DISOBBEDIENZA CIVILE 25 MAGGIO 2002 A POTENZA - VENERDI' 31 OTTOBRE PRIMA UDIENZA DEL PROCESSO BERNARDINI - BOLOGNETTI.

di Maurizio Bolognetti
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Dopo il rinvio a giudizio, disposto dal tribunale di Potenza nell'udienza preliminare del 26 febbraio 2003, venerdì 31 ottobre si terrà la prima udienza del processo per la disobbedienza civile compiuta da Rita Bernardini, Presidente Radicali Italiani e Maurizio Bolognetti, Segretario Radicali Lucani, il 25 maggio 2002 a Potenza in piazza M.Pagano.

Bernardini e Bolognetti sono accusati della violazione dell'articolo 73 del D.P.R. 309/90, meglio noto come legge Iervolino-Vassalli e della violazione degli art. 110 e 81 c.p.

Gioverà ricordare che nella richiesta di rinvio a giudizio cosi scriveva la pubblica accusa: "...perché, in concorso tra loro, con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, senza l'autorizzazione di cui all'art. 17 della stessa legge, nel corso della conferenza stampa tenuta da Radicali Italiani in Potenza, in Piazza Mario Pagano, cedevano ai soggetti che assistevano a detta manifestazione sostanza stupefacente del tipo "hashish".

Gli imputati, che non presenzieranno a questa prima udienza, saranno difesi dall'avvocato Giuseppe Rossodivita.

DICHIARAZIONE DI MAURIZIO BOLOGNETTI, SEGRETARIO RADICALI LUCANI

"Questo matrimonio non sa da fare", urlano i Bravi a Don Abbondio in un memorabile brano dei "Promessi Sposi". Noi, invece, ci auguriamo che questo processo, che inizia domani, vada avanti celermente. Ci auguriamo che la giustizia italiana voglia onorare le leggi dello Stato. Onorare quella Iervolino-Vassalli, esempio lampante di legge Criminogena, Liberticidà, Illiberale e lesiva dello Stato di Diritto; legge fortemente avversata dai Radicali, che nel non lontano 1993 chiamarono gli italiani ad esprimersi sugli aspetti più ottusamente punitivi e pericolosi della stessa, ottenendo un inequivocabile pronunciamento a favore dell'abrogazione della punibilità del consumo e di assurdità come la "Dose media Giornaliera".

Tutto questo come sempre in una situazione di illegalità, che allora come oggi ridusse al minimo gli spazi di confronto e di dibattito. Anzi, a dire il vero, in un degrado via via crescente quegli spazi si sono di fatto azzerati e all'intero Paese è stata negata la possibilità di un confronto tra i fautori della "tolleranza zero", o forse sarebbe meglio parlare di intolleranza, teorici di stanche "War on Drugs" e coloro che, come il leader antiproibizionista Marco Pannella, propongono di azzerare la fallimentare esperienza proibizionista apportatrice, essa sì, di inutili flagelli.

Eppure, nonostante il referendum, nonostante il fallimento, nonostante tutto, per incomprensibili e imperscrutabili ragioni, magari ideologiche o morali, meglio moralistiche o "ideali", ma di quegli "ideali" di chi sogna un mondo "perfetto" e finisce per trasformare in un inferno la vita di milioni di uomini e donne, ancora una volta, c'è chi ha deciso di indossare l'elmetto e rilanciare nella solita direzione. La ricetta avvelenata è sempre la stessa...dosi massicce di repressione, un'orgia repressiva che produrrà un unico effetto: far finire nelle già superaffollate patrie galere migliaia di consumatori di droghe e non droghe come la cannabis.

Il demone proibizionista continuerà a reclamare le sue vittime; le narcomafie continueranno a ringraziare coloro che si fanno promotori di leggi stolte e migliaia di tutori dell'ordine saranno costretti ad inseguire fumatori di spinelli.

Ma dov'è la dignità di tutto questo? E quale "dignità umana" difendono i fautori dello "Stato papà", che oggi da buffetti a chi ha la fortuna di essere segnalato per mero consumo attraverso le prefetture? Questa legge è dignitosa o come noi sosteniamo è illogica e illiberale?

Qualche giorno fa, il presidente della Camera Pierferdinando Casini, ha detto, durante una conferenza sulle droghe: "Parlo da padre". Anch'io signor Presidente parlo da padre; da padre convinto che suo figlio debba poter vivere in un'Italia e in un mondo non più vittima del molok proibizionista. Parlo da persona che non vuole che il figlio viva in una società dove quello che per qualcuno è peccato diventi reato. Voglio che mio figlio viva in una liberal-democrazia, che rispetti il principio "quando non c'è vittima non c'è reato". Signor Presidente, ascoltando quella conferenza, sembrava che la diffusione della droghe fosse dovuta ai referendari radicali e alle rock-star; e invece no, le droghe accompagnano l'uomo da quando l'uomo esiste e da sempre c'è qualcuno che si prefigge di sradicarne il consumo, basti pensare al proibizionismo "america anni '20." Una storia di fallimenti signor Presidente della Camera, che, ahimè, poco ha insegnato."La cultura di morte", frase abusata, con cui tanti si riempiono la bocca, a ben vedere, viaggia proprio attraverso i logori tentativi di abrogare il "vizio". Tornando a noi, a me e a Rita, dico, che questo processo "sa da fare." E se mi chiederanno, come mi auguro, dove ho trovato l'hashish ceduto ai tutori dell'ordine, risponderò: "al mercato clandestino della droga libera, ma illegale". E se avrò modo di parlare, cercherò di spiegare la follia di questa guerra, che silenziosamente, ogni giorno, reclama le sue vittime, sacrificate davanti all'altare della purificazione dei corpi e delle menti. Spero che questo processo possa servire a far scoppiare le contraddizioni di questa legge inutile, dannosa e pericolosa. Mi auguro che giustizia sia fatta, giustizia vera; si abbia il coraggio, dunque, di applicarla fino in fondo questa Iervolino-Vassalli, o che qualcuno abbia il coraggio di lottare con noi per la sua abrogazione.

29 ottobre 2003
 
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