Ricordando il 90° Anniversario de' La Piê

La serata è stata aperta come sempre da e' Minestar Marino Monti che ha ricordato come La Piê si possa considerare un vero campus della cultura romagnola, avendo attraversato quasi tutto il '900, conosciuto una trasformazione epocale, essendo stata attraversata da intellettuali e studiosi tra i più illustri ed apprezzati della nostra Romagna, da Antonio Beltramelli a Balilla Pratella, Cesare Martuzzi, Carlo Grigioni, Alessi, Marino Moretti, Antonio Mambelli, Romeo Pazzini e tanti altri. Assai significativa è l'opera di grandi artisti che hanno creato le tipiche xilografie di copertina, tali da formare una vera e propria galleria d'arte, da Giuseppe Ugonia a Francesco Malmerendi, Antonello Moroni quindi Francesco Olivucci, Ettore Nadiani sino  ad Angelo Ranzi e Arrigo Casamurata, tuttora soci del sodalizio. Questo patrimonio di conoscenza a potuto trovare un veicolo ne' La Piê per raggiungere un vastissimo numero di lettori . 

E' passato quindi a presentare gli ospiti: 

il direttore della rivista, Antonio Castronuovo,  il direttore responsabile Peppino Pelliconi ed il vice-direttore Dino Pieri. 

Conclusa la cena conviviale, dopo un simpatico intermezzo che ha visto protagonista Aurelio Angelucci, il popolare Tugnaz, direttore della prestigiosa Compagnia dialettale CINECIRCOLO DEL GALLO, che ha recitato alcune poesie dialettali tra le quali la famosa poesia di Spallicci "E' Rumagnol" , sono iniziati gli interventi ed ha preso la parola il professor Dino Pieri che per parla della rivista, ha ricordato la sua antecedente, Il Plaustro, la prima rivista importante che aveva a sua volto seguito E' Pestapevar , rivista, in verità, gogliardica. 

Quindi Il Plaustro, di Aldo Spallicci, che avrà vita breve, dal 1911 al 1914, e che portava come sottotitolo "rivista di illustrazione romagnola", lo stesso che avrà La Piê. Il fine della rivista era quello di fare conoscere la Romagna ai romagnoli. Spallicci intendeva fare conoscere della sua terra il paesaggio, gli uomini illustri, dai grandi uomini pubblici al mugnaio inventore, all'esperto artigiano. Molto interesse attiravano pure i castelli e la loro storia, non vi era numero della rivista in cui non si parlasse di una rocca o di un castello. Venivano pure trattati gli avvenimenti artistico-letterari, vi era la pagina di letteratura, e di arte. Veniva pure dato spazio anche al folclore, alle cante, alle tradizioni, le leggende del popolo. A scrivere di folclore era spesso lo stesso Spallicci. Questo era Il Plaustro che nel 1914 fu costretto a chiudere, prima di tutto per motivi finanziari, la sua vita, quattro anni, è dovuta essenzialmente alla sponsorizzazione di Carlo Piancastelli; poi vi fu lo scoppio della Grande Guerra e la rivista chiuse.

Passando a La Piê, Pieri ne ha illustrato le vicende dalla fondazione, nel 1920, al 1933. Questa venne concepita a Lugo, nella casa di Francesco Balilla Pratella dove si ritrova con Aldo Spallicci e Antonio Beltramelli; i tre decisero di fondare questa nuova rivista che porterà come sottotitolo quello già del Plaustro, ma che doveva essere una rivista più fresca, più nuova, secondo Spallicci, "doveva camminare insieme alla gente", trattare anche argomenti di attualità. La tradizione manteneva la originale importanza, ma doveva essere rinnovata. La Piê  non era solo una rivista teorica, ma una rivista che si voleva immettere proprio nella vita, interessarsi anche di cose "materiali", Spallicci si interessa di tele stampate romagnole, che erano entrate in una crisi paurosa e molti artigiani del settore avevano gettato al fuoco i preziosi stampi. Egli rinnova questa tradizione, e si vede il fiorire delle stamperie di Visini a Meldola, di Bertozzi e Pascucci a Gambettola, Marchi a Santarcangelo. Spallicci si interessò pure di mobili, avrebbe voluto fare realizzare un mobile romagnolo, prendendo spunto dalle decorazione dei plaustri, i grandi carri a quattro ruote decorati con disegni molto semplici ma suggestivi da Maddalena Venturi di Solarolo. Ma il progetto non ebbe grande fortuna, non incontrò il successo sperato. un altro tema fu quello dei giocattoli, a quei tempi a Forlì c'era il negozio di giocattoli di Bissi, al quale Spallicci diede alcune diritte perchè si facessero giochi sui modelli degli antichi giocattoli romagnoli. 

