C'ERANO UNA
VOLTA I BAMBINI
Ragazzini che bevono, fumano, si drogano.
Sono già adulti o sono ancora "minori"?

 

ELENA LISA
MILANO

Un bicchierino di rum e ancora uno. Poi quello di whisky e subito dopo il cognac. Ma meglio il rum, quello dolce, al miele. Uno dietro l’altro. Marta, tredici anni, il sabato sera si diverte così. Sballa con alcuni compagni di classe, una terza media in zona Porta Vittoria, vicino al centro di Milano. Si fa di «calette», piccoli bicchieri di superalcolico che si buttano giù, appunto «si calano» (il gergo è quello usato per le pasticche) in una, al massimo due sorsate. Se la gradazione è troppo alta e il sapore intenso, per continuare a bere si aiuta con un bicchierino identico, pieno di succo di frutta. Così stempera la botta di alcol. Marta è una «binge drinker», beve con l’obiettivo di ubriacarsi una volta a settimana. Mischia drink e lo fa velocemente così lo stordimento arriva prima. Con gli amici ha scelto la serata migliore per farlo: il sabato sera. Ogni sabato del mese. Si ubriaca da settembre e non lo nasconde, perché, racconta, «lo fanno tutti, ma non siamo alcolizzati». I suoi studi, assicura, non ne risentono: «Non lo faccio in settimana perché ho la scuola. Sono la prima della classe. Bevo solo nel weekend quando i miei genitori mi permettono di uscire e di far tardi».

«Binge»: baldoria, festa rumorosa, ma anche «attività frenetica». E’ un fenomeno nato nelle università americane, esportato nei college inglesi e ora in voga in Italia. I dati delle indagini evidenziano due fattori a rischio, l’età bassissima di chi lo pratica e lo scopo preciso: non si beve per divertirsi, ma solo per stordirsi. Sono i ragazzi tra gli undici e i diciotto anni a essere sotto osservazione dalle ricerche che si occupano di alcol, dipendenze e salute. E’ in questa fascia d’età che il numero di bevitori è cresciuto vertiginosamente. Il discrimine tra ieri e oggi è proprio questo: i minorenni bevevano anche prima, ma non era necessario «sballare» a tutti i costi. L’ufficialità dei numeri di Osservasalute, Istituto Superiore della Sanità e Istat, fotografa una situazione decisamente nuova per l’Italia e per alcune regioni: Lombardia e Piemonte, insieme a Trentino e Veneto, sono ai primi posti della classifica dei «baby-binge drinkers». E colpiscono le percentuali alte che riguardano le ragazzine. «Usciamo con gli amici e ci divertiamo così. Quando mi ubriaco mi sento libera», spiega Marta che tiene per mano Alessia, la sua migliore amica.

Marta è bruna, ha i capelli lunghi, porta jeans a vita bassa, scarpe da ginnastica, piumino nero e borsetta rosa con dei gattini; Alessia è bionda ed è vestita nello stesso modo, con piccole variazioni: «Non servono grandi cifre, a noi bastano 20 euro a settimana. Usciamo solo al sabato e in discoteca non andiamo quasi mai, anche perché non giriamo coi maggiorenni». Di quelli più grandi che ti offrono da bere, oltretutto, è meglio diffidare. «Ti sfidano per vedere quanti bicchierini riesci a farti e poi ti fregano i soldi - è l’esperienza di Matteo, 14 anni, che confessa di ubriacarsi sempre e solo il sabato sera -. Sono al primo liceo, non posso sgarrare e poi ho gli allenamenti di nuoto».

Sport, niente fumo, studio e la ciucca del fine settimana: «Per noi è un appuntamento fisso - racconta Marco, quasi 14 anni, capo di una piccola banda che gira nei giardini di corso 22 Marzo, a Milano, e che si fa chiamare "The Legends" -, a volte lo facciamo per scommessa per vedere chi si ubriaca prima». I binge drinker si muovono in gruppo. Ci si ubriaca insieme, si inizia attorno alle dieci, ci si muove a piedi o sui motorini. Si può stare tutta la sera nello stesso discobar o sul marciapiede, o ancora si può girare alla ricerca delle offerte. In alcuni locali i gestori sanno essere anche molto generosi, proponendo due consumazioni a cinque euro. Una ne costerebbe tre. Gli sconti qui sono per tutti, minorenni compresi: «Non possiamo mica controllare le carte d’identità - dice Maurizio Pasca, dirigente della Federazione italiana pubblici esercizi -. Ma sono criminali quei gestori che si accorgono di avere davanti un quattordicenne e gli servono superalcolici. Sarebbe bene che a prestare attenzione fossero prima di tutto padri e madri». Ma il quattordicenne Matteo alla parola genitori si fa una risata: «Quando rientro a casa loro dormono già, non si accorgono di niente».
 
