GHANDHI, ORWELL, LA NONVIOLENZA E IL PACIFISMO |
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di Maurizio
Bolognetti
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Cè un evidente filo rosso che lega il movimento detto Social Forum ad altri movimenti e correnti di pensiero di chiara matrice comunista, che hanno appestato con la loro ideologia il secolo appena trascorso. Basta osservare larmamentario di simboli che i manifestanti no-global utilizzano nelle loro manifestazioni: bandiere rosse, cubane, Che Guevara, miti e simboli che ben rappresentano un ideologia che ha prodotto e produce morte, distruzione e povertà. Basta pensare agli stucchevoli slogan anti imperialisti, da rivoluzione culturale maoista, ai riti tribali durante i quali si bruciano le bandiere americane o israeliane, come in Iran, come nella piazza rossa di Pechino. Siamo di fronte a un movimento che continua a confondere il pacifismo con la nonviolenza ghandiana. Ghandi scriveva: "La nonviolenza è una forza estremamente
attiva. Non lascia spazio alla codardia o alla debolezza. Si può
sperare che un uomo violento diventi un giorno nonviolento, ma non c'è
nessuna speranza con un codardo. I nostri amici non sanno che il profeta della nonviolenza in ben due occasioni scelse di schierarsi e non di scendere in piazza per urlare no alla guerra. Sia nella prima che nella seconda guerra mondiale, infatti, Ghandi si schierò dalla parte delle democrazie e non assunse un atteggiamento pilatesco. Ghandi non avrebbe mai posto Hitler e Roosvelt sullo stesso piano, come fanno i pacifisti no-global quando equiparano Saddam a Bush e i democratici Stati Uniti dAmerica alla peggiore dittatura comunista o islamica. Nelletica ghandiana, la norma che proibisce il ricorso alla violenza è un inter pares; nelletica ghandiana non sempre il ricorso alla violenza è proibito. Il pacifismo dei no-global e della sinistra comunista è un pacifismo ideologico; i nostri amici sono i degni eredi di quei comunisti e di quei movimenti che erano sempre pronti a scendere in piazza contro il demone americano e occidentale, ma che si distraevano prontamente quando i carri armati russi invadevano lUngheria e la Cecoslovacchia. Non ricordo, nella mia pur breve vita, di aver mai visto una manifestazione contro le dittature islamiche e komeiniste, non ho mai visto una mobilitazione a favore dei dissidenti cubani, cinesi, vietnamiti, laotiani, perché?! Eppure, qualcuno parla di presunte dittature comuniste, lo vada a dire al miliardo e passa di cinesi e ai dissidenti, che in quel paese vengono curati dagli psichiatri, come si faceva nella culla del comunismo e cioè lUnione sovietica. Che lo raccontino ai milioni di Cambogiani, morti nei campi di sterminio di Pol Pot, nellagghiacciante silenzio dei partiti comunisti di allora ad iniziare dal PCI. Che lo raccontino agli omosessuali cubani, curati con ormoni maschili e dallo psichiatra. Che lo raccontino ai curdi, gassificati dallottimo Saddam. Che lo raccontino alle milioni di uomini e donne senza democrazia e senza diritti. Eppure, tutto questo non è mai valso una mobilitazione, un sit-in, un forum, proprio no, come mai?! Si parla di Israele e si tace del OLP, che sta ai palestinesi come Saddam sta agli irakeni; si parla di Israele e si tace del terrorismo che da mesi sta flagellando le città ebraiche; si parla di Israele e si tace sullobiettivo vero, ultimo dei terroristi, che è la distruzione dellunico paese democratico del medio oriente. Si parla di Israele e si continua a mettere sullo stesso piano terroristi e truppe regolari israeliane, che giustamente cercano di difendere il loro paese. George Orwell in un saggio del 1940 dal titolo No, Not, One scrisse: Nella misura in cui il pacifismo britannico ostacola la guerra contro Hitler è dalla parte dei nazisti e il pacifismo tedesco quando esiste è dalla parte dellURSS e della Gran Bretagna. Giacchè i pacifisti hanno una maggiore libertà di azione nei paesi in cui sono sopravvissute tracce di democrazia, il pacifismo può essere usato contro la democrazia piuttosto che a sua difesa. I pacifisti sono oggettivamente filonazisti. Subito dopo l11 settembre, ci è toccato ascoltare le argomentazioni di chi sosteneva che, tutto sommato, gli USA se lerano cercata. Abbiamo visto gruppi di pacifisti sfilare travestiti da Kamikaze, li abbiamo visti bruciare bandiere americane; noi, intanto, quella bandiera labbiamo innalzata e le nostre manifestazioni le abbiamo fatte presso i cimiteri di guerra, dove sono sepolti migliaia di giovani americani che hanno dato la vita per la libertà. Ricordiamolo, negli anni 30 i pacifisti francesi invitarono le truppe del loro paese alla diserzione, i pacifisti americani premevano per evitare il coinvolgimento degli Usa nel secondo conflitto mondiale. Oggi, i vauro e gli strada definiscono una vergogna lintervento della comunità internazionale in Kosovo e una follia lintervento in Afghanistan. Amici miei, non basta dire no alla guerra e mobilitarsi unilateralmente solo nel momento in cui la forza delle armi sta per prevalere: se si vuole la pace bisogna costruirla con un lavoro quotidiano, altrimenti si fa solo della demagogia. I radicali si occupano e si sono sempre occupati di rispetto dei diritti umani. I radicali stanno lavorando a un progetto finalizzato alla nascita di un organizzazione mondiale delle democrazie, per la globalizzazione della democrazia. I radicali sono quelli del tribunale penale internazionale per i crimini contro lumanità; sono quelli del tribunale ad hoc sulla ex Jugoslavia. Mentre Cossuttiani e comunisti si recavano al capezzale di Milosevic e di Saddam, noi lavoravamo per laffermazione di un nuovo diritto internazionale. Francamente non mi voglio rassegnare di fronte a questa marea montante, che rischia di fagocitare nel ventre di un ideologia, che speravo morta o in via di decomposizione, milioni di ragazzi. Mi batterò per divulgare la nonviolenza contro il pacifismo ideologico dei pacifisti a babbo morto. Mi batterò per la globalazzazione delleconomia e della democrazia, nella convinzione se non nella certezza, che sono le chiavi per affrancare lumanità dalla miseria e per laffermazione e il rispetto dei diritti delluomo. Mi batterò contro lo stucchevole antiamericanismo, che paragona
gli Stati Uniti alla peggiore delle dittature. |
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13 novembre 2002 | ||
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