercando di vedere in controluce, poi l'aprì, e, dopo aver letto il messaggio, sbiancò all'improvviso.
"La nonna," disse "è stata rapita e qui c'è la richiesta di riscatto."
A quelle parole, la signora Beauchamp si accasciò ancor più nel divano, mentre la figlia tentava di farle vento con le mani. Antwone e il signor Appleby, invece, si avvicinarono al signor Wiggelsworth per leggere anche loro la lettera che passò di mano in mano, fino a raggiungere quelle di Picard. Mantenendo la calma, il capitano la lesse da cima a fondo e poi suggerì ai Beauchamp Wiggelsworth di fare come c'era scritto. Il signor Appleby cominciò a protestare che non sarebbe stato facile trovare tutto quel denaro in così poco tempo, c'era da andare in banca, svincolare fondi, firmare una montagna di carte e... La signora Beauchamp lo interruppe, dicendo in maniera piuttosto seccata: "Faccia tutto il possibile, signor Appleby, la paghiamo per questo."
Mortificato, il signor Appleby si ritirò nel suo angolo, in attesa di ulteriori istruzioni che non tardarono ad arrivare.
"Bene, signor Appleby," disse Picard "metta il denaro in un sacchetto dei rifiuti così come è scritto nella lettera e lo depositi al molo 39, stasera alle otto. Penseremo noi al resto."
Lasciando quindi la famiglia in preda all'agitazione e un tremebondo signor Appleby che non si sentiva affatto tagliato per il ruolo dell'eroe, Picard tornò in ufficio e, da lì, chiamò il suo amico tenente McNary per preparare la trappola ai rapitori della nonna, chiunque essi fossero. Stava prendendo gli ultimi accordi, quando una comunicazione in arrivo dall'Enterprise lo distolse dalla conversazione con McNary.
"Capitano," disse la voce di Geordi "si è verificato un problema con il trasporto rifiuti. Il signor O'Brien ha rilevato qualcosa di insolito durante la verifica dell'integrità dei dati immagine dell'ultimo carico. Pensavamo si trattasse di uno dei coloni, la cui traccia era rimasta in sospeso nel buffer del teletrasporto, e abbiamo interrotto il flusso prima che finisse riciclato, o peggio, nell'inceneritore. Signore, non ci crederà, ma dopo avere completato la scansione abbiamo scoperto che si tratta di un personaggio olografico. Il signor Barclay ritiene di averlo asportato, forse a causa di una distrazione durante la riparazione, e di averlo poi inserito nei sistemi, attraverso l'iperspanner. Il computer ha fatto il resto, assimilando la traccia dell'ologramma a quella dei coloni. Vuole che reinseriamo il personaggio nel programma, signore?"
"Per il momento no, signor La Forge" rispose Picard. "Attenda il mio segnale."
Fregandosi le mani, il capitano Picard cominciò a pregustare il finale di quell'avventura.

10. Tutto è bene quello che finisce bene

Alle sette e trenta di quella sera, Picard salì sul cable car che lo avrebbe portato nei pressi del molo 39. Non avendo trovato posto all'interno, rimase sul predellino, spenzolandosi come un bambino, durante il breve tragitto, e lasciandosi accarezzare la faccia dal vento. Avvicinandosi a Fisherman's Wharf, aspirò l'odore proveniente dai banchetti che offrivano pesce, granchi e frutti di mare. In Ghirardelli Square, una bellezza bruna dalla pelle di camelia, ferma sulla soglia di un negozio, attirò la sua attenzione, chiedendogli in un misto di inglese e italiano: "Cioccolata, signore?"
Finalmente, si diresse verso il molo 39 e vide che gli uomini di McNary si erano già piazzati lungo tutto l'Embarcadero, mescolandosi a pescatori, passanti e nullafacenti.
Alle otto in punto, come sbucato dal nulla, apparve il signor Appleby con in mano il prezioso sacchetto dei rifiuti. Lo depositò sul molo e si allontanò in fretta, rallegrandosi del fatto che, per quel giorno, il suo lavoro fosse finito.
Subito dopo, un uomo si staccò dalla folla e si precipitò a raccogliere il sacchetto. Gli agenti di McNary gli furono immediatamente addosso e quando Picard e il tenente li raggiunsero, per guardare in faccia il misterioso rapitore, si accorsero che si trattava di Shorty. McNary cominciò a torchiare il prigioniero. "Allora, Shorty, gran bella bravata, però adesso dicci dove si trova la contessa."
Shorty cominciò a piagnucolare, tutto tremante: "Non ne so niente, capo, volevamo solo farci su un po' di quattrini facili."
"Vecchia canaglia," continuò McNary "sputa l'osso, o giuro che ti faccio arrivare ad Alcatraz a nuoto."
Visto che Shorty continuava a lamentarsi e a sostenere la sua innocenza, McNary ordinò che fosse accompagnato in centrale e, assieme a Picard e a un paio dei suoi uomini, si recò a far visita a Naso, il boss di Shorty.
Arrivati nei pressi dell'abitazione, i poliziotti si accinsero a fare irruzione. In quel momento, Picard premette sul comunicatore e bisbigliò: "Adesso, signor La Forge."
Quando i poliziotti buttarono giù la porta, ai loro occhi si presentò la scena di Naso, sopraffatto dagli strilli di un'esagitata contessa Politanova Beauchamp che, in camicia da notte e cuffietta di pizzo, sciorinava tutti i suoi titoli nobiliari e pretendeva di essere riportata immediatamente a casa. Naso fu ben felice di seguire McNary, pur di sfuggire agli strepiti di quell'ossessa.
Conclusa l'avventura, Picard salutò il suo amico tenente e chiamò l'uscita. Si presentò quindi in plancia, assestandosi la giacca. Il signor Riker si alzò subito dalla poltrona, restituendogli il comando.
"Allora, capitano," chiese Data dalla sua postazione "come è andata sul ponte ologrammi?"
"Molto bene, Data" rispose Picard. "Mi ricordi solo di ringraziare il signor Barclay per l'avventura supplementare."
"Allora possiamo riprendere il nostro viaggio" concluse Data.
"Certamente" rispose Picard. "Attivare."

Ringraziamenti

Un ringraziamento doveroso va:
- a tutti quelli che hanno avuto la pazienza di leggere sin qui;
- a Carlo Lucarelli, per avermi fatto capire la differenza tra giallo, thriller, noir e horror;
- alla città di San Francisco, per essere bellissima in qualsiasi epoca.

Disclaimer

Ogni riferimento a fatti, persone o cose realmente esistenti è puramente casuale.



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