da Pensare la nuova storia da insegnare di I.Mattozzi [ n. 67 o 68 di "Società e
storia"]
1.
È possibile una nuova
"storia generale"
Ogni storia è una rappresentazione discorsiva
e come tale può essere costruita in modi diversi. Non c'è una regola o una necessità
cognitiva che obblighi a scriverla secondo un ordine cronologico lineare. Il
principio regolatore della scelta del modello più efficace dovrebbe essere:
come si organizza la sequenza tematica del testo in
modo da rendere il lettore dotato man mano di un sapere che sia comprensibile e
costruibile grazie alle sue risorse di partenza e che possa sostenere la
comprensione e la costruzione di altro sapere?
Ci sono modelli di strutturazione testuale diversi sia nella produzione
monografica sia nella produzione di storie generali. E i modelli si sono tanto
più differenziati e raffinati quanto più la
storiografia ha arricchito sia le tematizzazioni sia le risorse per la
strutturazione temporale e spaziale: ci sono storie eccellenti a scala locale e
ce ne sono ormai a scala mondiale, ci sono storie che mettono a frutto
intensivamente il lungo periodo, ci sono storie in cui il rapporto tra presente
e passato è giocato esplicitamente, ci sono storie che scelgono deliberatamente
di descrivere stati di cose (un antico regime, lo stato del mondo in un certo
periodo…) ecc. ecc. Perché
la storiografia scolastica dovrebbe rinunciare a trovare nei modelli
disponibili quelli più confacenti agli scopi di formazione del sapere storico
più adatto ai livelli scolastici cui è destinata? Vediamo alcuni esempi. J. Le
Goff ha scritto una storia dell'occidente medievale dove antepone una breve
esposizione delle vicende politico-istituzionali ma ha messo a fuoco
soprattutto le questioni strutturali; i modelli di F. Braudel sono talmente
noti che può bastare solo evocarli: nel libro sul Mediterraneo ha destinato il
primo testo alla descrizione del contesto solo nel
terzo ha ricostruito le vicende politiche.
Nell'opera sulla civiltà materiale e il
capitalismo propone al lettore di farsi le ossa innanzitutto con la descrizione
della cultura materiale a scala mondiale. Ciò che Braudel si è proposto è di
condurre il lettore all'incontro con la storia dinamica attrezzato di
conoscenze costruite grazie alle descrizioni di stati di cose.
P. Bairoch ha scritto una storia dell'economia
mondiale ed ha tenuto fede alla promessa del titolo
con una tematizzazione ad ampio spettro e tenendo conto delle interconnessioni
tra Europa ed altre aree geografiche. Ma ha fatto
anche un'operazione molto originale. La sua storia riguarda propriamente il
periodo 1500-fine '900. Ma al testo ha premesso una sintesi dove dimostra con
quali scelte tematiche e procedure discorsive si può
ridurre sensatamente in un centinaio di pagine tutta la storia mondiale dall'età
neolitica al 1500. Le parti riguardanti la storia
urbana sono state estrapolate e pubblicate in un piccolo libro di 90 pagine: si
resta incantati dalla capacità dello storico di periodizzare e rendere
significativa la storia a grandi spanne senza bisogno dell'impianto narrativo e
della linearità cronologica a maglie strette.[1]
La Storia
economica e sociale del mondo [dal 1300 al secondo '900] diretta da P. Leon[2] è una serie di saggi ben
coordinati che coprono i tempi, gli spazi, i temi adeguati per ricostruire la
nascita e lo sviluppo dell'economia a livello mondiale e ci riesce con un
montaggio accorto dei molteplici saggi.
La Storia
d'Europa Einaudi inizia con un ampio volume (L'Europa oggi) sull'Europa della fine del
XX secolo. I direttori dell'opera hanno scelto di fare della
rappresentazione del presente il motore dell'interesse e della costruzione
cognitiva del lettore.
Ci sono collane autorevoli di storia della
vita quotidiana dove si predilige la descrizione dello stato di cose in un
certo periodo.
Potrei continuare con le referenze, ma non ce
n'è bisogno: è certo che nella storiografia è disponibile una gamma ampia di esempi di uso di risorse per la scrittura della storia. Ma la storia generale "tradizionale" è inibita ad
applicarle a causa dei suoi caratteri strutturali. Perciò, vediamo come
possiamo scompigliare la sua struttura per rendere le ricostruzioni scolastiche
più prossime a quelle della storiografia esperta esaminando i diversi
comportamenti di essa e della storiografia scolastica
"tradizionale".
2.