10/3/2008 (8:16) - LA STORIA
Da
 

 

L’allarme è stato decisamente choccante: ci sono baby squillo sulle strade e a mettercele sono stati  i loro stessi coetanei, per pagare debiti del gioco d’azzardo. Giuliano Amato, ministro dell’Interno, ha lanciato un sasso, l’altro giorno. E adesso rischia di venire giù una montagna. Perché quella del titolare del Viminale è solo  la punta dell’iceberg.

La Società Italiana di Pediatria, nella sua indagine conoscitiva del 2003, rivolgeva a” bambini” e “bambine” di tredici anni domande come “Che giornali girano in casa tua? Usi il computer? Qual è l’avvenimento che ti ha colpito di più quest’anno?”, ma solo pochi anni dopo questi interrogativi e le relative risposte non servivano più a dare una rappresentazione  della realtà e la nuova ricerca del 2006, sempre condotta dalla Società Italiana di Pediatria, con i suoi risultati fa stringere il cuore, e proprio in questo 29 novembre, in cui anche in Italia, come in tutto il resto del mondo, viene  celebrata  la Giornata dell’Infanzia.
È stato selezionato un  campione  di  1.251 bambini tra i 12 e i 14 anni, e una delle tante domande era questa:” «Hai mai visto un tuo amico ubriaco?». Il 37,4% del campione ha rispostola risposto “sì”, l’8,4% ha aggiunto “spesso”. Altra domanda:” Conosci qualcuno tra i tuoi amici che ha fumato una canna?” E questa volta a rispondere “sì” è stato il 44,3%, praticamente uno su due. Ma non basta! Tre ragazzini su quattro non esitano ad ammettere  di fare cose che loro stessi, per primi,  definiscono rischiose, come ubriacarsi, appunto, bere liquori, prendere farmaci, uscire da soli la sera tardi, avere rapporti sessuali non protetti. Avete capito bene, i nostri ex bambini hanno rapporti sessuali frequenti e privi di qualunque cautela.

Secondo il parere di Gustavo Pietropolli Charmet, psichiatra dell'età evolutiva, «L'anticipazione delle tappe dello sviluppo è dovuta ai modelli educativi. Come dire? Sono stati mamma e papà che hanno voluto che succedesse, si sono dati da fare per diversificare il modello culturale che loro avevano ricevuto. Hanno accelerato le capacità di socializzazione dei loro figli. Hanno tolto loro il senso di colpa, il senso della paura. Basta provare, per credere. Basta entrare in una qualsiasi seconda media d'Italia e capire che è impossibile far sentire in colpa questi ragazzi o mettere loro in qualche modo paura». Sono cambiati, senza ombra di dubbio. E molto. Fisicamente, prima di tutto.Un tempo le femmine arrivavano ragazzine in terza media. Oggi assomigliano a donne già quando entrano in prima. Soprattutto per come si vestono, si truccano, si pettinano i capelli. Naturalmente con la complicità dei genitori.

Alla più tradizionale delle domande: «Cosa vuoi fare da grande?»,

le bambine hanno risposto mettendo al primo posto il desiderio di fare il “personaggio famoso”, oppure la cubista, la show girl, la ballerina. Per quanto riguarda il secondo posto delle preferenze le bambine rispondono di non avere nessuna idea in proposito.

«Ho dodici anni faccio la cubista mi chiamano principessa», è il titolo del libro di Marida Lombardo Pijola, una giornalista-mamma che non a caso ha gettato scompiglio tra mamme e papà. Ha scoperchiato il mondo delle discoteche pomeridiane, lasciando disorientati nugoli di genitori davanti a frasi di bambine come: «Se fai la cubista sei una donna. Non più una ragazzina. Con i clienti della disco treschi soltanto se ti va. E puoi farti pagare...». Non è fantasia. È qualcosa che da noi è arrivato da pochissimi anni, probabilmente importato ancora una volta dagli Stati Uniti. Era del 2003 «Thirteen, 13 anni», il film-choc ambientato a Los Angeles con protagoniste due ragazzine (tredicenni, appunto) che vivono vite sempre più pericolose tra sesso promiscuo, droga, fumo, alcol, piccoli furti, accenni di lesbismo.

C’erano una volta i bambini….