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Il preuso del marchio

 

Il preuso, inteso come uso di un marchio che successivamente ottiene la registrazione per opera del preutente o di un terzo, è una situazione di fatto, disciplinata all’articolo 9 del R.D. 21 giugno 1942 n. 929, che comporta interessanti conseguenze giuridiche nel momento in cui l’“uso di fatto” confligga con la legittimazione all’uso data dal brevetto. Tali conseguenze non possono essere definite a priori, in quanto dipendono da una pluralità di fattori quali la diffusione territoriale del marchio, l’attribuzione dello stesso a prodotti della stessa categoria merceologica, la titolarità del diritto o della corrispondente situazione di fatto.

L’aspetto forse più interessante è quello legato alla diffusione sul territorio del marchio e al caso in cui due marchi che contraddistinguono prodotti analoghi o affini entrino in conflitto in relazione ad un determinato ambito di commercializzazione.

 In tal caso la normativa tende a difendere l’effettivo preuso di un marchio sulla base del principio “prior in tempore potior in iure”, ma con forza e grado diversi a seconda dell’estensione dell’area di diffusione del marchio: non si tratta di una vera e propria tutela, in quanto il diritto positivo tace sull’uso di fatto, ma di una serie di norme ricostruite in via interpretativa che disegnano un ambito di protezione per chi, pur senza registrare il marchio, ne ha fatto un uso continuativo e prolungato nel tempo.

 A tal proposito è necessario tuttavia individuare l’ambito territoriale di diffusione del marchio e  distinguere fra marchi a rilevanza puramente locale e marchi a rilevanza “non locale”.

Tale distinzione è presente nella dottrina e nella giurisprudenza che parlano generalmente di diffusione “locale” e diffusione “non locale” del marchio: nel tentativo di definire quale sia la diffusione non locale del marchio, tuttavia, la giurisprudenza si richiama ad una valutazione empirica, escludendo tuttavia che si abbia diffusione locale quando la stessa interessa una pluralità di Regioni (Trib. Milano 1954: “l’uso e la notorietà di un marchio sono locali solo quando rimangono circoscritti ad una zona relativamente esigua del territorio nazionale, sia pure comprendente un’intera regione, ma non quando si estendano a più regioni; infatti il criterio quantitativo dello spazio va contemperato con quello della forza espansiva del marchio.”); in dottrina il Casanova svolge il ragionamento opposto secondo cui si ha un marchio localizzato in senso giuridico, soltanto nell’ipotesi in cui lo stesso, noto a livello locale, sia sostanzialmente “ignoto” nella generalità del territorio nazionale. Naturalmente il concetto di localizzazione deve essere in un certo senso adeguato ai tempi: si dovrà dunque aver riguardo anche alla pubblicizzazione del marchio per valutarne la forza espansiva, così come ogni altro mezzo che presuntivamente possa fondare l’ipotesi di una diffusione non meramente locale, ad esempio l’offerta di un determinato prodotto in internet, o la predisposizione di opuscoli informativi e listini in più lingue. (In questo senso cfr.: Trib. Torino, 16/09/1987: “Anche la sola pubblicità mediante la stampa e la diffusione dei cataloghi costituisce un atto idoneo ad integrare l'uso, ed in particolare il preuso di un marchio, perché la pubblicità è un'offerta di vendita generalizzata e quindi un atto rientrante nella categoria degli atti di industria e di commercio”; Trib. Torino, 16/09/1987 “La diffusione di un catalogo e di un listino prezzi contenente un marchio in Piemonte, Liguria e Veneto, le vendite veramente effettuate nelle stesse regioni nonché in Abruzzo e perfino in Australia del prodotto recante il marchio, il fatto che il catalogo sia redatto in quattro lingue, sono indici di una notorietà del marchio stesso sufficiente ad attribuire all'autore dell'uso la facoltà di continuarlo, ed a determinare la non brevettabilità per carenza del requisito della novità della domanda di brevetto avente per oggetto lo stesso marchio depositata successivamente da terzi.”)

Qualora il marchio abbia una rilevanza “locale” in base ai criteri sopra menzionati, il preuso opera in un senso “debole”: di fronte ad un marchio registrato è concessa al preutente la facoltà di proseguire l’utilizzazione del marchio stesso purché tale utilizzazione resti confinata nello stesso ambito territoriale in cui era diffusa nel momento della registrazione del marchio analogo. In definitiva il titolare del brevetto gode di un diritto di esclusiva su tutto il territorio nazionale, fuorché in quella limitata porzione di territorio in cui per prodotti analoghi era utilizzato un marchio simile (o identico, se marchio formato da nomi), a patto che, naturalmente, il precedente utilizzatore possa dimostrare la propria prevenzione[1]. Il principio è così riassunto da App. Roma, 08/07/1991: “L'ambito di protezione consentita al preutente a livello locale, in seguito alla brevettazione del marchio da parte di altri, è ristretto al riconoscimento della facoltà di continuare nei limiti pregressi ad usare il marchio di fatto senza diritto di inibizione nei confronti del brevettante, sia pure nei limiti locali.” E ancora in modo più incisivo Cass. civ., Sez.I, 27/03/1998, n.3236: “A norma dell'art. 9 r.d. n. 929 del 1942, in caso di preuso locale di un marchio di fatto, il preutente del marchio non registrato ha diritto di continuare l'uso di esso, anche ai fini pubblicitari, nei limiti della diffusione locale, nonostante la successiva registrazione di marchio simile od uguale da parte di altro soggetto; tuttavia, in mancanza di specifica previsione normativa in ordine al conflitto tra preutente e successivo registrante, alla luce di una lettura sistematica dell'art. 9 citato nell'ambito delle altre disposizioni della legge medesima in tema di preuso (in particolare, gli art. 17 e 48), e tenuto conto del favor legis per il registrante desumibile sia dalla più estesa ed intensa tutela (anche penale) riservata dall'ordinamento al marchio registrato sia dagli orientamenti emergenti dalla novella del d.lg. n. 480 del 1992 attuativa della disciplina comunitaria, è da escludere che, al di là della espressa previsione del diritto di continuare nell'uso del marchio di fatto, spetti altresì al preutente il diritto all'utilizzazione esclusiva di detto marchio nell'ambito dell'uso di fatto, e quindi il diritto di vietare al successivo registrante l'utilizzo di esso nella zona di diffusione locale, essendo invece configurabile, alla stregua del complesso delle disposizioni in materia, una sorta di regime di "duopolio" atto a consentire nell'ambito locale, la "coesistenza" del marchio preusato e di quello successivamente registrato.

