SCORIE NUCLEARI: LETTERA APERTA AL PRESIDENTE BERLUSCONI E AL MINISTRO MATTEOLI
UNO SCIOPERO DELLA FAME PER LA LEGALITA’ E IL DIRITTO A CONOSCERE PER DELIBERARE.

di Maurizio Bolognetti
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Signor Presidente del Consiglio, signor Ministro dell’Ambiente,

il nostro senso di responsabilità, il nostro essere forza di governo, ci ha portato ad assumere, in merito alla decisione di fare di Scanzano Jonico il sito unico per lo stoccaggio delle scorie nucleari italiane, una posizione non assimilabile a quella di coloro che si limitano a dire “non nel mio giardino”.
Siamo lontani anni luce, per cultura e formazione politica, dagli atteggiamenti talebani di certo ambientalismo da sempre abituato a giocare con le paure della gente.
In queste ore, in cui molti animi si accendono, in cui la rabbia diventa disperazione e la disperazione rabbia, anche grazie agli atteggiamenti irresponsabili di alcuni politici, che, anziché essere classe di Governo, si trasformano in capipopolo e in Masaniello; in queste ore, in cui alcuni pessimi giornalisti non rendono onore alla loro funzione, vitale per la circolazione delle opinioni e delle idee, riducendo tutto ad un circo, dove si è trasformati in nani o in figurine da album panini; in questo Contesto, tutto, troppo italiano, abbiamo mantenuto la necessaria lucidità per cercare di essere propositivi, per trarre la dovuta forza con cui alimentare una lotta, che possa, da questa contingenza, far nascere una grande opportunità di dibattito, di confronto, magari di scontro, dunque di crescita collettiva.
In una politica, che rischia di diventare un dozzinale discount, dove acquistare vuoti slogan ed emozioni a buon mercato, stiamo cercando di onorarVi con una iniziativa che possa aiutarci e aiutarvi a scegliere per il meglio.

