RACCONTI
In queste pagine ho raccolto i racconti che ho ascoltato dalla voce di alcuni miei colleghi durante le cene di lavoro o prima dell'inizio dello spettacolo, quando, quasi per scaramanzia, si raccontano gli episodi più particolari vissuti nel corso della propria carriera, tagliando o aggiungendo dove fa più comodo... Ci sono poi considerazioni sull'ambiente di lavoro, sulle persone che vi vivono, sensazioni ed aneddoti che spero vi piacerà leggere. Chi volesse contribuire con qualche suo "amarcord" mi mandi pure quello che crede facendomi sapere se vuole o meno firmarlo; sarò in ogni caso lieto di pubblicarlo.
LETTERA DAL PALCOSCENICO
Cara amica, in questo momento sul palcoscenico
provano le ballerine di una importante scuola di danza. In primo
piano un pianoforte accompagna i loro movimenti e la loro maestra
impartisce con grazia i comandi dei movimenti. Nella cabina in cui mi
trovo c'è il basso ronzio della corrente elettrica che scorre
nei regolatori delle luci; un dolce tepore ed una comoda posizione di
seduta completano un quadro che tra pochi minuti svanirà.
Appena terminerà questa prova, infatti, lo spazio verrà
occupato dai tecnici che verificheranno il materiale per lo
spettacolo, poi, lento a salire, il rumoreggiare del pubblico (tutti
esauriti i posti disponibili). Si va in scena alle 21.
Vorrei tu
potessi provare le sensazioni che si respirano in teatro; a seconda
dei propri compiti, ognuno emette vibrazioni diverse che si fondono
assieme e vengono percepite dagli altri presenti. Quando entro in
palcoscenico, pur non avendo grosse responsabilità, anch'io
assorbo queste radiazioni e risuono come una corda di chitarra.
Emetto le mie onde che vengono percepite da chi mi sta vicino il
quale ne emette a sua volta. Scatti di nervosismo, risatine sciocche,
sospiri di tensione o di sollievo, parole sottovoce... Tutto si fonde
assieme e sommerge specie coloro che non vi sono mai entrati prima.
Vai, se potrai, a visitare un teatro; da persona sensibile che sei ne
rimarrai colpita...
Ecco altre onde... Si fa buio in sala e la
macchina dello spettacolo lentamente si mette in moto...
Il tuo amico
SINCRONIZZARE
Ricordo una volta, d'estate, in un paese di campagna,
poca corrente e budget ridotto, una serata di letture di testi
teatrali condotta da Ugo Pagliai e la moglie, Paola Gassman. Reduce
da una serie di spettacoli impegnativi e complice il gran caldo mi
sentivo stanco e demotivato; mi ero anche innervosito dal timore che,
data l'importanza dei personaggi, la gravità di un mio errore
si sarebbe certamente amplificata. Dopo il viaggio, il montaggio del
materiale, le inevitabili modifiche allo stesso causate da
cambiamenti d'idea degli attori e le prove, la voglia di tornare a
casa ancor prima dell'inizio dello spettacolo era molta. Mi aspettava
una serata per niente piacevole. Rimandata come sempre la cena al
termine della performance, iniziavo secondo la consuetudine, aprendo
e chiudendo i radiomicrofoni a seconda del momento, controllandone la
tendenza al feedback e cambiando le poche scene luminose. Una serata
come tante, quindi, se non fosse stato per un momento particolare che
mi ha ripagato della fatica e mi ha ulteriormente dimostrato
l'estrema importanza di quello che io chiamo "sincronizzare".
Ora mi spiego: Pagliai recitava a memoria un brano e, come d'accordo
precedentemente, al termine dello stesso avrei dovuto togliere
velocemente le luci, portando al buio la scena. Non avendo un copione
dal quale seguire lo svolgersi della recita, avevamo convenuto come
segnale l'inchino che egli avrebbe fatto al termine della stessa. Non
mi restava che aspettare il momento giusto... Che arrivò
puntuale. L'attore, vestito con una mantella nera, inchinandosi verso
il pubblico, la fece roteare, come per coprirsi; abbassai il master
nel momento esatto e la luce, complice l'inerzia termica delle
lampade, sembrò venir trascinata sotto l'indumento, sparendo
del tutto e lasciando spazio agli applausi, che arrivarono
scroscianti.
Questo episodio mi ha portato a trarre due
conclusioni: la prima di carattere tecnico e la seconda, più
intima.
1. La perfetta sincronia tra il momento artistico e quello
tecnico esalta la qualità dello spettacolo. Tanto maggiore è
la precisione con la quale intervengo con un effetto audio o un
cambio luci tanto più forte sarà l'impatto che questo
avrà sullo spettatore. Con la precisione, la tecnica si
avvicina sempre di più all'arte. Se l'intervento tecnico è
ben riuscito sembra sia l'artista a gestirlo; le luci, o la musica,
diventeranno un tutt'uno con lo spettacolo in corso ed il tecnico lo
percepirà sulla propria pelle.
