Nuove svolte nel percorso musicale italiano?

Riccardo Zappa - Guitar Club 1993

 

 

 

Scrivo questa nota alla vigilia della serata inaugurale del Festival di Sanremo, pertanto, al momento, sono ancora ignoti gli esiti della critica e l'andamento commerciale delle due consuete compilation che accompagnano questo importante appuntamento con i nostri migliori cantanti. Dunque, a partire da domani, e per diversi mesi a seguire, artisti e promoter profonderanno il massimo dell'impegno professionale per presentare al resto dell'Europa il livello artistico raggiunto dall'industria italiana della musica, che pure è perfettamente allineata alla dilagante crisi che attraversa tutti i settori produttivi. Immagino che buona parte dei lettori si piazzerà davanti alla televisione per seguire il festival con un occhio (ed un orecchio) assai diverso dalla maggioranza degli italiani, poichè ogni "addetto ai lavori", in queste occasioni, trae motivi di interessi che sono legati più all'efficacia degli arrangiamenti, dei missaggi, dell'azione esecutiva di alcuni dei nostri migliori musicisti piuttosto che al look adottato da questa o da quell'interprete. Pertanto, dato per scontato il massimo rispetto per il lavoro svolto dai colleghi, rimangono una serie di considerazioni più generali legate all'esistenza di questa manifestazione e di quant'altro la medesima si porta appresso. Nulla di più sbagliato sarebbe il cadere nella trappola di trattare con un atteggiamento di commiserevole compatimento quanti hanno lavorato, nei mesi precedenti, affinchè il rito sanremese avesse luogo; non va dimenticato, infatti, che tanti dei nostri artisti che tengono alto il vessillo di una certa musica "contro", hanno trovato proprio da questo palcoscenico la strada della consacrazione popolare; basti ricordare, uno per tutti, il Vasco Rossi che oggi raduna negli stadi decine di migliaia di giovani a scandire il ritmo col pugno chiuso. 

Ciononostante, lo scollamento fra quanto viene proposto dalle nostre emittenti e l'effettiva rispondenza alle esigenze del pubblico ricorda, curiosamente, quello attualmente esistente fra il "palazzo" e le aspettative dei cittadini: quasi che uno stesso manipolo di "addetti alla programmazione" continui ad operare, da anni, scelte che paiono rivolte ad uno strato di utenti-fantasma per l'inopportunità delle stesse, salvo constatare consensi di massa non appena si va alle elezioni, cosi come quando si contano i telespettatori presenti davanti al video e ci si accorge che trasmissioni come il Festival rappresentano il massimo ottenibile nell'arco di un intero anno! Quest'ultima realtà è la chiave di volta che tiene in piedi la manifestazione e che porge ai partecipanti una buona ragione per calcarne il palcoscenico; mentre ai discografici il pensiero di riuscire a collocarvi un proprio artista produce una sorta di vertigine ipnotica che blocca ogni altra iniziativa editoriale a partire da un mese prima sino ad un mese dopo la fatidica serata finale. L'incondizionato consenso di larghi strati d'utenza verso creazioni artistiche "facili-facili" e da sempre motivo di perplessità presso quei musicisti che intendono dare alla loro professione un minimo di coerenza e decoro estetico. Così immagino che quanti passino ore ed ore a studiare determinate scale, oppure coloro che sono alla perenne ricerca del miglioramento del proprio suono, non stiano poi ad accompagnarsi cantando, per esempio, "Brutta" di Alessandro Canino. 

Eppure due fra i nostri massimi cantautori, Lucio Dalla e Gino Paoli, hanno ottenuto l'anno scorso un enorme successo proponendo brani come "Attenti Al Lupo" e "Quattro Amici Al Bar", due allegre filastrocche che nulla hanno a che spartire con la restante parte delle rispettive ed ammirevoli composizioni. Quindi, se da un lato vien difficile immaginare un'Italia fatta tutta di muratori bravi soltanto a cantare l'hit parade delle banalità, dall'altro è lecito dedurre che buona parte della popolazione non penserebbe mai di entrare in un negozio di dischi se non per acquistare musica scacciapensieri! Dall'osservatorio che mi viene offerto come produttore di una collana di musica strumentale acustica, ma anche come semplice chitarrista che gira i teatri ed i ritrovi di tutta Italia, emergono, per contro, splendide realtà musicali che escono da un retroterra nient'affatto musone o talmente barboso da risultare "robe da carbonari". Questa moltitudine di gruppi giovanili che si sbatte per autoprodursi la cassetta, che si inventa canali alternativi per autopromuoverla, che trova autonomamente le occasioni di concerto, rischia davvero di costituire l'embrione di un nuovo momento musicale che deve essere assolutamente sostenuto perchè vicinissimo alla restante parte delle "avanguardie" europee. Invece, questi ragazzi sembrerebbero gli unici ad aver ascoltato gli U2 ed aver conseguentemente tratto le giuste indicazioni su come sia possibile arrivare a proporre una degnissima canzone, sopravvanzando di millenni il consueto andazzo compositivo che contraddistingue lo stereotipo dell'italica melodia sanremese. Quelli della mia generazione sono "venuti fuori" grazie ad una serie di concomitanze sociali che hanno grandemente contribuito alla diffusione delle nuove idee. Verso la fine degli anni settanta, ad esempio, potevano esserci settimanalmente almeno un paio di ottime trasmissioni televisive alle quali valeva la pena di partecipare, mentre guarda caso, proprio in quel periodo il Festival andava perdendo gran parte del consueto splendore! Adesso questo Paese è in attesa delle forze nuove che dovranno sostituire alla svelta l'attuale classe dirigente: sospetto fortemente, e fuori da ogni retorica, che i musicisti e la loro musica siano già pronti anch'essi per il nuovo corso...