"TULLO MORGAGNI

il forlivese che

inventò

        il GIRO d'ITALIA"

ne parla Pierluigi Moressa 

Moressa ha esordito ricordando un'altra figura epica legata al volo, Jorge Antonio Chávez Dartnell, meglio conosciuto come Geo Chávez (nacque a Parigi il 13 giugno 1887 da genitori peruviani) aviatore  che per primo riuscì a trasvolare le Alpi. Compì l'impresa il 23 settembre 1910 a bordo di un monoplano Blériot XI, spinto da un motore rotativo a pistoni di soli 50 CV: decollò da Briga alle 13:29, sorvolò il valico del Sempione, unico dei 5 partecipanti alla trasvolata, le gole di Gondo per scendere a Domodossola.  

L'impresa terminò tragicamente 45 minuti dopo il decollo perché in fase di atterraggio, a un'altezza di circa venti metri dal suolo, l'aereo precipitò di punta per l'improvviso cedimento della struttura alare. Scrisse Luigi Barzini nel resoconto dell'incidente che «ad appena una ventina di metri da terra le ali cedono e si ripiegano sopra la carlinga "come ali di una libellula"». Gravemente ferito, anche se apparentemente non in pericolo di morte, quattro giorni più tardi Chávez morì all'Ospedale San Biagio di Domodossola in maniera non del tutto chiara. Le sue ultime parole furono: "Arriba, siempre arriba" (in italiano "In alto. Sempre più in alto") secondo la testimonianza del suo amico e connazionale, l'aviatore Juan Bielovucic Cavalié. Il sorvolo delle Alpi, che allora appariva temerario, provocò stupore ed entusiasmo e la fine del coraggioso pilota suscitò un'ondata di commozione. Due mesi dopo la tragedia, nella sua casa di Bologna, Giovanni Pascoli gli dedicò un'ode come ad un nuovo eroe dell'aria.  

 

.....se ancora appaia, cresca agli occhi, e passi

forte rombando, un essere terreno...

colui che ascende ma strisciando ai sassi,

 colui che sogna e non è mai sereno,

colui che pensa, ma non vola, bruto

dannato al suolo dove rode il freno;

 che in cielo, un dì, mirabilmente muto

passar fu visto, come Dio, seduto!

 un uomo! l’uomo alato! che discese

e che sparì. Dietro le roccie nere,

ei discendea con le grandi ali tese

 simile al sole delle fiammee sere,

simile al sole che si trascolora,

quanto al salire, tanto nel cadere.....

 

 

                                                                         "Chávez" da "Odi e Inni " 

                                                                          Bologna novembre 1910

 