Tematizzazione e
rapporto col presente, stati di cose, periodizzazione
1. Tematizzazione.
La tematizzazione di un fatto del passato è operazione di grande importanza
nel plasmare la conoscenza e il testo. Lo storico la elabora man mano che
procede nella conoscenza delle informazioni disponibili su un certo tema
vagamente delineato all'inizio della ricerca. Ma durante la scrittura lo
storico lo precisa con la scelta di alcuni parametri
inevitabili: occorre che includa il fatto in un arco temporale di cui abbia
deciso quale sia l'inizio e quale la fine, che opti per l'ampiezza del teatro
di osservazione nel quale metterlo in scena, che opti per un punto di vista da
cui osservarlo e quali aspetti metterne a fuoco. Tali scelte sono presentate e difese
dallo storico in un blocco discorsivo dedicato alla tematizzazione e alla articolazione del tema a principio del testo. Il
prologo o la presentazione o l'introduzione svolgono una funzione importante
per agevolare il lettore nella comprensione e costruzione della conoscenza, gli
anticipano il percorso e orientano le sue risposte di lettura.
In ambito scolastico tali facilitazioni sono
omesse: 1. la narrazione senza soste del divenire
comporta che i fatti siano individuati nel loro inizio però di essi non si
precisa mai quale sia la fine storiografica; 2. non si
avverte, dunque, la possibilità e la convenienza di iniziare con un discorso di
tematizzazione. Del resto la facoltà e la libertà di manovra nel tematizzare
non riesce ad essere compresa dalla maggior parte
degli insegnanti i quali escono dagli studi di storia politica-istituzionale
con l'idea che un fatto storiografico abbia in sé un inizio e una fine naturali
e perciò obbligati.[3]
La conseguenza di tale omissione è che le narrazioni della storiografia
scolastica sono spesso prive di coerenza
e gli studenti non hanno una bussola per orientarsi nel testo che
leggono e per capire di che fatto esso tratti. Finiscono per smarrirsi in un
testo mal costrutto.
2. Il
rapporto col presente. Lo storico è mosso a svolgere la sua ricostruzione
dall'interesse ad accrescere le risorse per la comprensione del presente (non
foss'altro che il presente della storiografia) e affronta il suo compito con il
patrimonio delle idee, delle teorie, dei concetti, delle conoscenze che ha del presente. Il rapporto tra conoscenza costruita nel e
in merito al presente e la conoscenza da costruire sui fatti
del passato diventa fondatore della costruzione finale. Gli storici più
accorti non lo nascondono e lo tematizzano all'inizio o lo rivelano nel corso
dell'opera. Questa accortezza aiuta il lettore ad accrescere l'interesse e a
gestire la sua attività di comprensione e di costruzione.
Nella storia generale scolastica tale
connessione è espunta: si procede dalla conoscenza di un passato più remoto ad
uno più recente senza che il rapporto col presente sia
esplicitato. Anche tale omissione produce disorientamento e disinteresse negli studenti
che pensano tutte le conoscenze storiche - salvo quelle dei processi ancora in
corso - come reliquie inutili. Ma l'altra conseguenza l'improbabilità
che si riesca a suscitare la capacità di usare la conoscenza del passato in
funzione della migliore comprensione del presente.
3. Gli
stati di cose. La conoscenza del passato è solo e unicamente ricostruzione
e spiegazione di mutamenti? Lo si credeva un tempo. Ma
se così fosse non potremmo conoscere aspetti strutturali del passato,
permanenze, funzionamenti, congiunture, e tutto ciò che richiede la statica
della descrizione contro la dinamica della narrazione.
La conoscenza del passato si costruisce anche descrivendo stati di cose
sostanzialmente stabili in un tempo più o meno lungo. Uno storico non diventa
meno storico se nella sua opera costruisce la rappresentazione di come stavano
le cose in una certa area in un tempo determinato. Dal 1933 - tempo in cui
Bloch riconosceva ad E. Power di avere pensato «come un grande
quadro» il testo dedicato alla vita contadina nel Medioevo «solido e presentato
con eleganza», ma aggiungeva la riserva che esso «non rendeva forse abbastanza
giustizia né alle grandi trasformazioni comuni a tutto l'Occidente, né ai
contrasti regionali» - ad oggi sono apparse molte opere storiografiche nelle
quali si descrivono esclusivamente stati di cose e molte altre che contengono
blocchi discorsivi descrittivi di stati di cose. Possiamo
dire che la rappresentazione di stati di cose può essere applicata in tre
funzioni: costruire la conoscenza:
Nei primi due casi la descrizione si monta con
la narrazione del processo oppure con l'argomentazione di una spiegazione. Nel
terzo caso possiamo utilizzare la descrizione anche per rappresentare lo stato
dell'intero pianeta. È una risorsa che si presta dunque a dare una risposta positiva alla questione di come facciamo ad assumere la
scala mondiale di osservazione persino per periodi nei quali la connessione tra
le diverse parti non c'era.