Quando nel 1921, vi furono "Le Esposizioni Romagnole Riunite" nelle quali si esponeva un po' di tutto, dalle belle arti all'industria, all'agricoltura e la etnografia, per la quale si impegnò moltissimo Spallicci assieme  a Benedetto Pergoli che sarà quello che darà origine al Museo Etnografico di Forlì. Spallicci fu quindi un vero imprenditore di Cultura. Quanto agli scritti su  La Piê, vi erano articoli articoli di storia, ma seri, ben documentati, però di tipo divulgativo, come li voleva Spallicci che diceva che <<per l'accademia c'è la deputazione di storia patria, c'è l'università, quelli de La Piê devono essere articoli in grado di essere letti da una vasta cerchia di lettori>>, articoli che riguardavano la musica, la pittura, il folclore. Di folclore Spallicci scrisse poco su  La Piê, avendo egli incaricato allo scopo specialisti quali Dino Massaroli, Francesco Balilla Pratella, Luidi Be Nardis, Giovanni Bagnaresi "Bacocco", la maestra Marcella Cavallini, la stessa moglie di Spallicci, Maria Martinez che si interessava di poesia popolare e dialettale. Ma il problema de  La Piê restava il solito, quello finanziario, i lettori non erano molti, e la maggior parte erano romagnoli che vivevano lontani dalla terra di origine, che sentivano la nostalgia del proprio paese e  La Piê rappresentava per loro una specie di viatico. In un primo momento Spallicci ricoprì l'incarico di Direttore della rivista, con due vice direttori, Beltramelli e Pratella che, già al secondo anno, vedendo il negativo bilancio economico, si ritirò come vice direttore, mentre Beltramelli, con l'avvento del fascismo, assunse importanti incarichi, divenne famoso, scrisse libri di ogni genere e non ebbe più tempo per curare la rivista. 