l'immagine che appariva agli occhi dei nostri nonni era quella di un dio alato, la citazione non è casuale, perchè un nostro concittadino, nato a Pievequinta, Luigi Ridolfi diventerà pilota proprio perchè impressionato dalla sfortunata impresa di Geo Chávez. Moressa a quindi ripercorso la vita di Ridolfi (1894-1919), a diciott'anni anni, dopo aver frequentato la Scuola di Arti e Mestieri, si arruola volontario nel Genio Militare; due anni dopo, nel 1914, appena inaugurata l' Aereonautica Militare Italiana, chiede di potervi accedere e farà parte dei primi corsi per pilota aviatore. Allo scoppio della Grande Guerra, ovviamente, Ridolfi è tra i primi piloti a parteciparvi con 2.000 combattimenti, altri dicono addirittura 6.000. E' l'epoca di Francesco Baracca e della sua epopea. Per vendicare  i bombardamenti eseguiti dagli Austriaci sulle città italiane, Ridolfi chiede di poter eseguire un'impresa che ha dell'incredibile. Seguendo la valle dell'Adige riesce a superare le Alpi e giungere nel cielo della città di Insbruch, non protetta dalla contraerea. Sulla città illuminata Ridolfi scaricherà il suo carico di morte. L'ardimentoso aviatore non ripercorrerà la stessa rotta per il ritorno, e sorvolerà le Alpi al buio per ritornare al campo base. Diverrà famoso per le sue gesta: ritornare a terra trasportando l'osservatore morto ancora in torretta, oppure ritornare al campo con l'aereo in fiamme. Per tutto questo ricevette Croci e Medaglie ed un premio particolare per avere compiuto l'azione militare su territorio nemico alla distanza maggiore dai confini della Patria. Sarà il primo pilota ad eseguire il looping (il giro della morte), quindi diventerà collaudatore pilota meccanico nell'aerodromo di Taliedo (Verona). A lui fu intitolato nel 1936 l'aeroporto forlivese e nel Cimitero monumentale si può visitare il magnifico sepolcro del pilota, reso ancora più pregiato dai bellissimi bronzi di Bernardino Boifava che raffigurano il pilota  e ne ricordano la tragica fine, come un giovane auriga disarcionato da Pegaso, il cavallo alato degli dei nato dal sangue di Medusa, con l'incarico da Giove di condurre il carro del tuono. Un epigrafe latina che dice: ... TE PER DEDALEUM ITER NUMINIS AEMULUM TERRA RAPUIT CAELO..."emulo di un dio sul percorso di Dedalo- mitico trasvolatore con Icaro del mare Egeo -  la Terra ti ha strappato al Cielo"  perchè tu a quel Cielo appartenevi, l'aviatore appartiene al Cielo. Moressa poi ha ricordato un altro luogo di Forlì, il Polisportivo, inizialmente intitolato solo a Tullo Morgagni, quindi suddiviso in tre parti con il Velodromo "Glauco Servadei" ed il Campo di Atletica "Carlo Gotti" per onorare le nostre glorie sportive.  E' passato quindi a ricordare Tullo e Manlio Morgagni, fratelli, il primo nato del 1881, l'altro nel 1879, figli di Andrea, un assicuratore, e Giuditta Monti, maestra elementare. I nomi in  Romagna avevano una tradizione, erano spesso legati alla tradizione classica, roboanti, Tullo Ostilio e Manlio Capitolino, il nome era un presagio, presagio di gloria. La  famiglia si trasferisce a Roma dove Andrea cerca lavoro. Di Manlio Morgagni nessuno parla volentieri; nel reparto Maternità del nuovo Ospedale Morgagni-Pierantoni è stato trasferito un bassorilievo che lo scultore Casalini realizzò nel 1939 e che raffigura Giuditta Monti che regge fr le braccia il piccolo Manlio. Manlio nel 1914 è folgorato dalla figura carismatica di Mussolini che segue  nelle fila del Partito Socialista, sansepolcrista aderisce molto presto quindi al Fascismo, segue Mussolini  al Secolo d'Italia quale Direttore  amministrativo; lascierà l'incarico  nel 1919 ad Arnaldo Mussolini, restando l'Economo del giornale. Con Arnaldo, giornalista di valore, darà vita alla rivista illustrata Il Popolo d'Italia quindi alla rivista Natura. Arnaldo era pure un agronomo ed aveva molto interesse a promuovere gli studi naturalistici.  nel1927 Manlio Morgagni è vice Podestà a  Milano e sua è  l'idea di fare vestire la camicia nera ai bambini delle scuole elementari. Due sono le passioni di Manlio, la fede mussoliniana e l'informazione;  nel 1924 rileva l'Agenzia di Stampa Stefani.  