1.
Indicazioni alla terapia radiometabolica
La
terapia radiometabolica con 131I
rappresenta una valida opzione terapeutica per
l’ipertiroidismo da m. di Basedow, insieme al
trattamento farmacologico e a quello chirurgico: essa è sempre più
impiegata come prima scelta, specialmente negli U.S.A. E’ inoltre indicata nei
pazienti che presentano una recidiva dell’ipertiroidismo dopo un ciclo di
trattamento con antitiroidei (tionamidi), evento che
si verifica alla sospensione del trattamento in circa il 70 % dei pazienti
trattati con antitiroidei di sintesi e
nei pazienti non trattabili con la terapia farmacologica
(per allergia, effetti collaterali o scarsa compliance)
o chirurgica (per rischio elevato per patologie concomitanti o per rifiuto del
paziente).
Applicando
schemi terapeutici appropriati è possibile curare con 131I circa
l’80% dei pazienti con una unica somministrazione
terapeutica; il 20% richiede una seconda somministrazione dopo 6-12 mesi dalla
prima e solo raramente c’è la necessità di effettuare ulteriori trattamenti.
Una indicazione particolare al trattamento con radioiodio è costituita dall’oftalmopatia
associata all’ipertiroidismo. Infatti in questi
pazienti il trattamento definitivo dell’ipertiroidismo con tiroidectomia
o con radioiodio è associato a benefici effetti a
lungo termine sulla oftalmopatia, probabilmente
perché questi trattamenti portano ad una rimozione degli antigeni che sono in
comune tra tiroide e tessuto retroorbitario, e che
costituiscono la base patogenetica della oftalmopatia basedowiana. Per
quanto riguarda gli effetti a breve termine, il radioiodio può causare il peggioramento di una preesistente
oftalmopatia, ma questo effetto può essere prevenuto
dalla concomitante terapia steroidea.
Nel gozzo multinodulare
tossico e nell’adenoma tossico, la terapia con 131I e la tiroidectomia costituiscono i
trattamenti di elezione. I farmaci antitiroidei infatti
non permettono una risoluzione permanente dell’ipertiroidismo. Il 131I
rappresenta inoltre la terapia d’elezione nei casi di ipertiroidismo
persistente dopo tiroidectomia parziale per gozzo
nodulare tossico. Il radioiodio è captato
selettivamente dai noduli iperfunzionanti,
riducendone il funzionamento ed il volume, mentre il parenchima extranodulare
non viene irradiato in misura rilevante. Nei pazienti
con adenoma tossico, il trattamento con 131I deve essere effettuato
nella fase in cui l’adenoma inibisce il parenchima circostante, come
evidenziato scintigraficamente.
Questa evenienza si verifica nelle condizioni di tireotossicosi evidente o conclamata (TSH soppresso e ormoni
tiroidei liberi elevati) o di tireotossicosi subclinica (TSH
soppresso con ormoni tiroidei liberi nella norma).
Le
uniche controindicazioni assolute al trattamento con radioiodio
sono la gravidanza in atto e l’allattamento. Nel caso in cui il radioiodio venisse somministrato
durante la gravidanza la tiroide fetale, che compare entro la 10°-12° settimana
di gestazione, sarebbe distrutta dal 131I ed il feto riceverebbe,
per la contiguità dell’utero con la vescica, dosi superiori al limite “di
sicurezza” di dose efficace di 1 mSv. La terapia radiometabolica non può essere effettuata
durante l’allattamento, poichè il lattante
riceverebbe dosi efficaci superiori ad 1 mSv.