Ad esempio, Bairoch ci
offre un esempio dei tre casi nel libro Lo
sviluppo bloccato. Infatti quando prende in
esame «i fattori perturbati» della storia del mancato sviluppo del Terzo
Mondo, avvia il capitolo con l'opzione di dare priorità alla descrizione
schematica della «situazione dei diversi continenti dal punto di vista del
livello tecnico, dello sviluppo economico, e del livello civile» all'alba del
XVI secolo. E in quattro pagine realizza il proposito,
parlando dell'Europa, dell'Africa, del Medio Oriente, dell'Asia, delle
Americhe. Ecco un campione della stoffa discorsiva:
«Dall'altra
riva del Mediterraneo, l'Africa in cui bisogna distinguere, come si fa ancor
oggi, la parte a nord del Sahara da quella a sud. A nord del Sahara,
il Maghreb, più o meno sotto la dominazione ottomana, ma un Maghreb in cui il
livello di sviluppo economico e tecnico era vicino a quello dell'
Europa. A sud, l'Africa nera, di cui ampie zone erano ancora primitive
(senza che questo termine implichi una visione peggiorativa), ma in cui
esistevano importanti centri di civiltà di cui si scopre ogni giorno di più il
grado di avanzamento. L'esempio più significativo
è quello di Benin che aveva raggiunto allora un livello tecnico avanzato simile
a quello dell'Europa dell' XI e XII secolo, se è possibile tracciare paralleli
del genere.»
E conclude
la sua rassegna di stati di cose con l'annuncio di voler ricostruire «le grandi
tappe della dominazione da parte dell'Europa […] e soprattutto quali sono state
le conseguenze di questa dominazione dal punto di vista della problematica
dello sviluppo.» Segue dunque l'esame separato dell' «evoluzione
di ciascuna grande area».
Un procedimento
costruttivo come quello di Bairoch non viene adottato
dalla storia generale "tradizionale" a causa di una ripugnanza che
nasce dal programma comunicativo connesso con la scelta della linearità
cronologica e della brevità dei periodi. Ciò è fonte di disagio per il lettore
poiché la omissione degli stati di cose lo priva della
possibilità di comprendere che cosa viene investito dal processo e la
interpolazione di cambiamenti di brevi periodi lo priva del vantaggio di
seguire i processi omogenei nel loro lungo svolgimento.
4. Periodizzazione.
La periodizzazione è presente nella tematizzazione del fatto storiografico.
Ma nei testi esperti anche il fatto storiografico (processo o stato di cose
durevole) viene sezionato in periodi. La
periodizzazione è un modo schematico di sintetizzare i fatti. Lo storico la
elabora una volta che la ricostruzione sia conosciuta
per tirare le fila della narrazione o descrizione. Ma nei testi esperti essa viene usata nella strategia comunicativa anche
nell'introduzione con la funzione di anticipare per sommi capi la conoscenza
del percorso discorsivo che seguirà. Essa è un altro strumento di agevolazione della lettura e della comprensione del
testo. Anche Bairoch lo offre nella introduzione a Lo sviluppo bloccato. Ma potrei citare
molti altri testi storiografici esperti che aprono con la tematizzazione e con
la periodizzazione, mentre non ho gli esempi di racconti di storia generale
"tradizionale" che adottino la tematizzazione e la periodizzazione in
funzione di anticipazione. Una sorta di incompatibilità che torna a danno del lettore inesperto.
3.
Problematizzazione e spiegazione
Le narrazioni propongono un livello di
spiegazione intessendo diacronicamente i fatti. Le descrizioni possono proporre
un livello di spiegazione mostrando le relazioni sincroniche tra un aspetto e
l'altro. Tali spiegazioni rispondono ad un primo necessario bisogno di
conoscenza che risponde sostanzialmente a due domande: come si svolsero i
fatti? come era la situazione?. Ma
la storiografia va oltre tale livello. Non si contenta della spiegazione
implicita nella ricostruzione. Una volta che abbia a
disposizione la ricostruzione dei fatti, dinamica o statica che sia, la può
sottoporre ad un'analisi tesa a rilevare le relazioni problematiche tra alcuni
fatti o aspetti dei fatti e altri fatti: a questo punto l'attività
storiografica si impegna a costruire un secondo livello di spiegazione molto
più complessa e molto più incerta del primo. E lo fa
usando l'ingegnosità argomentativa per ragionare sulle ipotesi e convincere i
lettori delle buone ragioni dell'interpretazione.
La critica e la capacità di ragionare sono
vigili quando si ricostruiscono i fatti, ma esse sono impegnate con la massima
intensità quando si problematizza e si argomenta per costruire un intreccio
esplicativo profondo. Il discorso esplicativo non può adottare la linearità
cronologica come asse portante poiché ha il compito di correlare molte serie di
fatti con temporalità e organizzazione spaziale differenti (durate, rapidità
dei mutamenti… molteplicità di teatri). La storia generale
"tradizionale" si contenta del primo livello esplicativo oppure
assorbe la spiegazione esperta nel modello narrativo, lo snerva in una semplice
sequenza di fatti togliendole la potenza argomentativa. L'effetto formativo che
si potrebbe ottenere dallo studio e analisi dell'argomentazione esplicativa è irraggiungibile con la narrazione della storia
tradizionale.
