Il regista francese presenta la sua «fiaba» in arrivo sui nostri schermi e lancia un’attrice danese come star
Un angelo di 1.80 per l'ultimo Besson
Rie Rasmussen: mi ha fatto sentire come Anita Ekberg
 

ROMA — Lei è una stangona biondo platino alta 1 e 80 (più i tacchi a spillo) con una gonna che più mini non si può: per baciare il suo partner deve pure inchinarsi. Lei è l’angelo custode caduto dal cielo che deve salvare quel fallito assediato dai creditori, non riesce nemmeno a farsi arrestare per togliersi di mezzo. Il film"Angel" di Luc Besson, in uscita venerdì 17, è una favola: come la protagonista, Rie Rasmussen, nata in Danimarca. Mentre il brutto anatroccolo, Jamel Debbouze, è un attore marocchino di fede musulmana, quindi, ripensando alle vignette sui giornali che hanno generato scandalo e morte, il regista sottolinea «l’attualità del messaggio, visto che i due sono la stessa persona. Ma anche se fosse stato islandese l’avrei scelto lo stesso, è un bravo attore». Besson non ha preso come riferimento ideale "La vita è meravigliosa" di Capra o "Il cielo sopra Berlino" di Wenders in quello che è il suo «ultimo film».
Lo dice quasi sul serio. Deve mantenere una vecchia promessa: «Avevo detto che quando sarei arrivato a quota dieci film, toccando i diversi generi cinematografici, avrei smesso. Se non avessi usato questo stratagemma mi sarei venduto l’anima al diavolo, è stato un meccanismo di difesa. Dopo che sei popolare anche a Los Angeles, ti chiedono film sempre più grandi con in ballo milioni di dollari. Con quella promessa invece ero come un cacciatore a cui sono rimaste poche pallottole, non le sprechi con scelte sbagliate. Ora sono libero, una sensazione piacevole». Più che un addio, un manifesto estetico. Intanto sta ultimando "Arthur il popolo dei minimei" un mega-cartoon da 70 milioni di euro che coniuga «action e fantasy realizzato con tecniche completamente nuove». Tutto il contrario di "Angel-A" piccolo e in bianco e nero, «che è l’ideale in un film fondato sui contrasti, il bene e il male, l’angelo e il demone, l’uomo basso e la donna alta. Il colore è troppo crudele e terrestre». Besson nel suo «quasi» addio ha reclutato una ragazza che se non è un angelo ci manca poco: «Rie dipinge, fa fotografie, si occupa di regia... Ovunque passi semina sorrisi e buon umore. Il suo entusiasmo mi ha fatto un gran bene».
Rie, che all’incontro si presenta mora, sa tutto del grande cinema italiano, ne parla con amore: «Il primo film che mi ha colpita quando ero piccola è La Dolce Vita. «Mi ricordo tutte le scene. Mio padre mi ha trasmesso l’amore per i film di Sergio Leone. E poi Woody Allen e Clint Eastwood». Cresciuta nella premiata scuderia di lingerie di «Victoria’s Secret», Rie Rasmussen è una modella già apparsa al cinema nel thriller erotico di Brian De Palma "Femme Fatale". «Ho incontrato Luc Besson a Cannes, dove presentavo un cortometraggio da me scritto e diretto. M’ha dato la sceneggiatura è ho pianto. Non sono una dalla lacrima facile. La cosa che amo di più di questo mestiere è raccontare delle storie. Avevo grande libertà e spazio, dovevo essere un po’ civettuola, gesticolare riempiendo tutto lo schermo, rappresento l’intera umanità toccando diversi mondi. Abbiamo recitato in una Parigi bellissima, il fatto che nessuno tranne noi due attori sapesse la sceneggiatura ha creato una tensione positiva nella troupe. E poi Luc rappresenta l’angelo nei panni di una donna, quindi le donne per lui sono degli angeli. Mi sono sentita come Anita Ekberg a Fontana di Trevi, ma con una missione».

14 marzo 2006

(Valerio Cappelli Corriere della Sera)