Per
quanto riguarda il trattamento in ragazzi ed adolescenti, le casistiche di
soggetti trattati con radioiodio per ipertiroidismo al di sotto dei 18 anni sono limitate. I dati disponibili in
letteratura sono comunque rassicuranti, non essendo
riportato un aumento di incidenza di tumori in soggetti trattati con 131I
in periodo infantile-giovanile, ma solo un incremento
degli adenomi . L’ esperienza accumulata nei bambini esposti al fall-out di Chernobyl, che peraltro presentò caratteristiche
qualitative e quantitative differenti rispetto alla irradiazione
conseguente ad un trattamento con 131I per ipertiroidismo, ha
comunque confermato la maggiore sensibilità all’induzione di carcinomi tiroidei
radioindotti dei bambini (in particolare da 0 ai 5
anni) e degli adoloscenti rispetto agli adulti. E’
quindi opportuno evitare il trattamento con 131I al di sotto dei 18 anni,
ed in particolare in età prepuberale, salvo che in
casi selezionati.
L’allergia
allo iodio non rappresenta una controindicazione al trattamento. Grazie alle
elevate attività specifiche delle soluzioni orali di 131I
(usualmente superiori ai 200 MBq/mg) le quantità ponderali di iodio contenute in
un trattamento radiometabolico per ipertiroidismo
sono circa 1.000 volte inferiori alla razione alimentare giornaliera
raccomandata ( 0.00015 mg vs. 0.15 mg , rispettivamente).Per tale motivo
possono essere sottoposti a trattamento con radioiodio
anche pazienti che hanno presentato reazioni avverse durante l’esecuzione di indagini radiologiche con mezzi di contrasto
organo-iodati.
4.
Condizioni in cui il radioiodio non è indicato.
Diverse
casistiche indicano che l’ipertiroidismo con gozzo di grosse dimensioni
difficilmente guarisce dopo una singola somministrazione di 131I, per cui in questi casi l’indicazione primaria è quella
chirurgica.
Il
trattamento con radioiodio non è inoltre indicato in
diverse condizioni di tireotossicosi senza
ipertiroidismo (tireotossicosi fattizia
e medicamentosa, fase di tireotossicosi della tiroidite subacuta). In generale
il radioiodio non è indicato nelle situazioni di ipertiroidismo con bassa captazione (ipertiroidismo
indotto da amiodarone o da iodio).
Non
costituisce indicazione al trattamento con 131I la fase di ipertiroidismo subclinico della
tiroidite di Hashimoto sia
perché può essere una tireotossicosi da distruzione
follicolare senza iperfunzione tiroidea, sia perché
l’ipertiroidismo può essere transitorio e seguito da ipotiroidismo. Questo
ipertiroidismo subclinico va distinto dunque
nettamente da quello presente nel gozzo nodulare, che invece
costituisce una indicazione chiara al trattamento con radioiodio.
Nel
caso di morbo di Basedow la presenza di noduli
dominanti , non-funzionanti , con sospetto di
malignità all’esame citologico rappresenta una controindicazione al trattamento
con radioiodio.
5.
Autoimmunità tiroidea e trattamento con 131-I
Il
rilievo di livelli elevati di anticorpi diretti contro
il recettore del TSH (TRAb) nei pazienti con morbo di
Basedow implica un significato prognostico
sfavorevole sulla efficacia a lungo termine del trattamento con tionamidi e rappresenta quindi un elemento a favore della
terapia definitiva con radioiodio.
La
concomitanza di livelli elevati di TRAb ed oftalmopatia, costituisce una indicazione
al trattamento definitivo dell’ipertiroidismo con radioiodio,
con dosi ablative che garantiscano la completa distruzione del tessuto tiroideo.
La
riduzione del volume ghiandolare valutata mediante ecografia rappresenta il
parametro maggiormente predittivo di una efficace
risposta terapeutica al trattamento con radioiodio,
mentre minore importanza prognostica sembrano assumere le modificazioni
post-trattamento del livello ematico dei TRAb.
In
rari casi nei pazienti con gozzo nodulare tossico il trattamento con radioiodio è seguito dallo sviluppo di un
ipertiroidismo autoimmune con comparsa di TRAb.