Quindi La Piê ebbe numerosi ed importanti collaboratori, Pietro Zangheri, per gli articoli naturalistici, Francesco Serantini, Giuseppe Pecci per la Letteratura, Paolo Poletti, Gino Cerè ed altri. Per la Storia Oliverotto Fabretti, storico forlivese di grande talento che purtroppo morì a soli 37 anni nel 1928 " di fierissimo male",  Romeo Galli, Direttore della Biblioteca di Imola, un sacerdote coltissimo, monsignor Francesco Lanzoni di Faenza, che ebbe anche delle noi con la Curia perchè voleva che la vita dei santi e tutto quello che riguardava la Chiesa fosse scritto in maniera scientifica e documentata, Antonio Mambelli, Alessandro Schiavi, per la Pittura, Carlo Grigioni, Renzo Buscaroli, Gino Ravaioli, per il Teatro, Paolo Poletti, nipote di Olindo Guerrini, Icilio Missiroli, Arturo Cellini, quindi il fior fiore della cultura romagnola. Non vi è argomento che interessa la Romagna che non sia trattato da  La Piê. Umberto Foschi, in occasione dei settant'anni della rivista, definì La Piê "Enciclopedia della Romagna", una rivista di grande importanza. una particolarità della rivista sono le "copertine", queste sono illustrate da xilografie che devono essere inedite, Spallicci ne discuteva con gli autori, tra questi vi fu Giannetto Malmerendi, Nonni, Antonello Moroni, Zimelli, Buscaroli, Ravaioli, Ugonia, Pasquini e tanti altri. Tutto procedette sino agli anni '20, ma con l'evento del Fascismo, la rivista cominciò ad avere una vita difficile. Spallicci, pur amico del Mussolini ancora socialista, difendendolo, testimoniando a suo favore quando fu processato assieme a Nenni per aver tentato di impedire la partenza dei treni per la guerra di Libia sdraiandosi sulle rotaie, non aderì. Egli, godendo della massima stima di Mussolini, avrebbe fatto una brillantissima e veloce carriera, certamente avrebbe avuto un Ministero, comunque, per la rivista le cose vanno abbastanza tranquillamente sino al 1924. Alfredo Panzini, accademico d'Italia e amico di Spallicci, ricorda la titubanza di Beltramelli quando fu inscritto all'Accademia, egli ricordò a Mussolini che vi era pure Spallicci e il Duce rispose:<<...lo so, lo so, conosco Spallicci, egli non farebbe mai un attentato contro di me, ma non lo posso accogliere, prima di tutto perchè è antifascista, secondo, quale giudizio avrebbero i miei, ma terzo, e più importante, rifiuterebbe>>. Infatti Panzini era riuscito ad ottenere dall'Accademia d'Italia un premio di 10.000 lire per la giovane rivista romagnola, Spallicci lo rifiutò, uno schiaffo per lo stesso Mussolini. Nel 1931 Alessandro Schiavi scrisse un articolo su Felice Orsini e non piace al Fascismo, l'autore viene richiamato dal Prefetto, queste cose non si dovevano scrivere. Ma quello che fu più contrario, acido nei confronti de La Piê fu un  giornalista ravennate, Fidia Gambetti che scriveva sul giornale Santa Milizia, che scrisse a Mussolini domandandosi come si poteva tollerare che vivesse una rivista come  La Piê, che non era fascista; appena finita la guerra egli divenne redattore dell'Unità, questo dimostra la sua coerenza intellettuale e politica. Alla morte di Arnaldo Mussolini, fratello di Benito e direttore del Popolo d'Italia, organo nazionale del Fascismo; in tutti i giornali viene dedicato massimo spazio alla notizia, La Piê dedica solo tre righe in cui viene espresso il compianto per Arnaldo Mussolini, fedele abbonato della rivista. Mussolini, si infuriò e ordinò a Spallicci di scrivere almeno due pagine riguardanti il fratello, ma ciò non fu mai fatto. Nel 1926 Spallicci viene allontanato da Forlì e mandato a Milano, da qui diresse come poteva la rivista insieme a De Nardis, Federico Comandini ed altri. Un'altra singolare manifestazione antifascista di Spallicci, egli sulla rivista non metteva ancora l'anno dell'Era Fascista, mai messo, ma "la goccia che fece traboccare il vaso" fu l'editoriale del 1933, in cui, parlando dei programmi della rivista, scrisse:<<...in questo secolo, in cui la persona tende ad essere sommersa nella comune marea delle folle senza volto, in cui le idee indossano un'uniforme per essere in parata alla rivista del giorno, noi eleviamo un inno alla varietà delle idee che sono caratteristica di un popolo>>. A questo punto  La Piê viene soppressa, il numero II, III, IV un unico fascicolo del 1933 non viene fatto uscire, rimane lì. Questa è la storia del  La Piê dei primi anni, dell'anteguerra. Pieri ha mostrato quindi una copia anastatica del primo numero, spiegando che nel primo anno tutte le copertine erano uguali e riportavano la stampa di un particolare del decoro delle classiche coperte per i buoi, in color ruggine; in quelle del secondo anno venne rappresentato il vasetto che era appeso dietro ai plaustri, quindi cominciarono le copertine, una diversa dall'altra.      

E' stata la volta di Antonio Castronuovo che ha iniziato il suo intervento sottolineando la sensibilità e la tempestività del nostro sodalizio, che per primo si è ricordato del XC° Anniversario della rivista. Ha pure ringraziato il carissimo socio Angelo Ranzi, autore della bella copertina, e che già aveva realizzato quella per gli ottant'anni de La Piê. Castronuovo ha pure ricordato che la copertina per i settant'anni l'aveva realizzata il rimpianto pittore forlivese Enzo Pasqui.

Dal 1920, anno di fondazione della rivista, sono trascorsi novant'anni, ma, come è ricordato nella pagina tecnica del numero dedicato all'anniversario, nel 2010 inizia in realtà il settantanovesimo anno di vita attiva de La Piê, prorpio perchè questa rimase chiusa negli anni centrali e finali del Fascismo, dal 1933 al 1945 compreso. Quindi c'è questo divario tra i  modi di giudicare i decenni de La Piê, che in un certo modo vanno considerati e che lo stesso Spallicci aveva considerato. Egli si era posto questo problema; quando egli riaprì La Piê nel 1946 non chiamò quell'annata come quella del 26° anno, ma del 15°.

