COME SI E’ GIUNTI ALLA SCOPERTA DELLA FUNZIONE DEL BDNF?

Seminario della dott. Elena Cattaneo (liberamente riportato da Paola Barbato)

A differenza dell’Alzheimer e del Parkinson, della Corea di Huntington si conoscono sia l’origine (la mutazione di un gene ben preciso) che il prodotto finale (la morte dei neuroni nello striato). Per questo è stata definita da uno dei maggiori enti finanziatori della ricerca americani la "malattia modello per le degenerazioni cerebrali" e per questo, su iniziativa dell’"Huntington Disease Society of America" (HDSA), sono stati selezionati 10 gruppi di ricerca, tra cui il nostro, in tutto il mondo per una Task Force, una ricerca congiunta in cui tutti i ricercatori collaborano. Ogni sei mesi questi dieci gruppi si incontrano, si confrontano e fanno un resoconto delle reciproche ricerche. Questa pressione e questo interesse verso la Corea di Huntington sono state molto fruttifere.

Il gene della Corea di Huntington è molto grande ed è composto da 67 esoni (è quindi un gene polimorfico). In ciascun allele vi è un gene che contiene una certa serie di ripetizioni dei nucleotìdi (gli elementi del DNA) CAG. Ogni CAG codifica la glutamina, quindi un gene normale avrà sino a 30 glutamine, mentre un gene mutato avrà 36 o più glutamine (da qui la definizione di "malattia da poliglutamine"). Ma la Corea di Huntington non è la sola malattia causata da un’eccessiva ripetizione di CAG: in diversi altri geni vi sono ripetizioni eccessive di questi tre nucleotìdi. Da qui la conclusione che ci dovesse essere una tossicità intrinseca nell’eccessiva ripetizione del CAG. Si è quindi immaginato che la proteina mutata che ne derivava (l’huntingtina, nel caso della Corea di Huntington) assumesse un effetto tossico aggiuntivo rispetto alla sua funzione normale, che non si sapeva ancora quale fosse. Lo scopo della ricerca era quindi quello di cercare di inibire questa funzione tossica dell’huntingtina mutata.

Questo fattore poteva però essere visto da due punti di vista:

  1. da un lato c’era un’ACQUISIZIONE DI UNA FUNZIONE TOSSICA da parte dell’huntingtina;
  2. dall’altro vi era la PERDITA DELLA FUNZIONE NORMALE dell’huntingtina.

Si trattava di due facce della stessa medaglia, e mentre la maggior parte dei ricercatori si interrogava su quale fosse la nuova funzione acquisita (e deleteria) della proteina, il nostro gruppo ha cominciato a chiedersi quale fosse la funzione originale della proteina "sana". Ci chiedevamo se fosse possibile ripristinare la funzione originale dell’huntingtina. Abbiamo iniziato una serie di esperimenti sottoponendo a varie situazioni di stress delle cellule dello striato contenenti il gene sano e altre contenenti il gene malato. A una temperatura normale, per esempio, (33°) le cellule proliferano. Alzando la temperatura a 39° la maggior parte delle cellule contenenti l’huntingtina mutata morivano, mentre quelle sane sopravvivevano di più. Da qui è nata l’ipotesi che l’huntingtina potesse avere una funzione originale protettiva.

Dunque l’huntingtina proteggeva le cellule dalla morte, ma da che tipo di morte? La risposta è venuta dopo qualche ulteriore ricerca: proteggeva le cellule dall’apoptosi, un processo di "suicidio" delle cellule che si verifica a diversi livelli e attraverso diversi elementi, tra cui uno chi amato CASPASI (o CASPASE). Dopo vari esperimenti abbiamo isolato la sua "zona di intervento": l’huntingtina bloccava l’evento della CASPASI 3, agendo a monte di essa, sulla CASPASI 9, e prevenendo il suo processamento. In sostanza nelle cellule con l’huntingtina sana il CASPASI 9 non veniva processato, il "suicidio" veniva bloccato e la proteina non moriva. L’huntingtina è una proteina ANTI-APOPTOTICA che impedisce alle cellule di morire.

Negli esperimenti sui topi si è giunti alla conclusione che:

SI OTTIENE PRESSOCHE’ LO STESSO RISULTATO!

La domanda successiva è stata la seguente: perché, se l’huntingtina muta in tutte le cellule, quelle che muoiono sono solo le cellule striatali? Che cosa accomuna le cellule striatali a quelle della corteccia, anch’esse compromesse? C’è un processo che collega le cellule della corteccia a quelle dello striato, ed è la fornitura di una neurotrofina che si chiama Brain Derived Neutrophic Factor (BDNF). Le cellule dello striato vivono di BDNF, ma non lo producono, lo devono "importare" dalla corteccia con una connessione cortico-striatale. Infatti nel secondo e nel quinto strato della corteccia c’è moltissima huntingtina, molta di più di quanta non se ne trovi nello striato. C’era quindi una forte correlazione tra la quantità di BDNF presente e la quantità di huntingtina. Il risultato è stato che l’huntingtina ha un effetto diretto sulla produzione di BDNF, agisce a livello genico sul gene del BDNF e ne promuove soprattutto l’esone 2. Quando l’huntingtina è mutata non assolve più a questa funzione e non favorisce più la produzione di BDNF.

Il risultato è che ora si farà uno screening di tutti i farmaci esistenti che possano assolvere a questa funzione mancante dell’huntingtina, in attesa di trovare il modo per riattivare la funzione della proteina stessa o di fornire in qualche altro modo il BDNF alle cellule dello striato.

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