Questo fenomeno è probabilmente legato alla liberazione di antigeni
tiroidei conseguente al trattamento con radioiodio e presuppone una suscettibilità genetica ad
ammalarsi di morbo di Basedow. Questo evento è comunque estremamente raro, non impedisce un successivo
trattamento definitivo e non implica limitazioni nella programmazione del
trattamento con radioiodio nei pazienti con gozzo
nodulare tossico.
E’
argomento di discussione se, prima del trattamento radiometabolico,
l’ipertiroidismo debba essere trattato o meno con
antitiroidei.
Infatti se da un lato sono stati descritti casi di
esacerbazione dell'’ipertiroidismo, fino alla crisi tireotossica,
in pazienti non pretrattati con tionamidi,
dall’altro è noto che il pretrattamento con
tireostatici può determinare una riduzione dell’efficacia della terapia con 131I
per la conseguente riduzione della captazione e dell’emivita
biologica del 131I. Ciò potrebbe comportare la necessità di utilizzare
attività di 131I più elevate, per ottenere
risultati comparabili.
Recentemente
è stata riportata una tendenza degli ormoni tiroidei a diminuire dopo radioiodio anche nei pazienti non pretrattati
con antitiroidei. Ciò implicherebbe che il più volte riportato incremento degli
ormoni tiroidei in seguito al trattamento con 131I
sia ascrivibile, più che alla terapia radiometabolica
di per sé, alla sospensione degli antitiroidei.
È
quindi consigliabile somministrare il radioiodio
senza pretrattamento con tireostatici
nei pazienti con ipertiroidismo subclinico e nei
pazienti giovani, non affetti da patologie cardiovascolari con ipertiroidismo
lieve.
Il
pretrattamento è invece
obbligatorio nei pazienti con grave ipertiroidismo, nei pazienti anziani ed in
quelli con gravi malattie sistemiche, soprattutto malattie cardiovascolari.
Nel
morbo di Basedow, nel caso in cui fosse eseguito un pretrattamento con tireostatici, è
necessario sospendere quest’ultimo almeno 3 gg. prima
della terapia radiometabolica.
Nel
gozzo nodulare tossico è indicato limitare la terapia tireostatica a casi
selezionati, poiché il pretrattamento
con tireostatici può favorire l’accumulo di radioiodio
nel tessuto extranodulare non più funzionalmente inibito e determinare una più
elevata incidenza di ipotiroidismo post-terapeutico.
Nel
caso del gozzo nodulare tossico è importante sospendere il trattamento tireostatico almeno 3
settimane prima della terapia radiometabolica e
verificare l’ effettiva ripresa funzionale delle aree
autonome e la presenza di inibizione funzionale del tessuto tiroideo normale
mediante l’esecuzione di una scintigrafia tiroidea nei giorni precedenti la
terapia radiometabolica. Nel caso in cui il tessuto
tiroideo sano non fosse ancora totalmente soppresso,
si dovrà prolungare il periodo di sospensione degli anti-tiroidei,
eventualmente associando un trattamento sintomatico con beta-bloccanti.
Gli
ormoni tiroidei (Liotironina sodica 1 mg/kg
da 4-6 settimane prima del trattamento fino alla somministrazione del radioiodio) possono essere utilizzati in caso di presenza di aree ad autonomia funzionale senza completa inibizione
funzionale del restante tessuto tiroideo, per ridurre la captazione del radioiodio da parte del tessuto tiroideo normale e
l’incidenza dell’ipotiroidismo post-attinico.
Dato
che lo iodio contenuto in alcuni prodotti può saturare la capacità delle
cellule tiroidee di captare ulteriori quantità del radioalogene, i pazienti in cui è prevista la terapia radiometabolica non devono fare uso di tali prodotti per un
adeguato periodo di tempo prima della terapia radiometabolica
(Tab n. 1).
Tab n. 1. Tempi di sospensione consigliati di alcuni farmaci e prodotti prima della terapia con 131I (modificato da linee guida SNM).