2. "Non di solo pane
vive l'uomo". Gli applausi che inevitabilmente attori del
calibro di Ugo Pagliai e Paola Gassman ricevono, quella sera erano
però diretti anche a me. Lo sentivo. Istantaneamente la
stanchezza per la dura giornata è svanita, lasciando il posto
ad un sentimento di realizzazione personale che ha compensato, e
spero continui a farlo ogni giorno, le fatiche sopportate.
Roberto Raccagni
S-CIACK!
...E' il suono inconfondibile di un magnetotermico o
un differenziale che sganciano, privandole della corrente, una parte
delle apparecchiature ad essi connesse. Per chi vive nel mondo dello
spettacolo è un rumore che distoglie da ogni altra
occupazione, anche in ambito non lavorativo. Mi racconta un collega
che, uditolo una sera a cena in una pizzeria, si è alzato di
scatto, per rimanere imbarazzato a mezz'aria una volta resosi conto
che la cosa non lo riguardava.
Un altro mio collega, abitudinario
nelle proprie mansioni di capo cabina, dopo pochi minuti dall'inizio
dello spettacolo prende la consona posizione meditativa appoggiando
la schiena al grande quadro elettrico del teatro. Seduto su uno
scomodo sgabello, con le braccia conserte ed il capo chinato vaga con
il pensiero chissà dove fino al termine del primo tempo,
quando, miracolosamente in tempo, posa la mano sugli interruttori
della luce di sala azionandoli senza neanche guardare.
A me fa un
po' rabbia. Un po' perché riesce a meditare (dormire?) senza
perdere l'equilibrio come succede a me, che mi risveglio bruscamente
appena in tempo per non cadere un po' perchè con il suo
stipendio ne faccio due dei miei e vorrei che se lo guadagnasse più
degnamente. Qualche volta mi prendo una rivincita: facendo attenzione
a non superare la sua soglia di attenzione mi avvicino al quadro e
lentamente aziono il commutatore del misuratore di tensione della
trifase il cui rumore è uguale allo scatto dei magnetotermici.
Nello stesso momento, sorprendendomi ogni volta per la rapidità
con cui ciò avviene, il mio collega sussulta dallo sgabello ed
alza il capo, guardandosi attorno. Io, credo che questi colpi abbiano
su di lui l'effetto di una martellata, mi compiaccio per la riuscita
dello scherzo e con falsa attenzione continuo ad osservare
l'indicatore di tensione della trifase.
n. n.
CUSTODI
Tenterò di descrivere la categoria dei custodi
dei teatri; non vorrei però inimicarmeli tutti quindi... Non
firmerò questo racconto! Tolte le sempre presenti eccezioni i
custodi si comportano come se il teatro in cui lavorano fosse di loro
proprietà. Questo esula dal loro attaccamento al lavoro; è
invece una forma per dimostrare il loro micropotere sugli altri,
potere che si manifesta in base al numero di chiavi che si portano
appresso. Di quante più chiavi il custode dispone, tanto
maggiore sarà il suo potere. Spesso egli le raggruppa in un
grosso portachiavi che ostenta appeso ad un passante dei pantaloni.
Quando i mazzi di chiavi sono due allora il potere è davvero
grande.
A seconda della persona con cui hanno a che fare, il
comportamento dei custodi assume varie forme. Passano con non
chalance dall'opulente spavalderia verso chi ritenuto inferiore a
loro al più basso servilismo nei confronti di chi è
riconosciuto più in alto.
Arrivati a conquistare la loro
simpatia si può ottenere veramente molto da loro: orari di
apertura e chiusura più flessibili, prestito di materiale in
carico al teatro, "tips & tricks" sull'ambiente di
lavoro, ma non è semplice. Quelli più ostici si
conquistano solamente dimostrando la propria inferiorità nei
loro confronti; per i più teneri basta una bottiglia di vino.
Oltre la loro passione per il buon bere, un altro è
l'argomento che li conquista: i giornaletti porno. Frugate negli
angli più remoti (a volte neanche tanto) di una portineria e
troverete con buona probabilità il classico giornalino
consunto. Si suppone che la loro dedizione per il genere sia causata
dall'aver letto oramai tutti i grandi classici durante le lunghe
nottate degli smontaggi.
Durante i montaggi capita spesso che un
custode venga a controllare il lavoro che sto svolgendo; a volte si
permette pure di fornirmi di propri pareri in merito, e questo magari
quando sto riscrivendo tutte le memorie della consolle, andate
inspiegabilmente perdute per la strada dell'ultimo trasbordo (ma i
dati contenuti nelle consolle, sono come dei piccoli oggetti, che se
si scuote troppo vigorosamente la macchina se ne escono e vanno
sparsi dappertutto?). Ho pensato che la loro esperienza nel campo sia
nata da una sorta di "induzione culturale" ricevuta dal
prolungato contatto con il personale tecnico delle varie
compagnie...
Concludo salutando Paolo ed Elena, i custodi del
mitico teatro "K2", ora "Ai colli", che forse non
leggeranno mai queste mie maligne considerazioni; sappiano però
che li considero la degna eccezione a questa categoria di lavoratori
dello spettacolo.
n.n.