FLAVI A BUGANI

ci ricorda 

TITO PASQUI

Attraverso alcune immagini Flavia Bugani ha presentato Tito Pasqui "... un signore che piacevo molto alle donne...". Al Museo del Risorgimento sono conservati numerosi suoi cimeli, tra questi pure una casacca garibaldina di quando seguì, volontario, Giuseppe Garibaldi. La vita e le imprese di questo personaggio forlivese sono veramente degne di essere conosciute. Tito nasce da Gaetano, altro personaggio forlivese degno  di attenzione;  tipica persona "che si è fatta da sola", realizzò una piantagione di luppolo ed aprì una fabbrica di birra, inoltre fu ideatore di macchine agricole e di modelli di queste ad uso  delle Scuole di Agronomia. La famiglia risiedeva in una bella villa  nella zona di Vecchiazzano. Tito frequenta il Liceo con ottimi risultati, si inscrive quindi alla Facoltà di Ingegneria di Bologna dove si laurea a pieni voti nel 1868, avendo pure l'onore di avere la citazione sulla Gazzetta Ufficiale. In precedenza aveva sospeso gli studi nel 1866 per seguire volontario Garibaldi nella terza Guerra di Indipendenza e, nel 1867 nell'infelice tentativo di conquistare Roma.  Durante questi anni ebbe modo di conoscere un altro forlivese, che avrà grande rilievo nella storia di Forlì e non solo, Alessandro Fortis, con il quale in futuro, Tito avrà frequenti rapporti. Laureatosi, troviamo Tito a Ravenna e Forlì dove insegna materie agrarie nelle scuole locali,  quindi trovò impiego come agronomo presso la Stazione Agraria di Forlì, della quale fu lui stesso uno dei promotori. Nello stesso tempo scrive su riviste specializzate nel campo e partecipa a comizi agrari, una forma di seminari indirizzati al mondo delle campagne e delle aziende agricole. La ditta Pasqui fu fondamentale per lo sviluppo ed il rinnovamento delle tecniche legate all'aratura del terreno mettendo in produzione aratri innovativi con il vomere in metallo. Nel 1879 ricevette dalla Prefettura di Forlì l'incarico di occuparsi della lotta alla filossera, un flagello per le vite.  Nei comizi era apprezzato per la sua conversazione molto brillante, comunicazione molto facile che coinvolgeva immediatamente chi lo ascoltava. Nel contempo si  impegnò nella valorizzazione e meccanizzazione delle culture, ma anche in politica. Nel 1869 entrò nella giunta di Forlì, coprendo l'incarico di consigliere o assessore sino al 1889, per vent'anni, quindi dal 1898 al 1901. Fu pure consigliere  nella Amministrazione provinciale dal 1873 al 1901 e dal 1905 al 1914.  Nel 1870 assieme a Fortis, Fratti, Ghinassi, Saffi firmò la delibera  comunale che prevedeva, nelle scuole, la sostituzione dell'insegnamento della religione con una sorta di "Educazione civica" , un atteggiamento quindi molto laico. Ma, come Fortis, si convertì poi agli indirizzi più moderati, entrando pure a far parte del Governo. Da acceso laico diventò più moderato, nel 1879 entrò a far parte del Ministero dell'Agricoltura,  compiendo una carriera prestigiosa, arrivando all'incarico di Direttore generale dell'Agricoltura.  Nel 1900, in occasione dell'Esposizione Universale di Parigi, fu tra gli esponenti del nostro Governo, ricevuto  dall'Ambasciatore italiano conte Tornielli, dal marchese Raniero Paolucci di Calboli, addetto all'Ambasciata italiana che aveva sposato la nipote del conte, e dallo stesso Presidente della Repubblica francese. Molto interessanti, conservati nel Fondo Tito Pasqui presso la nosta Biblioteca comunale, sono gli appunti di viaggio del nostro concittadino, estremamente dettagliati che comprendono guide delle città visitate, depliant di materiali, annotazione di costi ecc. Le Esposizioni erano momenti importantissimi per conoscere la produzione commerciale degli altri paesi e fare conoscere quella italiana, per la conoscenza e la diffusione di nuove idee, tecniche e strategie. Dal Ministero fu pure impegnato direttamente o nel controllo di operazioni di bonifica: quelle del Veneto, del Reno in Emilia, quelle dell'Agro Pontino; per questo Tito Pasqui è ancora oggi più conosciuto nel Lazio che in Romagna. In occasione della sua morte, comparve sulla Popolo di Romagna il seguente necrologio:"Il giorno 7 corrente - siamo nel luglio 1925 - si spegneva il grande ufficiale, professore ingegnere Tito Pasqui. Reduce delle patrie battaglie, direttore generale dell'Agricoltura, fu insigne combattente nelle file  garibaldine, prese parte alle Campagne del 1866-67 , impareggiabile e profondo cultore di quella scienza che fu,  ed è il vanto e ricchezza della nostra Patria, la Scienza Agraria, curandone fra i primi il progresso in campo teorico e pratico, diffondendo comunque e dovunque dettami, promuovendo in favore  di essa grandi provvidenze. Fu sovente chiamato all'estero ove rappresentò con dignità il Paese nel campo agrario". Tra le tante curiosità che arricchiscono la vita di questo illustre forlivese, va ricordata la Esposizione che organizzò a Forlì nel 1871; a questa importante manifestazione, tra i numerosi espositori, vi fu pure lo stesso Garibaldi che portò i prodotti della sua Caprera, venendo premiato. Altra curiosità è un articolo di giornale, conservato nel Fondo Pasqui,  con foto che pubblicizzava l'uso di dromedari nella tenuta di Sa Rossore, definendoli più efficienti dei buoi. Si sa che nella bonifica dell'Agro romano, durante la Grande Guerra, furono impiegati pure prigionieri austriaci. La dottoressa Bugani concludeva così la sua relazione passando la parola al giornalista Umberto Pasqui, discendente diretto di Tito.

