Lettera al Cardinal Dionigi Tettamanzi

di Bolognetti - Chella
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Gentilissimo Cardinal Tettamanzi

abbiamo voluto bussare con discrezione e rispetto alla Sua porta, così come Lei ha scritto nel volume distribuito nelle parrocchie della Sua diocesi.

Questa nostra lettera, questo nostro non rinunciare a bussare, vuole parlarLe di una tragedia dimenticata, Le parla di un crimine che l’opulenza delle nostre natalizie vetrine non possono esporre, Le parla di un popolo convertito alla cristianità che subisce un genocidio che l’Occidente ha voluto ignorare, Le parla, Cardinal Tettamanzi, del popolo Montagnard o, se preferisce, come loro amano chiamarsi, del popolo Degar.

E nel parlarLe di loro non possiamo fare a meno di pensare che decenni della nostra storia contemporanea hanno inciso nella carne di questo popolo con il fuoco della persecuzione.

Oggi i montagnard vivono la loro tragedia schiacciati dalla geografia e dalla real politik, quella che ogni giorno contribuisce a distruggere i valori della civiltà e del diritto attraverso la tolleranza dell’intolleranza, la tolleranza della pratica di un genocidio che intende cancellare questa etnia cristiana, che contava tre milioni di abitanti, oggi ridotti a poche centinaia di migliaia di individui, da quella parte del mondo che è l’Indocina.

Un genocidio, Gentilissimo Cardinale, che è anche e soprattutto cancellazione di una cultura e di una fede che è quella cristiana, perché, come Le sarà già noto, il regime nazi-comunista vietnamita nega a questo popolo ogni libertà compresa quella religiosa.

E’ curioso che la Comunità Europea, quella che si dice figlia del Manifesto di Ventotene, ha firmato un accordo di cooperazione con il Vietnam nel 1995 e che tale accordo prevede il rispetto dei diritti umani e delle libertà individuali. Quel regime feroce, quel regime, potente della stolta impotenza che nasce dalla violenza, nega qualsiasi diritto al popolo Montagnard, lo stesso regime, accolto dai vertici comunitari, nega il permesso agli ispettori del Comitato dei Diritti Umani dell’Onu (richiesta del 27 luglio 2002) di verificare le condizioni delle popolazioni Montagnard, violando quindi l’art. 2 dell’accordo di cooperazione che menzionavamo.

Di fronte all’impotenza, al nanismo di una politica dimentica di se stessa, noi non smettiamo di lottare e bussiamo anche alla Sua porta, proprio in virtù dell’attenzione che Lei ha voluto dimostrare in quelle pagine dove mostrava interesse per il mondo delle “vite difficili”.

Manca una settimana al Natale, mancano sette giorni alla festa della cristianità, vesta, Cardinal Tettamanzi, quel bambino nella mangiatoia con i panni dei bimbi montagnard che potranno festeggiare la nascita del Cristo solo a prezzo di paura e violenza, di persecuzione ed umiliazione.

Pagheranno un prezzo molto alto alla ferocia di aguzzini che la nostra politica, quella dei salotti televisivi, quella delle aule parlamentari capaci di produrre solo applausi, fa finta di non vedere volgendo altrove lo sguardo. Noi la preghiamo di non guardare altrove, La preghiamo Cardinal Tettamanzi di ricordarsi nella Sua natalizia omelia, magari solo per un attimo, magari con lo slancio del cuore, di quei bambini, di quelle donne, di quegli uomini che là, sugli Altopiani Centrali, aspettano con tanto coraggio un segno che dica loro che la civiltà, che i tesori più cari del nostro spirito non si inabisseranno definitivamente in una tragedia fatta di silenzio.

Silone scriveva che non è il tiranno a fare i servi, ma sono i servi a fare il tiranno.

Non possiamo Cardinal Tettamanzi renderci servi della non curanza per eleggere un tiranno che si chiama indifferenza.

Noi da laici, da agnostici quali siamo, pregheremo nel modo che conosciamo, quello radicale e nonviolento, quello della debolezza dei nostri corpi, pregheremo in quelle ore della vigilia del Natale con la fame di cibo che è anche e soprattutto fame di verità, giustizia e dialogo.

Speriamo vivamente di incontrarLa lungo questo sentiero.

Voglia gradire i nostri più sinceri auguri di Buon Natale.

18 dicembre 2002
 
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