Giulio Gasca è neuropsichiatra. Coordina il Centro diurno di Torino dove si fa terapia analogica delle psicosi, cioè una combinazione di psicoterapia di gruppo con altre tecniche terapeutiche. Ha fondato la Scuola dello psicodramma analitico individuativo. Questa terapia può curare la depressione? Ecco cosa risponde Giulio Gasca .

D.: Lei usa la tecnica dello psicodramma. In che cosa consiste?
R.: "E una terapia di gruppo: i partecipanti interpretano, come se fossero degli attori, Ì momenti più significativi della loro storia passata. Questa tecnica, che si chiama psicodramma analitico individuativo, lavora su tutto il complesso della personalità. In pratica. oltre ad analizzare i problemi di una persona, la si aiuta a trovare il senso della sua esistenza. E a fare dei progetti entro i quali potrà finalmente realizzarsi".

D.: Cosa accade durante lo psicodramma: ognuno recita un ruolo, come a teatro?
R.: "Esatto. Nel gruppo si creano dinamiche particolari che portano ciascuno ad assumere un certo ruolo (quello del leader, del seguace, di chi è molto razionale o di chi è emotivo)e ad attribuirne uno agli altri"

D.: Per esemplo?
R.: "Di solito emergono i ruoli che ognuno ha assunto nell'infanzia, in famiglia o a scuola. Ma capita anche che i pazienti si comportino come la madre o il partner hanno sempre fatto con loro. Lo psicodramma, infatti, considera ogni individuo come un insieme di personalità, collegate ma indipendenti tra loro: alcune le riconosciamo (tutti sappiamo dare una definizione del nostro carattere). Altre, invece, ci sembrano estranee, eppure sono nascoste dentro di noi. Lo psicodramma aiuta a tirarle fuori proprio tutte".

D.: Più o meno come uno scrittore che crea del personaggi particolarmente vivi perché sono una parte dell'autore?
R.: "Esatto. Queste "parti" sono il nostro inconscio. E ogni persona che incontriamo ci da il materiale per costruire i nostri personaggi interni. Anche se non scriviamo libri, tutti noi abbiamo una personale produzione artistica: i sogni. Dove i frammenti del nostro io diventano i protagonisti delle rappresentazioni notturne. E analizzando queste "parti" possiamo capire molte cose di noi stessi e del nostro rapporto con gli altri".

D.: Può fare un esempio pratico dello psicodramma?
R.: "Immaginate un gruppo di dieci persone. Ci sono Giovanni e Giuseppe che cominciano a discutere e arrivano quasi a litigare. A questo punto il conduttore della seduta chiede a Giovanni: "Perché sei cosi arrabbiato con lui?" e Giovanni risponderà: "Perché mi è antipatico". "Per quale ragione?". "Una cosa che oggi mi urta particolarmente è il suo tono di voce". "Ti viene in mente qualcuno che ti provocava la stessa fastidiosa sensazione?". "Ora che ci penso, ricordo che quando facevo la prima media non avevo voglia di studiare e ogni sera mio padre controllava se sapevo la lezione. Rimproverandomi proprio con quel tono di voce".

D.: A questo punto il conduttore cosa fa?
R.: "Invita i due a rappresentare la scena, come se fossero a teatro. Giovanni fa fare a Giuseppe la parte del padre, gli spiega le battute che lui ha detto in quella situazione e l'atteggiamento che aveva nei suoi confronti. Poi i due recitano la scena. E ovvio che Giovanni non è più la stessa persona che veniva sgridata dal padre in prima media, ma non è nemmeno quella che ha litigato con Giuseppe cinque minuti prima. Grazie alla recita, ognuno dei due può rivivere la situazione e vederla allo stesso tempo dall'esterno. Così può capire meglio quello che è successo ventenni prima".

D.: Quindi la situazione del passato (Giovanni che viene sgridato dal papa) è rivissuta completamente, ma in un modo nuovo, perché l'uno si mette nei panni dell'altro?
R.: "Nella stessa seduta o in seguito, Giovanni potrebbe scambiarsi con Giuseppe. Si troverà così a recitare il ruolo di suo padre. Così scoprirà di avere un piccolo padre dentro di sé, che continua a dirgli che non ha studiato la lezione e che non vale niente. Tutto ciò lo fa sentire a disagio ed è per questo che spesso ha la sensazione che gli altri lo rimproverino. Non solo, ma potrebbe scoprire che in realtà, anche se non lo avrebbe mai ammesso prima, a volte si comporta anch'egli in modo autoritario. Proprio come suo padre".

D.: Cosa succederà ora che Giovanni si è appropriato della sua parte autoritaria, quella che odiava tanto perché gli ricordava suo padre?
R.: "Avrà meno necessità di combattere questa sua componente. E potrà controllarla meglio".

D.: L' esempio di Giovanni dimostra che suo padre, cioè una figura di riferimento importante, era in parte anche dentro di lui e gli creava del problemi. Come è possibile?
R.: "Tutte le persone importanti della nostra vita sono dentro di noi. E, a seconda di come gli altri ci vedono (estroversi o timidi, per esempio), noi ricaviamo un'immagine di noi stessi. E naturale, ma non bisogna farsi schiacciare dalle definizioni degli altri".

D.: Quindi, per capire meglio se stessi e le proprie storie, occorre che le persone si riapproprino delle loro parti interiori?
R.: "Chi fa psicodramma può diventare autore e regista della propria vita. Protagonista attivo che attribuisce un senso alle cose e se ne assume la responsabilità".

D.: Ma in che modo questa tecnica può curare la depressione?
R.: "Lo psicodramma aiuta a capire quello che sta succedendo. Spesso servono anche gli psicofarmaci, ma un lavoro su se stessi è utilissimo. Occorre sapere che, quando una persona è depressa, la sua sofferenza è la manifestazione di un problema più profondo. Lo psicodramma affronta questo, non semplicemente il sintomo. Immaginate che la depressione sia come un macigno che blocca il corso di una sorgente d'acqua: bisogna trovare il sasso e aprire una via in modo che l'acqua (cioè la capacità di fare e realizzare dei progetti) torni a sgorgare".

D.: Per essere efficace, quanto dovrebbe durare, e con quale frequenza, un ciclo di terapia?
R.:"Di solito consiglio almeno un anno di sedute settimanali. Alcuni pazienti migliorano subito, ma può accadere solo perché li stimola il fatto di conoscere altre persone. La durata della terapia però varia molto da persona a persona e dai risultati che si vogliono ottenere. Molte persone, quando cominciano a esplorare il proprio labirinto interiore, continuano anche per dieci anni. Non solo per superare il loro problema, ma perché si ritrovano in un percorso che li incuriosisce e li affascina. Altri, invece, una volta raggiunto il cuore del problema, interrompono la cura ".

D.: Questa terapia costa più o meno di un'analisi tradizionale?
R.: "Molto meno. E' una terapia di gruppo, e le tariffe sono sempre più basse. Inoltre l'analisi individuale richiede due o tré sedute la settimana, mentre per la nostra tecnica ne basta una".