4.
La storia a scala
mondiale
Gli storici "tradizionalisti" temono
che l'adozione dell'osservatorio mondiale vada a detrimento della conoscenza
della storia d'Europa e della nazione italiana e che sia esiziale per la
cultura storica dei cittadini italiani ed europei. Tuttavia
vorrebbero che gli studenti fossero capaci di usare le conoscenze storiche per
comprendere i fenomeni storici a scala mondiale e quelli che riguardano paesi
extraeuropei. Una bella pretesa e una contraddizione patente. Se si ambisce a
tale risultato, occorre costruire una storia generale in cui la scala europea sia utilizzata di preferenza per certi fenomeni o per certe
trasformazioni, la scala nazionale per altri e quella mondiale per altri.
Il fatto è che «i destini del particolare
popolo cui appartengono gli autori dell'impresa sono tutte
le volte come immersi in una storia più ampia, quella dell'Europa sempre, e
spesso quella del pianeta. "Null'altro se non la Terra", la parola
d'ordine è propria del nostro tempo», riconosceva M. Bloch nel 1933.[4] Da allora, con l'avanzare
della mondializzazione dei processi, con il crescere delle interrelazioni tra
le diverse parti del mondo, con la messa in scena mediatica di paesi e popoli
extraeuropei è aumentata l'urgenza di conoscere anche il passato extraeuropeo
persino per i periodi precedenti l'avvio del processo
di mondializzazione. Non è impossibile dal punto di vista discorsivo fare
rappresentazioni di fenomeni e processi a scala mondiale. Mettiamoci alla
scuola di Bairoch e profittiamo del suo esempio di costruire conoscenze di
"stati del mondo" e conoscenze dell'evoluzione di ciascuna
area. Oppure adottiamo come maestro J. Diamond
che in Armi acciaio e malattie. Breve
storia del mondo negli ultimi tredicimila anni problematizza
l'ineguaglianza odierna dello sviluppo economico e per spiegarla spinge la sua
osservazione dentro il lunghissimo periodo e su uno scenario mondiale,
utilizzando a volte le comparazioni a volte l'analisi delle connessioni.[5] Insomma, modelli di
storiografia a scala mondiale possono essere trasferiti nella storiografia
scolastica, senza che ne soffra la conoscenza e l'intelligenza della storia
europea. Anzi ci sono fenomeni europei che possono essere
meglio compresi se immersi in una storia a scala mondiale o in virtù della
comparazione (se non ci sono nessi) oppure perché i nessi esplicativi sono più
profondi se istituiti ad ampio raggio.
5.
La storia a scala locale
La storia generale "tradizionale"
rappresenta i fenomeni generalizzando a scala nazionale o europea
conoscenze che riguardano questa o quella parte del paese o di alcuni
paesi europei. Non riesce a far tesoro delle conoscenze
costruite a scala locale per proporre
agli studenti modelli di ricostruzione, modelli di ragionamento, modelli
di spiegazione elaborati grazie all'adozione della scala locale. L'effetto
dello studio delle generalizzazioni è che gli studenti
finiscono per pensare, da una parte, che in tutti i luoghi del teatro
tematizzato si sia svolta la stessa storia, dall'altra, che nessuna storia
importante e degna di essere conosciuta si sia svolta nei luoghi non
tematizzati. Ad esempio, considerano fuori della storia i paesi in cui vivono.
La cultura storica ricevuta dalla storia tradizionale ottunde la loro mente
rispetto alla possibilità di pensare il territorio vissuto immerso nelle
storie. Non è certo un risultato approvabile.
Si può contrastare tale deriva naturalmente
immettendo processi di insegnamento riguardanti la
storia a scala locale, come raccomandano gli obiettivi sia dei programmi
vigenti sia delle indicazioni ministeriali future. Ma anche gli autori di
storia generale possono contribuire alla formazione di una cultura storica
capace di tener conto che conoscenze importanti e originali si costruiscono privilegiando la scala locale. Ad esempio, se le ricerche
che Pierre Toubert ha dedicato all'incastellamento nel
Lazio medievale sono così belle e intelligenti perché non trasporle senza
generalizzazione ma come uno studio di caso all'interno del sistema di
conoscenze storiche generali? oppure perché non
parlare dell'industrializzazione italiana parlando di questo o di quel
distretto industriale per rendere più comprensibili le dinamiche dei processi e
i nessi tra le diverse serie di fatti e l'interdipendenza tra ciò che accade a
scala locale e ciò che accade a scala maggiore?
6.
