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ROMANO GUARDINI: Le inquietudini dell'estasi


Per Romano Guardini, la malinconia assume la dimensione dell'essere contemplativo e profondo: "L'inquietudine dell'uomo che avverte la vicinanza dell'infinito, beatitudine e minaccia ad un tempo". (42-R.Guardini) Una tale definizione coglie l'essenza della malinconia proprio nell'estrema espressione dell'umano. Leggendo tra le sue righe, la sentiamo come una cosa che ci porta all'estremo confine dell'esistenza, un'esistenza di confine, una testimonianza del limite che sta nell'urgenza e nella violenza di questa forma di vivibilità. Malinconia vuol dire: "Affinità con lo spazio infinito; con le vuote lontananze; il mare, la brughiera, i nudi dossi montani, 1'autunno che fà cadere le foglie e dirada e schiarisce gli spazi; il mito, con le sue distanze temporali, che si perdono nell'indefinito passato. Spazio esteriore indefinito, e interiorità nascosta - l'una cosa è in stretta comunicazione con l'altra. Entrambe un'immagine insieme e il luogo più proprio a un divenire profondo. Questa malinconia, per l'appunto, che toglie valore agli esseri, che svuota di contenuto figure e valori ben stabiliti e fermi; che rende vana e chimerica qualsiasi cosa spingendosi nel vuoto e nel tedio; che spezza e asporta i pilastri dell'esistenza stessa, e si caccia così in una insensata disperazione; questa malinconia è quella da cui esplode il dionisiaco. Proprio l'uomo malinconico è più profondamente in rapporto con la pienezza dell'esistenza" . ( 43-R.Guardini ) Guardini parla anche di un rapporto erroneo con le cose e con se stessi: "Tutto viene accettato senza mediazione, e il nostro stesso io è sentito alla stregua di un pezzo di natura, nel quale l'io vuol vivere se stesso fino in fondo, con immediatezza assoluta. Come un tutt'uno immenso, come un unico flusso; come un'immensa trasmutazione di forma in forma, senza che si discernano da nessuna parte confini o limiti, chiaramente segnati, tutto un'unica cosa: un unico essere; una sola vita; un unico nascere e tendere, un unico sentire e patire. . . Tutta la molteplicità, nient'altro che espressione dell'Uno: E la grande tentazione di precipitarvisi e lasciarvisi andare a fondo, per realizzare, a seconda dello stato d'animo, uno sconfinato godimento, un'esperienza illimitata, una vita vissuta fino in fondo . . . . . ; oppure in uno stanco abbandono di noi stessi . . . . . . ; o, ancora, nella rassegnazione della nostra stessa piccolezza dinanzi alle grandi forze, le immense forze la tentazione di esaurire il proprio vivere nell'azione immediata; nella genialitàdi una produzione ininterrotta, nella quale 1'uomo si sente strumento della natura, oppure mezzo al manifestarsi di potenze senza nome, oppure organo dello spirito che fluisce dovunque e in nessun luogo . .. .. . (44-R.Guardini) Guardini ci parla di un desiderio di fusione primordiale: un'infanzia antica, dove il mondo è in lui, ma lui è allo stesso tempo il mondo. La sua è la voce del narcisismo, il rimpianto di uno stato primitivo e perfetto che in modo sommesso o urlato reclama le sue ragioni nell'individuo.

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