MA.R.I.C.A.

MALATTIE REUMATICHE INFIAMMATORIE CRONICHE e AUTOIMMUNI

L' ESITO GESTAZIONALE NEL LUPUS ERITEMATOSO SISTEMICO

Angela Tincani, Andrea Lojacono, Mario Motta, Roberto Gorla, Michela Spunghi, Chiara Biasini, Micol Frassi, Marco Taglietti, Sonia Zatti, Lorena Barbetti, Roberto Cattaneo, Genesio Balestrieri, David Faden

Reumatologia, Allergologia e Immunologia Clinica; Clinica di Ostetricia e Ginecologia; Terapia Intensiva Neonatale. Ospedale Civile e Università di Brescia

Come è noto il lupus sistemico è malattia che colpisce soprattutto soggetti di sesso femminile (rapporto femmine / maschi 9/1) ed insorge prevalentemente in una fascia di età compresa tra i 15 e i 55 anni (1). D'altra parte, il lupus è una malattia cronica che oggi fortunatamente, grazie ai progressi raggiunti nella gestione clinico-terapeutica, vanta percentuali di sopravvivenza discretamente elevata (95% a dieci anni, 2). Pertanto è comprensibile che il problema della gravidanza ricorra frequentemente nel quotidiano dei medici che in specifico si occupano della gestione di pazienti affetti da tale forma. Le prime osservazioni di significative complicanze materne in gravidanza e di esito gestazionale seriamente compromesso, avevano portato, in un passato non poi così lontano, a sconsigliare categoricamente le pazienti ad intraprendere una gravidanza o, al limite, qualora questa fosse già in corso, a consigliare un aborto definito come "terapeutico" (2).
Tuttavia, probabilmente proprio la frequenza con cui ci si doveva confrontare con questa situazione, ha portato, attraverso analisi ripetute, a modificare radicalmente l'atteggiamento e a focalizzare gli elementi, tra i tanti che caratterizzano la malattia, che potessero condizionare da un lato la salute materna, dall'altro la progressione e lo sviluppo della gravidanza stessa.
Scopo di questa breve rassegna è la valutazione dell'influenza della malattia lupica sull'esito della gravidanza e la focalizzazione dei meccanismi patogenetici vero similmente implicati nel verificarsi delle complicanze. La utilità di una analisi di questo genere è legata da un lato alla possibilità di chiarire alle pazienti gli eventuali problemi che la malattia potrebbe causare al normale sviluppo della gravidanza, e, dall'altro, a modulare il trattamento e il monitoraggio applicato al singolo caso in relazione ai "fattori di rischio" per la gravidanza di cui la paziente risulta portatrice.

Esito della gravidanza nelle pazienti con lupus

Nell'ambito del lupus sistemico, esiste un accordo di fondo nel ritenere che in generale l'outcome fetale sia influenzato dalla malattia. In effetti la frequenza delle perdite fetali riportate da vari Autori nelle pazienti lupiche varia dall'11 al 24%, risultando pertanto comunque più alta di quella della popolazione sana (3). Oltre alle perdite fetali, che includono gli aborti spontanei (prima della 10^ settimana di gestazione) e le morti endouterine del feto (dopo la 10^ settimana di gestazione), sono segnalate, nelle gravidanze da pazienti con lupus, altre patologie che fortunatamente non esitano necessariamente nella perdita del feto, anche se talvolta possono esserne la causa. In primo luogo le nascite pretermine che vengono segnalate con una significativa frequenza (24-59%) (4). Si considerano pretermine i parti avvenuti prima della 37^ settimana di gestazione. Tuttavia, oggi, grazie allo sviluppo della terapia intensiva neonatale, si può considerare che parti avvenuti dopo la 34^ settimane di gestazione abbiano una prognosi discreta, pertanto si tende a considerare come prematurità severa soltanto quella di neonati nati prima della 34^ settimana di gestazione. Oltre alla prematurità, taluni Autori riportano come estremamente frequente nelle gravidanze di pazienti con lupus sistemico, anche il ritardo di cresciata intrauterino (IUGR)(5). Si tratta di una complicanza relativamente rara nelle donne sane (3%-7%), la cui causa viene fatta risalire ad una insufficienza utero-placentare (6). Infine, nell'ambito delle complicanze legate al lupus è stato per molto tempo considerato anche il lupus neonatale, una rara evenienza che si verifica nei neonati da madre portatrice di anticorpi anti Ro/SS-A, indipendentemente dal fatto che questa sia o meno affetta da lupus.
Fortunatamente comunque, i dati recenti sull'esito gestazionale delle pazienti con lupus sistemico testimoniano che gli eventi infausti si verificano oggi solo in una percentuale molto ridotta di casi (Figura 1), verosimilmente per l'attenzione con cui queste gravidanze vengono seguite e monitorate in un sistematico approccio multidisciplinare che impiega a tempo pieno una equipe composta non solo da reumatologi o immunologi, ma anche da ostetrici e neonatologi.