Farmaco o prodotto |
Tempo di sospensione consigliato |
Multivitaminici (contenenti iodio) |
7 giorni |
Espettoranti, soluzioni di Lugol, prodotti a base di alghe marine, prodotti per dimagrire contenenti iodio, disinfettanti, lavande vaginali, dentifrici iodati, tinture per capelli, creme anti-cellulite a base di iodio o prodotti iodati |
2-3 settimane, in base al contenuto di iodio |
Tintura di iodio |
2-3 settimane |
Mezzi di contrasto radiografici idrosolubili |
3-4 settimane (in caso di funzionalità renale normale) |
Mezzi di contrasto radiografici liposolubili (oggi usati raramente) |
Alcuni mesi |
Amiodarone |
3-6 mesi o più |
Poiché attraverso la terapia con radioiodio
si esercita un’azione con intrinseca portata lesiva, il paziente maggiorenne,
capace di intendere e di volere, informato sulla natura e prospettive della
prestazione, deve esprimere il suo specifico consenso in forma scritta.
In
caso di minori o di pazienti incapaci di intendere o volere il consenso viene espresso dal legale rappresentante del paziente.
L’obiettivo
primario della terapia radiometabolica
dell’ipertiroidismo da gozzo tossico diffuso è rappresentato dal raggiungimento
di una guarigione stabile con un’unica dose di 131I
in un’alta percentuale di pazienti entro 1-2 mesi.
Nel
caso in cui sia presente oftalmopatia
l’obiettivo della terapia radiometabolica è
rappresentato dalla totale ablazione del tessuto tiroideo, ottenuta in tempi
rapidi.
L’obiettivo
primario della terapia radiometabolica
dell’ipertiroidismo da gozzo nodulare tossico è rappresentato dalla ablazione delle aree autonome, con raggiungimento e
mantenimento dell’eutiroidismo.
Le aree funzionalmente autonome risultano generalmente più resistenti al trattamento con radioiodio rispetto al morbo di Basedow
e richiedono quindi il raggiungimento di dosi assorbite superiori.
Lo
131I può essere somministrato per os (in forma di capsule o di soluzione liquida) o per via
endovenosa (indicata in pazienti con vomito o non collaboranti). È opportuno il
digiuno almeno per le sei ore precedenti e le tre ore
successiva al trattamento in modo da facilitare ed accelerare
l'assorbimento intestinale.
Studi
a lungo termine (20-40 anni) in pazienti trattati con 131I
hanno dimostrato che la terapia radioisotopica è
associata effetti collaterali a breve e a lungo termine di modesto rilievo.
Il
principale effetto collaterale della terapia con radioiodio , soprattutto nel morbo di Basedow
, è costituito dall'ipotiroidismo, anche se attualmente esso viene considerato piu’ che un vero effetto collaterale un rischio calcolato o un vero e proprio
effetto voluto. Questo perchè ,
soprattutto nelle gravi forme di ipertiroidismo, l ‘obiettivo prioritario del
trattamento è rappresentato dalla rapida
risoluzione della tireotossicosi, indipendentemente
dalla successiva comparsa di ipotiroidismo.
Nel morbo di Basedow
l'incidenza cumulativa dell'ipotiroidismo post-radioiodio
può raggiungere il 90%dei soggetti trattati con una incidenza
del 50 % nel primo anno e un incremento percentuale del 2-3 % di nuovi casi per
anno.
In
passato si tentava di calibrare la dose di radioiodio
in maniera tale da ridurre l'incidenza della successiva ipofunzione
ghiandolare. L'esperienza di anni di follow-up suggerisce tuttavia che dosi minori riescono solo
a ridurre la frequenza di ipotiroidismo precoce (entro 1 anno), ma non di
quello tardivo, che è indipendente dalla dose.
