IN PRIGIONE, IN PRIGIONE E CHE VI SERVA DA LEZIONE

di Maurizio Bolognetti
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Penso al fiume di parole, spesso, quasi sempre soliloqui, che abbiamo speso in tutti questi anni per costruire un argine di ragionevolezza contro il fronte proibizionista. Penso al voto referendario del ’93, che portò all’abrogazione dell’antiscientifico e antigiuridico criterio della Dose media Giornaliera. Penso a tutti coloro che rischiano di finire in galera, perché qualcuno ha deciso che il loro vizio deve essere considerato un reato. Penso che ci sono momenti in cui le parole non bastano ad esprimere lo sdegno, lo sconcerto, la rabbia che si può provare di fronte a decisioni che mettono a repentaglio la vita di milioni di persone. “In Prigione, In Prigione, e che vi serva da lezione”, cantava Edoardo Bennato negli anni ’70, e proprio le porte delle patrie galere si spalancheranno per migliaia di consumatori di droghe leggere e pesanti, grazie alla guerra santa voluta dall’onorevole Fini e assecondata dall’intero Consiglio dei Ministri. Avevo sperato fino all’ultimo che le dichiarazioni da war on drugs fossero estemporanei passatempi estivo-autunnali, avevo sperato che alla fine prevalesse un minimo di ragionevolezza e di consapevolezza. Niente di tutto questo. Chiunque conosca le dinamiche del consumo e il mercato delle droghe, sa, che proporre una soglia pari a 0,150 milligrammi per le droghe leggere, equivale, con certezza assoluta, a porre nella categoria degli spacciatori milioni di consumatori di droghe leggere e cioè di non-droghe. Chiunque abbia a cuore lo stato di diritto non può accettare una legge, che sulla base del quantitativo di droghe posseduto, distingua il consumatore dallo spacciatore. Nei processi dell’inquisizione era l’imputato a dover dimostrare la sua innocenza, oggi si parlerebbe di inversione dell’onere della prova. Con questa legge si va ben oltre il rito inquisitorio, perché chiunque sarà trovato con un quantitativo di sostanza stupefacente superiore a quanto stabilito dalla legge, sarà considerato uno spacciatore, senza possibilità di difesa, senza appelli. Tutto questo è semplicemente aberrante. Immaginiamo di volerci sbarazzare di un nemico o di un oppositore politico, sarà sufficiente far trovare nella sua macchina, nella sua casa, nelle sue tasche un grammo di marijuana. Non ci sto, non posso accettare di vivere in un Paese dove la dose media di follia, raggiunga il livello toccato da questa legge. Non ci sto, non posso accettare che il voto di milioni di persone diventi carta da cesso per soddisfare i pruriti moralisti di chi ritiene che lo Stato debba fare da papà ai suoi cittadini. Il proibizionismo è fallito, ma l’on. Fini sembra proprio non essersene accorto e cerca di rianimarlo con una dose ancora maggiore di repressione, che produrrà solo più crimine, più morti, un ancor maggiore sperpero di risorse umane e finanziarie. Mi sia consentito: siamo di fronte a una massiccia dose di stronzate, avallate anche dall’inesistente politica antiproibizionista del centro sinistra.

13 novembre 2003
 
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