Figura 1




Fattori che condizionano l'esito gestazionale nel lupus

Naturalmente la migliore gestione specialistica è contemporaneamente causa ed effetto della individuazione delle problematiche legate alla patogenesi dell'esito sfavorevole della gravidanza nelle pazienti con lupus.
Uno dei fattori che apparentemente influenzano l'esito gestazionale nel lupus è la attività della malattia. In effetti è noto il numero elevato di perdite fetali che viene osservato quando la malattia esordisce in concomitanza con la gravidanza (7). Tuttavia, non risulta del tutto chiaro se il danno sia causato dalla malattia in fase di attività o da taluni fattori ad essa associati. Per esempio le pazienti con malattia in fase attiva necessitano di una dose di corticosteroidi maggiore. In effetti è noto come i corticosteroidi,soprattutto ad alte dosi, possano favorire parti pretermine, attraverso una precoce rottura delle membrane, o anche è noto come possano facilitare talune complicanze materne, come la preeclampsia, che rendono necessaria la interruzione della gestazione. In ogni caso, la prognosi fetale appare particolarmente compromessa nei casi di lupus con glomerulonefrite attiva specie se la funzione renale risulta ridotta (creatinina sierica >1.6) (3). E' quindi consigliabile, per il miglioramento della prognosi fetale, che le pazienti siano indirizzate ad intraprendere la gravidanza quando la malattia è in stato di buon controllo.
Come è noto, il lupus sistemico è una malattia immunomediata, caratterizzata dalla presenza di numerosi autoanticorpi, che sono in larga misura responsabili dei processi patologici della malattia. Tra questi autoanticorpi gli anticorpi antifosfolipidi presenti in una percentuale di pazienti con lupus compresa tra il 20 e l'80%, sono stati descritti come i predittori più significativi dell'esito infausto della gravidanza(8). E' significativo che questo dato, inizialmente rilevato dalla osservazione di casistiche di pazienti con lupus, sia stato ampiamente confermato dalla osservazione di modelli animali ottenuti sia in topi lupus prone che in animali sani (9). In effetti, gli anticorpi antifosfolipidi sono responsabili di uno stato trombofilico basale, che può complicare la prognosi materna ma soprattutto sono apparentemente responsabili di un danno diretto sull'impianto e lo sviluppo del trofoblasto che può portare ad un alterato sviluppo della placenta con le prevedibili conseguenze sulla crescita del feto (10-11). Negli ultimi 15 anni, come è noto, è stata descritta, nel lupus e al di fuori del lupus, la sindrome da antifosfolipidi, caratterizzata dalla associazione di trombosi (arteriose o venose) o aborti ripetuti ed anticorpi antifosfolipidi. Tra le più fortunate conseguenze dell'approfondimento delle conoscenze di questa situazione, c'è la focalizzazione di una politica di monitoraggio e trattamento di pazienti gravide affette da questa sindrome, nell'ambito del lupus o senza altra patologia associata (primarie), con radicale miglioramento della prognosi ostetrica.
Un analogo discorso, anche se con conseguenze completamente diverse è quello legato alla presenza nella paziente con lupus degli anticorpi anti Ro/SS-A. Anche in questo caso si tratta di autoanticorpi presenti in una elevata percentuale di pazienti con questa patologia (30-50%, 12), il cui passaggio transplacentare è legato al manifestarsi di complicaze per il feto ed il neonato. In effetti basandosi su dati di patologia umana e su modelli animali è stata chiarita la responsabilità di questi anticorpi nel causare la sindrome del lupus neonatale, caratterizzata dal verificarsi di manifestazioni transitorie quali rush cutaneo fotosensibile, epatopatia colestatica, citopenie e della temuta manifestazione permanente del blocco cardiaco congenito (13). Il blocco cardiaco congenito, la cui diagnosi può essere fatta in utero, tramite ecocardiografia fetale a circa 18 settimane di gestazione, si manifesta comunque in solo in una piccola percentuale di figli di pazienti con anticorpi anti Ro/SS-A (14), facendo ipotizzare che, unitamente agli anticorpi, entrino in giuoco altri fattori patogenetici a oggi non completamente chiariti (15-16).

