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Sezione: Manifestare?
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20/04/2002 "Il catechismo o l'ateismo non c'entrano nulla, non c'e' assolutamente fatalismo nell'avere a cuore non solo i nostri problemi, ma anche quelli di chi soffre, anche se abita in un altro mondo. Anche l'inerzia e' un modo di manifestare la propria opinione, dici al mondo: non me ne frega nulla. Certo nulla e nessuno ti vieta di farlo, ma "il diritto di non manifestarsi" cozza con l'impeto che hai espresso nella lettera quindi, ancora, ti manifesti... non c'e' scampo!
E' da quando sono piccola che manifesto in piazza e non ce la faccio proprio a non dire al mondo: guardatemi, sono incazzata e non vedo l'ora di avere la possibilita' di cambiare le cose; e devo dire che ultimamente lo sono ancora di piu'. Non ce la faccio a vedere un popolo brutalizzato da un altro, ed ho bisogno di dirlo, visto che l'unica cosa che posso fare e' far pressioni sui governi perche' cerchino di mediare."
ilaria

Voglio aggiungere una cosa. Far pressione sui governi non è l'unico mezzo che abbiamo per modificare il mondo: la nostra opinione, la passione che abbiamo nel comunicarla agli altri è importante tanto quanto le pressioni verso "la gente che conta". E anche l'impegno giornaliero, aggiungerei, ma non vorrei essere scambiato per un nonno predicatore, quindi mi fermo. 

11/04/2002 "Da buon (?) ateo, generalmente non mi preoccupo molto del "punto di non ritorno" di cui parli, che mi ricorda il "giorno del giudizio" di cui blaterava la mia povera catechista. Nè si può pretendere che tutti prendano una posizione,che vadano a manifestare PRO o CONTRO. Ognuno è libero di agire come vuole, e, se si sente DAVVERO in colpa, può buttare le sue scarpe confezionate da bambini vietnamiti (come quelle che indosso in questo momento), e bere succo di carota invece della cocacola. Forse l'unica cosa che si può pretendere da uno seduto su un prato è che si informi, che legga il giornale quando può, e che poi decida se fregarsene o meno."
Aspetto insulti, 
federico 

01/04/2002 "Un popolo viene schiacciato e umiliato, la sua terra invasa dalle armi di un altro paese che tanto avrebbe dovuto imparare dal proprio passato quando si parla di oppressione. Esecuzioni sommarie, centinaia di carri armati che invadono la vita di persone spesso non colpevoli di tutto ciò. Il pretesto del terrorismo, arma con la quale Sharon vuole riuscire a spazzare via, dopo oltre 30 anni di tentativi, la Palestina. E noi festeggiamo la Pasqua, da noi i rumori degli spari non arrivano. Mi sento in colpa per il mio benessere, che dovrebbe essere condizione minima per tutti ed invece lo è per pochissimi. Noi siamo in un prato tutti insieme, la nostra più grande paura, ieri, era che ci potesse essere brutto tempo. La mia più grande paura è che questo mondo scivoli verso un punto di non ritorno, quando anche gli ignavi si renderanno conto che l'irreparabile è stato già compiuto e che bisogna cominciare a pagarne le conseguenze. 

E adesso come faccio a sorridere?"

L.

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