Trasposizione e modularità
Tutte le esigenze sulle quali ho ragionato precedentemente possono essere soddisfatte a
condizione che si riconosca il carattere specificamente didattico della storia
generale scolastica. Non si tratta di cavarsela semplicemente introducendo gli
esercizi a ridosso di un testo di tipo divulgativo. La destinazione dei testi
alla costruzione di sapere, di competenze, di abilità,
di interessi storici di studenti in via di formazione impone che venga adottata
una strategia espositiva che si dichiara al lettore. La trasparenza della
struttura è uno dei punti di forza del progetto
formativo. Si tratta, perciò, di conferire ai testi che compongono la storia
generale la configurazione che risulta dalla
trasposizione didattica dei modelli storiografici esperti. Il lavoro
traspositivo può risultare agevolato dall'adozione
della modularità come criterio di strutturazione dei blocchi testuali ciascuno
dotato di una propria funzione costruttiva. Ciascuna delle singole conoscenze
può essere sviluppata e costruita mediante la fusione di blocchi testuali
diversi: il primo per esporre il criterio della tematizzazione, il secondo teso
a mettere in rilievo il rapporto tra conoscenza del
passato e conoscenza del presente, il terzo utile a presentare lo stato delle
cose iniziale, il quarto a rappresentare lo stato delle cose finale, il quinto
a comparare i due stati e a evidenziare i mutamenti e le permanenze, il sesto
destinato a rappresentare il processo. A seconda del
livello scolastico si può intensificare la conoscenza facendo seguire blocchi
testuali argomentativi per problematizzare e costruire spiegazioni. In ultimo
si può e si deve introdurre la comparazione tra differenti interpretazioni. Una
struttura siffatta è modulare in quanto il blocco
testuale iniziale è quello cognitivamente adatto a sostenere i primi passi del
lettore e ciascuno degli altri blocchi è comprensibile grazie ai precedenti e
rende più agevole la comprensione di quelli seguenti.
La modularità è uno strumento formidabile di organizzazione anche di tutta la rete delle conoscenze.
Infatti, essa può ispirare un montaggio delle conoscenze a scala diversa e con
diverse funzioni di costruzione della conoscenza storica generale.[6] Si tenga conto che il passaggio da una scala di osservazione ad un altro si pone come problema anche
nella storia generale
"tradizionale" che deve trattare fenomeni a scala europea e
fenomeni a scala nazionale. Ma la narrazione impostata
su brevi periodi non può assolvere tale compito con eleganza e con la
flessibilità conveniente per lo studente il quale finisce per «considerare il
passato come caotico e indistinto insieme di fatti e di personaggi».[7] Invece la struttura
modulare insieme con l'impegno costruttivo degli allievi, che essa impone e
facilita,
7.
La nuova storia generale
Tiriamo le somme e potremo avere i lineamenti
di tre strutture di storia generale da proporre agli allievi: 1. la storia generale costruita come un mosaico mediante i
tasselli chiamati "quadri di civiltà"; 2. il
sapere sistematico costruito con i processi di trasformazione del mondo; 3. il sapere sistematico costruito mediante l'approfondimento
di temi e problemi.
Ma prima di presentarle è bene premettere una
cognizione importante: dobbiamo pensare che l'apprendimento è un processo di
costruzione delle conoscenze singole e del loro sistema da parte di alunni guidati da insegnanti con una ricca mediazione
didattica. Questa consapevolezza è lo sfondo necessario per comprendere le
proposte di nuova storia generale. Ma come ottenere che storici alieni dal
frequentare altri settori di ricerca come quelli della psicologia cognitiva e
della didattica disciplinare e disavvezzi a riflettere sui processi di apprendimento dei figli o degli studenti o di se stessi,
condividano l'idea che l'apprendimento è un processo di costruzione in cui
«bisogna che ogni ragazzo sia aiutato a costruirsi una competenza di gestione
cognitiva, strategicamente validata in contesti emblematici e controllati,
aperta allo sviluppo delle possibili relazioni fra quello che (volendo,
sapendo) si può vedere del mondo; quello che (volendo, sapendo) se ne può dire;
quello che (volendo, sapendo) se ne può fare.»[8]? e persuaderli - loro che
non hanno nessun interesse a capire quel che succede nelle scuole - che ci sono
esperienze di insegnanti che dimostrano che opportune mediazioni didattiche
rendono gli alunni capaci di affrontare il compito della costruzione delle
conoscenze storiche singole e del loro
sistema? Senza molte speranze, ci provo.
