Ventotto anni, è una delle top model più richieste
Dopo "Femme Fatale" torna al cinema con "Angel-A"
Rie Rasmussen, angelo danese "Il cinema, questione di sguardi"
Ha scritto e diretto due cortometraggi e curato un libro fotografico
"Il mio ideale, la forza di Sigourney Weaver e gli occhi di Faye Dunaway"

INDOSSO, solo un serpente-gioiello con due smeraldi al posto degli occhi e più di cinquecento diamanti fra una squama e l'altra. Una sciocchezzuola firmata Chopard e lavorata a mano sul suo corpo. Difficile non notarla, considerata poi la performance saffica nella quale si produceva dopo quell'apparizione. Erano le prime sequenze di Femme Fatale, di Brian De Palma, il film con cui Rie Rasmussen ha conquistato il grande schermo dopo aver fatto man bassa, da top model, di tutte o quasi le passerelle e le copertine dei più prestigiosi magazine di moda. Adesso questa lunghissima danese (un metro e 88) torna al cinema in tutt'altro ruolo e da demonio sexy si trasforma in angelo. E' la protagonista di Angel-A, regia di Luc Besson, al cinema dal 17 marzo. Ma non chiamatela attrice. Perché Rie fa un sacco di cose, e stare davanti alla macchina da presa è del tutto incidentale.
Nata a Copenaghen il giorno di San Valentino del 1978 ha trascorso l'infanzia in una famiglia numerosa - nove tra fratelli e sorelle - poi è volata alla conquista dell'America. Ci ha messo poco: a 23 anni era già una delle punte di diamante di Victoria's Secret, la celebre firma di lingerie che nella sua scuderia di testimonial vanta supertop come Gisele Bundchen e Naomi Campbell. A coronare la rapida carriera, un contratto (da due milioni di dollari l'anno) come volto di Gucci.
Che le piacesse recitare se ne erano accorti quelli che la vedevano sfilare in passerella. Mai una partecipazione distaccata, ma sempre un'interpretazione, spesso sopra le righe, delle maison alle quali prestava la sua ampia falcata. Fino al ruolo di Veronica nel thriller erotico di De Palma. E adesso Angela in questo di Besson, biondissima platino per esigenze di copione, nella realtà ha i capelli color mogano.
La ragazza, si diceva, si applica. E dopo aver frequentato una scuola di regia e recitazione a New York, ha scritto e diretto due cortometraggi: Thinning the Herd è stato presentato al Festival di Cannes nel 2004, mentre Il vestito, in bianco e nero, girato a Palermo, è andato al Festival di Taormina nello stesso anno.
Ma non basta. E' anche produttrice, anche se finora di un solo film, Nobody needs to know, del 2003. E ancora: alcune foto di scena, oltre ad altre immagini che ritraggono la Rasmussen in diverse situazioni, sono state raccolte in un volume da lei curato, uscito lo scorso gennaio, dal titolo Grafisk.
Una grande passione per il cinema perché "è la nostra cultura popolare - dice Rie - il folklore della nostra generazione. Non vorrei sembrare arrogante, ma il mio amore per i film mi ha insegnato abbastanza per capire come un personaggio debba essere un mix di caratteristiche prese da attrici diverse. L'ideale? La forza di Sigourney Weaver in Alien, la sua fragilità in Un anno vissuto pericolosamente, e gli occhi di Faye Dunaway. Quante cose si imparano osservando il suo sguardo in Chinatown...".

 (Da Repubblica, 14 marzo 2006)