La storia e l’evoluzione del giornalismo in Italia sono legate a doppio filo alla Stefani, la prima agenzia di stampa nazionale nata a Torino nel 1853. Creata nel pieno dell’entusiasmo risorgimentale per opera di Guglielmo Stefani, fervente patriota veneto esule in Piemonte, l’agenzia venne utilizzata prima dai governi liberali, specialmente per impulso di Crispi, come strumento politico dei vari esecutivi . Sua sede fu dapprima Torino, quindi Firenze quando la città divenne capitale del Regno d'Italia, infine Roma. Diverrà poi  l'organo ufficiale del regime fascista per i suoi marcati fini propagandistici. Manlio Morgagni è la voce del Duce. Fedele seguace di Mussolini, non è critico, è nominato pure senatore, sarà l'unica vittima del 25 luglio 1943, alla caduta del regime, lui decide, si uccide sparandosi un colpo in testa. Sono crollati i suoi ideali, egli non vede più alcuna via di uscita, nessun futuro; lascerà un biglietto in cui fa trasparire il dolore, il lutto e l'idealizzazione per l figura del Capo "...Mio Duce! L'esasperante dolore di italiano e di fascista mi ha vinto! Non è atto di viltà quello che compio: non ho più energia, non ho più vita. Da più di trenta anni tu, Duce, hai avuto tutta la mia fedeltà. La mia vita era tua. Ti ho servito, un tempo, come amico, ho proseguito a farlo, con passione di gregario sempre con devozione assoluta. Ti domando perdono se sparisco. Muoio col tuo nome sulle labbra e un'invocazione per la salvezza dell'Italia".  E' doveroso ricordare come però, pur in questi drammatici momenti, Manlio non si dimentichi di chi lavorava per l'Agenzia. Egli, nelle sue ultime volontà, destina  la sua notevole eredità e la sua sontuosa villa sulla Nomentana ai dipendenti; la villa dovrà essere smembrata in appartamenti da destinare alle maestranze dell'Agenzia. Nel Cimitero monumentale di Milano è la sua tomba,un artistico monumento funebre, realizzato da Enzo Bifoli, monumento su cui spicca l'epigrafe dettata dallo stesso Mussolini "...QUI NEL SONNO SENZA RISVEGLIO RIPOSA MANLIO MORGAGNI
GIORNALISTA PRESIDENTE DELLA STEFANI PER LUNGHI ANNI UOMO DI SICURA INTEGRA FEDE NE DIEDE MORENDO TESTIMONIANZA NEL TORBIDO 25 LUGLIO 1943
...". Tullo Morgani, che riposa con il fratello e la madre nella bellissima tomba di famiglia, non è stato "cassato" come il fratello perchè è morto prima, nel 1919. Egli non si impegna nel Popolo d'Italia, ma nel L'Italia del Popolo, il foglio repubblicano sul quale scrive dopo aver interrotto gli studi liceali. I
l giovane giornalista si fa notare subito, assolutamente eterodosso pure nel linguaggio, usando uno stile un pò roboante che senza avere nulla di futurista è comunque d'effetto. E' una persona molto appassionata, si ritiene più seguace di una idea piuttosto che del magro stipendio. Nel 1905, quando  il foglio repubblicano chiude, comincia  a pensare a cosa fare; è un appassionato di aerostati, di volo, nel 1904  decide di fare un volo a bordo di un aerostato Il Centauro,durante il volo consce Eugenio Camillo Costamagna,  insieme ad un certo Rivera, di Alessandria, è il fondatore della Gazzetta dello Sport, giornale che ha iniziato  ad uscire negli anni '90 dell'Ottocento come appendice del Corriere della Sera raccogliendo l'eredità della Tripletta e del Ciclista, usciva solo al lunedì ed al venerdì. E' il primo giornale sportivo italiano che diventerà quotidiano. Esce prima su carta verde, quindi su carta bianca, nel 1899 decide  di assumere la colorazione rosa ad imitazione di un giornale francese che stampa su carta gialla. Costamagna, conoscendo il carattere di Tullo, lo  invita alla Gazzetta dello Sport , ed in breve Morgagni ne diventa il Direttore Capo. Sino ad allora lo spazio riservato allo sport ed i caratteri usati erano molto ridotti, Morgagni realizza titoli a tre colonne, a tutta pagina, stile eterodosso, pimpante, usa uno stile che deve impressionare. Lo  sport cominciava ad essere un vezzo delle classi borghesi, non c'era più da combattere per il pane; come scrive lo storico olandese Johan Huizinga :"... lo sport consente il massimo della soddisfazione simbolica- anzi - si può dire che un popolo sia molto civile quando l'appagamento simbolico in una competizione sostituisce il sangue". Se io ho un nemico, non ho bisogno di ucciderlo, lo sconfiggo in una gara ciclistica. Vinco una coppa che ha un valore monetario molto modesto ma  mi promuove simbolicamente campione. siamo nel 1907 e Morgagni comprende che l'Italia è pronta per grandi competizioni; la  sua prima idea è quella di farsi carico dell'organizzazione del Giro ciclistico della Lombardia, il "Mondiale d'autunno", come veniva chiamata la corsa, sarà vinta da Gustave Garrigou. Nello stesso anno nasce la Milano-Sanremo, che sostituisce la Milano-Acqui, corsa automobilistica che non ha avuto successo, vincerà un altro francese Lucienne Petit-Breton. Nel 1908 Morgagni  organizza una grande manifestazione che sottrae alla Francia che ha già il Tour, una corsa ciclistica nazionale, ed il 1909 è l'anno di nascita del Giro d'Italia. E' ancora un Giro d'Italia ridotto, partenza ed arrivo a Milano, i traguardi di tappa sono : Bologna, Chieti, Napoli, Roma, Firenze, Genova e Torino. La corsa si svolge dal 13 al 30 maggio e sarà vinta da Luigi Ganna, Morgagni comunque è interessato pure ad altri sport, ai campionati di lotta, ed ad una Mille chilometri motociclistica che sarà l'antesignana del Circuito del Po.  