Il miglioramento dell'esito gestazionale nel lupus

Come si è detto, oggi la prognosi ostetrica delle pazienti con lupus è decisamente migliorata. In effetti è diventata pratica corrente continuare in gravidanza un trattamento, che pur effettuato con farmaci non dannosi per il feto, garantisca il controllo della malattia.
Tuttavia, è indubitabile che una larga parte dei successi ottenuti in questo settore dipendano dalla creazione di gruppi di lavoro interdisciplinari dedicati. In effetti, in svariate occasioni è solo la sorveglianza e l'intervento dell'ostetrico che possono mettere termine ad una gestazione quando il feto risulti sofferente. E, d'altra parte, la terapia intensiva neonatale riesce a superare nella larga maggioranza dei casi i problemi, non indifferenti, legati alla prematurità.

Bibliografia

1. Gladman DD, Hochberg MC. Epidemiology of systemic lupus erythematosus. Systemic lupus erythematosus-Lahita, 3th edition 1999
2. Hochberg MC. The epidemiology of systemic lupus erythematosus. Lupus erythematosus-Dubois', 5th edition 1997
3. Petri M. Systemic lupus erythematosus and pregnancy.
4. Mascola MA, Repke T. Obstetric management of the high-risk lupus pregnancy. Rheum Dis Clin North Am 1997; 23:119-132
5. Mintz G, Niz J, Gutierrez G et al. Prospective study of pregnancy in systemic lupus erythematosus: Result of multidisciplinary approach. J Rheumatol 1986; 13:732-739
6. Johnson MJ. Obstretic complication and rheumatic disease. Rheum Dis Clin North Am 1997; 23:169-182
7. Lima F, Buchanam NMM, Kamashta MA et al. Obstetric outcome in systemic lupus erythematosus. Semin Arthritis Rheum 1995; 25:184-192
8. Lockshin MD. Lupus pregnancy. Clin Rheum Dis 1985; 11:611-632
9. Tincani A, Spatola L, Cinquini M, Meroni P, Balestrieri G, Shoenfeld Y. Animals models of antiphospholipid sindrome. Rev Rhum 1998; 61:614-618
10. Rand JH, Wu XX, Guller S, Scer J, Andree HA, Lockwood CJ. Anti phospholipid immunoglobulin G antibodies reduce annexin-V levels on syncytiotrophoblast apical membranes and in culture media of placental villi. Am J Obstet Gynecol 1997; 177,4:918-923
11. Di Simone N, Meroni PL, Del Papa N, Raschi E et al. Antiphospholipid antibodies affect trophoblast gonadotropin secretion and invasiveness by binding directly and through ad beta2-glycoprotein I. Arthritis Rheum 2000;43(1):140-150
12. Cabral AR, Alarcon-Segovia D: Antibodies in systemic lupus erythematosus. Curr Opin Rheum 1998:409-416
13. Tseng CE, Buyon JP. Neonatal lupus syndromes. Rheum Dis Clin North Am 1997 ; 23 :31-54
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15. Callen JP, Fowler JF, Kulich KB: Neonatal lupus erythematosus occurring in one fraternal twin. Arthritis Rheum 1985; 28,271.
16. Brucato A, Buyon JP, Horsfall AC, Lee LA, Reichlin M: Fourth international workshop on Neonatal Lupus Syndromes and the Ro/SSA-La/SSB System. Clin Exp Rheum 1999; 17:130-136