Più intensa ed estesa è invece la tutela accordata all’utilizzatore di fatto di un marchio diffuso in un ambito “non locale”: tanto intensa da giungere persino ad intaccare la validità del brevetto del marchio registrato successivamente. Non si ha in questo caso alcuna “coesistenza” né alcun “duopolio”, ma sussiste al contrario la facoltà per il preutente di inibire l’utilizzo del marchio registrato minandone le basi: l’esistenza (rectius: la preesistenza) di un marchio a diffusione ultraregionale nega a priori il requisito della “novità” che è coessenziale per il brevetto del marchio. Con la conseguenza che difettando tale requisito il brevetto può essere dichiarato nullo in esito ad una procedura giudiziale promossa dal preutente di fatto[2]: si veda in proposito Trib. Piacenza 07/08/1989: “Non è brevettabile come marchio d'impresa, per carenza del requisito della novità, il marchio che abbia formato oggetto di preuso in un medesimo ambito territoriale e merceologico, da parte di altro imprenditore.” E ancora Pret. Roma, 08/04/1988: “Il preuso del marchio attribuisce al titolare il diritto di utilizzazione esclusiva nell'ambito dell'uso generale o locale e nell'ambito dello stesso genere di prodotti ovvero, quindi, di inibirne l'uso altrui anche nei confronti di chi, successivamente, abbia ottenuto la registrazione; il marchio preusato è, pertanto, tutelato anche nei riguardi del marchio brevettato, ma solo se sia idoneo a togliere a quest'ultimo il requisito della novità e si riferisca a prodotti uguali o affini e non eterogenei.

Carattere comune ad entrambi i tipi di tutela accordati al preutente è l’onere della prova che grava sullo stesso: è il preutente a dover dimostrare che il proprio marchio ha acquistato la notorietà prima della domanda di brevetto[3] del marchio stesso da parte di terzi; tale prova deve essere precisa soprattutto in ordine ai tempi e all’estensione della diffusione come ricorda Trib. Milano, 27/02/1997: “La prova del preuso deve essere data con preciso riferimento alle modalità concrete di diffusione ed ai relativi tempi, ai soggetti destinatari della distribuzione, ai luoghi di affermata diffusione ed all'estensione della stessa. Rileva infine la mancanza di alcun supporto documentale da cui trarre elementi di prova.”

 

Dr. Alberto Michelis

Studio Legale Fossati
Via XXV Aprile n.60
18100 IMPERIA



[1] Prevenzione che deve riguardare l’anteriorità dell’uso del marchio rispetto all’altrui brevetto, a nulla rilevando, per lo meno dal punto di vista della tutela del marchio, la precedenza nell’ideazione del marchio stesso. Cfr. Trib. Torino, 23/05/1992: “Nel conflitto fra chi vanta il preuso in ambito locale di un marchio d'impresa (in base agli art. 2571 c. c. e 9, r. d. 21 giugno 1942, n. 929) ed il titolare del diritto di brevetto per lo stesso marchio, ai fini del controllo dell'anteriorità è rilevante accertare solo se l'uso effettivo sia precedente o successivo alla data della registrazione presso l'ufficio centrale brevetti; è irrilevante accertare chi per primo abbia ideato o inventato tale marchio, perché il diritto di utilizzazione in esclusiva spetta a chi prima lo abbia usato o registrato, e non invece a chi prima lo abbia inventato.”

 

[2] L’azione giudiziaria deve tendere tuttavia a far dichiarare espressamente la nullità del brevetto in difetto del requisito della novità e dell’originalità, a nulla valendo un’azione volta a far dichiarare l’abusivo o illegittimo utilizzo da parte di colui che ha brevettato il marchio: non si deve dimenticare, infatti, che l’uso di fatto NON attribuisce un diritto azionabile incondizionatamente di fronte all’uso a seguito di registrazione, e in particolare non attribuisce un diritto di esclusiva all’utente di fatto. Il principio si evince in nuce in  Trib. Roma, 17/10/1986 “Quando il preutente di un marchio con notorietà e diffusione generalizzata invece di agire in nullità del brevetto, da altri successivamente ottenuto per difetto di novità, si limiti ad agire per la declaratoria di illegittimità d'uso, la domanda deve essere respinta poiché nessuna norma né del codice civile né del r. d. 21 giugno 1942, n. 929 gli attribuisce un diritto di esclusiva idoneo a rendere illegittimo l'uso di identico marchio brevettato che non sia stato previamente dichiarato nullo.”

 

[3] Cfr: Trib. Milano, 20/09/1990Il diritto di continuare nell'uso di un marchio di fatto nei limiti della diffusione locale, nonostante la concessione del brevetto in favore di un terzo, pretende che l'utilizzo sia stato iniziato, con consolidamento di notorietà (seppur in ambito circoscritto), anteriormente al deposito della domanda per brevetto.”

 

 

 

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Aggiornato a giovedì 23 maggio 2002