1. Il
mosaico dei "quadri di civiltà" come primo sapere storico
Per i bambini alle prime prove di costruzione
del sapere storico potrebbe essere conveniente una storia generale costruita
mediante "quadri di civiltà" un termine entrato nell'attenzione degli
insegnanti con i programmi del 1985 e ribadito dalle indicazioni ministeriali
(negli obiettivi e nelle parti metodologiche) sia per
le classi elementari che per quelle medie. Si prende il modello della
descrizione di "stati di cose" e lo si
traspone in modo da ottenere la descrizione di tratti caratterizzanti la vita
collettiva di un gruppo umano o di un popolo o di molteplici gruppi o popoli
che li condividono in un periodo e in un'area spaziale ben definiti. Le
datazioni essenziali, le durate della civiltà nel suo complesso e del periodo
tematizzato sono segnalate e servono a costruire la mappa spazio temporale del
passato del mondo. Sono gli stessi alunni a costruirla e a
immettervi i dati man mano che li apprendono. La lettura della mappa è il mezzo
per costruire i quadri cronologici di riferimento, le periodizzazioni
essenziali, la conoscenza di contesti in rapporto ai
quali studiare, in seguito, le storie dei processi di trasformazione. Ma non è tutto qui il portato conoscitivo del lavoro con i
"quadri di civiltà". Infatti le descrizioni
si prestano alle comparazioni e gli alunni possono istituirle e scoprire le
differenze e le somiglianze, i cambiamenti e le permanenze. I dati comparativi si prestano a fondare le prime capacità di
formulazione di questioni storiche. Insomma gli alunni imparano conoscenze significative e apprendono ad usarle allo scopo di costruire
a. il concetto di passato; b. il concetto di storia; c. i concetti di base per
la rappresentazione della vita collettiva; d. le questioni relative al divenire
del mondo. E diventano capaci di critica delle
conoscenze libresche. Diventano consapevoli anche che hanno molte ignoranze,
che non hanno studiato tutta la storia e che c'è tanta altra storia da
studiare. Maturano perciò l'interesse a seguitare a studiarla e possono dare
significato ai processi di mutamento da conoscere in seguito.
La storia generale cara agli storici
"tradizionalisti" è la storia del divenire dell'umanità europea. Ha
la funzione di far conoscere una rappresentazione dei processi di mutamento che
l'hanno interessata dalla preistoria al presente. Essa è sistematica e risulta composta
delle singole conoscenze riguardanti singoli cambiamenti e del tessuto di
connessioni tra le singole conoscenze. Malgrado
l'apparente semplicità del modello narrativo che salda una conoscenza alle
altre, si tratta di un sistema molto difficile da gestire cognitivamente da
parte degli alunni i quali dovrebbero essere capaci di usare la conoscenza
appresa in un punto del percorso di studio in altri momenti in relazione con
altre conoscenze. Dovrebbero, inoltre, saper ristrutturare le conoscenze man
mano che le acquisiscono in modo da concepire visioni del passato più adeguate
dal punto di vista temporale e spaziale. Ma questi
compiti sono resi più ardui dalla struttura della storia generale
"tradizionale". Infatti essa gestisce
narrativamente serie di conoscenze riguardanti fatti disparati che sono
connesse per contiguità temporali e/o spaziali. Ma le
serie sono scomposte in mutamenti di brevi periodi allo scopo di far combaciare
ordine discorsivo e ordine cronologico quanto più è possibile. Il risultato è
che gli alunni di scuola elementare e di scuola media nella maggior parte non
riescono a comprendere e strutturare la
contemporaneità di durate di fatti disposti in ordine di successione
discorsiva. È una lamentela diffusa tra gli insegnanti che gli alunni pensano
effettivamente come successive le civiltà che hanno studiato l'una dopo
l'altra. Ma anche studenti più maturi non sono capaci
di ristrutturare le conoscenze apprese lungo un percorso di studio per
rappresentarsi stati di cose o connessioni molteplici. Ad esempio, non sanno
descrivere la situazione religiosa nell'Europa dell'inizio del '500 oppure la situazione politica, sociale, economica alla
vigilia della rivoluzione industriale. È questa incompetenza
che porta gli studenti a non costruire e a non possedere i quadri cronologici
che tutti gli storici desiderano come segno della qualità della formazione.