Inoltre, la persistenza di parenchima tiroideo
funzionante, indicata dall’eutiroidismo post-radioiodio, spesso prelude ad una futura recidiva
dell’ipertiroidismo. E' divenuta quindi sempre più comune la pratica di
somministrare dosi medio-alte di radioiodio
che garantiscono l'efficacia terapeutica a spese di un rischio di ipotiroidismo più precoce, seppur non più frequente.
Va
precisato comunque che l’ipotiroidismo si verifica
sempre anche dopo il trattamento chirurgico nonché in una quota dei pazienti trattati
esclusivamente con antitiroidei di sintesi.
La
prevalenza di ipotiroidismo dopo trattamento con radioiodio nel gozzo nodulare tossico è nettamente
inferiore a quella osservata nel morbo di Basedow ed
è più frequente nei pazienti che presentano fenomeni di autoimmunità
tiroidea documentata dalla presenza di autoanticorpi
anti-tiroide circolanti.
Soprattutto in passato è stato temuto il
possibile effetto carcinogeno delle radiazioni
ionizzanti, che potrebbe manifestarsi anche a distanza di molti anni dal
trattamento ed in maniera indipendente dalla dose di radiazione assorbita.
Studi condotti su decine di migliaia di
pazienti trattati con radioiodio e seguiti con follow-up molto prolungati non hanno evidenziato un
incremento significativo della incidenza e della
mortalità complessiva da cancro in seguito a terapia con 131I per
ipertiroidismo. Uno studio ha evidenziato un modesto incremento della mortalità
da carcinoma tiroideo, in particolare nei pazienti trattati per gozzo nodulare
tossico, che presentano peraltro un aumento di tale
rischio indipendentemente dal trattamento con 131I. Un altro studio
ha confermato l’assenza di un incremento della incidenza
e della mortalità da cancro nei pazienti
trattati con 131I per ipertiroidismo ed ha evidenziato unicamente un
piccolo incremento dell’incidenza e della mortalità per il carcinoma
dell’intestino tenue e per il carcinoma tiroideo. In sintesi, tutti
gli studi finora condotti hanno evidenziato che il rischio carcinogeno
della terapia con 131I dell’ipertiroidismo è estremamente limitato
nell’adulto, non riduce in misura significativa la sicurezza di tale modalità terapeutica e non
rappresenta quindi una motivazione valida per limitarne l’utilizzazione.
Un altro problema dibattuto
è il possibile effetto del 131I a livello delle cellule germinali, con
ripercussioni sulla progenie. In realtà la dose assorbita a livello gonadico in una donna che venga
trattata con 370 MBq (10 mCi)
di 131I è di circa 10-30 mGy, paragonabile quindi alla dose assorbita in seguito ad
alcune indagini radiologiche (es. TC addome). E’ stato calcolato che l’aumento
del rischio genetico dopo trattamento con 131I
è trascurabile (0.003%) rispetto a quello spontaneo (0,8%).
Pazienti
con gozzo di grandi dimensioni e soprattutto con elevata captazione del radioiodio possono presentare una lieve tumefazione
transitoria del collo (tiroidite attinica) e/o una
lieve forma di scialoadenite per
cui è consigliabile in questi casi la somministrazione di anti-infiammatori.
9.
Terapia successiva al trattamento con radioiodio
Dopo
la terapia con radiodiodio, gli antitiroidei di
sintesi (tionamidi) possono essere utilizzati per il
controllo immediato dell’ipertiroidismo.
E’ stato ipotizzato che l’uso delle tionamidi dal
4° al 23° giorno dopo la somministrazione di radioiodio
evita una sua rapida organificazione e dismissione
dalla ghiandola aumentando quindi il suo effetto terapeutico. Questa ipotesi è
contrastata da altri dati della letteratura che indicano una ridotta efficacia
del radioiodio se le tionamidi
sono somministrate entro 7 giorni dal trattamento, probabilmente a causa di un
effetto radioprotettivo dei tireostatici, mediato da
una riduzione dei radicali liberi.
È
quindi opportuno effettuare il trattamento tireostatico dopo la terapia
con 131I solo in casi selezionati e comunque non prima di 7 gg dal trattamento.