Questi ha proseguito ricordando come , durante le sue ricerche sull'avo, abbia avuto la sorpresa di trovarsi di fronte ai numerosi taccuini di viaggio di Tito dove questi annotava con puntualità tutto ciò che gli capitasse, che vedesse; di tutto ciò il giornalista ha realizzato un piccolo opuscolo "Particolari dell'Universale". In particolare ha ricordato come Pasqui, durante l'Esposizione di Parigi, essendo là completamente spesato, annotasse tutte le spese, il dettagliato rendiconto di queste. Giovane, 25enne, appare entusiasta dell'esperienza, ricorda i viaggi in treno, è curioso di tutto, ossessionato dalle piccole cose, dai particolari, annota e vuole immortalare tutto, lasciarne documentazione per chi verrà. Percorrendo  in treno la linea ferroviaria del Brennero descrive i filari delle viti, come sono fatti, come cambia il paesaggio; leggendo i suoi appunti pare di vedere il paesaggio dal finestrino, una cosa emozionante! Pasqui conclude il suo ricordo con un altro episodio. Tito si trova a Parigi il 28 agosto 1900, e racconta l'ambiente come un romanzo noir ,vagamente macabro, ma pure ironico, che si conclude con una cena "... visita al Battuar de la Galette, grande mercato coperto da vasta  tettoia in ferro. Il mercato è diviso in piccoli edifici che sono separati da lunghe strade. Sono sette, sono piccole camere e sistema cellulare. Per i "bobby", a cui si recide prima il capo, non vi sono problemi, si dividono in pezzi prima di appenderli a grosse stringhe di legno appoggiate a  travoni in ferro. Vastissimo salone è l'ammazzatoio dei suini, che sono piccoli e pur  scorrevoli su rotaie lungo un binario a pavimento e lunghe file di rampini,  una rotaia centrale come struttura di trasporto,  s'ammazzano barbaramente a colpi di bazza entro un piccolo steccato dicendo loro - monsieur s'il vu ple - dopo  questa macabra visita al Battuar de la Gallette, va al Trocodèro dove c'è la Soirée des Ambassadeurs e l'elegantissimo caffè concerto sfarzosamente illuminato...buffonate indescivibili alle quale partecipa il pubblico, salti e giochi diversi, bellissime giovani assai scollate ed eleganti sedute in giro e  sul palcoscenico.... Pasqui non trascura neppure di osservare  i bigliardi e di metterli a confronto con quelli forlivesi di Danesi, si sorprende assai di non trovare a Parigi vino italiano. 

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