Quando arrivò il 1951, Spallicci, con un bellissimo numero della rivista, festeggiò con un editoriale che porta il titolo omonimo, il XX° anno. Lo stesso nel 1961, festeggia il XXX° anno, ma nel 1970 Spallicci non festeggiò il XL° anno, bensì i 50 anni della Rivista. Spallicci è allora già molto anziano, morirà pochi anni dopo, nel 1973; qualcosa scatta nella sua mente e il conteggio degli anni, che sino allora aveva fatto come anni di vita attiva, diventa un conteggio di anni di esistenza. Passa dal concetto di età attiva al concetto di età della memoria. Per Castronuovo questa decisione di Spallicci è abbastanza comprensiva, egli si avvicina alla vecchiaia, e così pure per la rivista, che esiste da tanti anni, e se pur continua ad agire e a vivere, si comincia a guardare più al flusso della memoria che al flusso della sua attività. Ecco che ora festeggiamo il XC° Anniversario del  La Piê, per questa decisione di Spallcci. La rivista quindi riapre nel 1946 e nel tempo è divenuta quella "Enciclopedia di Romagna" come ha anticipato Pieri, ma anche un oggetto di enorme divertimento; il possessore di una tale collezione non si annoierà mai. Nelle domeniche uggiose basterà che sfogli qualche annata per scoprire  uno strumento di straordinaria bellezza attraverso il quale è possibile, attraverso mille cose, curiosità, ricostruire la storia materiale della rivista. Quando Spallicci riaprì  La Piê nel 1946, aveva probabilmente delle grandi idee, voleva farne una rivista molto presente, molto attiva; pensa di pubblicare 12 numeri all'anno, come aveva fatto quasi sempre dal 1920 al 1933.   

In realtà i numeri non erano mai dodici, ma undici poichè quelli di novembre e dicembre erano normalmente accorpati. L'idea che ha Spallicci nel 1946 è  quella di ricominciare con i 12 numeri, che per una tale rivista sarebbe stato un lavoro incredibile, già produrre sei numeri all'anno è come fare sei libri; nel 1946 Spallicci riesce a produrre undici numeri, nel 1947 già non riesce più nel suo intento, riesce a fare però ben sette numeri, sette numeri veri, è una annata estremamente rara poiché vi sono altre annate con sette numeri ma non sono sette numeri reali, il settimo è un fascicolo aggiuntivo, come recentemente è stato fatto dedicando un fascicolo ad Ettore Nadiani, ma questo era un fascicolo omaggio. Dal 1947  La Piê si stabilizza su sei numeri anno, e rimarrà così sino ad oggi, una rivista bimestrale. chi ha la collezione della rivista, può notare i momenti di crisi, i momenti di passaggio, i mutamenti nella Direzione de  La Piê. I nuovi direttori tendono a scegliere nuovi formati, nuove cose, si hanno così annate un po' strane, la rivista cambia formato, se mai più grande, come immediatamente dopo la morte di Spallicci, quando alla Direzione subentra l'avvocato Natale Graziani, si avverte immediatamente la personalità del nuovo direttore che vuole dare alla rivista un nuovo formato, non come grandezza, ma come aspetto, la rivista è rilegata in maniera diversa, per conservarla necessita di uno spazio più largo, ma tale novità ha vita breve. La Direzione mostra vari problemi, va in crisi, i momenti di crisi, più o meno importanti, della rivista furono diversi, ma li ha sempre superati. 

