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Sebastiano Quaglia (nato a Genova il 5 febbraio 1954) si è interessato di immagini, si può dire, da sempre, a partire come quasi tutti dai disegni fatti durante l'infanzia e a scuola, per passare poi a prove artistiche e fotogra- fiche, ma la "rivelazione" e la "rivoluzione" nel suo modo di operare sono avvenute l'anno scorso, quando ha realizzato il suo primo esperimento di figurazione a luce dinamica su pellicola: una possibilità collegabile ad alcuni precedenti di base o di vertice, individuabili nella storia della fotografia ed in quella dell'arte, ma da lui sentita come assolutamente nuova, in un momento di singolare tensione espressiva della sua vita, fino a generare un campo di identificazione immediata e profonda, aperto anche all'esplorazione fan- tastica.
Nel giro di pochi mesi, dopo qualche applicazione "mista" con impiego di mascherine e simbolismo fotopittografico, la sua "scoperta" si è rapidamente definita nella propria autonomia, affiancata da uno stampato programmatico (con relativa ricerca epistolare di interlocutori) e dalle prime testimonianze di poetica: la sua decisiva peculiarità consisteva proprio in questa nuova consapevolezza creativa, che saldava l'esperienza vissuta alla traduzione a colori su tela, battezzando col termine di "eteropittura" l'intero procedimento, come per sottolinearne una potenzialiàˆ smaterializzata e globale, di linguaggio liberarono e d'attualità, suscettibile di registrare e produrre le più diverse risposte emotive, comportamenti e comunicazioni.
A campobase la notizia della sua attività è giunta in seguito ad una lettera, che incuriosiva per un'affermazione enigmatica (per il "giallo" di un'invenzione di immagini senza alcun contatto materico o strumentale, e si è poi sviluppata attraverso incontri personali e lunghe telefonate interurbane: un "imp/act" costituito da entusiasmo e informazione storica, sollecitazione sperimentale e delucidazione critica.
Per Sebastiano Quaglia si tratta ora, di puntualizzare esplicitamente sulle pareti la propria intuizione, indicando quella soglia di un'ottica conoscitiva, che altri possono avere varcato in modo marginale o meccanico, ma che da lui viene invece sentita come territorio di avventura, vocabolario disponibile ai più svariati discorsi, linguaggio da parlare e da inventare vivendo, gesto per gesto, segno per segno, rappresentazione per rappresentazione.
Se la luce ha frequenterrente costituito, nel corso dei secoli, temi ed impalpabili materie artistiche, nel novecento si è venuto sviluppando un genere nuovo di organizzazione estetica di essa, la cosiddetta "arte elettrica". Anche a campobase si è già avuto modo di affrontare e di esemplificare questo argomento, che a Torino risulta riscontrabile in vari tempi, dalla diapittura con le sue metamorfosi cromatiche ad alcune opere cinetiche, mentre più in generale l'interesse per le tecniche di proiezione e di registrazione dell'immagine, dalle diapositive ai videomedia, risulta aumentato in questi ultimi anni sulla scena internazionale. Le luci in movimento, d'altra parte, non caratterizzano solo il campo urbano notturno: la "scrittura visuale" di un'autostrada, le linee luminose degli aerei (e degli U.F.O.?) che si spostano nel cielo amplificano su scala cosmica la ricezione di questi messaggi percettivi.
Ma le immagini luminose di Sebastiano Quaglia stanno alla maggior parte di questi fenomeni ottici come il percorso di una lucciola sta all'automazione di un aeroplano, forse proprio per questo possono evocare simbolici U.F.O.: operano, cioè, al polo opposto della tecnologia cinetico-estetica, ed anche in questo si ritrova il loro contributo di novità, il loro ribaltamento "antropologico" dell'immaginazione visiva istituzionale, la testimonianza di una verità di base dimostrata nell'attualità di un gestire (e di una gestione del presente) in prima persona, con tutta la violenza alternativa della spontaneità.
Per 1ui, infatti, si è trattato di risalire dalla esperta meccanizzazione ad una libertà artistica manifestata senza appesantimenti tecnici, nel gesto: e questa informaiità di comportamento nel campo oscuro della registrazione fotografica è diventata improvvisazione pura, presenza fisica insostituibile come nella body art, ma anche assenza "metafisica" del corpo, segnalato nel suo dinamismo attraverso un "dripping" di luce, sottratto però alla forza di gravità: libertà vitalistica, anche, e quindi libertà di esistere come segno e come contenuto vissuto, in un movimento che salda l'agire della prima infanzia alle più specialistiche espressioni. Ouesto genere di linguaggio spontaneo, inclusivo di modi intenzionali, travalica il più consunto mito romantico in un atto di primaria comunicazione, che può ricordare il cielo stellato, i messaggi inviati dall'uomo nel cosmo e i segnali che si aspetta di ricevere da emittenti magari estinte al momento della ricezione.
E' forse ozioso analizzare qui fino a che punto si possa parlare di pittura e fino a che punto di fotografia a proposito di queste esperienze: la "performance art" ha ricordato ancora una volta come, al di là dei vari mezzi tecnici adottati, importi soprattutto l'atteggiamento trasmesso. Fatto sta che nelle tele di Sebastiano Ouaglia la macchina fotografica ha registrato, documentandola, da uno degli infiniti punti di vista, la mobilità delle luci con cui egli "dipinge", e ne ha reso riproducibile il "cronotopogramma", ma non ne ha meccanizzato il comportamento, sempre autodefinito nella sua libertà immatericamente espressiva.
In tale convergenza interdisciplinare, la registrazione stratificata del tempo e dello spazio reali (nitidezza e sfocatura sono indici di profondità della scena, combinandosi con le variazioni di velocità) si tramuta in produzione di spazi e tempi inscindibili dalla pellicola e della sua proporzionale proiezione e "tiratura" sul cartone fotografico o sulla tela. Ma a questo punto l'opera stessa può aprire un campo proiettivo: è difficile guardare alcune delle immagini esposte senza presentire atmosfere da fantascienza, apparizioni magiche, apporti di forme smaterializzate eppure otticamente oggettive; e gli usi che ne ha fatto Sebastiano Ouaglia nei suoi primi mesi di ricerca e di lavoro dimostrano quanto creativamente fresca e fitta di futuro sia questa ipotesi inventiva, nel suo personale modo di sentirla e di sondarne le suggestioni.

Lucio Cabutti - maggio 1976


Mostre:

Museo Vaticano, Roma. Galleria Civica, Palazzo dei Musei, Modena. Institut Culturel Italien, Parigi. Musèe d'Art Moderne de la Ville de Paris. Mu- sèe des Arts Dècorativ, Palais du Louvre, Parigi. Bibliothèque Nationale, Parigi. Musèe National des Arts et Traditions .Populaires, Parigi. Espace Lyoinnais d'Art Contemporain, Lione. Museo d'Arte Moderna, Ancona. Museo d'Arte Moderna, Bologna. Museo di Taranto. Civica Galleria d'Arte Contemporanea, Torre Pellice. Unione Culturale Franco Antonicelli, Torino. Museo Comunale dell'Informazione di Senigallia. Mediarte Civico Istituto Duchessa di Galliera, Genova. XXX Manifestazione d'Arte Maestri Italiani del Disegno e della Grafica Contemporanea, Tokyo.

Sebastiano Quaglia vive a Rapallo tel. 03474412594

Sebastiano Quaglia | Le opere eteropittoriche | L'Atelier