La Pasqua - Tradizioni usi e costumi di Romagna 

ne parla Vittorio Tonelli

 

Dopo la cena, preceduta dal saluto de' minestar Monti, Gabriele Zelli ha introdotto il relatore ricordando "il Mercato della grassa" che si effettuava in occasione della Pasqua, ha poi ricordato alcuni aspetti della tradizione legati alla Domenica delle Palme e come queste venivano conservate, utilizzate, bruciate dai fedeli nelle loro case di città e nelle campagne, nelle case coloniche, in più di una occasione. Zelli ha ricordato pure la Festa della Santa Croce ed a quelle consuetudini ad essa legate. E come dimenticare i mortaretti, gli scoppi che accompagnavano il suo delle campane, slegate alle 11,00 della mattina di Pasqua, tra la gioia di grandi e piccini mentre i più anziani, memori della tradizioni si lavavano gli occhi.

Ha preso quindi la parola Vittorio Tonelli che ha illustrato in maniera molto coinvolgente come nella tradizione, che purtroppo nei grossi centri urbani viene sempre più trascurata, scorresse la settimana prima della Pasqua, a cominciare dalla Domenica delle Palme; la palma che veniva custodita nelle case dietro al crocefisso, nelle case coloniche a protezione dalla saetta e dei campi. Ha ricordato come la croce venisse diffusa nei terreni coltivati in montagna perché li guardasse  li proteggesse; all'alba i contadini piantavano nei campi le croci benedette la sera prima. Fede e superstizione che facevan  sì che i contadini, al prospettarsi di una tempesta gettavano nell'aia un ferro, una catena, un sortilegio antico contro il diavolo; veniva bruciata la palma  vecchia nel focolare o nello scaldino accompagnandola con la preghiera per scongiurare il temporale. Tonelli ha ricordato il detto "la palma benedetta la vo la casa netta" ecco allora le grandi pulizie che si realizzavano nella settimana prima di Pasqua; i tanti preti che si dividevano tra loro le zone, le vie del paese per la benedizione delle case. Il prete benediceva la casa e le uova che venivano utilizzate per l'alimentazione ma erano anche donate agli amici e parenti in segno di augurio; da qui la tradizione dell'uovo pasquale di cioccolato. E' stato quindi ricordato il Giovedì Santo, la lavanda dei piedi, l'Eucarestia, si sceglievano 12 figuranti per rappresentare i 12 Apostoli tra gli ultimi, i diseredati del paese, poi in cattedrale vi era la consacrazione degli oli santi. il Giovedì santo la chiesa entrava in lutto, si legavano le campane ed i contadini legavano pure gli alberi da frutto, si entrava nel silenzio, le campane venivano sostituite dalla scarabattola, la "scarabatla" che preannunciava le funzioni e segnalava il mezzogiorno, ma era anche il saluto a Maria, suonato dal sacrestano.

Il Venerdì Santo, giorno di lutto, scandito dalla Via Crucis, dai quadri viventi, le preghiere, drammatizzazioni recuperate dal passato, nelle chiese. Orazioni spesso tramandate solo in via orale di bocca in bocca, da generazione a generazione che solo attraverso una minuziosa ricerca, registrando dalla voce degli anziani sono state salvate dall' inevitabile oblio. Così ha fatto Tonelli  con il suo magnetofono tra Sarsina e Mercato Saraceno, registrando la voce della Minghina, l' antica struggente orazione rivolta alla Madonna addolorata.

Quindi il Sabato Santo, il saluto nella filastroca dei bambini che lo attendevano con ansia perché è un giorno di gioia. La  SS Messa alle 11,00, le campane che venivano slegate al Gloria, le mamme bagnavano gli occhi ai figli, in quell'ora sublime l'acqua si considerava colma di Grazia, la si usava per bonificare tutto, anche il pollaio; chi soffriva di malattie si rotolava nell'erba per bonificare il corpo, nelle campagne i bambini piccoli venivano aiutati nel cominciare a muover i primi passi nel solco delle ruote di un carro, che rappresentava la retta via, la morale. Si travasava il vino.

Ed ecco la Pasqua, la colazione con le uova benedette, a digiuno e subito dopo una fetta di pagnotta pasquale, guai a non mangiarla. I poveri bussavano alle porte delle case  per ricevere un uovo benedetto, nessuno si rifiutava  di donarne uno poiché chi lo riceveva, per ringraziare, ripeteva "Dio te ne renda merito", sette di questi ringraziamenti valevano quanto una messa. 

Avviandosi alla conclusione, Tonelli ha ricordato però che quando la Pasqua arrivava troppo presto e la temperatura era ancora rigida, c'era il problema delle lievitazione della pagnotta, ecco allora che la si metteva "a letto" scaldandola con il "prete". Al pranzo di Pasqua si mangiavano i passatelli, si mangiava, dove si poteva, l'agnello (caro agli ebrei); Pasqua quindi con l'agnello e la pagnotta, fatta con le uova benedette che davano valore a tutto, e al Lunedì.....la scampagnata! 

                    

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