Come ridurre tali difficoltà? Certamente molto possono fare molto la mediazione
didattica e l'uso di strumenti per la strutturazione delle conoscenze (come ad
es. grafici spazio-temporali e mappe di
contemporaneità). E per questo è in gioco la
responsabilità degli insegnanti. Ma la loro risposta
da sola non è decisiva. Occorre che la struttura del sistema sia adeguata a
facilitare la sua gestione cognitiva da parte degli allievi. C'è una seconda
ragione che spinge a cercare una
struttura diversa. La quantità eccessiva di conoscenze disponibili rende
necessario non solo una drastica selezione ma anche
una strutturazione delle conoscenze selezionate in modo che costituiscano una
rete (o un sistema) disposta a dar conto delle grandi trasformazioni
riguardanti l'umanità (europea o, come io preferirei, mondiale). Nell'uno e
nell'altro caso si tratta di contrapporre alcuni processi di grandi
trasformazioni alla miriade di mutamenti che entrano nel racconto storico
tradizionale. Il che vuol dire scegliere e tematizzare le trasformazioni che si sono svolte sul lungo periodo e che
hanno riguardato un teatro di grande dimensione -
mondiale, europeo, nazionale - da determinare di volta in volta a seconda della
trasformazione da mettere a fuoco. La trasformazione va colta nelle sue
caratteristiche con il confronto tra lo "stato di cose" investito
dalla trasformazione e lo "stato di cose" risultante dalla
trasformazione. In tal modo si asseconda e si rende esplicito
il procedimento cognitivo della costruzione storiografica e si fonda la
possibilità di attribuire un significato ai fatti che vengono montati nel
processo in quanto li si considera utili a chiarire come si passa dallo stato
di cose iniziale a quello finale. Ma si può andare
oltre nella strutturazione facilitante poiché il processo può essere presentato
in anticipo mediante la sintesi della sua periodizzazione. Si adotta di nuovo
un procedimento espositivo tipico della storiografia esperta che presenta al
lettore le scelte della scansione in periodi ritenuta più utile per
l'intelligenza della proposta interpretativa. Infine si può legare la
conoscenza del passato a quella di aspetti o fatti del
mondo attuale in modo da fondare le concettualizzazioni, le teorie, gli schemi
di conoscenza requisiti dallo studio della trasformazione focalizzata. Il che rende esplicito quel legame tra presente e passato che gli
storici nella maggioranza danno come scontato nei loro testi. La
struttura risultante mette a soqquadro la linearità cronologica: infatti,
l'incipit discorsivo riguarda il presente, poi segue la descrizione dello stato
di cose iniziale (nella periodizzazione scelta) che gli studenti possono
mettere a confronto con quanto conoscono del presente, poi segue la descrizione
dello stato di cose finale (rispetto
alla periodizzazione deliberata), poi segue la periodizzazione del processo di
trasformazione, poi segue la sua ricostruzione. Tale struttura induce a individuare problemi e a cercare la conoscenza di
spiegazioni. Ovviamente le diverse parti discorsive sono collegate mediante le
connessioni che segnalino il significato e la funzione
costruttiva di esse man mano che vengono
proposte e mediante la messa in scena della soggettività dello
storico.
Con questa struttura la storia generale
scolastica può essere costituita da una rete di piccole monografie, che riescano a dare il rapporto col presente, la conoscenza di
stati di cose, la conoscenza delle trasformazioni più decisive nella storia
dell'umanità, la conoscenza di quadri cronologici e di contestualizzazioni. Non
ci sarebbero le condizioni - né quelle della maturità degli allievi né quelle
di tempo - per perseguire sistematicamente anche la formazione di un sapere
basato sulle problematizzazioni e sulle spiegazioni. Conviene, perciò, rinviare
tale formazione alla fase scolastica seguente.
La storiografia è un'impresa cognitiva dedita
alla ricostruzione e alla spiegazione di aspetti o
fatti del passato. La storia generale di qualunque scala è un
prodotto derivato e secondario delle ricerche monografiche. Infatti gli storici non si impegnano in primo luogo nella
produzione di storie generali e se non le scrivono non sono squalificati. La
massima parte di loro acquista prestigio grazie alla produzione di monografie
dedicate a questo o quel tema in questo o quel settore di ricerca.[9] Dunque, tutto ciò che si
può dire a proposito dei benefici della conoscenza storica vale per le opere
monografiche più che per le storie generali. Sono le opere monografiche che
hanno il potere di plasmare il pensiero storico, di farci costruire
concettualizzazioni come strumenti applicabili alla comprensione dei fenomeni
storici e del presente, di insegnarci a ricostruire processi in modo
attendibile, di insegnarci a problematizzare e spiegare, di insegnarci ad essere critici e problematici nel modo più intelligente.
Gli studenti delle ultime classi delle secondarie e gli studenti dei corsi
universitari percepiscono il salto di qualità e
l'elevarsi dell'eccitazione intellettuale quando passano dalla storia generale
alla lettura e allo studio di opere esperte. Perché,
dunque, non considerare questo il traguardo per tutti gli studenti?
Il progetto dei sei storici contiene sia la
proposta di approfondimenti tematici e problematici
sia l'invito a incoraggiare la lettura di opere storiografiche. Tutto bene e
condivisibile, se tale lavoro didattico non venisse
subordinato alla replica della storia generale. La preoccupazione che li spinge
a tale scelta è che i temi e i problemi resterebbero decontestualizzati e
sganciati dai quadri cronologici senza lo studio ulteriore
della storia generale.
Tale timore può essere facilmente fugato con
due argomenti: 1. non è detto che la storia generale
costruisca la conoscenza dei contesti e dei riferimenti temporali adatti ad
ogni tema e dunque l'insegnante deve fare i conti con la necessità di costruire
la conoscenza specificamente utile in funzione dello studio di un tema; ma, 2. ogni tema o problema può richiedere e permettere la
conoscenza di contesti e di riferimenti cronologici specificamente congrui e
approfonditi. I contesti da rappresentare possono
essere di lunga durata e ad ampia scala di osservazione. L'insegnamento si
svolge non solo sul tema e problema ma anche sui contesti.
