Psicoanalisi: una genealogia immaginaria

Tossicomania e consumo di sostanze stupefacenti

Bilancio di un'esperienza di volontariato

Il volontariato ha tutte le caratteristiche proprie del movimento spontaneo in quanto cerca di ricomporre nella collettività, drammi, bisogni e contraddizioni che isolano l'individuo e la sua sofferenza al punto di portarlo anche ad utilizzare sostanze stupefacenti come unica soluzione di vivibilità.

Il volontariato propone delle modalità di aggregazione e :relazione interpersonale differenti dalle forme di convivenza più istituzionalizzate, come la famiglia, la scuola, la fabbrica, l'ufficio, l'università. Un associazionismo che nasce con lo scopo preciso di farsi carico dei falli e dei buchi che inevitabilmente una società produce al suo interno. E' un modo per vivere gli enigmi dell'uomo non da spettatori, ma da protagonisti della vita sociale, un modo che costituisce una consapevolezza storica di sé. Emarginazione e volontariato percorrono da sempre binari paralleli. Il significato dell'emarginazione affonda nel profondo disagio di un individuo o di un gruppo, è un fatto, un evento, una situazione immediata e percepibile dai nostri sensi, ma è anche una realtà mediata, costruita e astratta; il suo riconoscimento e la sua definizione obbediscono ai meccanismi complessi del discorso parlato dalle istituzioni. Il dinamismo interno della società si può esprimere con il concetto di conflittualità ed esso rende conto di quella complessità a cui facevo riferimento sopra. Posso meglio dire, che la società contiene forze che tendono alla stabilità, all'equilibrio, alla omeostasi e forze che tendono alla trasformazione ed alla evoluzione. La devianza di una norma data è una domanda agita di utopia ed essa è la forza motrice che spinge un sistema sociale al cambiamento. La stabilità e l'equilibrio del sistema sociale sono assicurati in quanto il linguaggio parlato dal deviante è reso muto o meglio tradotto con uno stereotipo linguistico, un'astrazione: deviante, tossico, psicopatico.

Il tossicodipendente non sempre è un emarginato, ma è sempre uno che con il suo comportamento viola delle regole sociali e se seguiamo una metafora sociologica, poco importa se il suo comportamento è una soluzione di auto cura, l'unica possibilità di sopravvivenza che ha trovato. Stereotipi linguistici vengono ripetutamente confermati dai termini dell'intervento istituzionale:

Con questo non si intende negare la realtà del fatto tossicomania, ma sottolineare il fatto ch esso può essere portatore di altri significati che vanno oltre la semplicità di una formula nominalística. Sono legati e determinati dalla logica complessa della società e delle sue istituzioni. Crisi, problemi di disadattamento, sofferenze hanno spesso il significato di contestazione richiesta, sono una propulsione verso il mutamento dell'individuo, nelle relazioni interpersonali o nella famiglia. Se non sono ascoltate con il linguaggio del silenzio, dell'interrogativo, della disponibilità o mistificate come anomalia, creano le premesse per la creazione di identità assoggettate.

La condizione di vivibilità, in altre parole la modalità di vivere e di viverci, di essere e di esserci è un momento importante da valutare anche nel rapporto con chi è dedito all'uso di sostanze tossiche, in quanto esso deve prescindere da tutto ciò che ha a che fare con la droga. Cosi come Cancrini dice che un problema umano preesiste sempre al diaframma droga.

La drogologia, e un po' tutti nel settore ne fanno serve soltanto per sterili comunicazioni di massa, obbedisce alle leggi economiche dell' impresa.

Il tecnico in questo settore, talvolta, è solo colui che distribuisce consulenze e che si pone di fronte alla situazione non con uno spirito di problematicità e di incertezza, difficilmente parlando della realtà come essa si mostra nella sua immediatezza, ma con la tendenza a priori di confermare opinioni preesistenti o concetti appresi.

Tutti chiedono allo psicologo o a chi per esso e un sapere, ma gli antichi filosofi sapevano bene che il principio della conoscenza è lo stupore e che non c 'è una verità rivelata ma solo una verità scoperta e ogni verità scoperta è prima dubbio e angoscia.

La funzione terapeutica che può avere un intervento dil volontariato non è intesa nell'odierno senso medico della parola, ma in quello etimologico. In greco terapia significa prendersi cura e la radice dher, vuol dire portare, sostenere, tenere. Un intervento passa sempre attraverso un rapporto umano, il dialogo, il sostegno psicologico e la motivazione personale. Troppo spesso però si crede ingenuamente che basti al volontario una disponibilità piena e incondizionata, una capacità di comprensione ed empatia oppure una tecnica ed una teoria ben appresa per trasformare la propria ansia sociale in una concreta possibilità di aiuto. Nessuna di queste capacità può essere presa separatamente dalla sua realtà soggettiva e dalle sue motivazioni interiori che lo spingono ad occuparsi ed a prendersi cura della vivibilità degli altri.

Quali sono questi motivi profondi?

Uno consiste nella possibilità di identificarsi con gli altri, l'altro risponde al bisogno di riparare un'ansia, spegnere un'inquietudine, cancellare una minaccia o colmare un'ingiustizia che ci sovrasta. Da qui nasce la convinzione che essere operatori nel sociale non è solo un impegno per gli altri, ma anche per se stessi, è insieme fatica e costruzione creativa, ma soprattutto elaborazione dei propri vissuti, in quanto il desiderio di occuparsi dei problemi degli altri rimanda anche alle proprie caratteristiche personali ed a difficoltà forse negate, nascoste o dimenticate. Mi vengono in mente le parole del presidente della S.P.I. Carloni che in una sua relazione evidenziava alcune motivazioni contrarie a quelle tipica mente etiche ed utilitaristiche sopra riportate "la tendenza comune dì tante vocazioni terapeutiche o psicoterapeutiche che si risolve nell' impadronirsi di strumenti di psicologia, psicoanalisi o medicina come mezzo per scongiurare illusoriamente la propria impotenza o il senso profondo di precarietà e limitatezza, cercando di esorcizzarla con la forza magica della parola, della teoria o del farmaco. Un progetto di vita non è solo da costruire per le persone che vivono sulla pelle problemi gravi di emarginazione, ma ci coinvolge in una medesima sorte e se cerchiamo di porci come mediatori della domanda inconscia di altri esseri viventi, cerchiamo per noi come per loro un significato che parla anche il linguaggio dell'anima.

Pordenone, 1986

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