Per quanto riguarda il controllo dei sintomi
da ipertiroidismo è indicato l’uso di beta-bloccanti.
Recentemente
è stato riportato che il carbonato di litio (900 mg al
giorno per 6 giorni a partire dal giorno del trattamento) aumenta l’efficacia
del radioiodio e permette un controllo più rapido
dell’ipertiroidismo attraverso
l’allungamento dell’emivita biologica del radiofarmaco.
Un
importante aspetto da considerare è il rapporto che intercorre tra la terapia radiometabolica e la comparsa e/o il peggioramento della oftalmopatia basedowiana soprattutto nei soggetti con grave
ipertiroidismo, con elevati livelli di anticorpi anti
recettore del TSH e nei fumatori.
Un
recente, ampio studio prospettico e randomizzato ha
dimostrato che l’oftalmopatia progredisce dopo
trattamento con 131I nel 15% dei pazienti
rispetto al 3% dei pazienti trattati con metimazolo;
ma se al trattamento con 131I si associa una terapia corticosteroidea non si osserva peggioramento dell'oftalmopatia in alcun paziente.
Il
peggioramento della patologia oculare può essere correlato con un’esacerbazione
della risposta autoimmune come conseguenza della
liberazione di autoantigeni tiroidei
provocato dal trattamento radioisotopico. E’
indicato prevenire il peggioramento dell'oftalmopatia
mediante somministrazione di dosi moderate di glucocorticoidi:
inizialmente 0,4-0,5 mg/Kg di prednisone al giorno per 2-4 settimane, con riduzione scalare per una
durata complessiva di 3 mesi.
Questa
azione di copertura fa sì che la presenza di oftalmopatia non costituisca una controindicazione al
trattamento radiometabolico.
10.
Follow-up
Nel
caso in cui non sia prevista terapia tireostatica dopo
il trattamento con 131I, il paziente deve essere avvertito di
riferire prontamente palpitazioni o sintomi da esacerbazione della tireotossicosi che potrebbero manifestarsi nelle prime
settimane dopo la terapia e successivamente ogni sintomo insorto
improvvisamente che possa suggerire ripresa di malattia o insorgenza di
ipotiroidismo, indipendentemente dai controlli programmati.
Poiché
è raro che l’ipotiroidismo si instauri prima di 8
settimane, è sufficiente controllare il TSH e gli ormoni tiroidei dopo 6
settimane. È da ricordare che il valore del TSH è l’ultimo parametro della
funzione tiroidea a normalizzarsi, a volte anche diversi mesi dopo un
trattamento efficace.
In
caso di ipotiroidismo insorto dopo 6-12 settimane dal
trattamento, il paziente deve essere strettamente monitorato per escludere la
possibile comparsa di un ipotiroidismo transitorio. Successivamente il progressivo incremento del TSH e la
riduzione dell’FT4 indica la comparsa di un ipotiroidismo probabilmente
definitivo per il quale deve essere instaurata una terapia ormonale
sostitutiva.
Nei
pazienti con adenoma tiroideo tossico può essere utile l’esecuzione di una
scintigrafia tiroidea di controllo dopo 4-6 mesi per evidenziare la ripresa
funzionale del parenchima tiroideo extra-nodulare, anche se l’aspetto scintigrafico della ghiandola dopo il trattamento è
indipendente dalla risposta ormonale e di minore significato prognostico
rispetto ad essa.
Dal
momento della comparsa di eutiroidismo
il controllo successivo sarà eseguito a distanza di 3 mesi e quindi ad
intervalli progressivamente superiori.
In
caso di persistenza di ipertiroidismo è indicata
l’effettuazione di trattamento tireostatico per circa 3-4 mesi per attendere il
pieno effetto del trattamento con radioiodio. Se dopo 6-12 mesi la malattia non si è ancora risolta, si
rende opportuno somministrare una seconda dose terapeutica.
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