E l'inquadramento cronologico può essere conseguito con la mediazione didattica
e la costruzione di grafici temporali in cui possono
essere messi a frutto sia le nozioni di storia generale studiata nel precedente
livello di studi sia quelle che riguardano i contesti. Insomma, si può
insegnare agli studenti a ragionare sul rapporto tra fatti tematizzati o
problematizzati e contesti. Mettiamo che
l'insegnamento riguardi la spiegazione della rivoluzione inglese degli anni
quaranta del '600, che il testo di riferimento sia
quello di L. Stone,[10] quale storia generale
provvede la ricostruzione dei contesti adeguati e già belli e pronti? È
giocoforza per l'insegnante consapevole costruire appositamente la conoscenza dei
contesti e del quadro cronologico. Ma ciò porta al
risultato che gli studenti vengono ad approfondire la conoscenza di aspetti della storia generale.[11]
Si verifica, dunque,
un'inversione nel senso di marcia della costruzione del sapere: non dalla conoscenza
della storia generale agli approfondimenti ma dagli approfondimenti alla
migliore conoscenza di segmenti della storia generale. Con maggior gusto degli
studenti e con la possibilità per loro di comprendere come sia importante
mettere in rapporto fatti tematizzati e/o problematizzati e contesti
e come tale operazione vada fatta. No, non è essenziale studiare ancora la
storia generale per affrontare temi e problemi: se la scelta cade su alcuni
temi e problemi, dobbiamo dare per inevitabile la ricostruzione di contesti funzionali alla loro comprensione e dobbiamo
accettare che la storia generale non venga "ripassata" in tutti i
punti del suo svolgimento. Tale strategia di gestione del sapere storico può
assicurare alcuni vantaggi: 1. che un gran numero di
studenti siano capaci e interessati a frequentare le opere storiografiche; 2. che gli studenti
comprendano in che consiste il pensiero storico; 3. che
diventino lettori accorti col gusto della lettura e della critica di opere
storiografiche.
Dunque gli alunni potrebbero
sperimentare un'ascesa intellettuale da un ciclo di studi all'altro, da una
forma di sapere storico all'altra verso la storiografia di qualità. Potrebbero
diventare lettori e critici più competenti di storie e una parte di loro
potrebbe diventare più abile nel fare storiografia.
[1] P. Bairoch, Storia delle città, Milano, 1996.
[2] Pubblicata in italiano da Laterza, Bari, 1980.
[3] Un bell'esempio recente della libertà di tematizzazione lo offre D. Michman che analizza la concettualizzazione del fatto e il periodo deciso da 14 storici per trattare della Shoa. Il termine è per tutti il 1945 ma l'inizio dell'arco temporale in cui iscriverla ha diverse soluzioni (la metà del '700 o la metà dell'800, 1932 o 1933 o 1935 o 1939 o 1941): Pour une historiographie de la Shoa, Paris, 2001, pp. 61-66.
[4] Storici e storia, Torino 1997, p. 74.
[5]
La storia scritta dall'ornitologo Diamond, edita da
Einaudi, ha ricevuto premi, è letta con passione e con gusto da tutti gli
insegnanti e studenti a cui ne ho consigliata la lettura, ha avuto tirature
molto alte e numerose edizioni a riprova
che la storia a scala mondiale può rispondere a bisogni intellettuali ormai
maturi.
[6]
Sulla trasposizione e sulla modularità rinvio ai moduli dedicati a tali temi
nel courseware in cdrom Insegnare storia già
cit. e agli esempi delle unità modulari accolte nel
"Progetto CLIO" dell'editore Polaris.
[7] Riprendo la frase dal progetto dei sei storici già cit.
[8]
Guidoni, Il senso di fare scienze..., cit., p. 504.
[9] Nell'articolo Manuali o sintesi? M. Bloch notava ne 1933: «Ci si è chiesti, talvolta, se queste vaste imprese collettive (cioè, storie generali in più volumi) non rischiavano di sottrarre alle ricerche più avanzate, e perciò stesso d'estensione più ristretta, le forze che sono loro indispensabili, se, nello stendere così, in molti esemplari, il bilancio della scienza già fatta, non si metteva in pericolo la scienza che si fa. Quest'argomento ha la sua forza. Qui però non è quello che ci tocca di più. Vi sono molti modi d'essere utili e originali: uno è la monografia su inediti; un altro è la rassegna. È dall'opera che occorre valutare l'operaio.» in Storici e storia, Torino, 1997, pp. 73-74.
[10] Le cause della rivoluzione inglese, Torino, 1982.
[11]
Si veda come questo sia possibile dall'unità modulare di apprendimento
di M. Cortesi e A. Zannoni, Il potere, la legge, i diritti dell'uomo, (Progetto Clio, editore
Polaris, Faenza, 1999) dedicata a trattare didatticamente in modo
integrato le rivoluzioni inglesi, americana, francese. Per un esempio più
recente si veda E. Perillo, La Shoa e il
nazismo, Faenza , 2002 dove il tema è quello della
Shoa ma ricostruita in una rappresentazione di lungo periodo.