IL NUOVO CORRIERE.
LA GAZZETTA

Venerdì, 14 maggio 1954.

 


LA MORTE NON ASPETTA LA FINE DELLE INCHIESTE

Ribolla, 13 – Un altro morto. Giovanni Banducci era lì, nella galleria, quando una frana gli è caduta addosso.
L'ha ucciso in un attimo. Un suo compagno, poco distante, è rimasto ferito. Ora è all'ospedale di Massa Marittima. Si salverà? I medici hanno scosso la testa e si sono limitati a dire: “Forse”.
Giovanni Banducci aveva vissuto, nove giorni fa, lo strazio di tutta la gente di Ribolla; lo spettacolo di quei morti e l'angoscia di quelle famiglie aveva appesantito i suoi timori, che sono i timori di quanti, come lui dovevano seguitare a cercarsi il pane sottoterra.
Il dramma antico di uscire di casa ogni mattina dando alla moglie e ai figli un bacio che ogni mattina poteva essere l'ultimo si era fatto opprimente.
È il dramma di tutti i minatori.
Bisogna essere stati a Ribolla per capire che cosa significhi per una mamma, per una sposa, per un figlio, sapere che il babbo o il marito sono tornati laggiù su quella stessa strada ancora fresca di tanto sangue. Può sembrare l'invito ad una riflessione, scontata.
Ma provate a pensare a Ribolla e alle lacrime della sua gente. Voi leggete il giornale e la notizia vi arriva tutta insieme, vi turba, vi addolora.
Chi ha il cuore pronto a vivere con sincerità le pene altrui sentirà il peso “vero” della tragedia che ha colpito tanti suoi simili: e i migliori diranno senza fatica che non è giusto debba esserci chi vive e muore in quel modo.
Ma i giorni passano e sulle colonne di carta stampata anche le tragedie, un po' alla volta, muoiono.
Ribolla, che per i suoi quarantadue morti è stata in bocca di tutti, a Palermo e a Venezia, a Torino e a Bari, lentamente ritorna nella sua Maremma così lontana da Bari e da Torino da Venezia e da Palermo. Sparisce dalle labbra di tutti e sparisce dalle prime pagine dei giornali.
C'è una inchiesta.

Scavare l'abisso.
Vedremo se ci saranno responsabili da punire. Intanto parliamo d'altro.
A Venezia e a Palermo, forse, si può parlare d'altro. Non a Ribolla, dove gli uomini continuano a scavare l'abisso, se vogliono mangiare.
Non a Ribolla, dove, per il momento, mica si è potuto trovare il sistema di cancellare il timore di ognuno, ravvivato da quei quarantadue morti!
L'inchiesta stabilirà quello che stabilirà.
Il giorno in cui sarà accertato che, effettivamente, la catastrofe del pozzo “Camorra” poteva essere evitata, verranno presi provvedimenti anche per il futuro.
Fino a prova contraria è doveroso avere questa certezza. Ma, intanto, che succede? Chi può dare a questi uomini, rimasti al loro posto di lavoro
come se non fosse accaduto nulla, la speranza plausibile di non correre anch'essi un rischio mortale?
Così ragionava Giovanni Banducci. Così ragionano tutti i minatori, fra i quali la morte è passata schiantando, non per tre giorni o per una settimana, ma per sempre, quarantadue famiglie.
La notizia della nuova sciagura è caduta in questo clima: e ha ingigantito i timori, e ha dato una sanguinosa conferma dell'angoscia di tutti.

La difesa dei vivi.
Un altro morto dell'esercito del lavoro, caduto a breve distanza di tempo dai quarantadue di Ribolla, dai quattro di Ravenna, dagli otto di Catanzaro, dai due di Pomarance e , infine, dai due caduti oggi nel Polesine, in seguito a un'esplosione di metano.
Sui morti non si fanno polemiche. L'abbiamo detto prima noi di quanti lo ripetono oggi, preoccupatissimi, si, di mettere in risalto il proprio dolore, ma così stranamente cauti nel giudicarne le probabili più vere origini.
Sui morti non si fanno polemiche, ma i diritti dei vivi vanno difesi. Utilissime, indispensabili le inchieste. Le quali, però, è logico, è necessario che debbano durare a lungo, proprio perché si possa esser certi, quando si arriva a tirare le somme, di non aver nulla trascurato.
Nel frattempo si può ben pretendere che vengano presi i più scrupolosi accorgimenti in difesa dei vivi.
Perché è avvenuta la sciagura di oggi? La si poteva evitare? La galleria dove si è verificata la frana non aveva armatura interna. Dicono: “Tali armature non si sono rivelate, in passato, necessarie”.
Noi non abbiamo una competenza specifica in materia, ma il discorso ci sembra di quelli che non convincono.
Non necessarie, perché? Forse perché incidenti come quello di oggi non accadono di frequente? Quello di oggi è accaduto, ed è chiaro che se un'armatura ci fosse stata a sorreggere le pareti della galleria, non si sarebbe creata la frana, e Giovanni Banducci dormirebbe stasera nel suo letto, anziché in una cassa di legno.
Ripetiamo: non ci sentiamo in grado di muovere critiche precise sul piano tecnico. Ci limitiamo a constatare crudamente, forse ingenuamente, i termini di una innegabile realtà. Sappiamo che qualcuno, nei giorni scorsi, certo per la nuova inquietudine che aveva alimentato il dramma antico, si era fatto premura di manifestare qualche dubbio in merito alla solidità della volta di quella galleria.
La risposta fu che non c'era pericolo. Ma è proprio questa dichiarata sicurezza, rivelatasi così fragile, che rende più che mai nitido il dramma di oggi e di domani.
Un altro morto. Sui morti non si fanno polemiche. Giusto. Ma nemmeno si può pretendere che si debbano piangere senza pensare a chi resta. Tanto più che la morte, per far ciò che vuole, non aspetta la fine delle inchieste.

Carlo Martinelli.