Castronuovo ha poi proseguito il suo intervento analizzando il suo rapporto con la rivista dall'interno, da quando ne è il direttore, egli crede che  La Piê sia un vero miracolo, per i motivi già evidenziati; essa ha attraversato numerosi momenti di crisi ma ne è sempre uscita in maniera eccellente, attraverso i vari flussi di Direzione e collaboratori che sono mutati nel tempo. La Piê ha un segreto, egli non sa quale sia, probabilmente gode di una  Vis a tergo, c'è una forza alle sue spalle che la spinge avanti senza che la Direzione e gli abbonati facciano nulla, se non lavorare con impegno, è, come ha suggerito un presente la Forza delle Radici, una forza potentissima, che noi troviamo già precostituita, la Forza delle Radici, della Storia, ma potrebbe essere pure un'altra Forza, quella che le deriva dalla sensazione che in Romagna esiste, che i romagnoli hanno, una sensazione negativa, come per la fotografia, è la sensazione che se La Piê non esistesse più, si creerebbe un vuoto incolmabile. La Romagna ha tante riviste che sono egualmente importanti, che fanno moltissimo per la Romagna, ma Castronuovo pensa che se  La Piê sparisse, si creerebbe un vuoto assolutamente incolmabile, perché la rivista è una radice culturale della Romagna assolutamente molto solida. La bellezza de La Piê, il suo secondo segreto, è uguale al suo fondatore, è una rivista uguale a Spallicci, ad egli noi andiamo troppo poco; oggi Spallicci, attraverso La Piê ma anche all' Opera Omnia curata dallo stesso Dino Pieri e da Maria Assunta Biondi, tutti noi lo abbiamo nelle nostre case, è un peccato non tornare spesso a Spallicci perché è uno scrittore straordinario, è bellissimo leggerlo, aveva uno stile di scrittura di una bellezza incredibile, non ci si annoia mai a leggerlo, egli riesce meglio, paradossalmente, nelle forme molto brevi, nell'articolo, nel contributo, nel breve saggio,  che nelle forme lunghe, che tra l'altro lui non adotta se non raramente. Tornando a Spallicci ci possiamo accorgere di cos'era e dunque di cosa è la sua rivista. Spallicci è stato un uomo che ha saputo incarnare un numero di anime molto alto, cosa molto difficile, è stato poeta, narratore, bozzettista, polimista, storico, uomo politico e anche medico; è molto difficile coagulare queste varie realtà e farlo bene, questo ha fatto Spallicci e la sua personalità emerge nettamente dalla sua scrittura. Quando noi leggiamo un articolo di Spallicci, ci accorgiamo come, trattando pur un certo tema, attraverso il singolo contributo egli riesca a far sgorgare tante cose, la storia, le figure umane, la cultura popolare, la società, sempre con quel grandissimo garbo, quella eleganza ironica che egli ha nello scrivere, sempre estremamente ironico e garbato. Questa è la grandezza di Spallicci e della sua rivista che continuerà restare il suo miracolo di vita se riuscirà ad osservare, e non sempre riesce, alcuni caratteri molto importanti.  La Piê deve restare una rivista corretta, preparata, asciutta e sintetica, questi sono i caratteri fondamentali da conservare, ed a questi si dovranno sempre riferire che dirigi e chi fa La Piê, su di essa occorre scrivere, apprendere da quella grandissima scuola che è il dialetto che è ed è stato una lingua asciutta e sintetica. In dialetto si dice una parola e si esprime un mondo, ecco il grande potere espressivo del dialetto,cosa assolutamente straordinaria; dire poche cose ed esprimere una scenografia, un mondo, questo è il grande potere sintetico che ha ogni dialetto. In tutto ciò Castronuovo crede moltissimo, non è una cosa che ha voluto imporre alla rivista, ma è l'idea che aveva anche Spallicci, egli voleva fare certamente con La Piê, la Rivista della Romagna, ma voleva fare una rivista della Romagna, come emerge nell'Editoriale dei Vent'anni, che doveva essere capita anche fuori della Romagna. Scriveva nell'Editoriale:<<...Abbiamo vinto la nostra battaglia, abbiamo vent'anni e siamo seguiti, ma abbiamo vinto perché la nostra rivista, che leggiamo qui in Romagna, è capita, è compresa anche fuori della Romagna. Una rivista deve esprime la storia di un luogo, le culture di un luogo, le tradizioni di un luogo, ma se non ha quell'afflato che la rende leggibile da parte di tutti, è una rivista destinata a morire>>. E' il solito segreto della letteratura, il vero letterato è quello che sa parlare, scrivere su un sasso, ma sa farsi capire da tutti; se io guardo una rivista veneta o abruzzese che non sono nient'altro che prodotti locali e localistici, la chiudo; se invece leggo un articolo che parla di un luogo, del Veneto o dell'Abruzzo, ma ha quel quid che lo rende universale, io leggo quell'articolo. Spallicci voleva esattamente questo, e l'altra cosa che voleva, e che l'Editoriale sottolinea era il taglio storico della rivista, egli lo dice chiaramente:<<...dobbiamo fare la storia di questa Romagna, non le nostre tradizioni, ma la storia delle nostre tradizioni, la storia della nostra flora e fauna, la storia delle nostre trascorse grandezze>>. Egli voleva una rivista storica,  La Piê oggi deve continuare ad essere questo, non deve mai essere cronaca, si può parlare anche di un evento accaduto di recente, ma si deve storicizzare, occorre commentarlo, meditarlo, ragionarlo. La Piê deve essere uno strumento tranquillo, calmo, in cui chi collabora e scrive, medita su quello che dice, medita sui fatti che sono accaduti, non necessariamente nel tempo ma anche nell'immediato ieri. Concludendo, Castronuovo ha ricordato che come tutti i prodotti d'arte, La Piê nasce grazie all'entusiasmo di alcune persone, di un gruppo molto largo di collaboratori ma molto ristretto di persone che fisicamente la fanno, senza trascurare nessuno, ha ricordato i presenti, Dino Pieri, Giuliana Zanelli, e numerosi collaboratori come Viola Talentoni, Maria Pia Fabbri, Giovanna Cappucci e tanti altri, gli artisti, Arrigo Casamurata, Angelo Ranzi, Sergio Celletti, i poeti che ornano la terza pagina. Così si spera di raggiungere il Centenario della prestigiosa rivista.   

indietro