Da ormai tre giorni, emettendo praticamente silenzio, stiamo invitando i manifestanti che hanno dato vita ad una decina di blocchi stradali e ferroviari, a rimuoverli. Non è, infatti, accettabile che ci si batta contro una decisione sbagliata ricorrendo a forme di lotta incivili, che costituiscono una violenza per migliaia di persone, a cui viene negata la possibilità di usare strade e ferrovie. Non si può battere l’illegalità con altra illegalità, non si combatte una violenza ricorrendo alla violenza. Se il decreto governativo, lo ripetiamo, è sbagliato per tempi e modalità, ribadiamo con altrettanta forza e convinzione, che i blocchi stradali e ferroviari sono un reato da tempo legalizzato. Avremmo voluto, contrariamente ad altri che spostano migliaia di persone con l’uso di ingenti risorse finanziarie, che questa lotta non fosse condotta da una massa indistinta, ma da individui, pronti ad assumersi la responsabilità dei loro atti; avremmo voluto, non i blocchi e le occupazioni, ma un Satiagraha, una lotta nonviolenta, uno sciopero della fame, in cui il corpo diventa strumento di dialogo e non mezzo per esercitare violenza.
A rischio di essere impopolari, abbiamo rinunciato a facili scorciatoie, alla demagogia e al populismo che sempre imperversano in questi momenti; abbiamo detto no agli abiti stretti di uno scontro che qualcuno vuol far diventare etnico, che qualcuno vuol far diventare altro. Troppi cappelli stanno calando in queste ore sulle teste dei cittadini lucani e non solo lucani; in troppi stanno cercando di giocare con giusti e giustificati risentimenti, troppi gli apprendisti stregoni che si sono affrettati ad occupare un posto, più o meno grande, alla tavola della rivolta popolare. Troppi coloro che sbavano in attesa dello scoop, del gesto forte, che cinicamente si augurano una escalation: la bandiera bruciata, il grido secessionista, il bambino che piange, la madonna in processione. E’ davvero avvilente, quando le idee e le proposte vengono confinate in un angolo, per lasciare spazio ad una cronaca che stancamente si ripete giorno per giorno, ora per ora, stucchevolmente monotona e ansiosamente in attesa del fatto nuovo che non vive nella possibilità di dialogo e di confronto, ma appunto nel gesto eclatante, nella gara a chi la spara più grossa. Signor Presidente, signor Ministro, siamo fin troppo consapevoli del fatto che il problema scorie è problema serio, che va trattato con serietà e senso di responsabilità.
Siamo altrettanto consapevoli che, probabilmente, se non fossimo un Paese abituato a vivere di emergenze, un Paese in cui niente è più duraturo del provvisorio, il Paese delle incertezze ad iniziare dall’incertezza del diritto, il problema scorie si sarebbe dovuto affrontare e risolvere già da tempo. Ciononostante, signor Presidente, signor Ministro, siamo assolutamente e fermamente convinti che la scelta effettuata, per tempi, modalità e mancanza di chiarezza, è stata, per usare un eufemismo, assolutamente infelice. Vorrete convenire con noi che non è accettabile calare sulla testa di una intera comunità, dalla sera alla mattina, un problema tanto delicato come quello dello stoccaggio di 80mila metri cubi di scorie nucleari. Vorrete convenire, che il modo con cui si è giunti all’individuazione del sito lascia adito a qualche perplessità. Questa decisione, come di tutta evidenza, è stata una decisione unilaterale; non c’è stato il necessario coinvolgimento delle autonomie locali, ma soprattutto non c’è stato il coinvolgimento dei cittadini di questa Regione.
Il problema delle scorie è problema serio; non a caso fu una delle ragioni, insieme alla sicurezza degli impianti e alla mancanza di un piano energetico nazionale, che ci spinse a promuovere un referendum, con il quale bloccammo lo sviluppo del nucleare all’italiana.
Signor Presidente, signor Ministro, credo che voi, meglio di me, sappiate che la direttiva Euratom 89/618, concernente l’informazione della popolazione sui provvedimenti di protezione sanitaria applicabili e sul comportamento da adottare in caso di emergenza radioattiva, è stata recepita nel diritto italiano solo nel 1995, ma a tutt’oggi ad essa non ha fatto seguito il recepimento dei decreti attuativi.
Signor Presidente, signor Ministro dell’Ambiente, la decisione di rivedere il decreto, pur essendo apprezzabile, visto il Contesto in cui tutta questa vicenda è maturata, non è sufficiente.
Ahimè, paradossalmente, questa decisione non elimina il clima di incertezza, che sta minando e rischia di distruggere l’intera economia dell’area.
E’ di tutta evidenza, che siamo di fronte a una questione di non rispetto delle regole che va sanata. Ma soprattutto, è di tutta evidenza che a monte di tutto questo c’è un problema fatto di conoscenza negata, di cui certo non solo voi siete responsabili.
Il Conoscere per deliberare è uno dei pilastri su cui si regge una democrazia che voglia essere tale. Signor Presidente, signor Ministro, il tema della conoscenza negata non è marginale in tutta questa vicenda, anzi è il problema, è la questione.
Abbiamo di fronte a noi una grande opportunità, una imperdibile occasione, quella di regalarci e di regalare all’intero Paese un grande dibattito sul presente, sul passato e sul futuro energetico dell’Italia. L’occasione di discutere con chiarezza, coinvolgendo gli italiani e non riducendo il tutto ad un dibattito per gli addetti ai lavori, di monnezza e riciclaggio, di inceneritori e nucleare, di discariche e ambiente. Il dibattito negato, può partire da Scanzano, con una informazione che, voglio augurarmi, non indossi gli abiti del farmacista, ma dia spazio alle idee e non ai numeri, o a chi ritiene di aver appaltato certe materie.
Ecco, Signor Presidente, signor Ministro, su tutto questo ho iniziato dalla mezzanotte del 22 Novembre uno sciopero della fame, che non è una forma di ricatto, ma che si nutre dell’amore per il dialogo; uno sciopero della fame per la legalità e la conoscenza, affinché tutta questa vicenda non si trasformi in un altro capitolo dell’ampio e inquietante “Caso Italia”.
Spero vorrete accogliere questa mano tesa, così come spero che il Presidente della Regione Basilicata vorrà unirsi a me, e con lui un illustre membro della vostra maggioranza, l’onorevole Gianfranco Blasi, e a noi tanti altri cittadini Lucani e del resto d’Italia. Uniti anche nel dire basta all’inciviltà dei blocchi stradali, che stanno ottenendo l’effetto di alimentare l’interesse voyeristico di alcuni giornalisti guardoni. Un esercito nonviolento, che chieda di soddisfare la sete di verità e di conoscenza, che può e deve nutrire un Paese che voglia crescere ed essere responsabile. Signor Presidente del Consiglio, signor ministro dell’Ambiente, si ritiri il decreto e si avvii una seria discussione.

Un saluto da un “digiunatore per amore di verità e vostro”.

24 novembre 2003
 
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