Ma Morgagni ha un'altra grande passione, non si accontenta solo delle biciclette, nel 1912 chiede di arruolarsi nell'Aviazione militare e di partecipare ad un corso di bombardamento. La cosa non avrà corso, ma, allo scoppio della guerra trasformerà Lo Sport Illustrato in Lo Sport Illustrato e la Guerra quindi nel Secolo Illustrato, la rivista sarà l'organo ufficiale delle trincee e dei campi di battaglia.  Vi sarà pure un'altra rivista, Il, Cielo, dedicata totalmente alle imprese aviatorie. I piloti, eredi della cavalleria ormai passata in secondo ordine, sono visti come dei grandi cavalieri antichi che si sfidavano a vicenda ; in realtà c'era uno stile meno tecnico nelle incursioni aeere, e più un confronto diretto, ricordiamo il Barone Rosso e Francesco Baracca. Un duello equestre che dal terreno si portava nel cielo. Morgagni istituisce un Premio per il miglior bombardiere, e questo premio andrà al concittadino Luigi Ridolfi, 6.000 azioni, Medaglie d'oro e d'argento e Croce di Guerra. D'Annunzio non trascura il lavoro di Morgagni, comprende che il giornalismo ha un importante ruolo nella comunicazione,  nell'esaltazione del popolo ed al suo nutrimento spirituale. D'Annunzio, dopo la Beffa di Buccari del 1918, il Volo su Vienna dello stesso anno, parteciperà alla occupazione di Fiume e scriverà a Morgagni un biglietto  in cui dà valore alle sue parole ed alle sue immagini che incitano e premiano i combattimenti Semper Ardentius . Intanto Ridolfi, terminata la guerra, trova lavoro a Taliedo, già pensando ad una idea aero-portuale per Forlì, non un vero e proprio aeroporto ma una piazza d'armi, là dove ora si trova il campo sportivo, dove già esisteva il "Campo di Marte". Ridolfi pensava di farvi decollare ed atterrare aerei per voli da diporto alla "modica" cifra di 300 lire. Non se ne farà nulla, lui rimane a Taliedo e comincia, utilizzando vecchi aerei da bombardamento, a fare voli turistici. Su un vecchio Caproni Ca 48 Ridolfi progetta un volo Milano-Venezia e ritorno, siamo al 2 agosto 1919, l'aereo è attrezzato per 23 persone, se ne imbarcheranno solo 15, una si aggiungerà a Venezia nel viaggio di ritorno; due sono i piloti, due i meccanici. Solo all'ultimo minuto il Conte Paolo Orsi Mangelli non si imbarca perchè chiamato altrove da un telegramma. L'aereo decolla, il viaggio di andata è regolare; dopo il pranzo il gruppo decolla per  il ritorno. Alle cinque del pomeriggio l'aereo è sul cielo di Verona, un passeggero si sporge da un'apertura per fare una foto all'Adige, pare che la macchina fotografica gli sia sfuggita di mano ed abbia colpito l'elica del motore centrale dell'aereo. L'aereo precipita in prossimità di Porta Pallio, per i passeggeri ed equipaggio non vi è nessuno scampo.  Ridolfi viene individuato per una bussola che porta legata ad una gamba, Morgagni  è riconosciuto dal taccuino che ancora teneva aperto in mano. E' una tragedia, umana e per la nascente aereonautica civile che stava facendo i suoi primi passi, tutte queste esperienze vengono bloccate dopo tale catastrofe.  La Gazzetta dello Sport  nella successiva  edizione del Giro d'Italia del 1920 promuoverà il Trofeo Tullo Morgagni da assegnare alla fabbrica di velocipedi che avesse ottenuto la migliore classifica con tre ciclisti al termine della competizione. Nel 2002 l'avvocato Raffaelli decide di  far porre una lapide a memoria di Tullo Morgagni all'ingresso del Polisportivo cittadino. In quell'occasione si fece un poco la storia della struttura, auspicata fortemente dalla Società sportiva "Forti e Liberi" approvata  da Mussolini che ne posò la prima pietra nel 1924. La struttura verrà inaugurata il 17 maggio dell'anno successivo dal principe ereditario Umberto di Savoia che assiste a manifestazioni ginniche. La pista è ancora in terra battuta. Il 3 giugno del 1925 qui si concluderà la tappa del Giro d'Italia Arezzo-Forlì vinta da Girardengo. La società Forlì-Calcio si sposta quindi da Campustrino al nuovo impianto immediatamente intitolato a Morgagni. Qui si concluderà nel 1928 la tappa Trento-Forlì vinta da Alfredo Binda, nel 1930 Learco Guerra vince la tappa Ancona-Forlì , la stessa tappa è vinta nel 1937 dal livornese Aldo Bini e nel 1939 sarà un forlivese, Glauco Servadei, a tagliare per primo il traguardo Senigalia-Forlì davanti a Gino Bartali. Sulla pista rinnovata allo scopo, nel 1982-83, si allenerà Francesco Moser nella preparazione del Record dell'ora che batterà in altura, a Città del Messico, nel 1984.  Moressa ha concluso la brillante conferenza leggendo le parole con le quali è ricordato Tullo Morgagni  sulla lapide apposta all'ingresso del Polisportivo.  

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